L’individuo moderno ha, tra le sue caratteristiche, quella di essere collegato in tempo reale e, in modo semplice, con tutti gli altri esseri umani. Questa affermazione ha numerosi risvolti pratici che assumono, soggettivamente, valore positivo o negativo. I nostri gesti quotidiani sono completamente differenti da quelli che venivano compiuti sino a pochi lustri or sono. Scopriamo e sfruttiamo opportunità stupefacenti, ma dobbiamo imparare a convivere con effetti collaterali che di giorno in giorno si fanno sempre più conoscere. Anche i più restii all’uso della tecnologia vengono travolti e faticano a continuare la loro vita senza venirne influenzati. In questa sede farò riferimento esclusivamente alla tecnologia che ci tiene sempre vicini, ma anche lontani, gli uni dagli altri. In particolare smart phone e computer, internet e social network.
Gli strumenti prodotti grazie evoluzione tecnologica rimangono per loro natura oggetti al servizio dell’uomo. Essi possono venire utilizzati con finalità positive o negative, etiche o non etiche, ponderate o inconsapevoli, in modo coerente con la loro natura o trascendendola e, in taluni casi, possono creare danno a chi li utilizza o ad altre persone. Questa affermazione ci permette di stare all’erta e vigilare sull’uso che facciamo personalmente della tecnologia. È inoltre importante porre attenzione educativa, e vincoli, all’uso da parte dei più piccoli, ancora disarmati quando si tratta di valutare appieno le conseguenze dei loro comportamenti.
Ma cosa succede quando la tecnologia viene impiegata professionalmente e ci mantiene potenzialmente sempre operativi? Una parola sempre più utilizzata, ammantata di positività e auspicata nel mondo del lavoro è efficienza. Cito Wikipedia proprio per adeguarmi a questo imperativo moderno: l‘efficienza è la capacità di azione o di produzione con il minimo di scarto, di spesa, di risorse e di tempo impiegati.
Essere efficienti è dunque auspicabile; basti pensare all’efficienza energetica dei nostri impianti di riscaldamento, al consumo ridotto delle moderne autovetture, o la capacità di una bicicletta di farci coprire una lunga distanza col minimo sforzo muscolare. Il valore di questo concetto è inequivocabilmente positivo. Essere sempre connessi col nostro telefonino, tablet o computer consente di ottimizzare i tempi, dare risposte veloci alle questioni che ci vengono poste. I tempi morti vengono resuscitati e utilizzati per produrre valore. Sappiamo però bene che si rischia di sconfinare, rendendo indistinti i diversi momenti della giornata, i diversi giorni della settimana e i diversi periodi dell’anno. Eccomi giunto al tema centrale di questo articolo.
È preferibile vivere un unico, ininterrotto flusso, dove si mescolano costantemente vita privata e professionale, o distinguere i diversi momenti?
Il contadino tradizionale era operativo dall’alba al tramonto, poi tornava a casa, dove non poteva fisicamente arare o seminare il terreno. La tecnologia, per moltissime professioni, mette oggi a disposizione strumenti che consentono di eliminare i confini.
Maggiori possibilità comportano di scegliere se sfruttarle o esserne fagocitati. Conosco l’obiezione: l’azienda vi ha fornito il grande privilegio di un telefonino aziendale e vi arrivano e-mail a tutte le ore, così vi sentite obbligati a leggerle e a rispondere, altrimenti addio valutazione positiva del capo, bonus e opportunità di carriera. La parte variabile della retribuzione, altro ottimo strumento, quando utilizzato o interpretato male, rischia di produrre più danni che benefici.
A mio avviso il confine si trova tra l’efficienza auspicata e la paura di essere esclusi dalle opportunità, tra il motivante entusiasmo per il proprio lavoro e il timore di non fare abbastanza. Riconoscere la motivazione profonda che ci induce a rimanere sempre connessi ricercando la massima efficienza, ci consente di interrogarci e dare risposta alla domanda posta sopra. Le condizioni di stress originano anche dalla mancanza di veri momenti privi di impegni doverosi.
Possiamo sentirci liberi e allo stesso tempo dover essere sempre attivi e dimostrare, dimostrare e dimostrare? A chi e per quale ragione?
Forse speriamo ancora di sentirci dire che siamo stati bravi?
Mio figlio mi chiede spesso se è stato bravo. Mi auguro che un giorno capisca che non ha bisogno di chiedere il mio giudizio e la mia approvazione, e che sappia stabilire per se stesso chi e come vuole essere. La figura di padre è indispensabile nei primi anni di vita, ma ad un certo punto, spetta a ciascuno decidere chi vuole essere: servo, padrone o uomo libero.
Aggiorno questo articolo con un link quanto mai in linea con quanto sopra.