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Lo stress è un concetto che tutti conosciamo per esperienza diretta e comune nel linguaggio di tutti i giorni.

Lo stress è la reazione avversa ad eccessive pressioni o ad altro tipo di richieste; esiste, comunque, una profonda differenza tra il concetto di “pressione”, fattore talvolta positivo e motivante, e lo stress che insorge quando il peso di tale pressione diventa eccessivo (Manuale INAIL 2011 – Valutazione e gestione del rischio stress lavoro correlato).

Richard Lazarus lo descrive come la particolare interazione che intercorre tra l’organismo e l’ambiente nel momento in cui le richieste ambientali vengono percepite dall’uomo come eccessive, mettendo così a rischio il suo benessere individuale. Le richieste non sono eccessive in senso assoluto ma vissute in quel modo da quello specifico individuo, in quello specifico contesto. La percezione soggettiva è di non sapere come fronteggiare le richieste provenienti dall’esterno. Il concetto di stress lavoro correlato, inizialmente riferito alle professioni di aiuto, viene oggi inteso in modo più generale, e potenzialmente presente in tutte le organizzazioni. Maslach e Leiter (2000) hanno individuato tre dimensioni specifiche della sindrome:

  1. deterioramento dell’impegno nei confronti del lavoro;
  2. deterioramento delle emozioni originariamente associati al lavoro;
  3. un problema di adattamento tra persona e lavoro, a causa delle eccessive richieste di quest’ultimo.

Le principali cause dello stress legato all’attività lavorativa riguardano:

  • la cultura aziendale, con le sue regole non scritte, che contribuiscono a determinare il clima nel quale si lavora;
  • l’eccessivo carico di lavoro o, al contrario, la sua scarsità o assenza;
  • l’esposizione a pericoli fisici quali il contatto con sostanze chimiche, ambienti ostili o rumori eccessivi;
  • la scarsa possibilità di influire sulla propria attività lavorativa;
  • la qualità dei rapporti interpersonali che si stabiliscono sul luogo di lavoro;
  • il coinvolgimento nelle scelte che li riguardano e le informazioni fornite ai lavoratori al riguardo;
  • la chiarezza dei compiti e delle funzioni assegnate al lavoratore;
  • sostegno e formazione per essere messi nelle condizioni di operare con la consapevolezza di possedere le competenze necessarie. a svolgere le mansioni affidate;
  • mobbing. Quest’ultima voce riguarda una forma di violenza esplicita (angherie, vessazioni, demansionamento lavorativo, emarginazione, umiliazioni, insulti, aggressioni fisiche e verbali) o implicita (lasciare un lavoratore senza niente da fare e avulso dal contesto, impedire di avere accesso a informazioni).

“Il nostro compito principale non è di vedere quel che si profila indistinto al lontano orizzonte, ma di fare quel che abbiamo a portata di mano.”

Thomas Carlyle

Cosa può e deve fare il datore di lavoro per ridurre il rischio da stress lavoro correlato? Per i datori di lavoro esiste un quadro normativo di riferimento che fornisce precise indicazioni per la valutazione e la riduzione del rischio da stress lavoro correlato.

Cosa può fare il lavoratore quando si trova a vivere il progressivo decadimento delle sue capacità di reggere le richieste e le condizioni lavorative? Innanzitutto è opportuno che il lavoratore segua e si conformi alle indicazioni fornite dal datore di lavoro in otttemperanza alle normative di legge. In questa sede desidero soffermarmi sulle risorse che il singolo individuo può mettere in campo per mantenere ed eventualmente ristabilire il proprio equilibrio in relazione all’attività lavorativa. Innanzitutto è bene chiarire che esistono condizioni di lavoro e mansioni oggettivamente stressanti, e che in questi casi l’unica soluzione realmente risolutiva sarebbe la riduzione dell’esposizione ai suddetti fattori di rischio, ma questo ovviamente non è sempre possibile. La parte di rischio residuo può essere affrontata dal lavoratore mettendo in atto strategie comportamentali che possono risultare utili, non solo nella vita lavorativa, ma in modo generalizzato.

Una formula in tre passaggi chiave:

  1. analizzare serenamente e con onestà la situazione, e immaginare cosa può accadere nella peggiore delle ipotesi;
  2. rassegnarsi ad accettare il peggio che abbiamo immaginato
  3. dedicarsi, anima e corpo, a migliorare quel peggio dato per scontato;
Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere.
Thomas More
La frase riportata sopra suggerisce di prendere atto delle cose come sono, accettarle e subito dopo provare a cambiarle per quanto possibile. Non si tratta di un esercizio di filosofia, né di rassegnazione passiva agli eventi, ma della presa d’atto di come stanno le cose per provare a cambiarle per quanto possibile.

Un altro aspetto importante riguarda la possibilità e la capacità di assumere punti di vista differenti. Lo stesso evento, la stessa situazione e lo stesso contesto vengono percepiti e producono reazioni differenti in ogni individuo. Alcune di queste reazioni sono più adattive di altre. Può quindi essere importante mettere da parte il consueto modo di reagire e valutare se esistono atteggiamenti alternativi. La regola principale è quella di accettare lo status quo e mobilitare tutte le energie in nostro possesso per modificarlo.

La condizione economica / lavorativa attualmente presente nel nostro paese produce inevitabilmente la sensazione di non avere scelta. Pur di lavorare si accettano condizioni non in linea con le aspettative producendo il senso di frustrazione e di impotenza. Per cambiare la propria condizione è indispensabile accettare che, per quando negativa e dolorosa, sia proprio così; rimanere fermi a lamentarsene non produrrà alcun risultato. La presa di coscienza chiara e onesta di quanto accade e delle conseguenze psicologiche su di noi è il punto di partenza del sentiero verso il miglioramento della nostra condizione. Non passerà nessuno a riconoscere il nostro valore, le nostre capacità, le nostre competenze e la nostra voglia di impegnarci. Dobbiamo farlo noi e poi metterci in moto per cambiare ciò che abbiamo individuato come modificabile.

Infine, quando si ha la sensazione di non farcela più, può essere utile considerare ogni giorno come una vita nuova, senza darsi pensiero per il domani e occupandosi di quello che si sta facendo adesso, evitando di pre-occuparsi del futuro, che rimane per sua natura imprevedibile.