La pandemia che investe l’umanità è una prova di adattamento e di sopravvivenza cui siamo sottoposti dalla natura. Nella storia, l’uomo ha già incontrato virus in grado di diffondersi in modo assai efficiente e in grado di uccidere in modo democratico anche milioni di individui. La facilità di spostamento delle persone, l’immediatezza comunicativa e la conseguente interconnessione delle economie rappresentano però una novità sostanziale dell’attuale momento storico. Inoltre, le relazioni umane sono relegate, ormai da tempo, a un ruolo marginale rispetto ad affermazione individuale, profitto, consumo di beni e servizi e gratificazione immediata.
Vogliamo auspicare di tornare alla condizione precedente, o possiamo considerare questa pandemia come una opportunità di trasformazione delle nostre certezze e delle nostre abitudini? Quella che stiamo vivendo è una tragedia. Quando avremo fatto i conti con la sofferenza acuta che stiamo vivendo, forse potremo anche intravedere una opportunità di trasformazione in positivo della nostra collettività. Siamo obbligati a prendere atto della fragilità umana e a riconsiderare i nostri modi di vivere.
La vita sui social ha illuso molti di essere il futuro delle relazioni umane. Messaggi, post e chat sono stati sino ad oggi valutati come in grado di sostituire i rapporti vis a vis tra persone. Sono bastati pochi giorni di isolamento e di mancanza di libertà di scelta, per far capire a tutti quanto ci si stava sbagliando. Quanto possiamo mantenere salda la nostra integrità psicologica in queste condizioni? Certamente il primo impatto è assai difficile e faticoso, ma sono certo che le capacità di adattamento dell’essere umano ci consentirebbe questa ulteriore modificazione comportamentale e percettiva. L’uomo si è adattato a condizioni estreme nel corso della sua esistenza, ma rimane un animale sociale e come tale trova benessere nel condividere la vita con i suoi simili. La tecnologia aiuta, ma non consente il calore emotivo della presenza. Oggi possiamo ritenerci fortunati che esistano telefoni, internet e televisori, ma siamo divenuti consapevoli dei loro limiti e della loro incapacità di farci sentire davvero vicini.
Queste considerazioni rimarranno valide anche dopo il superamento di questa pesantissima crisi sanitaria. Nessuno potrà dimenticare questo trauma di dimensioni collettive. Il dolore emotivo che tutti stiamo vivendo rimarrà impresso nella memoria e, se ne terremo conto, potremo riprendere a vivere dando molta più importanze al reale che al virtuale. Auspico che i social e tutta la tecnologia tornino ad avere il ruolo di strumenti al servizio dell’uomo e smettano di essere considerati il palcoscenico che definisce “l’esistere”.
Questa pandemia non tocca qualcuno lontano da noi, ma ci investe direttamente e genera in ognuno di noi un contatto diretto con la morte propria e delle persone care. Improvvisamente sentiamo il bisogno di sentire amici per i quali non avevamo mai tempo. Lavoro, social e cose da fare in genere lasciano il posto alla ricerca di conforto e di condivisione. Perchè solo ora?
Anche il mondo delle imprese cambierà. Il fattore umano diventerà nuovamente fondamentale per le aziende. Ci stiamo risvegliando dal sogno di lasciarci sostituire dai robot e dalla tecnologia in generale. Il telelavoro, lo smart working come si dice oggi, è riconosciuto come strumento utile per le aziende, ma il bisogno di rapporti umani reali non lascia spazio a un futuro in teleconferenza. Tutti a casa con una connessione veloce, in chat, o in call, è un immaginario che nega il fatto che siamo animali sociali che traggono energia vitale dalle relazioni sociali in vivo. Smart working si, ma per aiutare le famiglie, quando serve, a gestire la quotidianità. Gli imprenditori hanno dovuto toccare con mano che i lavoratori, a casa propria, non oziano e non rubano tempo. Le imprese hanno dovuto scegliere tra smart working e la chiusura, e da questa esperienza potrà nascere un mondo diverso da quello precedente.
Da questa durissima lezione apprendiamo che davamo per scontato tanti aspetti delle delle nostre vite: salute, cibo sempre disponibile, sicurezza fisica, libertà e sensazione che tutto o quasi fosse possibile. Pensate alla Sanità Pubblica del nostro paese, che è un diritto di tutti ma che spesso diamo per scontato. Ce ne lamentiamo, ma è un bene prezioso, che altri Paesi non garantiscono e non riconoscono come bene pubblico, obbligando i cittadini a pagarsi prestazioni sanitarie spesso indispensabili alla sopravvivenza. La pandemia ci insegna quanto siamo fragili e precari; i nostri antenati lo sapevano bene e non davano per scontata la vita, ma la ringraziavano.
Improvvisamente, ci troviamo a fare i conti con la base della famosa piramide di Maslow. Dai bisogni di autorealizzazione di trascendenza siamo precipitati ai bisogni essenziali legati alla sopravvivenza e alla sicurezza individuale. Quanto stavamo bene quando potevamo scegliere se andare al cinema o stare sul divano, andare allo stadio o guardare la partita alla televisione?
Il mostriciattolo invisibile non distingue i ricchi dai poveri, gli intelligenti dagli stupidi, i belli dai brutti, i Vip dalle persone ordinarie. Tutti sono potenziali vittime e questo riallinea i valori e produrrà cambiamenti a tutti i livelli. Cambierà la politica, lo sport, la finanza, i rapporti tra Stati e tra persone. Cambieranno anche le cose che ci fanno paura; questo evento tocca infatti la vita e tutto ciò che ci è caro, a differenza di tanti fantasmi col lenzuolo bianco che agitano i nostri sogni.. I fantasmi li possiamo vedere o immaginare, mentre questo mostriciattolo dal nome armonioso non si vede, ma uccide e devasta il tessuto sociale. Vedremo a lungo gli effetti di questa pandemia sulla psiche delle persone.
Gli eventi che stanno accadendo mostrano come poco evoluto sia l’uomo come animale che abita il nostro pianeta. Tutti insieme diventiamo entità irrazionali pronte a tutto, folle abitate dalla follia, assai lontane dal mostrare un livello evolutivo appena sufficiente a poter definire l’uomo diverso dal mio cane quando deve fare la pipì o sente odore di cibo.
Usiamo questa pandemia per crescere nella nostra consapevolezza e per mettere gli altri esseri umani e la natura al centro dei nostri interessi.
Ognuno di noi imparerà qualcosa di importante per il proseguo della sua vita.
Ognuno, in relazione alla sua storia, potrà scoprire che esistono modi alternativi di stare con se stesso e con gli altri.
Per chi continuerà imperterrito a concentrare l’attenzione solo su se stesso, l’esperienza non sarà servita a niente.