Il valore emerge dalla diversità come i diversi ingredienti di una ricetta sono in grado, tutti insieme, di generare un piatto gustoso.
Questo assunto sta entrando sempre più nell’agenda delle aziende e dei loro leader. Il contributo delle tante diversità umane alla costruzione di valore e al profitto che tanto stanno a cuore agli imprenditori e alle imprenditrici, viene progressivamente riconosciuto come essenziale e sta portando a un’attenzione crescente per i team di lavoro eterogenei. Per questo, le big company internazionali hanno stanziato fondi per avere al loro interno un team dedicato all’inclusione e alla diversità. Il team D&I, acronimo di Diversity & Inclusion, in queste aziende, fa parte della più vasta area che si occupa di sostenibilità sociale. Promuove la sensibilizzazione nei confronti delle tante diversità e l’assunzione di lavoratori e lavoratrici in grado di contribuire con le loro caratteristiche, ad aprire la visione dei mondi possibili e rendere flessibili gli approcci tradizionali alle sfide del mercato.
“Diverso” si riferisce alla presenza di un concetto di normalità che, oltre a non esistere, irrigidisce e limita la possibilità di innovare. Per creare qualcosa di nuovo non basta che le persone “normali” allarghino le loro prospettive. Il tempo in cui Leonardo da Vinci creava il nuovo dalla sua sola mente è finito. Nell’attuale società si può innovare solo se si mettono insieme competenze, culture, esperienze e visioni del mondo lontane tra loro.
Il tartufo, raro e pregiato, esprime il suo valore solo mescolato agli altri ingredienti, meno pregiati e facilmente reperibili, ma indispensabili affinché si arrivi al risultato tanto apprezzato.
In Italia, l’obbligo di legge di includere nel proprio organico lavoratori con disabilità è solo una piccola parte del tema di cui si sta parlando. Il mix umano comprende tutte le diversità che possono portare una visione diversa dello stesso oggetto di indagine. Così, se le categorie protette sono nate a tutela dei lavoratori con delle fragilità, la D&I nasce dall’interesse delle aziende a non lasciare fuori un potenziale umano così ricco, da diventare un fattore vincente.
Così, diventano ricche fonti di acqua sorgiva, i filosofi e gli psicologi che lavorano con gli ingegneri e gli economisti, i lavoratori con la pelle gialla, nera o bianca che collaborano sullo stesso progetto, le donne nelle posizioni apicali e nei consigli di amministrazione, lavoratori con sindrome di Asperger all’interno di team costituiti da ingegneri, persone con diversi orientamenti sessuali, ultra cinquantenni tra giovani neolaureati o praticanti di culti differenti.
Tutti diversi, da vari punti di vista, che lavorano insieme e non i diversi tra i normali. A dispetto di quanto sostengono i fautori della chiusura al diverso, oggi viene riconosciuto il potenziale insito nelle diversità.
Includere richiede uno sforzo, anche nella ricerca di modalità nuove di lavorare, ma soprattutto in un adeguamento dello sguardo con cui osserviamo coloro che non ci somigliano e che, forse, ci fanno paura per la sola ragione che non li conosciamo.
Le aziende, come l’intera società, possono trarre grandi vantaggi dalle diversità. Bisogna compiere piccoli passi per promuovere il cambiamento nel middle management delle grandi aziende e nelle piccole e medie imprese, perché a loro spetta il compito di gestire e modificare il modo di lavorare quotidiano. Il top management sembra aver colto l’opportunità e i giovani hanno una predisposizione innata ad ampliare il loro mondo di esperienze. Il compito più arduo è a carico di chi gestisce le diversità provenendo da culture rigide e tradizionali.
Cosa potrebbe impedire la realizzazione di un processo di inclusione che non sia solo di facciata?
Il principale ostacolo è l’abitudine della nostra mente a percorrere strade conosciute. Includere significa, innanzitutto, diventare consapevoli di quali paure, stereotipi, idee precostituite e pregiudizi ci impediscono di accogliere il nuovo e integrarlo nelle opzioni che abbiamo a disposizione. Tutto ciò che è diverso dal conosciuto, lo pone aldilà della barricata e ce lo fa percepire come pericoloso e indesiderabile. Questi meccanismi sono spesso sconosciuti a noi stessi e ci fanno agire in modo automatico, facendoci percepire una realtà che non esiste. Ad esempio, il pregiudizio verso un’etnia, lo stereotipo che ritiene le donne non adatte agli studi scientifici o il timore / imbarazzo che proviamo di fronte a un disabile devono essere riconosciuti per renderci liberi di valutare le persone per quello che sanno fare.
Prima di giudicare qualcuno, cammina per 3 lune nei suoi mocassini”
Questo famoso proverbio Sioux suggerisce un ulteriore passo volto a includere nel nostro mondo le altre persone. Prima di giudicare gli altri, è opportuno mettersi dal loro punto di vista. Osservare con gli occhi con cui l’altro guarda il mondo ci permette di capire il perché del suo modo di pensare, delle sue scelte, delle sue parole e del suo comportamento. Una volta assunto il punto di vista degli altri, includere sarà più semplice.
Includere consente di utilizzare il potenziale di conoscenza e competenza presente nelle persone che, per qualche loro caratteristica, tendiamo a etichettare negativamente.