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Identificarsi con qualcosa significa percepirsi non per quello che si è, ma in relazione a un aspetto, interiore o esteriore, che ci fa sentire di avere valore e consistenza umana, meritare di essere amati e considerati. Senza voler esagerare con le parole, potremmo dire che esisto, vado bene, posso stare nel mondo finché sono in un certo modo o mi adeguo a determinati canoni. Naturalmente i criteri diversi da epoca a epoca e ogni individuo finisce per aderire a quelli che gli appaiono più desiderabili o raggiungibili. Una definizione classica definisce l’identificazione in questo modo: 

L’identificazione, in psicologia, rappresenta quel processo mediante il quale un individuo costituisce la propria personalità assimilando uno o più tratti di un altro individuo e modellandosi su di essi.
Bellezza, status sociale, disponibilità di denaro, ruolo sociale, cultura sono alcuni comuni tratti considerati cardini per la costruzione della propria identità. Il personaggio costantemente sofferente, triste, depresso o ansioso, come anche quello sempre allegro e divertente, sono altri possibili personaggi messi in scena in modo abituale da alcune persone. Assumere un tratto o una caratteristica come elementi identificativi vuol dire costringersi a essere in quel modo sempre e in ogni circostanza.
Il periodo storico nel quale viviamo esercita molte pressioni affinché le persone affidino la loro identità ad aspetti esteriori e inconsistenti della vita umana. Bellezza e riconoscimento, come soldi e potere non sono una novità per sentirsi di valore, ma in questo tempo storico aumenta il divario tra apparire ed essere. L’ansia di venire visti riconosciuti è aumentata esponenzialmente nell’era dei Like. Il valore insito nell’essere umano non conta quanto il numero dei followers. Il valore della saggezza e della conoscenza sono talvolta derisi da chi sceglie di mostrarsi, ricevere clic e trasformarli in parti se stessi, oltre che in denaro (oggi i clic hanno un valore di visibilità remunerato e ancora più vuoto). La lenta conquista della propria autostima è stata sostituita da una rapidissima, superficiale e vuota visibilità.

Il nucleo vivente che siamo viene ricoperto da clic, o da depressione da non clic. Se ci togliessimo la maschera saremmo in grado di guardarci allo specchio senza vergogna? Accettare la realtà che è il nostro nucleo, è il destino che prima o poi tocca a tutti. La bellezza non è un merito, come la ricchezza o l’intelligenza; quando svaniranno i nodi verranno al pettine mostrando implacabilmente la finzione sulla quale siamo stati poggiati. Non è ovviamente un problema essere belli o famosi; è un problema pensare che quella caratteristica siamo noi.