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Io non sono abbastanza

Io non sono abbastanza

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Io non sono abbastanza

Io non sono abbastanza

I comportamenti umani sono frutto di scelte coscienti, di processi autonomi che regolano le funzioni vitali e di abitudini che automatizzano e velocizzano alcune operazioni. Le decisioni consapevoli vengono prese osservando la realtà e compiendo le conseguenti scelte sulla base dei dati osservati e delle esperienze pregresse. In altri casi, le abitudini, dettano i comportamenti in modo automatico e piuttosto rigido.

“Io non sono abbastanza” è un possibile pensiero automatico inconscio, che sottostà ai comportamenti abituali disfunzionali e limitanti di molte persone. Questa credenza impedisce scelte libere, in quanto agisce come inibitore del comportamento. È come se la persona dicesse a se stessa:

  • non ce la faccio da sola
  • non sono capace
  • non ho le energie
  • non merito di essere felice

La serie di negazioni riferite alla propria persona è potenzialmente infinita, e inibisce in partenza ogni comportamento di esplorazione, di ricerca del piacere, di fuga dal dolore o di ideazione di un progetto personale.

Le origini di questa visione

L’educazione dei bambini e delle bambine, ancora oggi, è differente e intrisa di stereotipi legati al genere. Superficialmente, potremmo essere portati a credere che maschi e femmine del nostro tempo e della nostra cultura, siano esposti a modelli e richieste comportamentali uguali, ma non è così. Esiste una lista lunghissima di stereotipi legati al genere che modellano la mente dei bambini e ne indirizzano i comportamenti in base alle attese sociali. Ne riporto alcuni, invitandovi a cercare nei vostri ricordi altri esempi di questo tipo.

  • Bambine in rosa, bambini in azzurro.
  • Bambine cui si propongono giochi riferiti alla cura dei figli e della casa, bambini cui si propongono giochi dinamici, di lotta e di esplorazione.
  • Modell di mamme dedite alla cura e di papà che lavorano fuori casa.
  • Bambine incoraggiate a praticare la danza, la ginnastica artistica o la pallavolo, e bambini indirizzati verso il calcio o le arti marziali.
  • Bambine orientate da genitori e insegnanti verso studi umanistici e bambini incoraggiati a intraprendere studi scientifici.
  • Modelli materni molto presenti nelle vite dei loro figli, papà sospinti impegnati nella carriera professionale.

Le cose stanno cambiando così lentamente da non intravedere ancora il momento in cui maschi e femmine avranno le stesse opportunità. Le origini di queste differenze si trovano nelle famiglie e nei loro stili educativi. Nascere di sesso femminile o maschile non è la stessa cosa per troppi genitori. I percorsi immaginati per figli di sesso differente, seguono strade diverse dal giorno in cui si viene a conoscenza del sesso del nascituro. Le fantasie dei genitori sul futuro dei loro figli si delineano già nella stanza in cui viene svolta la morfologica, quando il medico annuncia ai genitori il sesso della bambina o del bambino in arrivo.

Il vantaggio di poter scegliere

Il vantaggio degli esseri umani di sesso maschile sembra risiedere nella maggiore possibilità di poter decidere della propria vita. In realtà, come vedremo in seguito, esiste un rovescio della medaglia.

Il bambino viene esortato sin da piccolo a sperimentare, esplorare, mettersi alla prova. La bambina, più spesso, viene rinforzata quando accudisce, aiuta la mamma e limita l’esplorazione. Il bambino viene maggiormente approvato quando esplora, cerca, scopre e sperimenta. La bambina viene maggiormente apprezzata quando rimane in prossimità, sceglie giochi statici o si dedica a imitare la mamma.

Il bambino che sperimenta viene dunque apprezzato e viene lasciato maggiormente libero.

Quello che è il vantaggio di poter esprimere liberamente le proprie inclinazione è però vero a metà. Infatti, molte attività non sono accostate con facilità al sesso maschile. Ad esempio, il desiderio di una bambina di voler praticare danza classica, viene accolto con entusiasmo maggiore che nel caso in cui a volerlo sia un bambino.

La trappola della performance

L’invito a essere intraprendente, che sembra venire rivolto ai maschi, ha una implicazione che col tempo diviene un peso da portare sulle spalle. La performance sportiva o professionale è maggiormente richiesta ai maschi. Dai maschi ci si aspettano risultati tangibili che li costringono a ricercare costantemente il risultato. Performance e ansia da prestazione viaggiano spesso insieme, così la possibilità di esplorare si associa alla richiesta di produrre risultati e, con essa, la preoccupazione di non riuscirci.

La richiesta di performare è quindi associata alla possibilità di allontanarsi e di esplorare. Le due facce appartengono alla stessa medaglia. Col passare dei secoli, questa visione è andata oltre, e ha condotto all’idea che l’uomo fosse superiore alla donna, e che i vantaggi a lui concesso fossero dovuti proprio a questa presunta superiorità.

L’idea del maschio superiore

Questa posizione di privilegio maschile ha portato con sé il sentimento profondo, sancito anche dalle leggi sino a pochi lustri orsono, che l’uomo fosse libero di agire e decidere per sé e anche per la donna. Privilegi e diritti che possiamo riassumere nella parola maschilismo. “Termine, coniato sul modello di femminismo, usato per indicare polemicamente l’adesione a quei comportamenti e atteggiamenti (personali, sociali, culturali) con cui i maschi in genere, o alcuni di essi, esprimerebbero la convinzione di una propria superiorità nei confronti delle donne sul piano intellettuale, psicologico, biologico, ecc. e intenderebbero così giustificare la posizione di privilegio da loro occupata nella società e nella storia.” (fonte: Treccani)

Il maschilismo nella coppia

Il maschilismo tuttora diffuso nelle nostre società, è quindi  inevitabilmente presente nella vita delle coppie, con le dovute eccezioni. L’idea di superiorità maschile è così radicata sia negli uomini che nelle donne, da rappresentare lo sfondo culturale di buona parte delle famiglie. I diritti, le opportunità, gli stipendi, il tempo libero e la libertà di autodeterminarsi sono tuttora diversi tra uomini e donne anche all’interno di famiglie apparentemente basate sulla parità.

L’autostima delle donne e il maschilismo

Questi due concetti sono strettamente legati e si influenzano reciprocamente. I comportamenti maschilisti sgretolano la fiducia in se stesse delle donne. Queste ultime, autolimitandosi, avvalorano l’idea degli uomini che si trovano al loro fianco, di essere superiori. Questo circolo vizioso viene interrotto sempre più spesso da giovani donne che sono consapevoli del loro diritto ad autodeterminarsi e della possibilità, presente nelle loro mani, che questo avvenga davvero.

La cultura, nel senso più ampio del termine, è lo strumento principale per scardinare la convinzione femminile di non essere abbastanza. Le donne non hanno bisogno degli uomini per essere complete, ma di cultura della libertà di autodeterminarsi.

Il vantaggio maschile di sconfiggere il maschilismo

I maschi sono abituati alla loro condizione dominante. Intimoriti dalla paura di perdere i loro privilegi, non si accorgono che il costo è alto in termini di stress. L’obbligo della performance produce ansia constante. Non vi è possibilità di allentare la tensione e l’impegno. L’uomo non si può permettere di essere né stanco né fragile, perché deve dimostrare la sua superiorità.

Maschio è colui che performa, colui che è pronto e forte in ogni momento.

Come sarebbe l’umanità se venissimo educati in modo differente?

Come sarebbe se vivessimo in un contesto che considera uomini e donne per quello che sono e non per il loro sesso biologico?

Come sarebbe se i valori di riferimento delle persone fossero diversità, equità e inclusione?