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Gestire le pressioni lavorative è una necessità che riguarda, oggi, la totalità dei lavoratori. I manager devono da sempre gestire forti componenti di stress, ma oggi le pressioni sono scese ai piani più bassi della scala gerarchica. Anche chi svolge compiti di fatica, di vendita o di sola operatività impiegatizia, viene esposto a pressioni che mettono a dura prova la stabilità psicologica delle persone. La messa in campo di strategie utili a vivere bene, nonostante queste forti sollecitazioni è, seppur con gradazioni differenti, una impellente necessità.

La tendenza di chi è sotto la morsa dello stress lavorativo, è quella di cercare soluzioni pratiche da mettere in campo nel momento di maggiore stress. Buoni trucchi nel breve periodo, efficaci fino a quando vi ritufferete nel vortice.

Quali sono i rischi

L’essere umano è evoluto sviluppando buone capacità di far fronte a momenti di forte sollecitazione, ma se le eccezioni diventano la regola, finiremo per scivolare progressivamente verso il centro del mulinello e rischieremo il burn-out, una vera e propria sindrome dovuta allo stress lavorativo. I sintomi probabilmente li conoscete o avete paura di poterli conoscere, e non sono affatto piacevoli. Nel punto centrale del vortice, si sperimentano esaurimento emotivo, irrequietezza, apatia, depersonalizzazione e senso di frustrazione. Per uscirne ci vuole tempo e si è costretti ad allontanarsi per un certo periodo di tempo dalle fonti di stres e, talvolta, ricorrere al supporto di professionisti e all’aiuto farmacologico.

Il cambio di atteggiamento come cura

Quello che può essere di aiuto quando si è esposti a un ambiente stressante, è il cambio progressivo di atteggiamento nei confronti dell’autorità, del dovere, del giudizio altrui, ma ancor più verso sé stessi. Se ci identifichiamo eccessivamente con le nostre performance lavorative, se consideriamo le critiche che riceviamo come rivolte alla nostra persona, anziché a noi lavoratrici / lavoratori. ci esponiamo al pericolo di sentirci svalutati nella nostra complessità.

Le richieste di produttività, crescenti nelle aziende negli ultimi decenni, non possono venire contrastate da “buoni trucchi” che facciano percepire meno lo stress. Solo un diverso modo di interpretare e vivere la realtà, la complessità, le richieste provenienti dai superiori può limitare il prodursi di stress.

Il lavoro che svolgiamo è un lavoro, e non la rappresentazione di quello che siamo. Se cominciassimo a pensare che siamo persone con un valore intrinseco indipendentemente da quello che pensa il nostro capo e dai risultati che riusciamo a ottenere. Se pensiamo che solo col riconoscimento esterno di qualcuno oppure ottenendo risultati adeguati a standard imposti dalle aziende riusciremo a essere felici, saremo inevitabilmente soggetti ad ansia da prestazione. Se il giudizio positivo su di noi e risultati professionali elevati sono sinonimo di benessere, saremo costretti a correre e performare anche quando saremo in difficoltà o poco motivati.

Ricordate di essere umani

Gli standard decisi dagli altri e che vi imponete, quasi come se fossero stati scelti da voi stessi, vanno tarati su quello che siete ed é compatibile con la vostra natura. Purtroppo, solo voi potete approcciare il lavoro con la distanza emotiva necessaria a non soccombere, pur mantenendo il coinvolgimento, l’impegno e raggiungendo risultati gratificanti.

Le pressioni lavorative non mettono in gioco la vostra identità, perché nessuno di noi è il proprio lavoro. Lavoriamo perché ci serve per mantenerci e soddisfare il nostro Ego, ma non a farci rovinare la salute.