Skip to main content
Psicologia generale

La mia personale guerra

By 10 Marzo 2022No Comments

La mia personale guerra” è quella che conduco ogni giorno, per convincere coloro che invocano le ragioni del confliggere, cercano spiegazioni o giustificazioni a questa o quella contrapposizione violenta, che la guerra non è mai una soluzione. La guerra non è uno  strumento in grado di risolvere le diatribe, eliminare le tensioni e aiutare la convivenza sul nostro pianeta.

La ricerca di una giustificazione

Credo sia evidente che chi inizia un conflitto abbia rinunciato al dialogo. Se si tratta di un atto deliberato, per sete di potere, intento predatorio o la scelta di sottomettere qualcuno, sembriamo più propensi a schierarci con l’aggredito, ma come stiamo osservando oggi, il passato sembra non estinguersi mai. Esiste sempre una storia, degli avvenimenti passati che diventano una buona ragione per rimettere in moto il conflitto. Possiamo andare indietro fino agli albori della storia per rintracciare un precedente che possiamo usare per spiegare una aggressione.

Nessuno è disposto a dichiarare che vuole sottomettere, che vuole essere il padrone e che vuole uccidere per il solo gusto di farlo. Chi inizia un conflitto ha bisogno di spiegare il perché delle proprie scelte. Chi inizia un conflitto ha bisogno di designare il provocatore della sua giusta reazione. Nessuno vuole ammettere di essere un aggressore. E così, cerca nei libri di storia un evento che rappresenti il precedente.

La lotta per le risorse e la mancata redistribuzione

La limitatezza di tutte le risorse necessarie alla sopravvivenza, ha sempre prodotto conflitti. L’accesso a esse non è mai stato equo. Ricchi e poveri sono sempre esistiti, ma negli ultimi decenni, la tecnica ha offerto la possibilità di migliorare la qualità della vita di tutti. Nella realtà si è trattato di una occasione persa. Il desiderio di potere e di sterile accumulo, sono rimaste le ragioni di vita di quasi tutti gli esseri umani. I bisogni sono aumentati, ma le differenze sono rimaste invariate. Briciole e miseria per molti, opulenza per pochi.

Evoluzione incompleta

La velocissima evoluzione tecnologica ha dato all’essere umano l’illusione di un definitivo controllo sulla natura e la speranza di un equilibrio mondiale finalmente raggiunto. Purtroppo, queste aspettative si sono basate sull’idea di una umanità evoluta, ovvero una specie definitivamente padrona della terra. Ma cosa intendiamo per evoluta? Sicuramente siamo cambiati dal punto di vista tecnico, ma dal punto di vista emotivo, etico e morale, siamo fermi a secoli o millenni orsono.

L’evoluzione tecnica non corrisponde in alcun modo a quella del cervello umano, e l’atteggiamento predatorio e conflittuale non ha ancora avuto il tempo di essere sostituito da valori quali l’accettazione della diversità, la ricerca di equità e l’apprezzamento degli atteggiamenti inclusivi. Siamo ancora così preoccupati di perseguire obiettivi personali, o legati al nostro gruppo, da mettere in secondo piano ogni pensiero divergente.

Cosa è cambiato dai tempi dei pirati che assaltavano le navi per depredarle? Forse, in alcuni luoghi, leggi e regolamenti sembrerebbero garantire la convivenza civile, ma le differenze all’interno della società sono ancora le stesse di millenni fa. La mancanza di equità è una valida spiegazione per molti conflitti, ma è l’uomo in sé a essere causa di guerre e sofferenza. L’uomo ha ancora un precario livello di empatia; infatti, é sufficiente una minima riduzione dei propri privilegi a scatenare istinti irrazionali che condividiamo con animali assai meno complessi come rettili, pesci, uccelli, mammiferi meno complessi e scimmie antropomorfe. La parte di cervello che caratterizza in particolare l’essere umano, ovvero la neocorteccia, è servita solo a costruire telefonini e computer. L’etica, la giustizia, l’empatia, l’inclusione e la cooperazione sono rimaste invariate, ovvero primordiali. Le scienze umane sono sicuramente cresciute, ma la maggior parte di noi umani è ferma, da questo punto di vista, a quando abbiamo assunto la posizione eretta.

La lucida follia potrebbe rimanere tra noi

Un ulteriore aspetto poco rassicurante e non trascurabile, è la possibile manifestazione di forme di lucida follia in alcuni esseri umani. Nessuno può garantire che, a fronte di una reale crescita delle capacità empatiche degli umani, non possano comunque presentarsi lucidi folli a mettere a repentaglio il benessere collettivo. Per questo, mi chiedo quali antidoti possa adottare l’umanità per rendere inerti i soggetti pericolosi, ma ben integrati, che possono costituire un rischio per tutti.

Conclusione

Osservo l’umanità e le sue vicende consapevole che in ognuno di noi è ancora presente, e spesso fuori controllo, il coccodrillo che reagisce, protegge il territorio e non riconosce i conspecifici, attaccandoli senza senso mora le o etico.