Dedicato a Matteo e Sabrina che mi accompagnano ogni giorno sul mio sentiero.

I single sperano di incontrare l’anima gemella, e quando pensano di averla incontrata, talvolta, devono prendere atto di quanto sia diversa dalle loro aspettative. Gli ex single, oggi partner insoddisfatti delle loro relazioni, pensano, in cuor loro, che sia auspicabile tornare alla libertà. Spesso però, le responsabilità, il senso di colpa, la paura del fallimento e il timore di tornare a essere single le imprigiona alle scelte fatte in precedenza. Chi di loro troverà il coraggio e la forza di divincolarsi e di concedersi nuovamente la libertà, potrà vivere nuove relazioni ed esplorare nuovi orizzonti con entusiasmo. Le relazioni sono il desiderio naturale dell’essere umano. Vivere il rapporto stabile con un’altra persona comporta delle difficoltà, ma arricchisce l’esistenza. Stare insieme ha però senso solo se ci rende felici e migliori di quello che saremmo stando soli.

 

Autore

Maurizio Massini esercita la professione di psicologo, psicoterapeuta ed è specializzato in sessuologia e terapia della coppia. Lavora quotidianamente con coppie, affrontando sia tematiche relazionali che legate alla sfera sessuale.

Oltre alla libera professione, lavora in Ernst & Young nel team che si occupa di Diversity, Equity & Inclusion, occupandosi di iniziative legate alla disabilità, alle tematiche di genere, a quelle relative alle persone LGBTIQ+ e alla multiculturalità.

www.mauriziomassini.it

 

Premessa

Quanto trovate scritto non intende soddisfare criteri scientifici, né offrire ricette pronte per una vita di coppia felice. Si tratta piuttosto di riflessioni dell’autore, esperienze di vita personale o raccolte da amici, parenti e pazienti ai quali ho provato a offrire il mio supporto per superare momenti di difficoltà. Penso infatti che ciascuno sappia, in cuor suo, cosa dovrebbe fare per vivere meglio la propria relazione, ma preferisca chiedere e affidarsi ad altre persone per chiedere cosa sia meglio fare.

Mi auguro che, nelle prossime pagine, possiate trovare qualche spunto utile alla vostra storia, ma sono certo che avete dentro di voi tutte le risposte alle domande che vi state facendo. La verità, probabilmente, la conoscete anche se prenderne atto e adeguare i comportamenti ad essa, può essere faticoso o immaginato come rischioso e pericoloso. La consapevolezza di come funzioni la vostra relazione e di come voi vi sentiate all’interno di questo rapporto, è indispensabile per giungere a un cambiamento positivo. Se non avete piena coscienza di come stanno attualmente le cose, ogni decisione sarà presa, o non sarà presa, senza avere gli elementi di conoscenza necessari. Così come avete bisogno di conoscere il vostro livello di preparazione fisica e il livello di difficoltà di un sentiero di montagna prima di intraprendere il cammino, così è bene conoscere se stessi e cosa può contribuire a migliorare il vostro rapporto di coppia.

Quali sono i vostri bisogni e quali quelli della vostra, o del vostro partner, quali scelte saranno necessarie e quali conseguenze avranno nei diversi ambiti della vostra vita?

Una volta messe a fuoco queste e altre importanti questioni che impattano sulla vita di coppia, alcuni passi indispensabili vi saranno chiari, ma questa consapevolezza potrebbe non essere sufficiente a mettervi nelle condizioni di agire. Innanzitutto, alcune scelte non possono essere unilaterali perché hanno effetti su persone che affettivamente dipendono dalla relazione stessa, in particolare i figli. Le scelte che prendiamo con l’obiettivo di migliorare la nostra condizione, vanno talvolta prese di concerto con chi sta condividendo un progetto comune. In alcuni casi basteranno semplici chiarimenti e lo stabilirsi di nuove modalità comunicative, ma nei casi più complessi, potrà anche essere necessario scegliere insieme di interrompere la relazione, se divenuta sterile o tossica per la vostra salute fisica e psicologica.

Le storie personali precedenti la relazione ricoprono sempre un ruolo importante sull’esito finale del rapporto e sulle modalità di affrontare e risolvere il conflitto o di porre fine alla relazione.

Le riflessioni e le considerazioni che vi accingete a leggere, porranno molti quesiti e alcuni spunti per identificare strategie utili a risolvere positivamente i conflitti che avvelenano la vostra storia d’amore. Ogni coppia ha una sua peculiare storia che origina dall’incontro di due persone con percorsi mai uguali e per questa ragione difficilmente codificabili e inquadrabili all’interno di schemi o pratiche di aiuto tra le quali scegliere per garantirsi un buon esito finale.

Stare insieme ed essere felici è il risultato di una scelta quotidiana, rinnovata ogni mattina al momento del risveglio. La ricetta consiste nell’affrontare insieme le difficoltà dei singoli partner e quelle della coppia.

Introduzione

La motivazione necessaria per cercare un partner sessuale, col quale costituire una nuova coppia e riprodursi, è presente in ciascuno di noi. Si tratta di un mandato che riceviamo in eredità e che può manifestarsi in modo più o meno intenso, o non manifestarsi affatto, anche in relazione alle esperienze di vita. L’obiettivo è quello di far proseguire la specie, anche se nessuno pensa di cercare un partner e avere rapporti sessuali con l’unico ed esplicito scopo di evitare l’estinzione degli umani. La spinta biologica a cercare un partner per riprodursi si presenta in modo naturale una volta raggiunta la maturità sessuale. A partire dall’adolescenza e dalla prima età adulta, si manifestano i primi interessi sessualizzati verso altre persone e le prime infatuazioni e innamoramenti.

Nell’essere umano, lo sviluppo di una coscienza di sé e la consapevolezza dei propri sentimenti e dei propri pensieri, offre l’opportunità di intraprendere percorsi variegati e non codificabili in modo rigido. La coppia stabile formata da un maschio e una femmina, finalizzata alla riproduzione, coesiste con altre forme di coppia che, col tempo, sono state culturalmente riconosciute e accettate, anche se persistono resistenze in tal senso. L’esistenza di individui con identità sessuali differenti a quella maschile e femminile non è una novità degli ultimi decenni, secoli o millenni, ma una realtà che accompagna l’essere umano dai suoi albori. Immaginare la presenza di tipologie di coppie diverse a quella formata da un uomo e una donna è di conseguenza plausibile anche se, solo di recente, la loro esistenza trova spazio nei codici del diritto e nell’immaginario delle persone.

In questo libro intendo fare delle riflessioni per sollecitare il lettore e la lettrice con spunti che possano essere utili nella sua attuale vita di coppia o nella costruzione di una nuova relazione. Toccherò alcuni temi, tra i quali i figli e il loro impatto sulla vita di coppia, i rapporti con le famiglie di origine, la gestione del denaro e la fine delle relazioni a partire dalle sollecitazioni che provengono dal mio lavoro clinico con coppie di ogni genere: etero, lesbiche, gay, ricostituite, giovani o anziane. Le regole per una relazione gratificante, al di là delle difficoltà della vita, sono le stesse per tutti perché, in realtà, più che di regolette da seguire, servono amore, affetto, stima, rispetto, volontà e voglia di mettersi nei panni dell’altro. La coppia i cui partner sono contenti di stare insieme, non rimane tale per sempre, ma deve essere nutrita, ogni giorno, con del cibo sano, oggi potremmo dire biologico. La coppia è un organismo nuovo, e come tale necessita di sostanze che sappiano mantenerla in vita e in buona salute. Rimanendo nella metafora del nutrimento, cercherò di dare delle sollecitazioni sugli ingredienti, lasciando a chi legge la libertà di combinarli in una buona ricetta per la propria vita di coppia.

A conclusione di questa breve introduzione, metto in evidenza ciò che porrei in cima a ogni riflessione sulla coppia: la vita a due non è fatta per tutti e, in ogni caso, la persona che scegliamo e accettiamo di avere al nostro fianco deve esserci affine sin dall’inizio, in quanto non possiamo sperare in un suo successivo cambiamento, se non per sua scelta o necessità. La coppia non deve diventare una prigione, il luogo del sacrificio in nome di una promessa. Lo schema di vita previsto dal matrimonio, ma anche dalla convivenza, è sempre più frequentemente percepito come soffocante di fronte alle infinite proposte di libertà del nostro tempo. L’individuo viene messo al centro della sua vita, e a lui viene proposto di godere di ampia libertà, che gli fa immaginare di poter vivere relazioni semplici, fluide, poco impegnative e molto gratificanti. Impegno, beninteso, non è sacrificio, ma consapevolezza che in due non siamo soli con tutto quello che ne consegue.

In chiusura, le parole del poeta libanese Kahlil Gibran dedicate alla ragione e alla passione. La coppia ha bisogno di entrambe le componenti, perché senza passione non nasce e senza ragione non sopravvive.

La vostra anima è spesso un campo di battaglia dove il giudizio e la ragione fanno guerra alla passione e agli appetiti. Vorrei essere il pacificatore della vostra anima, e trasformare la discordia e la rivalità dei vostri elementi in unità e armonia! Ma come potrò farlo, se non siete voi stessi i pacificatori, anzi, gli amanti di ogni vostro elemento? Ragione e passione sono il timone e la vela della vostra anima in viaggio. Se il timone o la vela si rompono, andrete sballottati alla deriva o resterete immobili in mezzo alle onde. Perché la ragione, se governa da sola, è una forza che limita; e la passione, lasciata incustodita, è una fiamma che brucia fino alla distruzione. Perciò la vostra anima esalti la ragione alle altezze della passione, così che possa cantare; E guidi la vostra passione con la ragione, affinché la passione possa vivere ogni giorno la sua resurrezione e come la fenice risorgere dalle sue ceneri. Vorrei che riteneste il giudizio e l’appetito come due ospiti ugualmente amati. Sicuramente non fareste più onore all’uno che all’altro; perché chi ha cura di uno solo, perde l’affetto e la fiducia di entrambi. In mezzo alle colline, quando sedete all’ombra fresca d’un pioppo, condividendo la serena pace di campi e prati lontani, fate che il vostro cuore dica in silenzio: “Dio riposa nella ragione”. E quando arriva la tempesta, e venti possenti squassano la foresta, e tuoni e fulmini proclamano la maestà del cielo, fate che il vostro cuore dica nello sgomento: “Dio si muove nella passione”.

E poiché siete un soffio nella sfera di Dio, ed una foglia nella Sua foresta, dovreste riposare anche voi nella ragione e muovervi nella passione.

TORNA IN ALTO

Parte prima

L’AMORE

Quando l’amore vi chiama seguitelo. Anche se le sue vie sono dure e scoscese. E quando le sue ali vi avvolgono, affidatevi a lui. Anche se la sua lama nascosta tra le piume potrebbe ferirvi. E quando vi parla, abbiate fiducia in lui. Anche se la sua voce può infrangere i vostri sogni come il vento del nord devasta un giardino. L’amore non possiede, né può essere posseduto. Perché l’amore basta all’amore. E non potete pensare di comandare il cammino dell’amore: se vi trova degni, è lui a dirigere il vostro cammino. L’amore non ha altro desiderio che realizzare se stesso.

Kahlil Gibran

  

L’amore e le sue manifestazioni

La relazione di coppia è una delle sfide più grandi e gratificanti della vita. L’amore rappresenta l’elemento fondamentale che tiene unite due persone in una relazione di coppia. Tuttavia, l’amore è un sentimento complesso e mutevole che può evolvere e cambiare nel corso del tempo.

L’amore può manifestarsi in diversi modi all’interno di una relazione; come un sentimento di affetto, di attrazione fisica o di profonda connessione emotiva. Tuttavia, ogni forma di amore richiede un’attenzione costante e un impegno reciproco per poter sopravvivere e crescere.

La relazione di coppia è un’esperienza unica, che richiede una comprensione profonda di se stessi e del proprio partner. La conoscenza reciproca è un elemento chiave per il successo della relazione, poiché permette ai partner di comprendere le esigenze e i desideri dell’altro, di condividere le proprie paure, realizzare i propri sogni e quelli comuni, e costruire insieme un progetto di vita insieme.

La sessualità è un aspetto importante della relazione di coppia, poiché rappresenta uno dei modi in cui i partner possono esprimere il proprio amore e la propria passione reciproca. Tuttavia, la sessualità non è l’unico modo in cui i partner possono sentirsi vicini e connessi l’uno all’altro. L’affetto e l’intimità sono importanti per il mantenimento di una relazione di coppia sana e duratura. L’affetto può essere espresso in modi diversi, come una carezza, un abbraccio o una semplice parola gentile. L’intimità richiede una vera e propria apertura emotiva, nella quale i partner esprimono reciprocamente sentimenti e pensieri. Solo attraverso l’intimità emotiva è possibile creare una connessione autentica e duratura.

La fedeltà è un altro elemento fondamentale nella relazione di coppia. Essa rappresenta l’impegno reciproco a mantenere una relazione monogama e duratura. La fedeltà è un segno di rispetto, di lealtà e di affidabilità nei confronti del partner e della relazione stessa.

Tuttavia, sentimenti e attrazione fisica possono venire rivolti all’esterno, non soltanto per il degradarsi della relazione, ma anche per scelta condivisa dei partner. In questo caso, l’apertura della coppia all’esterno dei propri confini diventa un’ulteriore sfida. Amore e sesso condivisi con altre persone non fanno infatti parte del pensiero comune esplicito, ma rimangono nascosti, e vengono vissuti in modo clandestino anche per anni o vite intere.

In ogni caso, la relazione di coppia rappresenta una sfida e un’opportunità per crescere e imparare come individui. Quando le difficoltà si presentano, è importante che i partner lavorino insieme per trovare una soluzione. La comunicazione aperta e onesta è fondamentale per il successo della relazione di coppia, poiché permette ai partner di condividere i propri pensieri e i propri sentimenti in modo efficace.

Infine, la relazione richiede un’attenzione costante e un impegno reciproco per poter crescere e migliorare nel tempo. La relazione di coppia è un progetto comune che richiede impegno, dedizione e costanza nel tempo per mantenerla viva e sana.

Essere se stessi

Gli individui che compongono la coppia sono i suoi elementi costitutivi e ne determinano il benessere e il malessere. La condizione indispensabile per il raggiungimento di uno stato di serenità e, in qualche occasione, di felicità dei singoli componenti, è costituito dalla qualità del contributo che ciascuno porta nello spazio comune. Questo contributo individuale permette sia di vivere bene la relazione con una persona speciale, sia di raggiungere un più generale stato di soddisfazione.

Il punto di partenza è diventare quello che siamo, prima di indossare i panni del personaggio sociale che siamo abituati a interpretare quando siamo nel mondo. Le diverse maschere e costumi che riteniamo indispensabile indossare per recitare il nostro ruolo pubblico, finiscono per convincerci di essere quel personaggio e non solo di metterlo in scena ogni giorno. Così facendo, dimentichiamo chi siamo, cosa ci interessa, quali sono i nostri talenti, quale vita sentiamo di voler vivere e, in sostanza, cosa ci fa stare bene e ci consente di ritenerci soddisfatti. Come si può comprendere, questo tema coinvolge l’intera persona e non solo il componente della coppia.

Purtroppo, non esiste un metodo, una ricetta che conduca a conoscere chi siamo, o chi saremmo, se smettessimo di ricoprire un ruolo. I ruoli sociali che possiamo ricoprire sono infiniti e la scelta del nostro personaggio, o dei nostri personaggi, avviene quasi sempre senza che ce ne accorgiamo. Un ruolo ci permette di evitare alcune nostre paure o incertezze, soddisfare le richieste del nostro ambiente cui non sappiamo dire no, o provare a soddisfare ambizioni del nostro Ego, che ci chiede di essere perfetti o di avere successo.

Per diventare se stessi non serve impegnarsi, poiché non conoscendoci, non siamo in grado di scegliere la direzione da prendere e i comportamenti da agire in coerenza con quello che siamo. Spesso, conosciamo molto bene cosa non ci piace di noi e abbiamo di noi idee non corrispondenti alla realtà. Sovrastimiamo infatti i nostri limiti, amplifichiamo i nostri difetti e fatichiamo a riconoscere qualità umane e competenze che ci appartengono. Queste parti che non ci piacciono sono caratteristiche fisiche, aspetti psicologici, talenti e competenze considerate inadeguate, e finiamo per adottare modelli esterni cui aderire. Un modello generato autonomamente, ma inconsapevolmente, o preso in prestito da persone di riferimento che abbiano rappresentato un esempio, è rigido e non può rappresentare esaustivamente l’essenza di una persona. Ognuno deve diventare se stesso ascoltandosi, per riconoscere la propria vocazione, perché ogni altra aspirazione produce insoddisfazione, frustrazione, sofferenza e richiede tanta fatica. Infatti, quando ci si impegna in qualcosa che non si trova sul nostro sentiero, il dispendio di energie mentali e fisiche aumenta a causa della scarsa motivazione. Ciò che è in linea con talenti e aspirazioni autentiche, richiede poche energie e avviene in modo spontaneo.

Quando un bambino dice di voler giocare a calcio, potrebbe anche voler imitare un amico, ma se non provasse gioia nel gioco, lascerebbe perdere in fretta questo sport per rivolgere il proprio sguardo verso qualcosa di più interessante per lui. Il bambino è se stesso perché non ha ancora adottato modelli in grado di condizionarlo. L’educazione e l’intero mondo intorno fanno di tutto per imporgli modelli di comportamento che dovrebbero consentirgli l’inserimento nella società dei grandi. Questi condizionamenti finiscono per offuscare progressivamente le sue caratteristiche originarie, con regole e schemi comportamentali degli adulti. Il bambino sa istintivamente cosa fare, perché la conoscenza che gli serve non ha bisogno di essere codificata, in quanto è parte di sé. Col tempo, ognuno di noi dimentica il bambino che è stato, i suoi sogni e quello che gli apparteneva profondamente. L’adulto non ricorda con quale spontanea leggerezza si muoveva nel mondo, senza chiedersi chi fosse, se fosse giusto questo o quel comportamento. Se riuscissimo a ricordare quel bambino, potremmo provare commozione al pensiero di non aver saputo conservare da adulti, quel naturale intuito che guidava il comportamento.

Scegliere un compagno o una compagna, coltivare una relazione, accontentarsi o cambiare partner; decisioni di questo tipo sarebbero semplici e spontanee per il bambino che siamo stati. Ovviamente l’adulto ha responsabilità che il bambino non deve assumersi, soprattutto verso altre persone. Quando si ha famiglia, le spinte a essere se stessi vengono messe da parte per il senso di responsabilità. Per questo sarebbe importante affrontare il tema dell’espressione di quello che siamo prima di legare il proprio destino a un’altra persona. Questo consentirebbe di arrivare a un legame stabile avendo compreso meglio quali sono i propri bisogni irrinunciabili.

La scintilla magica

La coppia nasce dall’unione di due persone che portano il loro bagaglio umano, culturale e di esperienze e, in breve tempo, le trasforma profondamente riempiendo la loro valigia di ulteriori strumenti per l’evoluzione personale. La parola unione ha la capacità di sottolineare una modalità di essere coppia che favorisce l’espressione del potenziale degli individui che la compongono, anziché imporre loro delle limitazioni. Se due individui si sentono uniti, ma liberi e parte di una coscienza che vibra all’unisono, ricca delle caratteristiche e dei contributi dei suoi solisti, essi si sentiranno spronati all’esplorazione e in nessun modo limitati. Questa modalità di essere coppia porta con sé qualcosa di paradossale e apparentemente inconciliabile, perché le persone che vi partecipano si sentono al tempo stesso libere e profondamente unite, stabili e appagate, ma in costante evoluzione, dipendenti e coinvolte in un progetto comune, e al contempo indipendenti e attori protagonisti di proprie iniziative.

Due individui uniti in questa modalità sono l’esatto opposto di quello che si osserva nelle coppie dominate dalla fusione, dalla distanza emotiva, dalla dipendenza, dalla possessività o dalla competizione. Due persone potrebbero costituire una coppia, ma basare il loro rapporto su presupposti limitanti o distruttivi. Per fare degli esempi, una persona potrebbe far dipendere in modo esclusivo il proprio benessere dalla presenza dell’altro, oppure basare la scelta del partner in funzione del proprio bisogno di sicurezza psicologica o materiale. Un altro esempio è l’utilizzo dell’attrazione erotica o la fascinazione per aspetti sociali o estetici come criteri di scelta. Questi non sono giusti o sbagliati, ma vanno osservati nella complessità della persona. Se assunti in modo esclusivo, non consentiranno di vedere la persona nella sua totalità, e in relazione con le proprie caratteristiche e i propri desideri. Criteri di scelta non coerenti con quello che siamo e vogliamo, ci faranno orientare verso partner che finiranno per limitare le possibilità di sentirci liberi e uniti, allo stesso tempo, nella relazione. L’unione si realizza quando due persone autentiche e semplici, che sono quello che mostrano, ovvero che sanno essere se stesse nella relazione, decidono di camminare insieme tenendosi per mano. Percorrono il sentiero che hanno scelto insieme e confermano ogni giorno la loro decisione impedendo così di perdersi di vista. La decisione quotidiana di scegliersi conferma la libertà e rinnova l’unione, impedendo di darla per scontata. In tutti i casi, la scintilla deve sprigionarsi, ma ciò che la determina non sarà probabilmente in grado di rappresentare il collante della relazione per tutta la vita. In principio, per potersi scegliere, servono attrazione erotica, intesa intellettuale, affinità spirituale, e reciprocità di interesse per le caratteristiche personali. Se una di queste caratteristiche viene però vissuta come elemento in grado di colmare una propria mancanza, col tempo, finirà per diventare un elemento tossico per il rapporto. Visto in questi termini, l’amore necessita dell’incontro di individui liberi, autentici, semplici e spontanei, disposti a unirsi. Se non vi sono una sufficiente conoscenza di sé, autenticità, spontaneità e semplicità, ma si è mossi dall’aspettativa che l’altro debba riempire un vuoto, sarà la presenza o l’assenza di specifiche caratteristiche a guidare la scelta. Per conoscere meglio sé stessi occorre sentirsi a proprio agio nella solitudine, ed esprimere quello che si è in ogni momento. Questo significa essere semplici e spontanei, ovvero lasciarsi guidare dall’intuito e dal residuo d’istinto che rimane nell’essere umano. Ascoltarsi, sentirsi e fidarsi di quello che compare, sono la ricetta per scoprire cosa è bene per noi.

In queste condizioni può manifestarsi l’amore e, sia nel caso di un colpo di fulmine che di una crescita progressiva del sentimento, le cose accadranno e accenderanno una luce meravigliosa sull’esistenza. Tutto nasce dalla spontaneità, emerge dal profondo e dall’essere semplici, piuttosto che dal fantasticare quello che la nostra mente immagina che possa renderci felici o risolvere i nostri problemi. La magia di una relazione si scopre col passare del tempo, e solo frequentandosi a lungo si arriva a comprendere quali sono le ragioni profonde che tengono unite due persone. Non si tratta di una scelta ragionata, ma di lasciare emergere e ascoltare le sensazioni. Ci si innamora; non possiamo progettare e far nascere l’amore in noi, come in nessun altra persona. L’amore sgorga come acqua dalla sorgente, ma non conduce a felicità duratura se non viene alimentato costantemente. Chi obietta che l’amore autentico non deve richiedere impegno, bensì essere pura passione, non sta considerando che tutto va incontro a usura, anche l’amore, come sanno bene coloro che hanno sperimentato delle relazioni lunghe.

Quello che non possiamo chiedere a un amante è di amarci in un modo o in un altro. Chi ama, lo fa a modo suo e noi possiamo solo accogliere l’amore così come ci viene offerto. La coppia nasce e muore come i sentimenti di chi la compone, e ogni forzatura produce solo sofferenza. Siamo quello che siamo e dobbiamo accettare che sia così anche per gli altri. Se imparassimo a prendere quello che la vita ci offre, senza pretendere un amore perfetto, potremmo godere pienamente degli incontri che il cammino ci mette a disposizione, perché sapremmo riconoscere e apprezzare la bellezza di un rapporto che nasce e si sviluppa senza alcuna fatica, né dubbi sull’autenticità dei sentimenti provati. L’amore mette in moto tutta la persona, mobilita tutte le sue energie ed espande i suoi effetti a tutti gli ambiti dell’esistenza. L’amore che nasce dalla nostra autenticità, che incontra e accetta l’altro ci permette di evolvere e avvicinarci ancora di più alla nostra essenza. Infatti, ogni esperienza amorosa è capace di trasformarci, se la lasciamo fluire liberamente, senza obbligarci, o obbligare l’altro a essere qualcosa di diverso da quello che è. L’amore rinforza il sistema immunitario e rende la persona piacevole e piena di voglia di vivere, con effetti positivi sulla salute, il lavoro, le altre relazioni e, soprattutto, con se stessi. La condizione indispensabile per godere di tanta abbondanza è di accettarlo così come si presenta, perché imbrigliarlo o cambiarlo vuol dire farlo morire. L’amore è sempre un sentimento travolgente, sia quando siamo amanti clandestini, che quando siamo parte di un rapporto esclusivo.  L’amore non accetta di avere le briglie, e quando due amanti lo sanciscono col matrimonio, devono essere consapevoli che si tratta solo di una promessa formale e non di una polizza assicurativa. Non esiste garanzia che sia per sempre, perché l’amore non accetta un’etichetta adesiva che lo definisca eterno. Se sapremo accogliere l’amore così come si presenta ogni giorno, fugace come quello degli amanti, o inserito nella quotidianità come quello degli sposi e dei conviventi, asseconderemo quello che siamo e impareremo ciò che ogni esperienza è in grado di insegnare. Al momento opportuno, se non faremo resistenza, la vita ci darà il segnale che è arrivato il momento di cambiare e passare all’esperienza successiva. Resistere o cercare di forzare i tempi va contro il nostro interesse. Nuotare contro corrente è faticoso e, tuttalpiù, riusciremo a rimanere nello stesso punto del fiume. Lasciamo che il flusso ci conduca al suo ritmo, mentre osserviamo il paesaggio intorno a noi. Se vogliamo solo quel tipo di amore che abbiamo in testa, e ci ostiniamo affinché sia così e solo così, potremmo trascorrere la vita aspettando di andare su Marte per innamorarci.

L’amore ideale non esiste

La principessa e il principe azzurro fanno parte dell’immaginario di tutti i bambini e le fiabe si concludono con i due protagonisti che vivranno per sempre felici e contenti. Quando diventiamo adulti, nascosta dentro di noi, ma capace di farsi sentire, rimane la fascinazione che alimenta la speranza che l’esito della favola si realizzi nella propria vita. Il desiderio di incontrare una persona speciale che ci renda felici, risiede in noi sin da piccoli. L’amico e l’amica del cuore lasciano spazio al desiderio di innamorarsi e fondersi con una persona che ricambi i nostri sentimenti. A questa figura immaginifica chiediamo di farci perdere il contatto con la realtà e di farci volare altissimi, sopra le cose di tutti i giorni.

Lo stato di euforia provocato da un rapporto unico, speciale e privilegiato, può essere sperimentato a tutte le età e, quando la magia si manifesta, trasforma la vita delle persone coinvolte. L’amore è anche in grado di guarire antiche ferite e dare nuovo significato al rapporto col mondo circostante. L’amore sa restituire significato all’esistenza, quando sembrava che fosse stato smarrito. Anche chi non ha avuto la fortuna di innamorarsi, intuisce che potrebbe essere un’esperienza travolgente che si augura di provare.

Le fiabe, le poesie, i romanzi, i quadri, le canzoni e, in generale l’arte, narrano storie d’amore travolgenti, ma anche contrastate o impossibili. Il momento emozionante in cui il principe risveglia la principessa con un bacio e la sposa, rimane il finale atteso. Le esperienze della vita, a partire dall’esempio che i genitori offriranno, contribuiranno a immaginare in modo originale le relazioni d’amore. La storia di ciascuno, in particolare la relazione con le persone significative della prima infanzia, costituirà la premessa più o meno favorevole, per la realizzazione del grande sogno d’amore. Starà poi a ciascuno ascoltare, comprendere e prendere atto di come si sta nel rapporto, ed eventualmente uscirne quando si renderà conto che non è più in grado di soddisfare le proprie aspettative.

Tutti devono poter desiderare e sperare di provare le sensazioni di pienezza ed entusiasmo che l’amore può donare. Anche quando in passato vi sono stati episodi dolorosi, una relazione soddisfacente può essere in grado di curare le ferite più profonde e laceranti, Queste possono essere comprese, accettate e integrate nella propria storia in un racconto nuovo, sciogliendo rabbia, senso di colpa, risentimento e tutte le altre emozioni negative che lo accompagnano.

Torniamo alla favola della principessa e del principe azzurro. La fiaba termina senza spiegare come i due innamorati possano vivere per sempre felici e contenti. Il segreto di un amore che dura a lungo in modo appagante non è rintracciabile sul manuale pratico dell’amore. Dobbiamo scoprirlo vivendo la vita, e la relazione con una persona. Le difficoltà derivanti da eventi avversi e l’inevitabile instaurarsi di abitudini possono rendere meno stimolante un rapporto, ma sono parte della vita e dobbiamo conviverci. Stare insieme dipende, infatti, solo in parte dalle difficoltà che si incontrano, ma molto dal desiderio di costruire insieme un rapporto che ci renda felici e orgogliosi di averlo saputo costruire.

L’amore è come il pavimento sul quale camminiamo o sostiamo; è molto piacevole poggiarvi i piedi e sapere che le piastrelle che lo compongono le abbiamo posate insieme a lui o a lei. Il pavimento deve essere stabile e solido per dare sicurezza quando lo si calpesta e non va rimesso in discussione ogni volta che si apre un conflitto o si incontra una difficoltà. Il confronto, anche quando è aspro, deve rimanere confinato a un argomento di discussione, che può essere spinoso e doloroso, ma se il pavimento su cui poggiano i piedi è solido, sarà in grado di sostenere qualsiasi scontro.

Dire al proprio partner “non condivido quello che hai fatto o detto” è molto diverso da “sei sempre il solito”. Nel secondo caso, infatti, si sta dando una definizione negativa e immodificabile di tutta la persona, piuttosto che un’opinione su uno specifico comportamento.

Ritorniamo ai principi e alle principesse; le favole non raccontano la vita quotidiana che essi condurranno dopo la fine della storia, lasciando intendere che la vita riserverà loro felicità, senza che debbano avere un atteggiamento consapevolmente costruttivo e collaborativo. Ho la sensazione che molte persone non considerino la necessità di doversi impegnare per poter vivere una relazione soddisfacente. Questo atteggiamento alimenta aspettative irrealistiche che contribuiscono ai tanti problemi relazionali cui assistiamo nella nostra società. La convinzione che la fase di innamoramento iniziale non si esaurirà, fa sì che non si metta in conto la necessità di una ferma decisione.

Vogliamo stare insieme, affrontare e risolvere in modo condiviso i conflitti che inevitabilmente si genereranno. Stare insieme ed essere felici non è scontato, ma una conquista quotidiana.

Ogni coppia dovrebbe soffermarsi un istante e osservare le basi su cui poggia la relazione. I valori sono condivisi e accettati da entrambi? Bisogna inoltre essere consapevoli che il pavimento che sostiene una relazione, ovvero i valori condivisi, va mantenuto pulito e lucido come quello di casa, se si vuole avere un punto di appoggio solido nei momenti di difficoltà. Per vivere felici insieme, finché morte non separi, il pavimento deve essere mantenuto in ordine perché, in caso di crisi, sia in grado di sopportare anche gli stress più intensi.

Quali sono i materiali necessari per costruire un pavimento solido e privo di insidiose crepe? La fiducia, ad esempio, è un ingrediente essenziale, ma viene quasi sempre riferita al tradimento fisico o mentale. La fiducia, unita alla stima, permette di vivere in modo sereno gli spazi di autonomia e libertà del partner. Fidarsi significa quindi essere certi del fatto che ogni scelta del partner terrà conto delle nostre sensibilità e nell’interesse della coppia. Se manca questo aspetto della fiducia, si finirà con il criticare, controllare e disapprovare l’operato del compagno o della compagna. Tutti noi abbiamo il desiderio e il bisogno di essere accettati e approvati così come siamo. Quando vengono meno accettazione e approvazione, e prevalgono le critiche e il risentimento, il rapporto inizia a incrinarsi. Sentirsi stimati da chi sostiene di amarci è infatti essenziale.

La manutenzione quotidiana del pavimento su cui poggia l’amore è inoltre un elemento essenziale, quanto lo sono le pulizie di casa. In base alla mia esperienza sarebbe opportuno che non ci fossero litigi lasciati in sospeso. Litigare fa parte dello stare insieme e ci permette di dare voce a noi stessi. Aprire e chiudere un litigio è importante quanto permettersi di non gradire alcuni aspetti del partner. Quello che conta è non lasciare dei sospesi che, col tempo, inquinano la relazione e, infine, la avvelenano. Il risentimento, e gli altri sentimenti negativi, non rimangono quello che sono, ma si sedimentano uno sopra l’altro nel corso del tempo e, a un certo punto, potrebbe non essere più possibile rimuoverli. I sentimenti negativi, lasciati irrisolti, possono trasformarsi nel disprezzo, ovvero il più importante precursore della fine di una storia. Pulire ogni giorno gli spazi comuni è più semplice e salutare per la relazione, perché i ricordi sono freschi ed è più facile evitare fraintendimenti. Chiarire di volta in volta le incomprensioni migliora la qualità della vita e rappresenta, in amore, quello che le faccende quotidiane rappresentano per la casa.

La favola della principessa e del principe è stata scritta per i bambini, e noi adulti dobbiamo completarla con gli elementi mancanti, concordando sulla necessità di camminare su basi solide costituite da stima, rispetto, fiducia e desiderio di superare insieme gli ostacoli.

I cardini di una relazione felice

Il primo e fondamentale aspetto che non va mai dimenticato è che la felicità non è la conseguenza diretta di una relazione d’amore. Due persone che possiedono individualmente un equilibrio proprio sufficiente, costituiscono l’ambiente ottimale per crescere e costruire insieme un progetto che possa contribuire a rafforzare una condizione di partenza idonea. L’amore non è in grado di curare le persone, ma è capace di migliorarle e di trasformarle in meglio. Per fare questo ha bisogno di persone che ambiscano a crescere e non a colmare lacune personali o fornire sicurezza.

Se ci chiedessimo quali caratteristiche dovrebbe avere una relazione di coppia per essere soddisfacente, ci accorgeremmo subito che ci sono molti aspetti da considerare, quasi sempre difficili da generalizzare ad altre relazioni e sono legati alla storia personale e alla cultura di appartenenza.

La relazione di coppia non può essere rappresentata come un blocco di granito a forma sferica e ben levigato, ma è fatta di tante parti, e ognuna di esse contribuisce a renderla piacevole, faticosa, inebriante, insulsa, gioiosa o dolorosa. Ognuno di noi cerca nella coppia qualcosa di speciale che soddisfi bisogni che non sono però sempre del tutto consapevoli. Siamo guidati dall’istinto a formare una coppia e ad avere dei rapporti sessuali con l’obiettivo di fare dei figli, ma non è l’unica ragione che spinge due individui a decidere di mettersi insieme, prendere dei reciproci impegni e assumersi delle responsabilità. La coppia, infatti, significa amore, affetto, piacere, eros, sicurezza e certezza di un rifugio sicuro sul piano affettivo, condivisione e confronto privo di secondi fini.

La possibilità di essere accolti, accettati e approvati in modo incondizionato, è la speranza sottesa a ogni relazione. Proprio la mancanza di accoglienza, di accettazione senza condizioni e di approvazione del nostro modo di essere e delle nostre scelte, genera il malcontento e finisce per minare le basi del rapporto. Le ragioni che fanno litigare le coppie, il modo con cui si affrontano, si mantengono, si amplificano o si risolvono i conflitti, ci aiutano a capire e prevedere, in parte, gli esiti di una relazione di coppia a lungo termine. Le coppie litigano per motivi ricorrenti, per ragioni simili, ma la modalità con la quale vengono superati o mantenuti in vita i conflitti è diversa per ciascuna coppia. Le principali aree di conflitto, comuni alla maggior parte delle coppie, sono la disponibilità e la capacità di dialogare, gli argomenti messi in discussione, la gestione e l’educazione dei figli, l’impegno nella gestione della casa, quantità e qualità dei rapporti sessuali, le relazioni con le famiglie di origine, lo stress lavorativo o la mancanza di lavoro e di denaro, il bisogno di entrambi di avere spazio e tempo per se stessi e i rapporti con amici e altri parenti.

La serenità e la felicità di un rapporto derivano, più che dall’assenza di conflitti, dal modo in cui questi conflitti vengono vissuti e superati. Le strategie adottate per fare pace sono fondamentali. I conflitti che non lasciano strascichi sono quelli in cui è stato trovato un nuovo accordo su come andare avanti; sono conflitti fisiologici, comuni a tutte le coppie e non lasciano code e conseguenze. Se un conflitto è stato risolto, non sarà necessario tornare sull’argomento. L’armonia, magari lentamente,potrà tornare e guarirà le ferite di qualche parola di troppo uscita durante il momento di litigio e di sfogo. I comportamenti concreti con cui i partner affrontano i conflitti sono quindi importantissimi per sapere se la coppia potrà essere felice nel tempo. Comprensione autentica e profonda, aiuto concreto, disponibilità ad ascoltare le ragioni dell’altro e cambiare quei comportamenti che disturbano o feriscono la persona che sta al nostro fianco, sono solo alcuni dei passi concreti per vivere insieme ed essere contenti.

Questi passi non sono sempre facili da mettere in atto per ragioni diversissime che vanno dalla stanchezza fisica e mentale, al risentimento, dai problemi pratici quotidiani all’incapacità di esprimere le proprie ragioni. In ogni circostanza, la forza di andare oltre le ragioni del conflitto deve poter fare leva sul pavimento che è stato costruito e su quanto credete che l’altra persona meriti il vostro amore e l’impegno necessario per andare avanti. Spesso mi è stato detto che la parola impegno non si addice all’amore. In effetti non è lo stesso impegno che possiamo mettere in una attività pratica, in un lavoro. Si addice meglio la parola intenzione, purché ci si ricordi che deve essere rinnovata ogni giorno e non si consideri l’intenzione come una scelta iniziale che possa reggere nel tempo. La cura della relazione è quotidiana, e l’intenzione va rinnovata e resa esplicita, piuttosto che venire considerata come scontata. Una frase pronunciata spesso durante le sedute di coppia è proprio “mi dà per scontata/o”. L’armonia non è scontata, bensì curata ogni giorno.

Un elemento che va considerato ai fini del miglioramento della relazione, è la capacità che posseggono le abitudini di farci comportare sempre allo stesso modo, anche quando alcuni comportamenti hanno perso senso ed efficacia. Molte nostre reazioni agli stimoli esterni, come una sollecitazione del nostro partner, sono diventate abitudini perché per lungo tempo hanno avuto una loro funzione nella nostra vita. Una risposta standard in una situazione specifica riduce i tempi e l’energia necessari per reagire alla sollecitazione. Purtroppo, queste reazioni standardizzate sono difficili da modificare anche quando ci accorgiamo che non sono più adatte e generano fraintendimenti e discussioni. Automatico vuol dire inconsapevole e proprio per questo il primo passo è acquisire consapevolezza del nostro agire, anche nei confronti della persona che ci sta a cuore. Consapevolezza vuol dire spegnere il pilota automatico e porre attenzione alle conseguenze dei nostri comportamenti. Possiamo decidere di essere comprensivi o poco sensibili, empatici o badare a noi stessi, ma in ogni caso sarà una nostra decisione e non una vecchia abitudine a farci agire. In questo caso, riportiamo sotto la nostra volontà il nostro comportamento e le conseguenze sulla relazione che ne conseguono.

Ti amo così come sei

Gli articoli 143, 144 e 147 del Codice Civile contengono le parole che vengono lette dal sindaco agli sposi durante la cerimonia di matrimonio.

Art. 143 – Diritti e doveri reciproci dei coniugi

Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.

Art. 144 – Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia

I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa. A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato.

Art. 147 – Doveri verso i figli.

Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.

Gli articoli citati attribuiscono diritti e impongono doveri ai membri di una coppia in generale, e non solo agli sposi. Andrebbero aggiunti il diritto a essere accettati per quello che siamo, il diritto a non essere criticati per le nostre caratteristiche fisiche e psicologiche, il diritto a essere incoraggiati a sviluppare e utilizzare i nostri talenti, e, infine, essere sostenuti nel nostro desiderio di autorealizzazione, sia professionalmente che come esseri umani.

Quando due persone si incontrano per la prima volta, ognuno mostra di sé le parti che possano contribuire alla costruzione di una propria immagine positiva. In questa fase, i difetti e i limiti che non sono immediatamente percepibili, vengono quasi sempre messi da parte per mostrare le caratteristiche considerate positive. Solo con il tempo, le parti inizialmente tenute in disparte, vengono alla luce. Da questo momento in poi, i partner si svelano, mostrando pregi, limiti e difetti, nel dipanarsi della vita quotidiana. Quando due persone si mostrano per quello che sono, nel bene e nel male, la loro relazione deve integrare le parti buie di ciascuno, quegli aspetti che possono rappresentare un ostacolo alla serenità di coppia. A questo punto è di fondamentale importanza tenere aperto il canale comunicativo, con l’obiettivo di conoscersi in modo sempre più profondo e giungere ad accettarsi reciprocamente. La coppia diventa uno spazio scomodo se i dubbi sul partner vengono tenuti nascosti per paura di provocare un conflitto. Dire è meglio che non dire. A creare problemi è, semmai, il modo in cui viene espresso un pensiero, con parole che criticano la persona, anziché il suo comportamento. “Sei sempre il solito egoista”, oppure, “non stai mai attento”, sono giudizi sulla persona, che la definiscono rigidamente in modo negativo. “Quando dici certe frasi, ti comporti da egoista”, oppure, “prima, quando ti ho parlato, non mi hai ascoltato”, esprimono una opinione su specifici comportamenti, lasciando inalterato il giudizio complessivo sulla persona.

Durante un confronto, ciascuno vorrebbe esprimersi in modo spontaneo, senza dover riflettere o gestire le proprie emozioni, ma è necessario sapere che le critiche non piacciono a nessuno. Il diritto a essere noi stessi, spontanei e autentici, deve tenere conto delle sensibilità altrui. Quando la pretesa di essere spontanei, ci porta ad attaccare o criticare, dobbiamo tenere conto che potremmo far chiudere le porte della comunicazione del nostro interlocutore. Spontaneo, infatti, non significa insensibile, maleducato, irrispettoso o aggressivo. Il mio invito a essere autentici, intende promuovere la conoscenza delle proprie caratteristiche per potersi esprimere al meglio e sentirsi realizzati, ma non ha niente a che fare con la spontaneità di chi, anche all’interno della coppia, manca di rispetto e prevarica i diritti di altre persone.

Le parole chiave della coppia

Amore, amicizia, condivisione, famiglia, figli, intimità, progettualità, rispetto, sesso e stima (in ordine alfabetico e non di importanza) sono alcuni dei concetti chiave nei rapporti di coppia e si trovano sempre al centro del dialogo con le persone con le quali lavoro nel mio studio.

Gli esseri umani sviluppano la coscienza di sé nelle interazioni con i propri simili che, detto in modo semplice, significa che impariamo chi siamo nella relazione con le altre persone. Dopo questa premessa, consideriamo le parole relative alla coppia.

L’intimità può essere descritta come una condizione di vicinanza fisica ed emotiva tra persone. La confidenza esistente tra individui consente loro di vivere e rimanere a stretto contatto senza sentirsi a disagio, e traendo piacere dalla prossimità. Percepirsi intimi significa permettere a un altro individuo di avvicinarsi, senza che questo ci metta in allarme o ci faccia provare una qualche forma di fastidio. Provate a pensare alla strana sensazione provata quando ci troviamo a contatto ravvicinato con persone che non conosciamo, in uno spazio ristretto, ad esempio in ascensore. Due persone che si percepiscono come intime, in questa situazione si stringeranno e si sentiranno perfettamente a loro agio, e i loro sguardi si potranno incrociare con piacere reciproco. Essere in intimità non sottende quindi la possibilità di poter giungere a un atto sessuale, ma una vicinanza emotiva profonda, ovvero intima. La coppia si trova in intimità quando i partner si scambiano effusioni, attenzioni, carezze, parole delicate, segni di vicinanza affettiva e quando fanno l’amore, ma sono intimi anche quando comunicano al telefono o con messaggi WhatsApp. La sensazione di essere intimi deriva dalla percezione profonda di essere vicini emotivamente, di essere aperti e vulnerabili, di sentirsi accolti, protetti e coccolati, di essere perfettamente a proprio agio in prossimità o tra le braccia dell’altro, condividendo parti molto private di sé. L’intimità può far pensare alla sessualità, ma si tratta di due concetti differenti, che possono manifestarsi nello stesso momento tra due persone. Ciò che è intimo sta a stretto contatto con la nostra pelle e con il nostro cuore, ci fa sentire bene, ci protegge e ci consente di muoverci nel mondo a partire da una base sicura alla quale sappiamo di poter fare riferimento, e alla quale tornare in caso di disagio. Avere una base sicura corrisponde alla certezza di avere qualcuno con il quale condividere esperienze ed emozioni, esprimere aspirazioni, dare e ricevere piacere, mostrarsi all’altro e guardare l’altro senza giudizio. La relazione intima risponde al bisogno di condividere la propria esperienza, di sentirsi accolti, capiti, accettati e approvati. È, allo stesso tempo, una tana protetta nella quale rannicchiarsi quando ci si sente fragili e insicuri, ma anche il luogo nel quale cercare divertimento, piacere e senso della vita. L’intimità, dunque, non contempla necessariamente la presenza di una relazione di coppia in cui avvengano anche dei rapporti sessuali. Basti pensare al più intimo dei rapporti, ovvero quello tra madre e bambino, che rappresenta la più incondizionata forma di amore e di intimità.

Tra gli intrecci possibili, amicizia e intimità viaggiano a braccetto e, probabilmente, il significato più profondo dell’amicizia implica la presenza di un rapporto intimo, che permetta agli amici, di essere reciprocamente autentici. La sensazione di non venire giudicati, ovvero di poter essere quello che si è, senza alcun timore, apre la strada all’autenticità della relazione. Infatti, se percepissimo la possibilità di ricevere una critica o un giudizio morale, tenderemmo a chiuderci e il rapporto smetterebbe di essere autentico. Anche nelle coppie affiatate possono esserci momenti in cui emerge il giudizio, e anche in questo caso la relazione si irrigidisce e nascono delle incomprensioni.

Il significato di intimità, talvolta, viene frainteso e trasceso e sfocia in forme di controllo, che non fanno bene alla coppia, perché vengono meno gli elementi fondativi dell’intimità stessa, ovvero fiducia, libertà, rispetto e reciprocità.  Se è evidente che controllare di nascosto il telefonino del partner è un atto intrusivo, lo può essere, anche se con sfumature diverse, pretendere di sapere dal partner con chi era al telefono o che cosa sia stato detto. Lo spazio privato di ciascuno non rappresenta un pericolo ma, al contrario, è un elemento necessario per distinguere se stessi dagli altri. Senza uno spazio tra i partner, la curiosità e il desiderio vengono meno. Tenere sotto controllo chi dichiariamo di amare, contraddice l’amore stesso. Infatti, intimi vuol dire vicini emotivamente, ma non fusi insieme.

L’intimità, così raccontata, è un’esperienza molto desiderata dai partner ma, in molti casi, rimane limitata alla condivisione di aspetti più pratici che emotivi. Spesso uno dei partner vive un senso di mancanza e di distanza, ma non riesce a far comprendere in cosa consiste questo sentimento di privazione. Una parte di quello che pensava poter trovare nel rapporto viene a mancare, e tutta la relazione ne risente.

Intimità e amicizia possono preludere allo sbocciare di un amore, così come verrà inteso in questa sede, ovvero il sentimento reciproco tra due partner, carico di desiderio sessuale e di volontà esplicita di formare una coppia stabile. La società nella quale viviamo non intende il termine stabile col significato “per sempre”, e prevede una stabilità fino a quando entrambi i partner decidono che la coppia esista. Chi ha avuto la fortuna di essere innamorato sa bene cosa significhi, e poesie, racconti, canzoni, film, romanzi e l’arte in generale, esprimono con grande enfasi l’estasi amorosa. Come non desiderare di innamorarsi, ascoltando delle storie così emozionanti? L’amore provato per una persona con la quale formiamo una coppia, però, può produrre anche sofferenza. Quando si manifesta, è proporzionale alla forza del sentimento e fa parte della natura impermanente e temporanea di tutte le vicende umane. L’amore genera traversie perché a sperimentarlo sono le persone, con le loro caratteristiche e i loro limiti umani. Possiamo però essere maggiormente consapevoli di come siamo, di cosa cerchiamo, di cosa facciamo e di come si possa rendere più ricco e duraturo il nostro amore. Sembra scontato che il nostro comportamento sia finalizzato principalmente al reciproco benessere ma, come possiamo osservare intorno a noi, le cose non vanno proprio così. Desideriamo vivere una storia felice, alimentiamo immagini e fantasie di come vorremmo che fosse la nostra relazione, ma non sappiamo esattamente cosa occorra fare ogni giorno, per nutrire questo rapporto. Azzardando un po’ con le parole, possiamo affermare la presenza dentro di noi di un dispettoso boicottatore del nostro amore, alimentato dall’inconsapevolezza, dall’orgoglio, dalla competizione o dall’insoddisfazione generale per la nostra vita. Il boicottaggio si manifesta con le reazioni abituali e automatiche ai comportamenti e alle dinamiche che si generano nella coppia. Sempre le stesse azioni e sempre le stesse reazioni, poca consapevolezza delle dinamiche relazionali, di quanto accade e poca energia investita nel cambiamento.

Il dialogo è uno degli elementi essenziali per una vita di relazione soddisfacente. Essere consapevoli delle proprie e altrui dinamiche comunicative, ma soprattutto di come le parole vengono vissute e producono reazioni emotive nel partner, aiuta a limitare i conflitti e favorire una loro rapida riparazione. L’obiettivo è capire, accogliere e accettare le differenze che sono inevitabili in quanto siamo tutti diversi, e tutti desideriamo che venga riconosciuta la nostra unicità. Il modo in cui le coppie comunicano determina in larga parte la qualità della relazione e, di conseguenza, l’esito dei conflitti che si possono generare. I conflitti sono inevitabili quando due persone interagiscono, e la coppia è in interazione continua, quindi esposta a divergenze di idee, di abitudini e di convinzioni profondamente radicate che conducono i partner a discutere e litigare. Nulla di strano in queste dinamiche. L’importante è il rispetto di alcune regole che consentono di salvaguardare la coppia da momenti di disconnessione che sono pericolosi se prolungati e frequenti. Inoltre, ma questo è più facilmente comprensibile, se il conflitto trascende nella violenza, in una qualsiasi delle sue forme, il rischio di superare il confine di non ritorno è molto  alto. La violenza non è solo quella fisica, ma comprende quella verbale, quella economica, la creazione di un clima di continua tensione e anche la disconnessione dal partner come punizione. L’uso strumentale della relazione con i figli per combattere la propria lotta col partner è una ulteriore forma di violenza che, coinvolgendo i bambini, va assolutamente evitata e assume un valore etico così negativo da richiedere un risveglio immediato e forte dei partner. I figli non hanno mai la colpa del naufragio di una relazione e vanno tenuti fuori da ogni diatriba tra adulti.

Spesso, le parole che usiamo possono avvelenare la comunicazione della coppia. Ci sono frasi che possono ferire il partner e minare la fiducia nella relazione. Tra le frasi più tossiche ci sono le accuse, le minacce, le offese e le critiche che possono far sentire il partner giudicato e non accettato. Le parole che generalizzano come “sempre” e “mai” possono creare un clima di conflitto, oltre alla negazione delle emozioni del partner. Ad esempio, frasi come “Ti preoccupi sempre troppo” o “Non stai mai attento a quello che dico“, possono far sentire il partner non compreso o svalutato in quello che prova o nel suo modo di agire. Inoltre, le parole che rivelano mancanza di rispetto, ad esempio insulti spesso usati, come “stupido” o “idiota“, possono essere estremamente offensivi e non dovrebbero mai essere usate, nemmeno quando si è molto arrabbiati. Per mantenere una comunicazione sana e rispettosa nella coppia, è importante evitare le frasi tossiche e concentrarsi su parole gentili, di supporto e di comprensione.

Altre parole o frasi che possono avvelenare la comunicazione di coppia sono quelle che non rispettano il confine personale del partner, come “dovresti fare questo” o “devi smettere di fare quello“. Questo tipo di linguaggio, infatti, può dare la sensazione al partner, di venire privato della propria autonomia e libertà, creando un senso di oppressione. Invece, sarebbe meglio utilizzare un linguaggio più aperto e rispettoso, come “vorrei che” o “mi piacerebbe se“, che lascia al partner la libertà di scegliere e di agire come preferisce. Infine, è importante evitare anche le parole o le frasi che possono ferire la vulnerabilità del partner, come “non capisco perché tu ti senta così” o “non ha senso che tu ti preoccupi per questo“. Al contrario, è utile cercare di capire le emozioni del partner e mostrare comprensione, anche se non se ne condividono completamente i sentimenti.

Ho voglia di innamorarmi

Desiderare l’estasi che produce un amore appassionato e sincero è naturale e segno che la vita ci piace e vogliamo goderne i frutti.

Tornare a essere single dopo una relazione, può divenire l’opportunità di riflettere sugli eventuali errori commessi, su come si immagina il futuro, su come poter allontanare in fretta il dolore e il senso di perdita che si prova. Non importa se sentivamo che le cose non funzionavano e probabilmente abbiamo favorito col nostro comportamento la fine della relazione. La vita è cambiata completamente e ci ritroviamo da soli, dobbiamo imparare a vivere una nuova condizione, e il cambiamento porta con sé novità che ci piacciono e novità che non ci piacciono e ci spaventano. La solitudine, soprattutto all’inizio, può venire vissuta come un vuoto incolmabile. La reazione spontanea è quella di riempire quel vuoto, costi quel che costi. Riempire il vuoto significa allontanare il dolore e qualsiasi pillola può sembrare la soluzione. Qualcuno si lancia in una frenetica vita sociale, reale o virtuale, altri vanno dallo psichiatra per farsi prescrivere la pillola della felicità, alcuni ricorrono all’immersione full time nel lavoro o nello sport. Le soluzioni in sé non sono giuste o sbagliate; quello che conta è l’atteggiamento mentale con il quale ci si pone di fronte a una condizione nuova e sconosciuta alla persona che nel frattempo siamo diventati. Infatti, il tempo è passato e facciamo i conti con la nostra mente razionale che ci impone standard esistenziali non sempre realistici. Il grande sogno è finito e vorremmo, in modo meccanico, poter tornare a stare bene come prima della fine della relazione. Potremmo ricordarci di come stavamo davvero in quella relazione, se quell’uomo o quella donna ci davano la sensazione di arricchire la nostra vita e di renderla più piacevole che se fossimo stati soli.

Innamorarsi di una persona riporterebbe rapidamente a uno stato di euforia, ma come detto, innamorarsi non è possibile a comando, esercitando una forma di volontà. Possiamo solamente essere disponibili a stabilire una relazione affettiva.

Il mistero nella coppia

I componenti della coppia dovrebbero ricordare che, innanzitutto, essi sono degli individui soli, che scelgono di stare insieme, ma che non diventeranno mai una cosa sola. Pertanto, dovrebbero considerare naturale mantenere degli spazi propri, misteriosi per il partner. Si tratta di pensieri, momenti, conoscenze e fantasie proprie, che non sono in conflitto con la coppia, ma semplicemente uno spazio privato dell’individuo. Il mistero, in fondo, mantiene desiderabile il partner e ci fa desiderare di scoprirne i segreti, anche se non sarà mai possibile farlo sino in fondo.

Come il mistero è uno spazio psichico ed emotivo che ciascuno mantiene privato, è utile alla coppia che ognuno svolga delle attività pratiche senza il partner. Uscire con amici propri, andare in palestra, seguire dei corsi, ascoltare musica da soli o coltivare hobbies è importante per continuare a sentirsi individui e non sciogliersi nella diade. È utile avere qualcosa da raccontarsi quando ci si ritrova, è importante sapere che il nostro partner ha degli spazi tutti suoi. Questo ci conferma che il partner è desiderabile, che dobbiamo riconquistarlo ogni giorno.

L’importanza dei “no”

Dire “no” alle richieste non gradite, è il miglior modo di rispettare se stessi. Dicendo “sì” alle stesse richieste, tradiremmo i nostri sentimenti e, subito dopo, ci farebbe stare male. In coppia, come nel resto della vita, è molto importante percepire coerenza tra quello che sentiamo e quello che esprimiamo all’esterno. Quando questa coerenza viene disattesa, i sentimenti che si provano sono negativi, ad esempio, rabbia, frustrazione e risentimento, e vengono rivolti verso se stessi, proprio per non aver rispettato i propri sentimenti, ma anche verso il partner, colpevole solo di aver fatto una richiesta non gradita. La chiarezza comunicativa, l’onestà intellettuale, l’autenticità e la verità dei propri sentimenti espressa con franchezza sono indispensabili per evitare risentimenti e insoddisfazioni che tolgono serenità alla relazione.

I comportamenti esprimono l’amore

Ti amo è un’affermazione composta da due parole, con cui viene espresso il sentimento intenso, inebriante e pervasivo provato per un’altra persona. Sono parole che servono per descrivere il proprio stato interiore nei riguardi di qualcuno verso il quale ci sentiamo calamitati. L’affermazione ti amo, può però essere pronunciata in presenza di intenso trasporto, ma spesso viene usata in modo automatico, quando il sentimento si è molto allentato. La presenza contemporanea di parole e sentimento intenso è la condizione necessaria affinché si possa parlare di Amore, scritto con la A maiuscola. La simultanea manifestazione di parole e sentimento, si realizza attraverso un flusso costante di comportamenti coerenti tra loro e ispirati dal proprio significato di amore. Ovviamente il significato varia da persona a persona, e con esso i comportamenti che ne possono derivare. Nonostante le differenze individuali però, a nessuno verrebbe in mente di includere nella propria mappa mentale di amore, un concetto quale il disprezzo, e un suo possibile comportamento derivato quale l’indifferenza verso i bisogni dell’altra persona o un insulto.

Vorrei specificare che innamoramento e amore sono intesi come concetti distinti; in questo caso mi sto riferendo alla fase successiva a quella dell’innamoramento, il momento in cui il rapporto si stabilizza e necessita di modalità nuove di funzionare. La trasformazione del fuoco della passione in qualcosa di più duraturo, basato su valori, obiettivi e progetti condivisi, è necessaria e inevitabile per una relazione che possa durare nel tempo con reciproca soddisfazione. È irrealistico immaginare che le inebrianti sensazioni dei primi mesi o anni possa mantenersi in eterno. Questa seconda fase dell’amore è immaginata e caratterizzata soggettivamente da bisogni e desideri che devono essere soddisfatti dalla relazione in modo meno passionale, ma più profondo, stabile e progettuale. Così amore può significare intimità, stima, rispetto, attrazione sessuale, procreazione, attenzione ai bisogni dell’altro, condivisione, dialogo, gentilezza, cooperazione paritetica, capacità di risolvere i conflitti, impegno e progetti comuni. Ognuno può personalizzare la lista e valutare se le attenzioni che offre e riceve dal partner sono coerenti con la propria concezione di amore.

Nella pratica clinica ascolto frequentemente dichiarazioni di amore incoerenti con i comportamenti agiti. A fronte del dichiarato desiderio di rimanere insieme perché ci si ama ancora, vengono a mancare le attenzioni, emerge l’indifferenza, la sessualità si fa monotona, rara o addirittura assente, il dialogo si limita alle questioni pratiche, i conflitti si trascinano anziché essere affrontati in modo costruttivo, la gentilezza si riduce a quella formale e la progettualità si riferisce a se stessi piuttosto che alla coppia. In questo senso non basta la parola amore. Occorre arricchirla ogni giorno di significato, con comportamenti non sempre spontanei e che hanno bisogno di volontà e, qualcuno arriccerà il naso, autodisciplina per essere messi in atto. È importante sviluppare la consapevolezza che l’amore deve essere nutrito e abbeverato ogni giorno, pena il suo inaridirsi.

Amare significa volere la felicità della persona amata, mettendo il proprio impegno e la propria dedizione per ricordare, e poi fare, ciò che può rendere felice l’altra persona. L’amore nato una volta e che dura per sempre senza essere alimentato non esiste. Ogni storia che vi sembri meravigliosa ha incontrato le sue difficoltà e solo la volontà dei partner ha consentito la sopravvivenza della coppia. La vita rende più belle e di valore le esperienze frutto dell’impegno, della determinazione e della volontà. Attraversare la vita insieme è una straordinaria esperienza che non può venire intesa come condivisione delle spese e del letto. Si tratta dell’esperienza della condivisione della gioia che un amore riserva quando è stato desiderato, voluto, cercato e mantenuto vivo con gesti concreti, ripetuti ogni giorno e coerenti con il significato che attribuiamo alla parola amore e alla dichiarazione ti amo.

Se il partner cerca il dialogo e il confronto, concedeteglieli perché sono gli strumenti per risintonizzarsi sulla stessa frequenza e ripartire insieme nella stessa direzione.

Chi pensa che una vita di coppia felice emerga spontanea come l’acqua che sgorga dalle viscere della terra, alimentando il lago di acqua sorgiva, vive una illusione che, prima o poi, finirà per dissolversi al contatto con la realtà. L’innamoramento e la passione sono eventi fuori dal nostro controllo volontario, ci colgono di sorpresa e non possiamo essere noi a scatenarli. L’amore nasce spontaneo, nel senso che non possiamo decidere di innamorarci. Ci si innamora quasi per magia, tuttalpiù, noi possiamo credere alla nostra attrazione e insistere nel frequentare una persona per conoscerla meglio e lasciare emergere un sentimento, ma non sappiamo affatto se emergerà l’amore. Possiamo decidere se investire tempo e aspettative su una persona che percepiamo come affine e poi aspettare che qualcosa germogli. Se, baciati dalla fortuna, germoglierà l’amore in entrambi allo stesso tempo, avremo la straordinaria opportunità di poterci impegnare in qualcosa di straordinario e investire le nostre energie affettive in un progetto meraviglioso chiamato coppia. Questo discorso vale per tutti i tipi di coppia e va al di là del progetto famiglia con figli.

Per essere felici in coppia bisogna volerlo e per questo bisogna crederci. Occorre volere intensamente far parte di una coppia, accettare i limiti che essa comporta, e godere al contempo dei tanti vantaggi e delle tante opportunità che essa è in grado di offrire. I limiti sono insiti nella vita stessa, sono parte di ogni elemento presente nell’universo e possiamo solo accettarli e trasformare il significato che gli attribuiamo. La relazione di coppia stabile ha dei limiti che dobbiamo avere davanti ai nostri occhi prima di impegnarci, per non rimanere delusi una volta svanito il periodo delle farfalle nello stomaco. Stimare, desiderare l’altra persona e divertirsi con lei non basta; è necessario essere determinati a risolvere insieme, e dentro di noi, tutto quello che si presenterà nel susseguirsi dei giorni e delle notti. La formula che viene fatta leggere agli sposi contiene questi principi, ma andrebbe letta lentamente, soppesando il significato delle parole. Per chi si sposa in chiesa, i corsi prematrimoniali dovrebbero servire a far emergere la consapevolezza dell’impegno necessario, ma i risultati non sembrano soddisfacenti, visto il numero di conflitti, separazioni e divorzi. Dobbiamo essere consapevoli che è necessario avere ben chiaro cosa desideriamo vivere all’interno di una relazione. e agire in modo coerente e responsabile con questi desideri. Per superare le inevitabili difficoltà emergenti, dovremo mettere da parte ogni atteggiamento egoistico, essere determinati ad andare avanti e insistere con lo scambio di idee e punti di vista su come poter rigenerare lo stato di armonia.

Quanto detto sopra sembrerebbe togliere poesia all’amore, ma non è così. Infatti, proprio l’impegno, la determinazione e l’autodisciplina messi in campo ogni giorno nelle attività umane, rendono possibile il successo, la soddisfazione, il miglioramento dell’autostima e forniscono la forza di andare avanti. I risultati derivanti dall’impegno profuso moltiplicano le energie. Come è necessario impegnarsi per far andare bene il proprio lavoro o la propria attività, come è necessario continuare ad allenarsi per ottenere buoni risultati nello sport, così l’amore deve essere coltivato e alimentato. Romeo e Giulietta si corteggiano ed esprimono la loro passione, ma non ci raccontano della quotidianità che ogni coppia deve vivere.

Può sembrare una visione meccanicistica dell’amore e io stesso, talvolta, ho sperato che l’estasi potesse durare per sempre e senza impegno. La mediazione tra due posizioni è indispensabile anche quando ci si vuole bene. Ogni partner rimane un individuo e, come tale, possiede meccanismi di protezione che si attivano in caso di pericolo. Talvolta, il pericolo viene individuato nell’altro da sé, e volersi bene non è di per sé una garanzia contro rabbia, disconnessione, egoismo e salvaguardia della propria persona. Quando vengono meno alcune condizioni di base all’interno della relazione, ogni partner torna a essere singolo e cerca strategie di sopravvivenza fuori dalla coppia. In questo momento occorre ricordare a se stessi l’impegno assunto e necessario a superare le difficoltà. Bisognerebbe ricordarsi che in due le probabilità di successo, almeno in teoria, aumentano. L’importante è remare nella stessa direzione, ma non sempre questo avviene.

Litigare non significa rompere il legame

Il litigio fa parte della vita di coppia e mette a confronto le idee dei partner. Sia che origini da precedenti incomprensioni o da fatti contingenti, può esaurirsi rapidamente o lasciare strascichi di tensione che finiranno per ripresentarsi nel futuro. Niente di grave se rimane nei limiti del rispetto reciproco, fisico ed emotivo, e se conduce al chiarimento delle ragioni che lo hanno generato. Quando vi è chiarimento, la possibilità che un litigio incida sulla qualità della relazione è irrilevante.

Tutt’altro è vivere la coppia come uno spazio nel quale la tensione è spesso presente, e produce un senso di disagio costante a causa delle continue incomprensioni. Questa condizione è logorante e annulla quanto di positivo può esserci tra i partner. Col passare del tempo è inevitabile che si arrivi a chiedersi se valga la pena continuare.

La coppia si costituisce per amore, ma assolve a molte funzioni emotive, pratiche, economiche, riproduttive e di reciproco sostegno. Il litigio, quando non viene risolto in modo chiaro e condiviso, interrompe tutte le motivazioni per le quali si è scelto di stare insieme. Un litigio irrisolto produce disconnessione e alza barriere comunicative. La coppia, in questa condizione, non è più un luogo sicuro, confortante e divertente, ma diventa faticoso, sconosciuto e talvolta anche pericoloso. In queste condizioni vale la pena chiedersi se abbia senso discutere e spendere energie per portare avanti la propria posizione. Un passo indietro rispetto ai propri principi non è necessariamente la rinuncia a una parte di sé, ma una scelta per rendere più leggera e piacevole la relazione.

Avere ragione o andare d’accordo

Preferite avere ragione o andare d’accordo? Questa domanda mette i componenti di una coppia di fronte a un bivio. Dopo tante incomprensioni, litigi, momenti di grande rabbia e profondo sconforto, questa domanda non dà spazio all’ambiguità. Se scegliamo di avere a ogni costo ragione, probabilmente non riusciremo ad andare d’accordo, diminuendo drasticamente le probabilità di essere felici. Infatti, quando si è in due a volere la ragione, diventa necessario, a turno, mollare la presa. Fare un passo indietro dalle proprie posizioni non è un disonore, ma un gesto di grande apertura e dimostrazione della volontà di stare bene insieme. Avere ragione non rende felici. La felicità della coppia nasce quando essere felici è l’obiettivo ultimo dello stare insieme. Volere e ottenere a qualsiasi costo la ragione, gonfia l’Ego, ma sgonfia il partner, alimenta il conflitto gettando nello sconforto. Se siete stufi del vostro partner, non dovete cercare la felicità nel fatto di avere ragione su questioni marginali e spesso futili, ma dovete cominciare a ipotizzare di lasciarlo. Piuttosto lasciatelo; eviterete a entrambi un futuro ricco di risentimento. Se avete altre ragioni per stare vicini, ad esempio i figli o interessi indivisibili, smettetela di voler avere ragione e ricominciate a vivere provando a ricostruire la vostra felicità, piuttosto che cercare di avere ragione. Se vi siete messi insieme, qualche cosa di positivo era presente; riscoprire cosa vi aveva fatto scegliere reciprocamente, e non rovinatevi il futuro pur di sentirvi dire che siete dalla parte giusta.

Quando il partner non ci sente, o meglio, non sente le nostre ragioni, ci troviamo di fronte alla dinamica relazionale “io ho ragione, tu hai torto”. In questo caso, molto diffuso, peraltro, è indispensabile che i soggetti siano coscienti che entrambi hanno da perdere, in termini di armonia, serenità e felicità coniugale, mantenendo lo status quo. Se questa considerazione non è in grado di mettere in moto una sana dialettica volta al cambiamento dei reciproci atteggiamenti, bisogna forse interrogarsi sulla reale volontà di stare insieme e sul significato della parola amore che viene comunque a essere utilizzata anche in questi casi.

La gentilezza

La gentilezza è da sempre il lubrificante naturale delle relazioni umane, costa poco e rende tantissimo. A chi non piace sentirsi dire per favore, scusami, grazie, permesso? Inoltre, chi non gradisce sentirsi rivolgere la parola con un tono conciliante e pacato? I bambini vengono educati dai genitori all’uso delle parole magiche e imparano a usarle nella doppia funzione di mostrare rispetto e di offrire attenzione ma, al contempo, di aumentare la probabilità di ottenere quello che desiderano e mettere le basi per le interazioni future.

Le coppie imboccano il sentiero del conflitto distruttivo proprio smettendo di essere gentili nelle loro interazioni. Le parole magiche imparate nell’infanzia lasciano il posto a richieste espresse in modo diretto e rude. Questi comportamenti non fanno altro che stratificare rancori sopra rancori e, come i ghiacci perenni, diventa difficile rimuovere lo strato più duro e profondo che sta alla base del conflitto. Partire dalla decisione comune di essere gentili è il primo passo per affrontare le difficoltà all’interno della coppia, rendendo possibile il dialogo sulle cause dei problemi. È opportuno concordare sulla necessità di ricominciare a essere gentili nel dirsi le cose. L’accordo su questo punto permetterà di superare l’orgoglio e, attraverso la fluidità delle interazioni, assaporare nuovamente un pizzico di quella piacevolezza che ci aveva fatto scegliere proprio quella persona.

Quando si smette di essere gentili, il dialogo può solo peggiorare, e questo lo sanno tutti. Potremmo affermare che, diventando meno gentili, vogliamo sottolineare che cominciamo a provare sentimenti negativi verso la persona alla quale ci rivolgiamo. Se abbiamo qualcosa da rimproverare al nostro partner, è certamente più opportuno dirgli apertamente le ragioni del nostro malumore.

Purtroppo, un po’ alla volta, le basi delle relazioni vengono erose dalla mancanza di gentilezza nel modo di affrontare le questioni quotidiane. La durezza e il risentimento generano durezza e risentimento; un meccanismo drammatico di avvitamento che conduce sempre più in basso. Considerato che a tutti fa piacere essere trattati con gentilezza e tutti sanno quanto sia fastidioso sentirsi rivolgere la parola in modo duro, viene da pensare che si tratti di una prima strategia di rottura, a partire dalla convinzione di essere dalla parte della ragione.

I giochi a somma zero

La teoria dei giochi, risalente al 1944, descrisse il tentativo di ridurre in termini matematici il comportamento umano quando si tratta di spartirsi vincite o risorse. Successivamente, fu ristretto il campo di studi ai giochi non cooperativi, nei quali i partecipanti non possono accordarsi sulle mosse da fare. In psicologia la teoria dei giochi ha trovato applicazione nello studio del comportamento strategico degli individui e per comprendere come vengano prese le decisioni. Vengono descritte due tipologie di giochi: 1) i giochi a somma zero e 2) i giochi a somma diversa da zero. Nel primo caso la vittoria di uno corrisponde alla sconfitta dell’altro (tutti i giochi che prevedono la competizione, e l’esito contempla un vincitore e uno sconfitto), mentre nel secondo caso i partecipanti vincono insieme o perdono insieme. La sopraffazione dell’altro in un gioco a somma diversa da zero, conduce inevitabilmente alla sconfitta di entrambi. Il successo, di entrambi, può essere raggiunto esclusivamente con la cooperazione, la riduzione della preminenza di ogni partecipante a favore di un obiettivo comune e condiviso. A questo punto, dobbiamo essere concordi sul fatto che le relazioni di coppia sono giochi a somma diversa da zero, e la sconfitta di uno coincide con la sconfitta dell’altro e della coppia. Molte relazioni di coppia vedono i partecipanti comportarsi come se si trattasse di un gioco a somma zero, nel quale è fondamentale vincere e sconfiggere il partner. Sentirsi superiori, comandare, cercare la ragione o sentirsi come padroni del destino della coppia, sono atteggiamenti che producono rapporti asimmetrici simili a quelli tra servi e padroni.

Liotti (2005) descrive, tra i Sistemi Motivazionali Interpersonali, il sistema agonistico finalizzato alla definizione del rango sociale. Il rango consente un preciso ordine di accesso alle risorse e risulta fondamentale per dare ai portatori del patrimonio genetico più adattativo, maggiori probabilità di sopravvivenza.

La coppia è un’entità composta da due soggetti e costituisce un organismo con caratteristiche proprie. In presenza di competizione, gli organismi possono distruggersi reciprocamente decretando la fine della diade. Il gioco a somma zero, o agonismo all’interno della coppia, produce sottomissione, escalation conflittuale, violenza e autodistruzione dell’organismo coppia. L’evoluzione degli organismi raggiunge il massimo adattamento in presenza di collaborazione tra conspecifici, piuttosto che in clima di competizione. Conflitto e guerra producono distruzione sociale e non si capisce come potrebbe essere diverso il risultato nelle coppie. Adottare una mentalità cooperativa significa non essere invidiosi del successo degli altri, perché ciò non ci danneggia in alcun modo. Gli invidiosi, oltre a farsi il sangue amaro, sembrano preoccuparsi maggiormente di danneggiare gli altri, anziché raggiungere i propri obiettivi. Queste persone non riescono a vincere per se stesse o con gli altri, ma solo contro gli altri. La felicità dei componenti della coppia dipende dall’atteggiamento cooperativo che si instaura e dalla sincera felicità di fronte al successo del partner. Assistere alla felicità, all’evoluzione personale e al raggiungimento di importanti obiettivi da parte del proprio partner, è il successo di entrambi: Per essere felici individualmente, occorre percepire serenità nella coppia, sentirsi supportati, stimolati a provare, non giudicati, non ostacolati, né esplicitamente né in modo subdolo. Mi auguro che la decisione di essere una coppia, venga presa da ciascuno con il desiderio di essere felice insieme alla persona amata e non contro di essa. La sola condizione per raggiungere questo obiettivo è giocare insieme, non per sconfiggere l’altro, ma per vincere insieme.

Per cosa competono le persone quando sono in coppia? Gli scopi per i quali, uno o entrambi i componenti della coppia si confrontano possono essere in relazione all’amore dei figli, alle dinamiche con cui vengono prese le decisioni, allo status sociale che i singoli individui raggiungono, oppure il reddito individuale. La gara non è dichiarata ovviamente, ma i partner sono intimamente alla ricerca del riconoscimento della supremazia. Nulla a che fare con le legittime ambizioni individuali, che però sarebbe opportuno riguardassero il rapporto con il mondo esterno e non con gli alleati privilegiati.

Trasparente ai tuoi occhi

Mi sento trasparente ai tuoi occhi, come se fossi morta, un fantasma che aleggia nella stanza nel tentativo di farsi vedere, di far notare la mia presenza.

Potrebbe sembrare la sceneggiatura di Ghost, ma sto raccontando di persone vive e vegete, di relazioni reali che, col tempo, finiscono per essere considerate scontate. La presenza dell’altro viene considerata un dato certo della propria vita e sembrano superflue le tenerezze, gli sguardi, i gesti necessari per affascinare, sedurre e conquistare. Dare per scontata la presenza e l’amore di una persona, corrisponde ad alimentare l’abitudine e la sua conseguenza più deleteria, ovvero la noia. Inoltre viene erosa, giorno per giorno, l’autostima di entrambi, a causa dell’incapacità di essere appagati da una relazione. Le abitudini hanno una funzione importante; esse aiutano a risparmiare energia, a essere più veloci nell’espletare alcune funzioni quando queste si presentano ripetutamente nella quotidianità. Quando le abitudini riguardano però i gesti amorosi in una coppia, non producono vantaggi ma la sensazione di essere dati per certi, conquistati per sempre. Le relazioni intime, quando vengono considerate acquisite una volta per tutte, perdono il loro fascino. Affinché il desiderio perduri, non dobbiamo mai dare l’altro come scontato, continuare a guardarlo e corteggiarlo, sapendo che si tratta di un suo bisogno che deve essere soddisfatto. Allo stesso tempo dobbiamo lasciare sempre uno spazio dentro di noi, che contempli la possibilità di cambiare partner in caso di insoddisfazione. La certezza della nostra presenza, amore e vicinanza, deve poter essere data e tolta al contempo. L’amore per una vita intera non può essere incondizionato come quello per un figlio. I bambini costruiscono la loro autostima sul fatto di venire amati e accettati al di là dei loro comportamenti. L’amore romantico tra due adulti ha bisogno, al contrario, di precise condizioni, pena il consumarsi del desiderio, l’insorgere della noia e della sofferenza. Ti amo se mi ami e ti chiedo di dimostrarmelo ogni giorno con un piccolo gesto come una carezza, uno sguardo, un bacio, un messaggio dolce o accorgendoti della mia presenza e del mio stato emotivo.

A questo punto, molti lettori penseranno di aver già fatto tutto il necessario per alimentare il proprio amore. Io propongo di chiedere conferma e di non sottovalutare le risposte. Potremmo, ad esempio, chiedere al partner se possiamo fare qualcosa per migliorare il nostro rapporto e aumentare la felicità di entrambi. Probabilmente le considerazioni che emergeranno sono già note e viene da chiedersi perché non sono state tenute nella debita considerazione. I comportamenti tenuti sino ad oggi potrebbero essere stati quelli più comodi per noi, ma aver generato, inizialmente insoddisfazione e, in seguito, rabbia, rancore, tristezza, disprezzo irrigidimento e tutti gli altri e ben noti sentimenti che distruggono le coppie. Riporto pochi e semplici esempi di speranze disattese che possono produrre distruzione dei sentimenti, trasformare l’amore in odio, l’affetto in indifferenza e il desiderio in ritrosia.

  • È come se io non ci fossi anche quando siamo insieme
  • Non parliamo mai di noi
  • Non ti accorgi quando mi vesto carina per te
  • Vorrei fare l’amore più spesso ma a te sembra non interessare
  • Mi piacerebbe avere più tempo per noi due
  • Quando ti parlo non mi ascolti

Ricordiamoci che, se il nostro partner si sente un fantasma, prima o poi cercherà di reincarnarsi da un’altra parte. Se vogliamo davvero quella persona, non possiamo trascurare il suo bisogno di stare, almeno ogni tanto, al centro della nostra vita, e non solo per fare l’amore.

La solitudine tra noi

La solitudine tra noi è il titolo della canzone che lanciò Laura Pausini, e rappresenta bene la situazione nella quale vengono a trovarsi molte coppie. Insieme formalmente e agli occhi del mondo, ma soli, e talvolta disperati, nella propria interiorità.

Le cause possono essere molte; incomprensioni, incapacità di comunicare, noia, assenza di desiderio e di interesse verso l’altro, talvolta giustificate dagli eventi, oppure dal passare del tempo. I partner che compongono queste coppie hanno al contempo gli svantaggi dello stare in coppia e quelli dell’essere single. La voglia di condividere, la gioia, la curiosità e l’entusiasmo sono lontani ricordi, ormai sbiaditi. Troppo spesso queste coppie lasciano che il tempo passi, attendendo che qualcosa cambi, ma non agiscono nella direzione del cambiamento. Il cambiamento viene auspicato reciprocamente da parte dei partner, ma rimanendo entrambi immobili, scivolano inesorabilmente nell’oblio dell’amore e nella solitudine più lacerante. Un silenzio assordante si affaccia sempre più spesso nella relazione, fino a diventare la modalità stabile di quella coppia. Poco o nulla viene condiviso e concordato, e il dialogo verte su recriminazioni relative alla vita gratificante che si crede sia stata sottratta. Quando si arriva a questo punto può essere di aiuto un professionista capace di mettere in luce le dinamiche imperanti nella coppia e accogliere il dolore che si è sedimentato, strato su strato, fino a diventare un blocco granitico. Il ricorso all’aiuto di un terzo dovrebbe avvenire precocemente, ma la nostra cultura suggerisce di lavare in casa i panni sporchi. Inoltre è diventata una norma il ricorso alla separazione in caso di difficoltà, anche se le conseguenze psicologiche sono drammatiche, soprattutto per gli eventuali figli presenti. Ricorrere a un aiuto esterno non è così semplice, perché implica il desiderio di trovare una soluzione, la consapevolezza di aver bisogno di farsi aiutare, percepire che le acredini sono diventate astio dichiarato, disistima, disinteresse, disprezzo e voglia di scappare. Oggi è davvero più semplice cambiare partner che cambiare i propri atteggiamenti e comportamenti. Lungi dal giudizio morale, constato la sofferenza generata da entrambe le soluzioni; vivere soli in coppia o separarsi.

Rabbia, risentimento e tristezza

Rabbia, risentimento e tristezza sono sentimenti frequenti nelle relazioni intime, quanto l’amore, la gioia e la felicità. Pensare che un rapporto possa essere esentato dalle emozioni negative è utopistico. Come il bene e il male, il giorno e la notte e, nel Tao, lo Yin e lo Yang, fanno parte della stessa realtà, l’amore include momenti di grande vicinanza emotiva e altri di conflitto. La rabbia è un’emozione che ci viene insegnato a contenere, gestire, reprimere. La rabbia, invece, si manifesta improvvisa ed è assolutamente parte di ognuno di noi. Se sentiamo montare la rabbia, e non ci permettiamo di esprimerla, essa si trasforma in rancore che si accumula e ci avvelena. Meglio allora un sano litigio nel quale ci si dice tutto quello che sentiamo. Il litigio senza peli sulla lingua è lo strumento che ci consente di trovare un nuovo assetto e di abbandonare le vecchie abitudini. La condizione necessaria è che si vada fino in fondo e non si arrivi a una pace fittizia che lascia tutto come prima. Spesso, le promesse di cambiamento fatte al termine di un litigio lasciato a metà vengono disattese, col risultato di far perdere la fiducia e la speranza che qualcosa di nuovo possa davvero accadere. Troppo spesso accusiamo il partner di toccare volontariamente, o colpevolmente, le corde giuste, quelle parti di noi sensibili in grado di farci esplodere e soffrire. Certamente, quando si vuole ferire una persona conosciuta, si sa bene quali tasti premere. Ma ben venga, come detto, che i nodi vengano al pettine. Dopo la tempesta, il mare potrà tornare a calmarsi, e il cielo avrà esaurito il suo carico plumbeo, tornando a essere azzurro.

La rabbia repressa, col tempo, evolve in astio e in tristezza. Infatti, se dopo tanti sterili tentativi di spiegazione, parole di chiarimento delle nostre ragioni e richiesta di tenerne conto, il rapporto non cambia, la rabbia diventa rancore e poi sconforto e tristezza che si accompagnano alla perdita della speranza. Sentirsi incapaci di cambiare la propria relazione è frustrante e non esistono soluzioni semplici, perché è molto probabile che tanto parlare e litigare senza giungere a niente, abbia già spento l’amore. Per le coppie che non sono riuscite a costruire un dialogo proficuo, iniziare proprio nel momento del conflitto, o dello sconforto che ne può derivare, è impresa ardua. È utile chiedersi se quello che proviamo è ancora amore, o se si tratta di un sentimento privo di tensione erotica come l’affetto che potremmo provare per molte altre persone. Scambiare l’abitudine di avere una presenza ben conosciuta e rassicurante con l’amore è un inganno che facciamo a noi stessi. Se ci ascoltiamo non possiamo non sapere quale sia la verità dei nostri sentimenti.

Talvolta, un aiuto esterno come lo psicoterapeuta, favorendo l’espressione aperta delle opinioni, delle emozioni, dei non detti, dei presunti torti subiti e delle ragioni dell’insoddisfazione può aiutare a rimettere in moto la comunicazione, ma nessuno si illuda di innamorarsi nuovamente andando dallo psicologo.

Le sorgenti del rancore

Innanzitutto, mi preme ricordare che la famiglia è il luogo dove vengono messe in atto le violenze fisiche e psicologiche più distruttive., Non esiste ragione che possa giustificare comportamenti che ledano l’integrità fisica e psicologica di una persona. Le violenze che vengono perpetrate in famiglia risultano ancora più dolorose perché avvengono tra persone che, almeno formalmente, si sono scelte e hanno espresso sentimenti reciprocamente positivi. Ci tengo a precisare che quando sostengo l’utilità del litigio aperto e dell’espressione della propria aggressività anche con il partner, intendo che tali conflitti siano sempre nel rispetto della persona e della sua integrità fisica e psicologica, e che tali conflitti abbiano come scopo il chiarimento delle proprie posizioni per meglio conoscersi e trovare nuovi equilibri. Mai, a seguito del conflitto, possono essere accettate forme di prevaricazione. L’espressione della rabbia libera energia e riporta la calma necessaria ai chiarimenti. Quando la rabbia, per educazione, paura o incapacità di esprimerla, viene soffocata, si sedimenta pericolosamente, fa rimuginare, covare e alimentare sentimenti negativi come il desiderio di vendetta, il rancore e il disprezzo. Tutto comincia con la sensazione di non essere accolti e capiti, tentativi ripetuti di dialogare senza arrivare mai a un nuovo modo di stare insieme.

La crisi serve al rinnovamento, è l’occasione per un nuovo inizio, ma se lasciata in sospeso e senza nuove consapevolezze sulla coppia, si trasforma lentamente in insoddisfazione e poi rancore, sia verso il partner che verso se stessi. La sensazione di essere impantanati e prigionieri di una relazione incapace di adattarsi di volta in volta alle esigenze dei suoi componenti produce l’aumento della pressione in una pentola con la valvola di sicurezza otturata. Se la crisi non conduce al racconto di una storia condivisa, ognuno resterà della propria opinione su fatti e misfatti. Nel lavoro con le coppie, il racconto dei partner, spesso mi disorienta perché sembra che stiano raccontando storie differenti. Gli episodi, e la relazione in generale, sono ovviamente raccontati dal proprio punto di osservazione, e il confronto dovrebbe servire non tanto a pensarla allo stesso modo, ma ad accettare che possano esistere altri modi di vivere gli stessi fatti. Una verità oggettiva non esiste, ma ognuno vorrebbe eleggere il proprio modo di vivere i fatti a verità inconfutabile. È il modo in cui la relazione e gli episodi vengono percepiti, a produrre sofferenza. Il partner, probabilmente, avrà una differente percezione degli eventi rispetto alla nostra. Durante le discussioni e i litigi occorre quindi l’onestà intellettuale di entrambi, per evitare i pregiudizi e il desiderio di affermare il proprio punto di vista. Quest’ultimo impedisce l’ascolto e la possibilità della reciproca comprensione.

La sensazione che traggo da osservatore, è che le coppie arrivino a non impegnarsi fino in fondo per poter stare insieme ed essere felici. L’amore è un sentimento spontaneo, ma la vita quotidiana, con le sue piccole e grandi pesantezze, ha bisogno che l’amore si espliciti, oltre che in passione erotica, anche in desiderio che l’altro sia felice. La felicità di chi amiamo si realizza quando gli consentiamo di esprimersi, lo ascoltiamo, teniamo conto del suo punto di vista, e consideriamo il benessere della coppia importante quanto il proprio. La domanda da porre è “cosa potrei fare per aiutarti a esprimere te stesso ed essere felice?”

Ricordiamoci di iniziare da subito a occuparci del nostro reciproco benessere. Esprimiamo il nostro disappunto e facciamo di tutto per essere noi stessi in ogni istante del rapporto. Infatti, se lasciamo spazio al rancore e alla tristezza, finiamo per disinvestire dalla relazione.

Talvolta sento affermare che un tempo le persone sapevano stare insieme e accettare le debolezze della persona amata. Il cambio culturale culminato con la legge sul divorzio mostra come, una volta eliminato lo stigma per chi rompe un matrimonio, le persone hanno ricorso sempre più spesso alla separazione nella speranza di ritrovare la serenità e le sensazioni legate a una relazione felice. L’amore non si rinnova e non si compra, può solo essere coltivato con comportamenti quotidiani come la gentilezza, l’ascolto, il rispetto, l’attenzione e l’eros. La tensione erotica e affettiva verso una persona sono il presupposto indispensabile per una relazione di coppia soddisfacente. Se di amore si tratta, il dialogo e qualche discussione aiutano a sintonizzarsi. È altresì necessario prendere però atto della possibile fine di un rapporto, della mancanza dei presupposti basilari per continuare a stare insieme. Ritengo che le coppie longeve di un tempo, figlie di una cultura del sacrificio in nome di una promessa fatta, e di un’immagine pubblica da salvaguardare, abbiano avuto anch’esse molte delle ragioni che generano la rabbia di cui stiamo parlando. Immaginarsi di nuovo felici, e non intrappolati in una gabbia piena di sofferenza, è una possibilità che va prevista e immaginata, al posto del sacrificio perenne per paura della solitudine e del giudizio.

Finché siamo arrabbiati abbiamo le energie per lottare e cambiare in meglio il nostro rapporto. Se cresce la tensione per la rabbia inespressa e scivoliamo nella tristezza, entriamo in contatto con la consapevolezza della nostra verità sulla relazione. Questo potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova fase che preveda, tra le ipotesi, anche l’assunzione della responsabilità di chiudere un rapporto che ci nega il benessere e impedisce la nostra evoluzione. Questo processo è lungo e doloroso, ma in presenza di violenza, mancanza di rispetto, egoismo e assenza di disponibilità al cambiamento, può rappresentare la salvaguardia dell’autostima e del rispetto di sé. La separazione, però, non è la scorciatoia per ritrovare entusiasmo e voglia di vivere. Come sottolineato in precedenza, ogni grande amore nasce spontaneo, ma va tenuto connesso alla sorgente originaria. Se il flusso si interrompe, tutto ciò di cui il fiume può alimentarsi sono le acque dei campi intorno e dei canali, che finiranno però per inquinare il corso d’acqua rendendolo sterile.

La coppia è una forma complessa in quanto prevede l’interazione intima di due individui, imperfetti e non del tutto conosciuti dal mondo esterno. Il tempo che scorre aggiunge elementi che possono allentare il legame come l’abitudine, e la noia, Distinguere il momento in cui la fiamma si è davvero spenta è un fatto intimo che ognuno dovrebbe ascoltare quando emerge dalle profondità di se stessi.

Fedeli a se stessi

Il nostro Sé ideale spesso contempla l’idea di essere buoni, accomodanti, disponibili, capaci di gestire la rabbia e l’aggressività. Queste regole, che ci vengono inculcate sin da bambini, entrano in conflitto con la nostra essenza che è, allo stesso tempo, buona e cattiva, fedele e infedele, amante della sicurezza e bisognosa di libertà e di spontaneità, desiderosa di abitudini ma che si eccita con le novità. Non abbiamo solo una faccia nella nostra medaglia, ma portiamo dentro di noi, al contempo, la luce e il buio, senza poter essere una cosa sola. Essere sempre buoni richiede di negare parti della nostra essenza. Saper dire no, significa accettare di avere dentro di noi entrambe le parti.

L’importanza di saper dire no è nota, ma tutt’oggi i bambini vengono invitati sistematicamente a obbedire, non ribellarsi e reprimere la spontaneità, per omologarsi a modelli di comportamento che diventano di giorno in giorno una gabbia dalle sbarre sempre più robuste. Divenuti adulti, se ci ascoltassimo, scopriremmo quante volte diciamo , ma avremmo voluto dire No. In coppia, al lavoro, al supermercato o in vacanza, ci hanno imposto di essere educati anche a costo di negare la nostra essenza. Questo stile di comportamento, che viene messo in discussione durante l’adolescenza, lascia comunque tracce profondissime anche nella vita adulta. La capacità di abbandonare le aspettative sociali cui siamo assoggettati, per diventare quello che siamo, è una conquista piuttosto che un dato di fatto. Siamo innanzitutto personaggi che spendono la vita sforzandosi di aderire a modelli esterni. Siamo impegnati nel trovare l’anima gemella, sposarci, fare figli e mantenere un certo stile di vita omologato, ma dimenticando di cosa ci interessa davvero. Quello che ci dicono, e finiamo per credere, è che il modo giusto di vivere derivi dal processo di socializzazione con il quale veniamo addestrati a stare in società. Dire no quando ci sentiamo costretti in una relazione insoddisfacente, corrisponde a rinunciare all’infelicità, per aspirare nuovamente alla gioia e alla semplicità con cui si esplicitano le relazioni felici. Se un rapporto ci riserva dolore, tristezza, insoddisfazione e solitudine, è arrivato il momento di ascoltare noi stessi e lasciare evaporare tutto quello cui siamo stati educati per essere fare e diventare quello che siamo. Se accettiamo noi stessi con quello che la vita ci sta riservando, non avremo bisogno di riporre la felicità nel futuro, ma saremo fedeli a noi stessi senza pretendere cambiamenti radicali per assomigliare a qualcuno che abbiamo idealizzato.

Affrontare il conflitto

Il conflitto nella coppia è una normale manifestazione della natura umana e può rappresentare un importante momento di crescita e di miglioramento della relazione. Certamente vanno fatte delle distinzioni tra conflitto e conflitto, anche se è bene precisare che tanti piccoli conflitti irrisolti possono generare un malcontento pericoloso per il rapporto. La crisi, infatti, non si genera improvvisamente, ma è il risultato della sedimentazione di tanti episodi nei quali i partner non sono arrivati a un completo chiarimento sulle ragioni del dissidio. Lasciare perdere non garantisce affatto che il conflitto si estingua e non produca effetti negativi sullo stato d’animo delle persone. Anche i litigi sulle piccole cose quotidiane, possono procurare dei malesseri, perché il ripetersi delle solite incomprensioni, lascia la sensazione di non essere ascoltati e considerati nei propri bisogni. Frasi ripetute infinite volte e semplici richieste mai soddisfatte, possono far pensare che, in fondo, non si è così importanti e, col tempo, far emergere emozioni negative e tanto risentimento. Il conflitto, purtroppo, non viene sempre percepito come opportunità di crescita e di cambiamento, ma vissuto come momento doloroso, insostenibile, irrisolvibile e segno delle proprie inadeguatezze. Queste percezioni derivano proprio dal trascinarsi di dissapori non affrontati e risolti in modo strutturale. Il partner diventa un nemico e non un interlocutore con il quale confrontare le proprie idee. La contrapposizione cieca nella quale “Io ho ragione, tu hai torto” sta alla base della sofferenza della coppia e, di conseguenza, della famiglia nel suo complesso. In molti casi si assiste a manifestazioni di aggressività reciproca, o di uno dei partner, cui l’altro riesce ad opporre soltanto un atteggiamento passivo. L’aggressività lascia il passo a sensi di colpa per l’incapacità di funzionare come diade e diventa un ulteriore ragione di sofferenza. I figli, sensibili al clima familiare, mostrano il loro disagio con comportamenti di aggressività, tristezza, protesta, isolamento e comportamenti incoerenti con la loro età, esacerbando ulteriormente la contrapposizione tra i genitori.

Le motivazioni più comuni che portano le coppie al conflitto riguardano l’educazione dei figli, la sessualità, la divisione dei compiti domestici, la gestione del denaro, i rapporti con le famiglie di origine e la vostra esperienza può allungare l’elenco. La domanda cui tutti vorrebbero poter dare risposta riguarda le strategie più efficaci per affrontare e, possibilmente, risolvere in modo definitivo i conflitti che nel corso della vita di coppia ci si trova ad affrontare. Le strategie e le competenze per gestire il conflitto dentro di sé e con le altre persone, vengono apprese in famiglia, prendendola come modello assistendo alle discussioni tra i genitori. Le esperienze che vengono vissute sin dai primi rapporti con altri bambini, costituiscono un bagaglio di conoscenze di come ci si sente quando si litiga, come si comportano gli altri e come si arriva a una risoluzione. In ciascuno rimane però l’imprinting di come i conflitti venivano affrontati in famiglia, attraverso una civile contrapposizione, il litigio verbalmente violento o la violenza fisica e la prevaricazione. Assistere a questi diversi scenari produce, come si può immaginare, la sensazione di potersi permettere il conflitto in quanto normale aspetto della vita relazionale, oppure immaginarlo e viverlo come evento distruttivo da evitare a ogni costo, oppure da riprodurre con modalità analoghe.

Il conflitto, in linea generale, se affrontato con rispetto dell’altro, è una opportunità per confrontare le idee e trovare strategie più efficaci insieme. Il conflitto lasciato in sospeso, sperando che finisca per sciogliersi col tempo, in realtà fa sedimentare rancore, senso di lontananza, risentimento e altri sentimenti che, col tempo, si riveleranno distruttivi. Le coppie, anche dopo anni di incomprensioni e litigi violenti, non necessariamente arrivano a separarsi ma continuano a vivere nella sofferenza dovuta alla distanza che si è venuta a creare. I partner finiscono per non volersi più impegnare e pretendono che sia l’altro a cambiare i propri comportamenti. Talvolta può apparire scontato chi sia responsabile del contendere; in realtà entrambi i partner partecipano quasi sempre alle dinamiche negative che generano i conflitti. Il primo passo da fare è prendere coscienza di cosa ci aspettiamo e quanto siamo disposti a impegnarci per far cambiare le dinamiche, quanto crediamo nella coppia e quanto rimane della stima che abbiamo del nostro partner. Lucio Battisti, nella Canzone del sole, chiedeva se la fiamma fosse spenta o accesa. Senza aver chiarito questi aspetti, ogni comportamento rischia di essere solo una reazione automatica e abituale che non fa altro che mantenere e aumentare la situazione di conflitto. Se scegliamo di cercare insieme una soluzione, dobbiamo dirlo, essere leali e andare insieme nella stessa direzione.

Nessuno è perfetto

Conoscete qualcuno che sia perfetto? Forse, ai vostri occhi, qualcuno può apparire dotato di qualità straordinarie, e magari lo è davvero, ma questo non basta per definirlo perfetto. La prima persona che vorremmo che fosse perfetta siamo noi, ma ogni giorno ci rendiamo conto dei nostri limiti, senza però volerli accettare. Le critiche che ci rivolgiamo sono copiose durante tutta la giornata, assumendo le più svariate forme. Dovrei fare questo, avrei potuto fare quest’altro, sono sempre il solito, oppure, non faccio mai abbastanza o dovrei essere più svelto. Questa pretesa irrealistica di perfezione non si abbatte solo su di noi, ma si proietta anche sulle persone che ci stanno intorno. Le critiche diventano pretese assurde di perfezione nei confronti proprio delle persone che ci sono più care. Questa richiesta, non consapevole e tanto meno confessata, produce un atteggiamento poco tollerante verso le debolezze e i limiti del partner. Se, implicitamente, volessimo l’altra persona sempre adeguata ai nostri bisogni e alle nostre aspettative, rimarremo ovviamente delusi. Il passaggio necessario per evitare questa trappola consiste nell’abolizione dell’aspettativa di vedere i propri bisogni sempre soddisfatti nei modi e nei tempi che ci sono congeniali. La persona che abbiamo scelto e da cui siamo stati scelti, è imperfetta come lo siamo noi, e non possiamo pretendere di modificare questa realtà di tutti gli esseri umani. È del tutto inutile arrabbiarsi per quelli che noi consideriamo difetti o limitazioni della persona che ci sta al fianco. Le critiche espresse in modo ripetuto e condito dalla rabbia per l’incapacità di cambiare che riscontriamo nel partner, alimentano soltanto il senso di frustrazione, solitudine e, col tempo, risentimento e chiusura. Quando si viene costantemente criticati si attiva l’istinto di sopravvivenza che conduce inevitabilmente alla ribellione.

Viene da chiedersi perché si debba stare insieme in un clima che, intervallato da momenti piacevoli, è complessivamente teso e insoddisfatto. Pur sapendo che i rapporti umani contemplano momenti di incomprensione che possono far litigare anche in modo aspro, il desiderio di entrambi di affrontare e risolvere le situazioni difficili non può venir meno. In caso contrario la quotidianità diventa dolorosa e i momenti di gioia condivisa sono così esigui da non bastare più.

Disposti a cambiare

Il rapporto con un’altra persona, in particolare una persona con la quale abbiamo una relazione affettiva importante, implica la disponibilità a cercare punti di contatto non sempre facili da trovare, ma indispensabili per mantenere un equilibrio soddisfacente per entrambi. È vero che l’amore nasce spontaneo, quasi per magia, che può esaurirsi e diventare motivo di sofferenza, ma qualcosa di nostro ce lo dobbiamo pur mettere. Le difficoltà sono inevitabili e non possiamo cambiare vita ogni volta che incontriamo una difficoltà. Mi preme chiarire questo concetto perché sono certo che, in ognuno di noi, esistano al contempo il bisogno di stabilità e sicurezza da una parte, e il bisogno di libertà e di novità dall’altro. Pensare di privilegiare in modo esclusivo il versante sicuro conduce alla mancanza di stimoli vitali. Privilegiando in modo altrettanto esclusivo il versante della libertà e della novità conduce a sentirsi in gabbia in qualsiasi relazione. Meglio sapere come siamo fatti e accettare anche ciò che di noi non ci piace molto. L’accettazione autentica della nostra verità è la condizione indispensabile per immaginare di cambiare le spigolature che ci producono sofferenza.

Provate a dirvi reciprocamente e senza alcuna forma di autocensura:

  • mi piacerebbe che tu accettassi questi aspetti di me che a volte critichi…
  • mi piacerebbe che tu accettassi che io sia interessato, e dedichi del tempo a questi miei interessi …
  • mi piacerebbe che tu mi accettassi quello che sono, e non mi dicessi più che dovrei essere e dovrei fare …

Dipendenze affettive

Le dipendenze affettive sono un disturbo che riguarda l’eccessiva dipendenza emotiva e relazionale da un’altra persona. Chi vive questa condizione, si sente insicuro, teme l’abbandono e affida alle altre persone il pesante mandato di rassicurarlo.

Sono qui con le mie ansie di conferma; è asfissiante non sapere autonomamente ciò che nelle relazioni è opportuno fare, e cosa no. Fatico a gestire l’ansia e ho fame di affetto. Forse precorro i tempi. Mi faccio del male e allontano proprio coloro che vorrei vicino. So che l’amore è libertà, non controllo, non possesso, non “farsi fare dagli altri”. “Sono felice perchè tu mi fai felice”. Penso di vantare dei diritti su una persona solo dopo due mesi, Le chiedo se siamo insieme, se conosce il significato di termini quali attaccamento, coinvolgimento e dedizione. Pare che io dia meno di quello che ricevo. Io, col mio bisogno di dire “Io esisto”. Sono poco comprensiva ed indulgente, gelosa del passato di una persona. Ho incontrato persone sfuggenti, ma anche le persone che sembravano intenzionate a frequentarmi, alla fine fuggono.

Vediamo meglio cosa vuol dire dipendenza affettiva. Le difficoltà che si incontrano nel tentativo di darne una definizione chiara e univoca, mi suggeriscono prudenza, cosicché, più che dare una definizione, descriverò alcuni atteggiamenti, emozioni vissute e comportamenti, della persona che si trova in questa condizione. È indispensabile premettere che la completa indipendenza è un’utopia. Il fatto stesso di vivere in una comunità ci mette nelle condizioni di avere necessità di costruire relazioni umane che in qualche modo ci vincolano. La dipendenza affettiva va oltre questa normale necessità di scambio umano, è una condizione particolare di bisogno dell’altro che produce sofferenza. Non è il bisogno di avere dei punti fermi nella propria vita ai quali ricorrere nei momenti di difficoltà. La dipendenza patologica da qualcosa o da qualcuno è di per sé una forma di prigionia della mente, la quale non riesce a percepirsi più libera di fare le proprie scelte. Nella dipendenza affettiva, l’amore si trasforma in un incubo, in uno stato di schiavitù che nega alla persona comportamenti liberi e la costringe ad agire senza tenere in considerazione i propri bisogni, per paura di cadere nel vuoto della propria interiorità.

Partiamo dal bambino e dal suo naturale bisogno di ricevere amore e protezione, che in un sano rapporto con la madre e con le altre figure di attaccamento, produce effetti straordinari nella costruzione di un’immagine positiva di sé. Amore, non amore e semi amore producono effetti di lungo termine nella vita di ogni individuo. La storia di attaccamento di un bambino è in grado di spiegare molto della sua vita adulta e in particolare dei suoi atteggiamenti nelle relazioni interpersonali. Dunque, quando non parliamo del normale piacere nel ricevere amore, ma del rapporto di bisogno morboso di un’altra persona, che niente ha da spartire con l’amore. La persona dipendente sa che il suo oggetto d’amore è il suo carnefice, ma lo giustifica, lo segue, accetta violenza o disprezzo pur di non rimanere sola.

L’indipendenza, che è soprattutto rispetto di se stessi, accettazione del proprio modo di essere e ricerca di una propria autonomia di pensiero e decisionale, proviene in buona parte dall’educazione ricevuta. Le donne, ancora oggi, vengono spesso educate a dipendere dall’uomo, e a delegare a esso la propria felicità. Alle donne, ancora oggi, e sembra incredibile, viene detto di essere pazienti perché l’uomo è fatto così. Alla donna, in molte famiglie, viene ancora insegnato come diventare serve e schiave piuttosto che a prendere in mano da subito la propria vita. Nessun genitore, ovviamente, usa i vocaboli serva e schiava, ma la sostanza non cambia. Quando a una figlia si concedono meno libertà e indipendenza che a un figlio, o quando le si chiede più disponibilità nei lavori domestici, le si manda un segnale preciso di inferiorità. Il senso di essere portatrice di diritti in quanto essere umano, si costruisce dal primo giorno di vita nell’interazione con le figure di attaccamento. La parità tra individui si respira in casa, non si impara con delle parole vuote. Nel corso della vita è possibile imparare che esiste dentro di sé un centro di potere decisionale affidabile, ma prima di riuscire ad affidarsi a se stessi, si vivono sofferenze e tormenti interiori. Chi dipende affettivamente dal riconoscimento dell’altro, spesso non se ne rende conto. Sembra normale trovare la felicità esclusivamente attraverso una persona esterna. Le cose vanno così, cosa posso fare, mi sembra di non avere altra scelta. Chi è stato abituato ad associare freddezza emotiva, violenza verbale o fisica, disattenzione, prevaricazione e mancanza di rispetto, nel contesto fondamentale dove si dovrebbe invece percepire l’amore, ovvero la famiglia, tenderà a ricercare e a ricostruire quel tipo di contesto pensando di trovarvi l’amore. Cercherà partner poco inclini a dare affetto, a essere solidali, a essere rispettosi e a volere la parità. Pensando di trovare amore, resterà intrappolato nel distacco affettivo senza trovare la forza per uscirne. Spesso, un terapeuta rappresenta la prima persona che si relaziona con questi soggetti con empatia, capacità di ascolto, rispetto per le differenze e curiosità

Per essere felici con una persona libera, bisogna essere liberi. Chi non si sente libero, non riesce a tollerare la libertà altrui e cercherà di imbrigliarlo per paura di perderlo, ma questa strategia non può funzionare.

Connessi alla dipendenza affettiva troviamo gelosia, possessività, violenza fisica e verbale. Tutto ciò avviene in modo trasversale alle classi sociali, alle condizioni economiche e culturali. La speranza di uscirne per cominciare ad avere fiducia di se stessi, anziché affidarsi a un finto amore, può essere riposta, a livello individuale, nella psicoterapia, e a livello sociale in modelli educativi che prevedano l’educazione all’affettività come materia fondamentale di studio per tutte le classi.

Io ti salverò

Infermiera, psicologa, mamma, salvatrice, sorella o redentrice di un uomo. Quante donne assumono uno di questi ruoli con il proprio compagno? Nessuna lo afferma esplicitamente o ne è consapevole ma, viste dall’esterno, molte relazioni danno la sensazione di essere sbilanciate. Uno dei partner, forse più spesso l’uomo, nella posizione di figura problematica, debole, complessa e bisognosa di aiuto. L’altro, in questo caso la donna, nel ruolo di sacrificata per la salvezza del partner. Alcuni comportamenti di queste salvatrici sarebbero più adatti se rivolti a un bambino, piuttosto che a un adulto. Si tratta di un prendersi cura che va molto al di là dei gesti di attenzione affettuosi e amorosi che derivano dall’empatia, dal cercare di essere vicini emotivamente e fisicamente alla persona amata. Soprattutto, la dinamica è costante e non riguarda un momento speciale, che in ogni storia può presentarsi. Non si tratta di un momento particolare in cui sono necessarie attenzioni speciali, a causa di eventi della vita faticosi o dolorosi. Le cure e le attenzioni sono piuttosto un bisogno di chi le offre, e non una reale necessità di chi le riceve. Per meglio dire, non sempre chi le riceve ne avrebbe davvero bisogno, ma si adatta a ricevere cure premurose che, talvolta, possono essere percepite come atti invadenti e che, in ogni caso, non vengono rifiutate perché la situazione ha anche dei risvolti positivi. La coppia, in effetti, vive un equilibrio basato sulla dipendenza reciproca, dove lei si immola per alleviare le presunte sofferenze o incapacità di lui, immaginato come poco capace di badare a se stesso, mentre lui trova tutto sommato confortevole la posizione relazionale che vive.

Come detto, non parliamo di un comportamento autenticamente altruista, ma del bisogno di alleggerire un senso inconsapevole di colpa, e trovare un po’ di quiete interiore. Dedicarsi al partner trascurando se stessi non è necessariamente una scelta, ma può servire a colmare un senso di sé così rarefatto da dover trovare una ragione esterna per legittimare la propria esistenza. L’uomo che vive questa situazione, accettando questo tipo di relazione, può percepirsi a propria volta fragile, esserlo davvero o approfittare di una situazione comoda. Si potrebbe affermare che, se la situazione va bene a entrambi, significa che hanno trovato un equilibrio. In verità, mi sento di affermare che la mancanza di consapevolezza dei propri pensieri, delle proprie emozioni e del proprio modo di funzionare, fa si che la donna senta di stare bene in quella relazione. Purtroppo, o per fortuna, non è raro che, a un certo punto della vita, la consapevolezza di non vivere pienamente la propria esistenza, in nome del io ti salverò si manifesta in modo dirompente con una crisi di senso che costringe a rileggere la propria condizione e, se ne avrà la forza e le questioni pratiche lo consentiranno, rimetterà tutto in discussione. L’atteggiamento da salvatrice può manifestarsi anche in situazioni diverse da quelle che concernono i bisogni concreti, ma emergono anche quando l’uomo viene già ritenuto sufficientemente adeguato, ma che va migliorato in un qualche aspetto. La donna potrebbe col tempo accorgersi, ad esempio, di avere a che fare con un uomo introverso e poco incline alla condivisione di quello che prova a livello emotivo. Questa caratteristica può effettivamente rappresentare un ostacolo alla comunicazione tra i partner, ma le persone possono cambiare, sempre in modo lento e senza stravolgere se stessi. In altre parole, è possibile cambiare, ma rimanendo simili a quello che siamo. Una persona introversa che è stata scelta per la sua saggezza, il senso di sicurezza che emanava, la capacità di rimanere fredda di fronte alle situazioni critiche o per il fascino misterioso dei suoi silenzi, difficilmente può trasformarsi in un chiacchierone estroverso che si lascia andare all’entusiasmo e alla spontaneità dei gesti e delle parole. Io ti salverò, in questo caso, potrebbe significare, io ti insegnerò a raccontarmi come ti senti dentro, ti farò da esempio di come si fa e ti farò percepire tutti i vantaggi di questo atteggiamento. Nulla di più velleitario. Il poco interesse verso gli stati interni, in favore degli aspetti pratici della vita, è frutto di caratteristiche personali innate e di una storia di attaccamento in cui è stato fondamentale per quella persona evitare di sperimentare emozioni molto dolorose. La causa di certi atteggiamenti è inoltre da ricercarsi nella nostra cultura che solo da poco tempo chiede e permette ai bambini maschi di entrare in contatto con le proprie emozioni. Stiamo riferendoci ai celeberrimi stereotipi di genere, in cui maschi e femmine vengono incoraggiati sin dall’infanzia ad assumere comportamenti differenti in base al genere.

TORNA IN ALTO

Parte seconda

LA CONVIVENZA E IL MATRIMONIO

Voi siete nati insieme, e insieme starete per sempre. Voi sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni. Sì, insieme anche nella tacita memoria di Dio. Ma vi siano spazi nella vostra unione, e fate che i celesti venti danzino tra voi. Amatevi reciprocamente, ma non fate dell’amore un laccio: Lasciate piuttosto che vi sia un mare in moto tra le sponde delle vostre anime. Riempia ognuno la coppa dell’altro, ma non bevete da una coppa sola. Scambiatevi il pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta. Cantate e danzate e siate gioiosi insieme, ma che ognuno di voi resti solo, così come le corde di un liuto son sole benché vibrino della stessa musica. Datevi il cuore, ma l’uno non sia in custodia dell’altro. Poiché solo la mano della Vita può contenere entrambi i cuori. E restate uniti, benché non troppo vicini insieme, poiché le colonne del tempio restano tra loro distanti, e la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.

Kahlil Gibran

I confini della libertà

Ci si può sentire liberi, limitando parti di sé per stare con l’altro? Dobbiamo prima definire cosa significhi sentirsi liberi in coppia per unirsi con reciproca soddisfazione. Se intendiamo sentirsi liberi come il risultato che deriva dal continuare a vivere la stessa vita che si conduceva prima del magico incontro, o poter fare sempre quello che si vuole, la risposta è no. La scintilla stessa, quando scocca, fa cambiare le abitudini individuali e porta a favorire la frequentazione assidua, fare attività insieme e accettare compromessi che, in realtà, non vengono vissuti come tali, ma come scelte. Si è liberi anche quando si sceglie di cambiare le proprie consuetudini, di esplorare nuovi territori, mossi da nuovi stimoli.

Marco si sente soffocare quando Anna gli dice che ha bisogno di lui, quando rinuncia a dare la propria opinione pur di non contraddirlo. Anna teme di perderlo perché Marco le appare come la salvezza da un senso di mancanza che la pervade. È il bisogno a renderla passiva e rinunciataria. Rinuncia a quello che è, pur di sentirsi un po’ meno sola e più sicura. Marco, dal canto suo, non vuole sentirsi responsabile della felicità di Anna. Vuole stare con lei, ma non intende essere il custode della sua vita e il responsabile per la sua felicità.

Quando una persona è in armonia con se stessa e sa cosa riesce a dare significato alla sua esistenza, riconosce se la persona che incontra può arricchire di ulteriore benessere la sua vita. La motivazione iniziale non risiede nel bisogno di colmare un vuoto, ma nella consapevolezza del proprio valore e delle parti di sé cui non intende rinunciare, nemmeno per amore. La rinuncia a queste parti spegnerebbe la luce nei suoi occhi e la relazione verrebbe percepita come una prigione che limita la sua libertà. Solo la fedeltà a se stessi, al proprio sentire più profondo, mantiene la persona in quello stato di benessere personale che si trasferisce nella coppia. Liberi, quindi, vuol dire essere fedeli, innanzitutto, alla propria natura e non significa rinunciare o sacrificare volontariamente parti di sé per stare con un’altra persona. Sacrificare e rinunciare implicano una perdita, mentre sentirsi liberi prevede una scelta. Quando si sceglie, si ottiene qualcosa che ha valore ai nostri occhi. Quello che viene scartato non ha interesse e non si sta consumando una rinuncia o un sacrificio. Quando si sceglie di stare in coppia, non si vive il rimpianto per quegli spazi di autonomia che vengono ridimensionati e divengono oggetto di concertazione. È inevitabile dover modificare i propri comportamenti per essere due e per vivere delle esperienze condivise. La ricchezza offerta dalla coppia origina dalle originalità dei contributi dei partner che devono integrarsi e trovare una forma che vada ben oltre la somma delle due persone.

I lavori domestici e di cura

La divisione dei lavori domestici e di cura dei figli è uno dei temi più importanti per una vita felice in coppia. Quando si condivide la vita con un’altra persona, è fondamentale trovare un equilibrio nella gestione delle responsabilità domestiche e familiari.

In passato, la divisione dei compiti era basata su ruoli di genere predefiniti. La donna era vista come la figura responsabile della cura dei figli e delle faccende domestiche, mentre l’uomo si occupava del lavoro fuori casa. Oggi, tuttavia, le cose stanno cambiando e sempre più coppie cercano di condividere in modo equo le responsabilità domestiche e di cura dei figli. Quando uso il termine responsabilità, mi riferisco al farsi carico di una parte dei compiti senza intermediazione del partner. Ad esempio, portare fuori la spazzatura quando si vede il cestino pieno è diverso dallo svolgere lo stesso compito perché la partner ci chiede di aiutarla. Un altro esempio riguarda le scadenze comuni o riguardanti i figli. Essere responsabili vuol dire tenere a mente cosa è necessario fare per poi confrontarsi col partner, piuttosto che lasciare la responsabilità e attendersi che l’altra persona a dirci di cosa dovremmo occuparci. Per intenderci meglio, se il pavimento è sporco, non dovremmo aspettare che qualcun altro ci chieda di lavarlo per essere di aiuto.

Ci sono molti modi per raggiungere una divisione equa dei lavori domestici e di cura dei figli. Alcune coppie scelgono di suddividere le responsabilità in base alle loro preferenze personali o alle loro capacità, mentre altre preferiscono fare turni o dividere le mansioni in modo equo.

L’importante è che entrambi i partner si sentano coinvolti e responsabili nella gestione della casa e della famiglia. In questo modo, non si corre il rischio che uno dei partner si senta sopraffatto o frustrato a causa del lavoro eccessivo o della mancanza di supporto.

Inoltre, una divisione equa dei lavori domestici e di cura dei figli può anche avere effetti positivi sulla relazione stessa. Quando entrambi i partner si sentono coinvolti e impegnati, si possono creare legami più forti e una maggiore comprensione reciproca.

Dunque, la divisione dei lavori domestici e di cura dei figli è un elemento fondamentale per una vita felice in coppia. Trovare un equilibrio e condividere le responsabilità può portare a una maggiore felicità e soddisfazione liberando più tempo per svolgere delle attività comuni.

Tuttavia, anche se la divisione dei lavori domestici e di cura dei figli può essere equa, può ancora esserci un divario tra le aspettative di ciascun partner. Per questo motivo, è importante comunicare apertamente e discutere delle aspettative e delle esigenze di ciascun partner. In questo modo, entrambi possono sentirsi ascoltati e compresi, e si possono trovare soluzioni che soddisfino senza riserve.

L’amore non deve necessariamente finire

Quando tra due persone si accende la scintilla, tutto sembra destinato all’eternità. L’intensità del sentimento genera euforia e quest’ultima nasconde agli occhi innamorati le umane fatiche contemplate dalla vita insieme. Partecipare a una coppia prevede di trovare degli equilibri; col passare del tempo equilibri che inizialmente sono precari, diventano passo passo delle abitudini. Azioni e reazioni riconoscibili e prevedibili, consentono di sapere in anticipo cosa pensa, prova o come reagirà la persona amata ma, inevitabilmente, le toglierà il fascino che deriva dal mistero e dalla scoperta. E così, una domanda che prima o poi tutti potrebbero porsi, riguarda la possibilità che la relazione abbia la forza di rigenerarsi, giorno dopo giorno, fino a che la morte non separi gli innamorati oppure, in caso contrario, l’ipotesi è che l’amore abbia una scadenza come tutti i prodotti venduti al supermercato. Come si potrà, dunque, rinnovare quella voglia di stare insieme e di scoprire ogni giorno qualcosa di nuovo in una relazione che esiste da molto tempo? La soddisfazione generata da una relazione proviene parzialmente dal fatto di essere una novità. Quando un rapporto tende ad essere stabile, scontato e talvolta noioso, si può pensare che una nuova relazione possa costituire la soluzione, un’iniezione di entusiasmo e nuova vitalità. Ma pur desiderando una trasformazione nella propria sfera affettiva, non è facile rinunciare alle proprie fonti di sicurezza, vincoli morali e affrontare il cambiamento. Cambiare partner significa salire nuovamente sull’altalena, inebriante e pericolosa al tempo stesso. La paura di cambiare partner, che induce a rimanere nella propria zona di comfort, è in parte legata a ragioni evolutive. Le relazioni stabili favoriscono, infatti, la prosecuzione della specie. La coppia stabile sembra garantire maggiormente la sopravvivenza della prole. Insieme a queste possibili spiegazioni, troviamo fattori individuali, come il timore di non sopportare le emozioni negative legate al distacco o di non tollerare l’idea di rimanere soli.  Il nuovo, lo sconosciuto, il buio, ciò che non possiamo controllare, ci consigliano prudenza. In genere, la sicurezza e la stabilità sono percepite come preferibili alle ondate emotive derivanti dalle passioni anche se, quando queste irrompono a causa di un incontro fatale, travolgono ogni resistenza. Le passioni portano lontano dal conosciuto, e questo alimenta timori, preoccupazioni, paure e ansia. L’amore fa volare alto e penso si possa essere concordi nel ritenere che un’esistenza vissuta in cerca di entusiasmo, gioia e soddisfazione per la vita, sia ben spesa, pur essendo consapevoli che possa generare inciampi, delusioni e sofferenze. In realtà, il timore di cambiare prende spesso il sopravvento e tiene inchiodati alle proprie certezze e alle proprie abitudini, in amore, come nelle amicizie, nel lavoro e in altri ambiti della vita. Come si può comprendere, se vogliamo far crescere e mantenere vitale una relazione, dobbiamo scoprire ogni giorno qualcosa di nuovo in essa, e portare ad essa qualcosa che la nutra. L’amore sicuro, è dato per scontato, se viene privato del nutrimento quotidiano e tende a inaridirsi, come il letto di un fiume, cui non giunga più acqua dalla sua sorgente. Ogni giorno il fiume riceve nuova acqua, perché l’acqua di ieri è ormai arrivata al mare. Come serve la pioggia per alimentare ogni giorno la sorgente del fiume, in una relazione d’amore serve ogni giorno nuovo sentimento, sotto forma di attenzioni, rispetto, disponibilità al dialogo, condivisione, progettualità e di tutti gli ingredienti che la hanno generato in principio.

La mia sensazione è che sia diffusa la convinzione che esista un amore che si auto alimenti, un sentimento che non ha necessità di venir nutrito, per continuare a esistere. L’amore, in questo caso, continuerebbe a esistere vivendo di luce propria, senza necessità di avere fonti di nutrimento. Tale credenza è magica, un po’ come dare per scontata la presenza di acqua calda nei rubinetti di casa. Per fare la doccia, oltre all’acqua, bisogna avere uno scaldabagno e il gas. Nulla è scontato oggi, come del resto non lo è mai stato. ll riconoscimento e l’apprezzamento per la persona che abbiamo al nostro fianco, deve essere nutrito, così come nutriamo il nostro corpo. Se smettiamo di nutrire la nostra relazione, questa tenderà a inaridirsi. Cambiare partner, però, non è la soluzione. Se non si cambia atteggiamento, se non si comprende che amare significa rinnovare lo sguardo innamorato ogni giorno verso la persona che ci sta al fianco e che dichiariamo di amare, il rapporto inevitabilmente si esaurirà. Sostituire una persona con un’altra per ritrovare un po’ di entusiasmo e ricominciare a sentirsi vivi ed elettrizzati, rincorrendo un amore eterno condurrà verosimilmente a delusioni. La delusione è implicita nella credenza che possa esistere un amore magico che rinnova automaticamente se stesso, senza che vi sia l’intenzione e l’impegno nel mantenerlo vivo. L’amore non vive di rendita, perché da nessuna parte sta scritto che l’amore debba durare per sempre. Non esiste alcun garante che possa dirci che l’amore sarà soddisfacente per sempre. Ti amo significa Io amo tutto di te, tutto quello che sei e rinnovo ogni giorno il mio sguardo, per scoprire nuovamente qualcosa di te che già conosco. Ogni ambito della vita, peraltro, ha bisogno di questo atteggiamento curioso verso ciò che già si conosce, un approccio capace di riaccendere l’attenzione curiosa e riconoscente verso ciò che è già conosciuto.

L’amore non deve inevitabilmente finire; finisce quando decidiamo di lasciarlo morire, smettendo di dargli ogni giorno il nutrimento di cui ha bisogno.

L’amore, dunque, può durare se nutrito e dobbiamo quindi chiederci cosa sia in grado di nutrirlo. È opinione condivisa che il dialogo sia un ingrediente fondamentale di ogni relazione. Dialogare vuol dire conversare tra due persone, confrontare la propria esperienza anche quando è molto differente o non incontra l’approvazione del nostro interlocutore. Il dialogo è lo strumento che ha permesso alla coppia di conoscersi, per poi scegliere di approfondire la conoscenza continuando a fare conversazione. Ore e ore spese con piacere reciproco, condividendo le esperienze di vita, i desideri, le inclinazioni, gli interessi e tutto quanto concorre alla conoscenza. Come mi sento con te, o come mi sento facendo una certa esperienza, esprimono infatti l’essenza di quello che io sono. Comunicare e conversare in modo da nutrire la relazione, comporta la condivisione non solo dei pensieri, ma anche delle emozioni provate, le quali colorano e rendono vivido lo sterile racconto di fatti o situazioni. Condividere il vissuto emotivo corrisponde a immergersi nelle acque profonde dell’animo umano, dove si possono osservare da vicino le meraviglie che vivono laggiù. Questo tipo di condivisione ci fa conoscere per quello che siamo, in profondità appunto, rendendoci autentici e interessanti agli occhi di chi ci ascolta. Evitare il dialogo o non avere più interesse alla condivisione col partner dei propri vissuti, rende la conversazione un elenco incolore di episodi. Dire “Io mi sento.”, esprime contenuti colorati emotivamente; al contrario, dicendo “Io ho fatto.” racconta fatti, ma non comunica il significato personale che hanno quegli episodi. Ogni esperienza, bella o brutta che sia, cambia aspetto nel momento in cui la condividiamo con altre persone. Quelle con cui la condivisione produce gli effetti più intensi sono le persone che amiamo e alle quali scegliamo di regalare il nostro cuore sotto forma di racconto delle emozioni provate. Quando smettiamo di condividere, stiamo disinvestendo dalla relazione. Se ci interroghiamo per tempo su cosa stia accadendo, potremo fare qualcosa di concreto per ritrovare quel piacere perduto di raccontarsi. Forse non ci sentiamo accolti, ascoltati o compresi, ma se ci ritiriamo senza condividere quello che ci accade, la situazione non potrà che peggiorare. Il destino della coppia, o quantomeno del benessere dei partner, è segnato.

La crisi è trasformativa

Una crisi, in senso generale, è il momento in cui avviene la rottura di uno stato di fatto, che fino a un certo momento ha rappresentato la condizione di normalità. Se il sistema riesce a superare la frattura, si viene a creare un nuovo equilibrio, in cui i rapporti tra le parti sono stati ridefiniti proprio a seguito della crisi. Un sistema che riesce a concordare al suo interno nuove regole condivise dalle sue parti, riprende la sua esistenza con nuova energia e libero dalle tensioni che, in precedenza, hanno provocato le tensioni stesse. Una crisi trasforma il sistema che attraversa, dandogli una nuova forma e un nuovo momento di partenza. Dunque, la crisi non è un fatto negativo, ma un momento in cui avviene la risoluzione di conflitti presenti al suo interno. Il sistema può ridefinirsi dandosi una nuova identità, nuove regole e nuovi rapporti tra i suoi partecipanti, oppure essere un momento di presa di coscienza della mancanza delle condizioni necessarie per continuare a esistere.

Le coppie sono un sistema, e come tale ha regole implicite ed esplicite che ne consentono il funzionamento e l’esistenza stessa. Le crisi che le coppie talvolta attraversano, possono essere elementi distruttivi, oppure trasformativi e quindi essere positive per il sistema costituito dai due partner. Una crisi può verificarsi anche quando la coppia è ben affiatata, i suoi componenti agiscono ogni giorno in linea con le promesse iniziali, e i valori condivisi, taciti o espliciti che siano vengono rispettati nei comportamenti di ciascuno. La crisi è un momento che, a partire da un calo dell’appagamento di uno o entrambi i partner, costringe al confronto e alla rimessa in discussione della relazione e delle ragioni che la rendono possibile. La crisi, quando viene affrontata con apertura da entrambi, dando importanza alle ragioni del partner, e offrendo la disponibilità a rivedere le proprie certezze e abitudini, può diventare un fondamentale momento di crescita. Sia le coscienze individuali, che quelle del sistema coppia, possono evolvere nell’interesse comune e portare con sé effetti positivi di lunga durata. La crisi, infatti, non è un conflitto circoscritto, scaturito da episodi o circostanze particolari, ma coinvolge tutti gli ambiti della relazione e ne mette in discussione le fondamenta. Occorre quindi, re-incontrarsi, ri-conoscersi, così come avvenne in principio. Un tradimento, la sensazione di non sentirsi più a casa, o di non sentirsi capiti nei propri bisogni, sono ragioni possibili di una crisi, che richiedono la riscrittura dell’accordo iniziale tra le parti. È necessario essere disposti a pronunciare frasi quali “Mi sento così … e tu come ti senti nella nostra relazione?”, oppure “Sono disposto a fare questo per continuare la nostra storia”, che esprimono la disponibilità a raccontarsi e la volontà di fare qualcosa di concreto, in prima persona, per la coppia. Vengono evitate accuratamente le accuse e le critiche, perché sono veleno per le relazioni interpersonali di qualsiasi tipo, e in particolare per quelle con una forte carica affettiva. Infatti, le critiche che provengono da chi amiamo e pensiamo che ci ami, fanno particolarmente male, perché da quelle persone ci aspettiamo gesti di amore e di sostegno, non atti ostili e conflittuali. Essere in crisi, dunque, non corrisponde a litigare. Si può essere in crisi anche quando si assume un atteggiamento di chiusura prolungato, quando si smette di condividere le proprie esperienze, o quando ci si disconnette e si ignora il partner che ci parla. Il litigio esplicito può essere semplicemente una forma di confronto che si esaurisce con un chiarimento e la riappacificazione. I silenzi cariche di risentimento, al contrario, minano le fondamenta del rapporto e possono essere il preludio alla fine. Se vi sentite insoddisfatti, non capiti o arrabbiati, e reagite chiudendovi, state scegliendo di chiudere l’ossigeno alla vostra relazione. La comunicazione aperta e sincera è indispensabile affinché esista una relazione. In fondo, anche il litigio prevede una interazione, seppur forte e talvolta aggressiva. Molto meglio un litigio che si conclude con un accordo, piuttosto che silenzio e indifferenza. Provate a immaginare voi stessi nel momento in cui desiderate essere ascoltati, capiti e accolti, ma al contrario di questa disponibilità, il vostro partner vi offre silenzio, chiusura, sarcasmo, o si gira e va altrove. Voi insistete, ma finite per sbattere contro un muro di gomma. Questo atteggiamento è una forma di violenza psicologica che pone le basi per la rottura o la stagnazione nella sofferenza. Risentimento, rabbia e desiderio di vendetta sono risposte inappropriate, che andrebbero sostituite con il dialogo, per cercare insieme una soluzione concertata alle difficoltà della coppia e dei singoli partner.

Il bisogno di sicurezza e il desiderio di libertà

Questo periodo storico sembra caratterizzato dall’illusione diffusa, di poter rinunciare facilmente al bisogno di sicurezza insito nella nostra natura. L’essere umano è piuttosto caratterizzato dalla necessità di sentirsi al sicuro e libero allo stesso tempo.  Il senso di sicurezza consente di esplorare in modo curioso il mondo circostante. Il bisogno di sicurezza si esprime, dunque, nella necessità di avere punti fermi cui fare riferimento e ai quali tornare in caso di necessità. Luoghi e relazioni che siano stabili, accoglienti e certi. Contemporaneamente, e grazie al senso di sicurezza e continuità offerti dalla coppia, in molte persone emerge il bisogno di sentirsi liberi e privi di condizionamenti. La coppia, quando viene vissuta come una gabbia limitante, è frutto dell’atteggiamento di uno o di entrambi i partner, che percepiscono il mondo esterno come pericoloso e quindi preferiscono chiudere i confini. Una coppia ripiegata su se stessa, può facilmente risultare troppo stretta e soffocante. La sicurezza inizialmente percepita si trasforma così in bisogno di libertà fino a quando si verifica il percorso inverso. La condizione tanto desiderata di libertà da vincoli e responsabilità muta in necessità di sentirsi parte di una coppia, di condividere progetti e di tornare ad avere una persona alla quale tornare.

I cambiamenti sociali tuttora in atto e la caduta di molti dei tabù e dei valori tradizionali, stanno alimentando l’illusione che si possa rinunciare a quel bisogno di sicurezza e stabilità evoluto nel corso dei millenni, favorendo la prosecuzione della specie. I comportamenti volti a non correre rischi, facilitano infatti la prosecuzione della specie. In questo periodo però, la coppia stabile, vista come luogo sicuro, sembra svuotata della sua importanza, in favore di relazioni fluide e una vita ricca di opportunità quasi illimitate. In questa nuova forma liquida, le relazioni prevedono una via di fuga nei momenti di frustrazione relazionale non essendo più obbligatoriamente delle scelte definitive. Come spesso accade, la verità si trova nel mezzo, e contempla sia la necessità di sentirsi al sicuro, sia l’aspirazione naturale all’esplorazione. Tutti abbiamo bisogno di sicurezza, ma se il luogo sicuro diventa una prigione, vogliamo fuggire verso il polo opposto, ovvero verso la libertà. Uniti e liberi è la formula magica della felicità relazionale. La coppia diventa il luogo della soddisfazione, se offre rifugio protettivo, mentre incoraggia la libertà e l’evoluzione individuale. L’insoddisfazione nasce quando consentiamo che la coppia si trasformi in una casa della costrizione. Quando si pensa di essere in una gabbia, ma ci si rende conto che la porta è aperta, la libertà e tutto ciò che abbiamo immaginato potesse renderci felici, risulta a portata di mano. La trasformazione culturale degli ultimi decenni è come se avesse aperto le gabbie. Chi aveva pensato di doverci vivere tutta la vita, non si rendeva conto che la coppia è una scelta che pone certamente dei limiti, ma che deve rimanere comunque uno spazio di libertà, un luogo con propri spazi dove si viene anche incoraggiati a esprimere il proprio potenziale umano. Le relazioni, vissute come limitanti e dalle quali non si immagina di poter uscire, hanno alla base la convinzione di non essere sufficienti a se stesse. Il bisogno di una persona che garantisca sicurezza e certezze, unito alla paura del cambiamento, fanno accettare rapporti limitanti che generano frustrazioni, noia e conflitto interiore. La coppia può e deve essere uno spazio arricchente nel quale crescere ed evolvere insieme. Quando tutto questo non accade e non si riesce nemmeno a immaginarlo, è giunto il momento di una riflessione che può provocare una crisi. Quest’ultima, non conduce alla rottura necessariamente. Le crisi sono momenti di trasformazione, se i partner accettano di ridefinire il patto iniziale, adeguandolo alle nuove esigenze. Se un rapporto dura nel tempo, i partner inevitabilmente cambiano per il naturale corso della vita. Le fasi susseguono, le persone crescono, maturano e in incontrano i numerosi momenti di svolta; l’ingresso nel mondo del lavoro, la nascita dei figli, l’invecchiamento dei genitori, le perdite inevitabili e le tante vicende cui si può andare incontro richiedono di cambiare l’atteggiamento personale e la ridefinizione della relazione.

Le attuali leggi prevedono il divorzio, e nessuno più condanna chi decide di sciogliere la coppia che non lo soddisfa più, per costituirne una nuova. La possibilità di cambiare senza incorrere nello stigma sociale, ha dato ai singoli individui la possibilità e la responsabilità di scegliere se mantenere fede alle promesse iniziali o interrompere il rapporto quando non è più soddisfacente. La crisi tra due persone, come detto, non deve essere considerata la prossima fine del rapporto, ma può essere intesa come la malattia che si manifesta nel corpo fisico. Serve a segnalare che qualcosa non è in equilibrio. Se esiste ancora il sentimento, si può scegliere di indagare cosa non funziona, in modo onesto e senza timore di guardare in faccia la realtà. La crisi è un’opportunità per rendere partecipe il nostro compagno o la nostra compagna di cosa ci succede e cosa stiamo provando. Se il sentimento è ancora vivo, possiamo trovare la motivazione per cambiare le nostre percezioni, i nostri atteggiamenti, i nostri comportamenti e creare insieme un nuovo modo di essere coppia. L’importante è la convinzione che, a farci restare insieme sia l’amore e non la paura della solitudine, o il bisogno di colmare una nostra presunta lacuna. Rimanere soli può produrre un grande dolore, ma probabilmente questo dolore acuto è meno intenso dello stillicidio di episodi di frustrazione quotidiana, vissuti continuando a litigare.

Critiche, sarcasmo, disconnessione, svalutazione e, infine disprezzo sono sostanze tossiche per la coppia. Quando nelle interazioni umane compaiono questi veleni, l’esito delle relazioni sembra scontato. Il rispetto per la persona non è contemplato dal significato implicito di questi comportamenti. Penso che essere consapevoli di come comunichiamo nella nostra coppia, ci permetta di sapere quanto valore stiamo attribuendo alla relazione. Se preferiamo continuare a criticare, pur sapendo che la critica fa male alla persona e alla coppia, allora stiamo deliberatamente operando per condurla alla sua rottura. Nessuno è felice di venire criticato, soprattutto se questo avviene costantemente. Le critiche continue logorano il tessuto dell’autostima e la minano alla base, facendone vacillare le fondamenta psicologiche dell’identità personale e, al contempo, generando un buio interiore in grado di produrre risentimento, ribellione e chiusura.

Lo stesso accade se la comunicazione utilizza il sarcasmo. Le battute sarcastiche sono forme di aggressività, anche se chi le usa le traveste di qualcosa che dovrebbe apparire simpatico. È un modo di esprimersi che ferisce, e le ferite lasciano delle cicatrici. Se siete voi a usare battute taglienti, chiedetevi perché usate un linguaggio che ferisce. Sapete che fanno male, sapete che il vostro interlocutore ne rimarrà ferito. Perché scegliete questa modalità con la persona che dovreste amare? Se siete consapevoli dei danni che state procurando e non è vostra intenzione, allora smettete di essere sarcastici o pungenti, e usate la gentilezza per comunicare. Se avete qualcosa che non vi piace, ditelo in mod chiaro e rispettoso della sensibilità della persona che avete di fronte.

Disconnettersi dal partner è un altro modo per avvelenare un rapporto e renderlo invivibile. Non ascoltare o non considerare i tentativi di aprire un dialogo sono veri e propri tradimenti del patto d’amore. Tradire, infatti, non è solo fare sesso con una persona esterna alla coppia, chattare in modo esplicito o provare sentimenti profondi per altre persone. Nessuno sceglie di condividere un tratto di strada con qualcuno, sapendo che questi diventerà un aggressore della propria persona. Vivere insieme per ferirsi non era certamente scritto nelle promesse iniziali e ogni comportamento deliberatamente volto a far male non può essere contemplato e accettato.

Perché non ci lasciamo?

Sovente i partner sembrano così diversi da far pensare che, in modo certamente superficiale, che sarebbe più semplice separarsi piuttosto che continuare a stare insieme. Probabilmente, all’inizio della relazione, alcuni aspetti del partner non vengono percepiti, vengono consapevolmente ignorati, oppure non traspaiono perchè vengono volontariamente celati, al fine di offrire una migliore immagine di se stessi. Il passare del tempo e il consolidarsi del rapporto, fanno emergere anche le caratteristiche che all’inizio venivano celate, oppure non gli veniva attribuita la debita importanza. I partner, un po’ alla volta, mostrano se stessi fino in fondo e non è detto che le caratteristiche che si evidenziano vengano apprezzate. Inoltre, l’abitudine tende ad accentuare l’insofferenza verso quegli aspetti che sono meno graditi. Possono essere aspetti fisici, atteggiamenti o comportamenti che sono in sé semplici caratteristiche, ma che assumono rilevanza rispetto alle parti che avevano attirato in positivo l’attenzione nelle prime fasi del rapporto. Così, critiche, litigi, lamentele, insoddisfazione, mancanza di attenzioni, sessualità insoddisfacente e mancanza di interesse e stima si fanno strada. Eppure, l’idea di lasciare la persona considerata causa di tali sofferenze, non viene nemmeno presa in considerazione. Cosa fa stare insieme queste coppie, nonostante la sofferenza che si vive quasi ogni giorno? Da un partner innamorato si attendono capacità e desiderio di prendersi cura, interesse per un problema che sta preoccupando la persona amata, comprensione, empatia, fiducia nelle sue capacità, rassicurazioni, incoraggiamento e sostegno per affrontare le sfide che si possono presentare. Purtroppo, in molti casi, coppie che si dichiarano innamorate non si comportano come descritto sopra. Queste coppie non si dividono, ma il senso di solitudine e la sensazione di non essere più una coppia, pervade almeno uno dei partner o entrambi, con un senso di estraneità crescente. A tenere insieme la coppia non è il senso di sicurezza, di piacevolezza, di gioia, di certezza di avere una base sicura cui fare ritorno. A tenere insieme la coppia è la paura dell’ignoto, della solitudine e dell’incertezza. La coppia, in questi casi, è diventata una tana scomoda ma conosciuta, cui non si è disposti a rinunciare per tornare in mare aperto per ricostruire la propria autonomia. Ma allora l’amore non conta. A essere fondamentale è la sicurezza di non ritrovarsi soli, in compagnia di se stessi, perché la solitudine ci sembra una voragine spaventosa. Questa opzione è terrificante per chi si percepisce debole dal punto di vista emotivo o pratico. La teoria dell’attaccamento (Bowlby, 1979), sostiene l’ipotesi che durante tutto l’arco della vita, gli individui stabiliscano dei legami preferenziali, inizialmente con i genitori, ma da adulti con un partner, e si impegnino a mantenere con esso la vicinanza, considerando la coppia come un rifugio sicuro. La relazione di coppia viene considerata come riferimento nei momenti di disagio al fine di ricevere conforto dal partner. In caso di separazione dal partner, come per il bambino in caso di separazione dalla madre, con la separazione ecco comparire il dolore per l’assenza del proprio partner. In caso di perdita si attivano invece protesta e disperazione simili a quelle osservata nei bambini separati dalla madre. Inoltre, anche con un partner adulto, si ripone fiducia nella disponibilità e nella sensibilità che consentono di esplorare l’ambiente e relazionarsi in modo fiducioso con il mondo esterno, così come accade nell’infanzia sapendo di poter contare sui genitori. Negli adulti, inoltre, non è sempre necessaria la presenza fisica, ma è sufficiente sapere che il partner è affettivamente presente e disponibile all’ascolto e al conforto. Se, pur essendo in coppia, non si prova la sensazione di avere un rifugio sicuro, la base da cui partire per l’esplorazione del mondo, possono comparire paura, rabbia e sconforto. In queste condizioni il senso di stare insieme può venire meno. Perché, dunque, non lasciarsi? Questa domanda nasce dall’analisi razionale di come sta andando la coppia e di come le persone vivono la loro relazione. Pensare di lasciarsi ci fa immediatamente proiettare nel futuro, per immaginare la nostra vita in una nuova dimensione. Il nuovo, l’ignoto di una situazione sconosciuta, se guardati dal presente, dalla situazione di apparente confort nella quale viviamo, può essere davvero vista come spaventosa. Prima di considerare gli aspetti positivi che potrebbero emergere, la mente si concentra sui problemi pratici legati alla separazione: cosa succederà al rapporto con i figli, cosa penseranno le persone intorno a noi, dove andrò a vivere e come farò con i soldi, e potrebbero non mancare senso di colpa, senso di aver fallito, nostalgia e altri sentimenti negativi. Lasciarsi è difficile, ma porta con sé anche elementi di rinnovamento che a medio termine offriranno la possibilità di ritrovare la gioia, ma soprattutto di scoprire parti di se stesso che col tempo si erano assopite. Nel nuovo si possono ritrovare energie, interessi e passioni che non ricordavamo.

Un conto, però, è sentire di non essere felici, e un conto è decidere di cambiare la nostra vita, accettando le conseguenze dei cambiamenti. Quando guardiamo in avanti e vediamo gli scenari possibili nella nuova condizione, le reazioni non sono prevedibili. Ciascuno reagisce alla fine di un rapporto, anche in base alle esperienze vissute con i genitori e con altre persone rilevanti dell’infanzia. Sicuri, preoccupati, distanzianti o disorganizzati, sono etichette che aiutano a classificare grossolanamente le persone in base a come si sentono e reagiscono al distacco. Questi modelli ereditati dalle prime relazioni, principalmente con i genitori, ma in seguito anche con nonni, parenti e insegnanti, possono dar luogo a reazioni automatiche che servono a proteggersi dalla sofferenza. Alcune persone, preoccupate di rimanere senza protezione, considerano fondamentale non perdere la persona che permette loro di sentirsi sicuri, anche a costo di rimanere all’interno di un rapporto più di dolore che di gioia  In altri casi, per proteggersi dalla sofferenza, la persona può fuggire o ritirarsi per timore di un eccesso di vicinanza emotiva e di coinvolgimento. Nei casi in cui l’infanzia è stata costellata da episodi gravi di trascuratezza e di violenza, possono esserci comportamenti disorganizzati e privi di coerenza. I più fortunati, coloro che hanno avuto, oltre a un buon corredo genetico, anche genitori capaci di dare amore, sensibilità, sollecitudine, pazienza e capacità di di tollerare gli errori del bimbo, sapranno affrontare meglio sia le fasi positive dei rapporti, sia i momenti di difficoltà, arrivando a decidere in modo consapevole quando una relazione non ha più ragione d’essere. Per queste persone i rapporti sono luoghi della felicità, e quando smettono di essere tali ne prendono atto, anche se con sofferenza. La rabbia di un partner preoccupato di fronte alla distanza del compagno, che fatica a rimanere emotivamente vicino e a esprimere le proprie emozioni, è un esempio di conflitto generato da modelli automatici di risposta ai bisogni affettivi propri e del partner. È utile conoscere se stessi e le risposte automatiche che noi tendiamo a mettere in atto, e quelle del nostro partner. Alla domanda Perché non si lasciano?, mi sento di rispondere che forse si amano ancora o forse no, ma non hanno ancora imparato abbastanza di sé e del partner, e sperano di cambiarlo per farlo assomigliare a un ideale che non esiste nella realtà.

I secondi e terzi matrimoni

In epoca di secondi e terzi matrimoni, assume un’importanza ancora maggiore il rispetto della storia passata di entrambi. Le coppie composte da persone che hanno alle spalle lunghe convivenze, matrimoni, e che spesso sono genitori, sono oggi la normalità della nostra società. Serve quindi avere un rispetto particolare per quanto deriva dalle relazioni passate. Si incontrano abitudini, necessità e aspettative che sono condizionate e restano spesso legate al passato. Ad esempio, i figli delle precedenti relazioni reclamano le loro attenzioni, gli stipendi possono risentire di quanto concordato in sede di divorzio e l’adattamento complessivo al nuovo rapporto può richiedere tempo e flessibilità.

Ancora più complessa risulta una convivenza con figli provenienti da relazioni precedenti. La necessità di accettare altri bambini o ragazzi, spesso a settimane alterne, richiede uno sforzo per non entrare in conflitto.

Inoltre, sarà necessario un ulteriore sforzo per diventare autorevoli agli occhi dei figli acquisiti, dare loro delle regole e farle rispettare. Per questo sarà necessaria una chiara comunicazione tra partner per concordare come integrare figli che provengono da storie diverse, con abitudini diverse e che, in ogni caso, hanno un altro genitore cui rimangono giustamente legati.

I partner delle precedenti relazioni rimangono presenti e influiscono per lungo tempo se non per sempre. Quando perdurano tensioni con queste persone, ad esempio con battaglie legali in sede di divorzio, occorre fare attenzione a dare supporto al partner senza acuire gli animi, ma inducendo all’abbassamento dei toni del conflitto. In fondo, anche se spesso i precedenti partner non ispirano buoni sentimenti, alimentarli in modo eccessivo finirà per danneggiare la relazione con partner attuale.

TORNA IN ALTO

Parte terza

LA SESSUALITÀ

È facile togliersi i vestiti e fare sesso. Le persone lo fanno continuamente. Ma aprire la tua anima a qualcuno, lasciarlo entrare nelle tue paure, nel tuo futuro, nel tuo sorriso, questo è essere nudi.

Marilyn Monroe

La centralità della sessualità

La sessualità è un modo per esprimere l’amore, la passione e la connessione emotiva nella relazione di coppia. È un momento di intimità, di piacere e di condivisione tra i partner, che può portare a una maggiore comprensione reciproca. Tuttavia, la sessualità non è solo un aspetto fisico della relazione, ma è anche influenzata da fattori emotivi, sociali e culturali.

I rapporti sessuali non hanno solo la funzione riproduttiva, ma danno piacere, liberano energie fisiche e mentali, rinsaldano la coppia, confermano il desiderio reciproco di condividere le esperienze della vita e contribuiscono a creare complicità.

La sessualità cambia nel corso della relazione, ma pur cambiando l’intensità, la frequenza e le modalità, essa rimane centrale nella vita dei partner. Si può passare dai rapporti travolgenti dei primi tempi, ai delicati e teneri rapporti delle persone anziane. Il significato relazionale rimane sempre invariato.

Eros e amore

Eros è la componente passionale e sessuale dell’amore, che ci spinge a ricercare qualcosa che ci appassiona e che ci dona piacere. Eros è in grado di far scattare una scintilla tra due persone in modo travolgente e inspiegabile. Nessun tentativo di codificarlo e di spiegarne i meccanismi può avere successo. Spiegare razionalmente questo meraviglioso aspetto della vita, al contrario, farebbe svanire la magia che lo contraddistingue. Convincerci con la forza di volontà che una persona ci piace perché ha queste o quelle caratteristiche, non è possibile. Succede di frequente che due persone si conoscano e si frequentino senza che scatti la scintilla. Talvolta, la scintilla si accende in uno dei due ma non in entrambi, con evidente sofferenza e delusione per chi viene rifiutato. L’eros non è frutto del pensiero, ma di una magia che può solamente essere vissuta così come si presenta, inaspettata e travolgente. L’evoluzione aveva bisogno di un meccanismo che favorisse la riproduzione, affinché continuasse la vita, e l’eros ci coinvolge in modo totalizzante, ci rivitalizza, moltiplica le nostre energie in ogni ambito della vita e, col suo apice costituito dall’orgasmo durante i rapporti sessuali, è uno strumento straordinario che la natura ha generato per dare certezza alla continuità della vita e alla sua magia. Sono certo che le neuroscienze saranno in grado di spiegare come, dal punto di vista chimico elettrico, avviene l’innamoramento, ma la spiegazione dei meccanismi non credo potrà soddisfare il bisogno di mistero che ognuno di noi porta con sé. Negli animali l’atto sessuale, ai livelli più basilari dell’evoluzione, è solo un atto riproduttivo fine a se stesso che non conduce alla formazione di una coppia stabile. Con l’evolversi di nuove strutture nel cervello di animali sempre più complessi, la riproduzione ha assunto anche funzioni sociali che sono state in grado di migliorare l’adattamento e la possibilità di sopravvivenza. La coscienza di sé, frutto più recente dell’evoluzione, è peculiarità dell’uomo e, in forma primitiva di alcune scimmie antropomorfe. La coscienza permette all’uomo di osservare se stesso, i propri pensieri, le proprie emozioni, i propri desideri e i propri sentimenti. L’uomo si osserva, si ascolta e dirige intenzionalmente il comportamento. Questo gli consente, anche se solo in parte, di controllare la sessualità e le azioni che la favoriscono, cercando partner sessuali anche per fini non riproduttivi. L’essere umano, infatti, sa cercare attivamente, e in ogni stagione, rapporti sessuali che hanno come unico obiettivo il piacere erotico. Ogni strategia razionale, però, perde efficacia quando irrompe il richiamo sessuale primitivo, inspiegabile quanto irresistibile e capace di far superare ogni confine. L’attrazione fisica, potente mistero della vita, è l’aspetto fondamentale che prelude alla formazione di una coppia. Due persone si conoscono e si cercano anche attraverso la parola, le affinità di interessi o la simpatia, ma è il richiamo fisico a sancire l’interesse di entrambi a formare una coppia. Conosciamo bene il richiamo forte che alcune persone sono in grado di esercitare su di noi. L’eros è un collante fortissimo tra le persone, e fa in modo che si cerchino e si inseguano per creare le condizioni adatte all’incontro fisico. Proprio questo interesse favorisce la conoscenza e pone le basi per la nascita di una relazione, o rende evidenti differenze che portano all’esaurimento dell’interesse e alla fine della frequentazione. Quando l’eros funziona, le persone hanno modo di esplorarsi anche nella loro umanità, scoprendo reciprocamente pregi e difetti che solo passando molto tempo in contatto è possibile far emergere.

Ma quando due persone si innamorano senza essere travolte dall’eros, bensì attratte dalla mente, dal modo di essere, di sentire e di esprimersi, è possibile che solo in un secondo momento si sviluppi una sessualità ricca e appagante per entrambi?

L’attrazione e l’amore sono ancora un mistero. Un conto è scoprire le basi neurobiologiche che li determinano, un altro conto è svelare la loro magia. L’amore, di per sé,  non significa, a mio avviso, che sia presente anche una sessualità soddisfacente. Dal canto suo, da un eros travolgente non sgorga necessariamente l’amore. Eros e amore sono elementi della spontaneità e non della volontà. Se le componenti essenziali sono presenti, il frutto rappresentato da un amore ricco sotto tutti gli aspetti non tarderà a germogliare, così come la terra ricca di sostanze nutritive, i semi, l’acqua, il sole e l’incontro di tutti questi elementi al momento opportuno, producono piante, fiori e frutti.  Il tempo, l’impegno e la fiducia del contadino faranno il resto.

Intimità e sesso non vanno sempre a braccetto

È intima la condizione in cui due persone si aprono reciprocamente e condividono aspetti, o parti di sé abitualmente custodite nella propria sfera privata: vissuto emotivo, atteggiamenti, comportamenti e pensieri. Una coppia che ha rapporti sessuali, non necessariamente può definirsi intima e uno, o entrambi, possono sentirsi estranei all’altra persona, nonostante la nudità dei corpi e gli atti sessuali praticati insieme. Una persona con cui abbiamo fatto l’amore può rimanerci estranea e sconosciuta, in quanto ha offerto il suo corpo senza mostrare altro di se stessa. La condivisione dei reciproci stati emotivi e dei sentimenti è un aspetto fondamentale dell’essere intimi, e non riguarda solo le coppie di amanti, ma anche i parenti e gli amici. Due persone che si percepiscono intime, sono anche complici rispetto al mondo esterno e la complicità permette di sintonizzarsi senza che gli altri vedano o sappiano, e nasce proprio dall’avere condiviso molto più del proprio corpo con un’altra persona. L’intimità permette di sentire cosa prova l’altro da sé, senza che esso dica alcunché. Il sesso può facilitare l’intimità, ma non sempre è sufficiente a condurre due persone a sentirsi intime. Condividere il proprio mondo interiore è innanzitutto un’abitudine, ma è anche frutto della volontà di abbandonare le proprie paure e incertezze riguardo la vita a due. Condividere con un altro da sé rende vulnerabili, perché raccontandoci ci esponiamo, togliamo le maschere dei personaggi che recitiamo usualmente e mostriamo noi stessi in modo più autentico. Chi sa quali sono i nostri punti deboli, può usarli per ferirci. Ecco dunque comparire la fiducia come ingrediente essenziale per la vita di coppia. Certamente non parliamo solo della fiducia che riponiamo nel fatto di non essere traditi fisicamente. Il tradimento è, se vogliamo, anche l’utilizzo di quello che ci è stato confidato per ferire in qualche modo la persona che si è aperta con noi. A questo punto è bene sottolineare che, non di rado, pur in presenza di una sessualità appagante, l’assenza di sufficiente intimità è ragione di insoddisfazione e di conflitto. Le donne sembrano soffrire maggiormente la mancanza di condivisione degli stati emotivi del compagno. Per le donne, condividere la propria vita interiore è più naturale, in quanto sono state esortate a farlo sin da quando erano bambine. Lo spirito del tempo sta cambiando, e, oggi, anche i maschi vengono timidamente autorizzati a lasciar fluire le proprie emozioni, anche se siamo ancora lontani da una società senza eccessive differenze tra i generi per quello che riguarda l’espressione libera dei sentimenti. Molti uomini non sentono il bisogno di tornare a casa e raccontare la propria giornata, sia per quanto concerne i fatti accaduti, che per le emozioni provate. Il racconto, in molti casi, riguarda cosa si è fatto, piuttosto che come ci si è sentiti. Questi contenuti della comunicazione lasciano la partner all’oscuro degli aspetti del racconto che le interessano di più, ovvero, quella parte della storia che li renderebbero intimamente connessi.

È necessario però, fare attenzione a non trasformare la richiesta di maggiore intimità, nell’eliminazione di quello spazio di mistero che ci rende reciprocamente interessanti. Infatti, proprio perché rimane qualcosa da scoprire, il partner continua a essere un intrigante oggetto di interesse. Se diventassimo una sola cosa, non avremmo più niente da portare in superficie; se sapessimo tutto di lui o di lei, irrimediabilmente la tensione scemerebbe. Accettare che possano esistere degli spazi sconosciuti del partner, ci permette di avere ogni giorno qualcosa che ci stupisca. Il mistero rende interessante qualsiasi aspetto della vita, e i partner non fanno eccezione. Trovare un punto di equilibrio tra intimità e separatezza, tra sicurezza e trasgressione, è un compito non semplice, ma possibile, nei rapporti di coppia e certamente aiuta a vivere meglio insieme.

Conosci te stesso per desiderare

Talvolta, diamo per scontata la conoscenza del nostro corpo per il semplice fatto che ci fa compagnia da molto tempo e, di conseguenza, crediamo di sapere cosa ci appaghi sessualmente. Desiderare qualcosa significa conoscerne l’esistenza e creare le condizioni per realizzare il desiderio stesso. La conoscenza del proprio corpo è la condizione necessaria per fantasticare, proporre, chiedere al partner e realizzare i propri desideri. La masturbazione è il primo incontro con la sessualità e permette di scoprire il proprio corpo e come funziona. Questo vale sia per i maschi che per le femmine, anche se i retaggi culturali sembrano ancora limitare quella femminile.

Disponibili a esplorare

Oltre alla conoscenza del proprio corpo ottenuta a partire dall’adolescenza, è opportuno rendersi disponibili a esplorare la sessualità insieme al proprio partner. Come nella vita in generale, anche nella vita sessuale l’esplorazione mossa da curiosità, e la disponibilità a cambiare i comportamenti, sono il modo migliore per mantenere frizzante l’esperienza col partner. Proponete e accettate le proposte che vi vengono fatte. Solo così, saprete se si tratta di esperienze in grado di arricchire positivamente il vostro repertorio sessuale. Accettate i vostri timori, ma non fatevi paralizzare da essi come da tabù presenti nel vostro contesto culturale. Le abitudini e le routine finiscono per annoiare e togliere interesse verso il sesso. Dare spazio alla curiosità renderà più ricca e meno ripetitiva la vostra sessualità.

La passione carnale non sempre appaga

Le coppie, non sempre vivono una passione carnale appagante. La chimica, o meglio le vibrazioni sessuali, non entrano in sintonia per qualche ragione e tutta la relazione ne risente, a tal punto da poter precludere la prosecuzione della relazione. Ci sono altre ragioni che limitano la possibilità di una vita sessuale appagante come, ad esempio, dolori agli organi genitali sia maschili che femminili, che col tempo inibiscono il desiderio fino a rendere la sessualità un incubo, anziché un aspetto desiderabile della vita di coppia. In questi casi, altri aspetti del rapporto amoroso, come la tenerezza, la comprensione reciproca e il desiderio intenso di stare insieme subentrano a dare senso alla storia.

A limitare o spegnere del tutto la sessualità, possono essere differenze nei gusti sessuali, limiti fisici, tabù o disinteresse per la sfera erotica, che rendono questo aspetto della relazione insoddisfacente e, in alcuni casi, disturbante. Se uno dei partner si sente responsabile di questo andamento, può temere che, alla lunga, qualcosa si incrini. Per quanto tempo potrà tollerare le mie imperfezioni? L’amore però, non è amore se pone la condizione della perfezione a chi diciamo di amare. Accettare non vuol dire tollerare, ma volersi così come siamo.

Lucia mi ha detto, a proposito dei dolori che le impediscono la penetrazione: “Ma la mia è una imperfezione che nega la completezza dell’amore.”  Il limite di questa affermazione è ritenere l’amore completo in base alla capacità di erogare una qualche prestazione. Per sentirsi amabili dovremmo quindi essere in linea con degli standard prestazionali specifici e inderogabili? L’amore, per fortuna, non è una merce che deve rispondere a requisiti di qualità. Ho la sensazione che molti abbiano in mente un elenco di requisiti fisici e prestazionali che devono essere soddisfatti per potersi definire amabili. Se non ci sono i requisiti, non posso considerarmi amabile e mi ritroverò nella più profonda solitudine. Amare non è un lavoro, non ha regole precise e criteri da soddisfare.

Paolo si sente osservato da Giulia quando, durante le prime effusioni, l’attenzione viene posta sul suo pene, che dovrebbe diventare eretto istantaneamente e in modo automatico. Paolo si auto osserva e, allo stesso tempo, nota lo sguardo di attesa di Giulia, ma proprio l’auto osservazione e la paura del giudizio di Giulia diventano la causa del blocco. Solo una ridefinizione di quello che sta succedendo, attraverso il dialogo franco tra Paolo e Giulia, potrà introdurre l’elemento mancante, ovvero la piena accettazione di te così come sei, e non come ti vorrei. Talvolta, le condizioni limitanti non sono risolvibili e, in questi casi, solo il sentimento forte e l’intenzione rinnovata ogni giorno di stare insieme, possono reggere l’urto che la presa d’atto delle limitazioni può produrre. Il dolore e la frustrazione sono inevitabili, ma l’esito della relazione dipende dalla forza del sentimento provato.

La passione carnale tende a ridurre il suo peso con l’andare del tempo ma periodicamente può ri-emergere il sentimento di privazione e di frustrazione, e ogni volta l’amore verrà messo alla prova. Per questo deve essere chiaro che amare non significa dare prestazioni e che la propria amabilità è legata all’insieme di ciò che si è, piuttosto che a quello che si porta come dote tangibile.

Un aspetto importante va sottolineato a questo punto: la vita sessuale è fondamentale nella vita umana e non ha solo un valore riproduttivo. Le ragioni che la limitano hanno radici profonde nell’individuo, sia quando si tratta di tabù, di dolori fisici o inappetenza sessuale. Sta sempre alla persona cercare di ricreare le condizioni ideali per una vita sessuale appagante. A creare le condizioni limitanti sono spesso convinzioni profonde dell’individuo come sensi di colpa, paure o senso di non essere degni di una vita ricca e gratificante. La sessualità è l’ambito della vita nel quale le credenze invalidanti riversano i loro effetti.

Mantenere viva la passione

Il desiderio sessuale può diminuire in modo naturale, eppure, è possibile rinvigorire la passione nel corso del tempo. Ci sono diverse strategie per mantenere viva la passione. Ad esempio:

  • Mantenete la comunicazione aperta sulla sessualità, dicendo esplicitamente se qualcosa non vi piace di quello che fate, o del modo in cui vi approcciate ai rapporti sessuali.
  • Coltivate la curiosità ed esplorate nuove esperienze sessuali insieme.
  • Prendetevi cura della vostra salute fisica e mentale.
  • Ritagliatevi del tempo da dedicare al sesso.
  • Mostrate esplicitamente affetto e apprezzamento nella relazione. Ditevi apertamente “ti amo”, “ti desidero”, “mi piaci” o “mi piace questa tua caratteristica”. Così, farete sentire l’interesse e l’attenzione verso il partner. È improbabile che in un contesto freddo, e nel quale tutto viene dato per scontato, il desiderio si accenda.
  • Provate a prendervi per mano o a fare qualcosa che facevate insieme quando vi siete conosciuti.
  • Ricordate insieme le ragioni che vi hanno fatto innamorare.

Le persone, in ogni caso, sanno cosa dovrebbero fare per alimentare la passione, ma il tempo è spesso inesorabile. Il tempo è capace di spegnere amori nati sotto le migliori stelle. Occorrono, forza di volontà, stima per il partner e gratitudine per quanto costruito insieme, per continuare a investire affinché la sessualità trovi il modo di rinnovarsi con la stessa persona.

Quando il desiderio sessuale viene a mancare, può accadere che i presupposti stessi della coppia vengano messi in discussione. I partner possono pensare che non ci sia più amore, con la conseguente sofferenza che da questa considerazione può derivare. Come terapeuta di coppia, incontro le coppie quando il problema persiste da molto tempo, inizialmente trascurato, poi percepito chiaramente come una minaccia alla stabilità della relazione e fonte di profonda sofferenza. Spesso, si tratta di persone che dichiarano di amarsi ancora, di avere interessi comuni, di essere intimamente vicini, ma di non provare più la tensione erotica che li aveva fatti sentire in estasi, in balia dei sensi e sempre pronti a perdere il controllo tra le braccia dell’altro. Quando il desiderio inizia a diminuire, i partner possono dare per scontato che il tempo sia la causa di quanto sta avvenendo, e che dopo tanto tempo insieme alla stessa persona sia naturale avere meno voglia di fare l’amore. In altri casi, eventi irrisolti della vita di coppia minano la tranquillità necessaria per potersi abbandonare al piacere erotico. La nascita dei figli, un tradimento venuto alla luce, conflitti riguardanti le famiglie di origine o contrasti sull’organizzazione familiare sono motivazioni plausibili per non sentirsi attratti dal partner e appare scontato che la risoluzione di queste difficoltà sia fondamentale per poter sperimentare nuovamente il piacere erotico. Quanto detto sinora potrebbe far pensare al calo del desiderio sessuale come effetto della discordia, dei problemi imposti dalla vita quotidiana o come ineluttabile frutto della vita di coppia e del passare del tempo. La mia esperienza mi porta a ridefinire la questione in altri termini: il bisogno di sicurezza affettiva porta gli individui a costruire una forma di intimità fusionale che, col tempo, entra in conflitto con lo spazio di mistero necessario per far emergere il desiderio sessuale. La tensione erotica nasce dal fatto che i partner sono individui separati. Questo consente loro di agire, sotto le lenzuola, oltre a tenerezze e carezze sensuali, comportamenti aggressivi che possono esprimere potere e sottomissione, con il solo scopo provare piacere per se stessi in modo egoistico. Quando i partner sono così vicini da diventare uno, l’attenzione all’altro, al suo benessere, al suo piacere, e l’intento di evitargli la sofferenza, diventano un ostacolo all’esperienza del desiderio, alla ricerca propria del piacere, dell’abbandono alla passione e ai sensi senza controllo razionale. È necessario ora chiedersi se sia possibile provare eccitazione, attesa e desiderio con la stessa persona dalla quale ci aspettiamo sicurezza, stabilità, protezione e conforto. Rischio e sicurezza non sembrano conciliabili, come anche mistero e familiarità, ignoto e conosciuto. Considerare contemporaneamente questi elementi rappresenta però la soluzione che cerchiamo, per vivere una relazione lunga e sufficientemente sicura, ma allo stesso tempo stimolante, misteriosa, sessualmente ricca e appagante, gioiosa e divertente. Divenire adulti, uomini e donne non più bambini, maturi e responsabili, non significa escludere il piacere dall’esistenza. L’entusiasmo dei primi incontri non deve essere necessariamente sostituito dalla cura dei figli, dalla responsabilità professionale, dalle preoccupazioni economiche, dimenticando le ragioni che ci hanno fatto scegliere la persona che ci accompagna nella vita: passione, sesso, divertimento, curiosità, speranza, desiderio e voglia di rendere eterna l’estasi. Quando le persone si conoscono fanno di tutto per ridurre gli spazi di mistero, per conoscersi in modo approfondito, per sapere tutto dell’altro, in modo da sentirsi intimi, uniti, ognuno parte dell’altro. Nelle prime fasi della relazione, la distanza necessaria alla tensione erotica è presente e garantita dalla mancanza di conoscenza che stimola la curiosità, l’incertezza, la voglia di scoprire cosa l’altro può offrire. Ridurre le distanze al punto di annullarle, elimina però quello spazio tra gli amanti necessario per far nascere il desiderio.

Quello sessuale è il desiderio di svelare l’ignoto; di fare la conoscenza completa dell’altro, annullare ogni spazio tra i partner, eliminare l’interstizio indispensabile per poter desiderare e avere qualcosa da scoprire. Il mio lavoro consiste anche nel valorizzare la distanza tra i partner, far apprezzare le loro differenze, sottolineare la necessità di conoscersi e indicare il pericolo che si nasconde quando la conoscenza diviene fusione. Se l’altro ha uno spazio che mi è misterioso, sarà più probabile che mi senta incuriosito, attratto e interessato a scoprirlo. Questo mistero genera curiosità intellettuale e tensione erotica. Può apparire paradossale, ma l’amore dove tutto è svelato, privo di segreti e di mistero, si trasforma nella tomba di se stesso, alienando la sessualità in favore di un senso di sicurezza che spegne curiosità e desiderio.

Accettare e stimolare i partner ad avere iniziative e spazi propri, non è sempre facile, ma sta proprio in questa piccola, ma indispensabile distanza il segreto di una lunga e gratificante vita di coppia anche dal punto di vista sessuale.

L’esploratore trova la motivazione nel mistero offerto dai luoghi dei suoi viaggi. Attraversare la vita insieme e in modo gratificante, implica l’adozione di quell’atteggiamento tipico degli esploratori. Curiosità, accettazione del rischio insito nella non conoscenza, convivenza con il timore dell’ignoto, stupore infantile di fronte alla scoperta, preferenza per una novità rischiosa, in alternativa alle certezze, talvolta noiose, di ciò che è già conosciuto.

Quando la sessualità diventa un problema

La vita sessuale di una coppia è un aspetto fondamentale della relazione. Questa affermazione è tanto scontata quanto vera, e spesso viene trascurata, nel medio e lungo periodo, dalle coppie. La spinta sessuale è presente in ogni essere umano e, con modalità e intensità differenti da persona a persona, si fa sentire e necessita di essere espressa. A causa delle differenze che esistono tra individuo e individuo, la sessualità può generare una profonda intimità e una grande complicità, ma può anche diventare un problema per la coppia. Infatti, esigenze sessuali molto diverse possono generare dapprima delle discussioni, poi un conflitto e, infine, la disconnessione emotiva tra i partner.  Il sesso presenta diversi aspetti che possono essere differenti nei partner e diventare causa di dissapori. Proviamo a dare per scontato che esteticamente i partner si piacciano e si trovino reciprocamente eccitanti. Senza che vi sia la necessità di dirsi alcunché, alcune questioni trovano risposte spontanee e, con l’aumentare della conoscenza, la coppia trova un suo equilibrio nella vita sessuale, su questioni quali:

  • chi prende l’iniziativa
  • cosa ci piace fare
  • abbiamo dei tabù
  • esistono dei limiti fisici
  • quante volte ci piace farlo
  • quando non ci piace farlo

Tuttavia, se i partner non esplicitano chiaramente le loro preferenze, col tempo potrebbero nascere delle insoddisfazioni.

L’intesa o l’imbarazzo si palesano sin dai primi incontri, e dipendono da quanto i partner si sentano autorizzati a vivere in piena libertà l’atto sessuale, e i gusti individuali. L’intesa dei partner su come esplorare insieme l’erotismo è condizione indispensabile per ottenere uno stato di piena soddisfazione sessuale. La curiosità verso il sesso, se presente in modo diverso tra i partner, può condurre a insoddisfazione di uno o di entrambi gli amanti. Alcune persone sentono il bisogno costante di fare nuove esperienze e di sopportare male la routine, ma non sempre la curiosità è presente in entrambi allo stesso modo. Il desiderio di esplorare il mondo dell’eros rende insoddisfatti coloro che lo provano, nel momento in cui questa spinta viene ingabbiata dall’indisponibilità del partner il quale, al contrario, si sente gratificato dall’aver trovato una routine.

Un secondo aspetto che può distinguere i partner è la frequenza dei rapporti sessuali. Anche in questo caso, le differenze individuali possono essere significative e creare insoddisfazione.

Come conciliare differenze individuali che sono radicate nelle persone, nella loro natura biologica, nella loro educazione e nelle esperienze precedenti? Non esiste una soluzione al di là del compromesso e solo parzialmente nella trasformazione dei gusti e delle abitudini sessuali dei partner. Se il collante della coppia è l’amore, un progetto di vita insieme e la condivisione di valori, il sesso poco soddisfacente potrebbe apparire come l’elemento stonato della vita di coppia. Migliorarlo è importante, ma può richiedere dei compromessi come le altre aree della relazione. La tensione dovuta all’insoddisfazione sfocia non di rado nella fantasia di cercare la piena gratificazione all’esterno. Quando il rapporto è solido, i sentimenti forti e la comunicazione fluida e priva di tabù, esprimere apertamente i propri desideri e le proprie fantasie erotiche consente di conoscersi sempre meglio e aprirsi alla sperimentazione, accettando le inevitabili limitazioni. Gli attriti relazionali in altri ambiti, al contrario, producono una tensione di fondo che si amplifica, anziché ridursi, durante i rapporti sessuali. Alcune coppie, soddisfatte della loro sessualità, possono superare i dissapori proprio facendo l’amore.

Le disfunzioni sessuali

Le disfunzioni sessuali sono assai comuni nelle relazioni di coppia e possono causare stress e tensioni nella relazione. È importante, di conseguenza, affrontarle insieme, in modo aperto e cooperativo, per evitare che si trasformino in problemi cronici e generino conflitti distruttivi.

Sia i maschi che le femmine possono incontrare, nella loro vita, dei disturbi fisici e psicologici che sono in grado di limitare o impedire una vita sessuale appagante. Alcuni disturbi riguardano in modo specifico la sfera sessuale come, ad esempio, disturbo erettile ed eiaculazione precoce nei maschi, dispareunia e vaginismo nelle femmine. Nella tabella che segue, trovate un elenco di queste disfunzioni.

Maschili Femminili:
Disfunzione erettile: difficoltà a raggiungere o mantenere un’erezione sufficiente per l’attività sessuale.

Eiaculazione precoce: eiaculazione che avviene troppo rapidamente durante l’attività sessuale, spesso prima che l’uomo o la sua partner siano soddisfatti.

Eiaculazione ritardata: difficoltà o impossibilità di eiaculare durante l’attività sessuale.

Anorgasmia: incapacità di raggiungere l’orgasmo durante l’attività sessuale.

Diminuzione del desiderio sessuale: riduzione o assenza di interesse per l’attività sessuale.

Disturbo del desiderio sessuale ipoattivo: riduzione o assenza di interesse per l’attività sessuale.

Dispareunia: dolore durante il rapporto sessuale.

Anorgasmia: incapacità di raggiungere l’orgasmo durante l’attività sessuale.

Vaginismo: contrazione involontaria dei muscoli del pavimento pelvico che rende impossibile la penetrazione vaginale.

Vulvodinia: dolore cronico nella zona vulvare, spesso durante l’attività sessuale.

Quando si presentano, questi disturbi vanno sottoposti innanzitutto a professionisti quali l’andrologo, l’urologo o il ginecologo, in modo da escludere cause organiche. Se non vi sono cause organiche, saranno gli stessi medici a indirizzare verso uno psicoterapeuta o un sessuologo per affrontare le cause psicologiche del disturbo.

È fondamentale mettere da parte ogni preconcetto o tabù relativo al sesso, e parlarne apertamente col partner. Il problema nasce non di rado nella relazione, ed è opportuno che la coppia se ne faccia carico. Non definite malato chi ha il sintomo. A causare il sintomo, infatti, potrebbe essere la relazione stessa, anche se al partner potrebbe sembrare strano. Una frase che ho sentito pronunciare più volte è “sino ad oggi i miei partner non si erano mai lamentati”, oppure “è la prima volta che mi capita una cosa del genere”.

Perché, dunque, a un certo punto della vita, e in una specifica relazione, si manifesta un sintomo? Se consideriamo le persone come indipendenti l’una dall’altra, l’opportunità di essere soddisfatti e di soddisfare il partner dipende dal proprio funzionamento fisico e psichico. Il pene che non raggiunge l’erezione, laddove non vi sia un problema organico, può essere spiegato con uno stato di agitazione interna, le cui cause sono da ricercarsi nell’attività intrapsichica dell’individuo e nella relazione col partner. Senza entrare nel dettaglio delle possibili cause, ne elenco alcune, consapevole che ogni persona ha vissuto esperienze che modificano il suo modo di leggere la realtà.

  • Bisogno di affermare la propria virilità, e paura di non riuscirci.
  • Timore della reazione del partner in caso di mancanza dell’erezione o di eiaculazione precoce. Questo timore genera uno stato di allarme che inibisce l’eccitazione.
  • Resistenza alle pressioni, implicite ed esplicite, alla riproduzione, vissuta con timori e dubbi sulla volontà di diventare padre, e di costruire una famiglia con quella persona.
  • Boicottaggio inconsapevole della relazione.

Tutte queste possibili cause generano quell’ansia definita abitualmente ansia da prestazione. In una situazione considerata pericolosa, inadeguata e potenzialmente dannosa, non è funzionale l’erezione, bensì mantenere alta la vigilanza.

Conflitto e sessualità

Una vita sessuale insoddisfacente può minare la relazione, a causa dell’importanza che ricopre nella vita degli esseri umani, al di là della sua funzione riproduttiva. Allo stesso modo, una relazione conflittuale in cui i partner sembrano più interessati a prevalere sull’altro, piuttosto che vivere in armonia, non pone le condizioni necessarie per avere rapporti sessuali soddisfacenti. Il sesso, infatti, è comunicazione sincera, abbandono ai sensi, gioco, leggerezza, apertura all’altro, disponibilità e fiducia. Il conflitto relazionale inibisce tutto questo. Affrontare senza remore le ragioni del conflitto, pone le condizioni necessarie per una sessualità libera. Dunque, una relazione armonica favorisce la sessualità, e una sessualità soddisfacente aiuta a rendere armonica la relazione.

Potrebbe sembrare strano e paradossale, ma spesso i partner non parlano tra loro dei propri bisogni sessuali, delle fantasie, del proprio modo di vivere la sessualità e del significato che essa ricopre nella vita. Intendiamoci, mi sto riferendo a un parlare leggero e armonioso il cui scopo è quello di raggiungere la migliore intesa possibile e il soddisfacimento dei propri desideri e bisogni. La persona con la quale potersi sentire nella massima intimità rimane invece all’oscuro di parti importanti di sé.

Qualcuno potrebbe obiettare che il sesso va fatto e non discusso ma io non sto dicendo di speculare sulla sessualità, ma di trovare un’intesa parlando in modo libero e sincero con il partner. Le ragioni del mancato o ridotto dialogo sulla sessualità vanno ricercate nel significato che ciascun soggetto attribuisce al sesso, nei pudori frutto di vincoli morali e religiosi, nella paura di essere rifiutati qualora si raccontassero le proprie fantasie e desideri, ma forse la ragione più importante è la paura di entrare in una intimità più profonda, divenendo trasparenti e vulnerabili. Il concetto che vorrei far passare è che se una relazione vuole essere intima, deve concedersi di affrontare insieme i timori del giudizio,  l’imbarazzo, le credenze, la nudità fisica e psicologica, tenendo conto anche delle differenze esistenti tra i generi nel modo di percepire l’intimità.

L’autostima e la sessualità

La percezione che abbiamo di noi stessi e la fiducia che riponiamo nei nostri pensieri influenzano tutti gli ambiti della vita e tutti i nostri comportamenti, incluso il rapporto con le altre persone. La sessualità è un modo di relazionarci con una persona e, quindi, viene favorita od ostacolata da come ci percepiamo.

Se ci consideriamo desiderabili, capaci di dare e ricevere piacere e se ci sentiamo a nostro agio con il nostro corpo, allora sarà semplice mostrarci nella nostra nudità fisica e psicologica, esprimere i nostri desideri e proporci attivamente al nostro partner. Dunque, dobbiamo considerare l’autostima come un fattore importante per avere dei rapporti sessuali gratificanti. Se ci percepiamo inadeguati, non ci sentiremo del tutto rilassati e liberi di essere quello che siamo. L’autostima è una conquista che richiede impegno e introspezione per rimuovere le convinzioni che abbiamo su noi stessi che ci limitano nelle relazioni. Deve quindi essere intesa come un fattore generale in grado di produrre benefici molto ampi sull’intera esistenza,

Miti e tabù sessuali

Ecco alcuni dei più diffusi tabù e miti sessuali da sfatare.

  • La masturbazione è un atto dannoso e perverso, che non dovrebbe essere praticato. In realtà, la masturbazione è una pratica sessuale sana e normale e può persino aiutare a migliorare la salute sessuale della coppia.
  • Il sesso rappresentato nei film pornografici è quello che deve essere considerato il vero sesso. In realtà, il sesso dei film è pensato, costruito e realizzato ad hoc per eccitare il pubblico. Attori e attrici mettono in scena una rappresentazione che non è la realtà della vita quotidiana. Avete mai visto rappresentati in un film pornografico, la stanchezza di una giornata lavorativa, i conflitti, lo sforzo per trovare un momento di tranquillità dopo aver gestito la casa, i bambini e 45 minuti di traffico per andare a lavorare? La pornografia rappresenta dei momenti ideali, che possono accadere, ma che non possono essere la norma. Se li adottiamo come standard verremo certamente delusi.
  • Se non si raggiunge l’orgasmo, il rapporto sessuale non è da considerarsi soddisfacente. Raggiungere l’orgasmo, naturalmente, è qualcosa di piacevole, ma spesso non coincide con l’apice del piacere. La ricerca del momento che sancisca la fine del rapporto sessuale, limita l’atto sessuale. Un rapporto sessuale si compone di molti aspetti piacevoli che non devono necessariamente culminare con l’orgasmo.
  • Raggiungere contemporaneamente l’orgasmo è fondamentale. Anche in questo caso, il mito limita l’agire spontaneo della coppia. Il piacere condiviso di una coppia che fa l’amore non cambia quando un partner raggiunge l’orgasmo prima dell’altro o lo raggiunge con stimolazioni differenti.
  • La sessualità non cambia con l’età ed è sempre la stessa per tutta la vita. La sessualità, al contrario, cambia col passare del tempo, cambiano i tempi della reazione sessuale, le fantasie e i gusti.
  • Se ci si masturba, significa che il partner non ci soddisfa abbastanza. Si può pensare che se il partner si masturba è perché non ci trova attraenti, oppure che non siamo in grado di soddisfarlo. La masturbazione, in realtà, è una delle tante modalità per provare piacere. Singolarmente o in coppia, la masturbazione è una pratica sana e aiuta anche l’armonia sessuale della coppia.
  • L’omosessualità è una scelta o una malattia. Gli omosessuali, al contrario, sentono di essere attratti fisicamente ed emotivamente da persone dello stesso sesso e non lo decidono affatto.
  • Senza penetrazione non è vero sesso o, quantomeno, non possiamo considerarlo un rapporto sessuale completo. Per molti “fare sesso”, equivale solamente arrivare a un rapporto sessuale completo e cioè alla penetrazione, senza considerare come sia da considerarsi assolutamente sessuale anche tutto ciò che non contempla necessariamente l’atto penetrativo, come ad esempio il sesso orale o la masturbazione reciproca. Questo mette soprattutto l’uomo nella condizione di percepire un obbligo a dover fornire una prestazione di un certo tipo per potersi considerare adeguato, che spesso può portare anche ad alcuni disturbi legati all’ansia, come l’impotenza o l’eiaculazione precoce.
  • Avere delle fantasie sessuali significa essere perverso. Le fantasie sessuali, al contrario, possono arricchire i rapporti sessuali e aiutare nel raggiungimento dell’eccitazione e del piacere. È del tutto normale avere delle fantasie, fa parte dell’essere umano e non c’è nulla di male.
  • Giocare e sperimentare durante il rapporto è anomalo. In verità, vivere la sessualità ricorrendo al gioco, alla sperimentazione e a fantasie condivise e intrapsichiche arricchisce la sessualità della coppia. Non si tratta di artifici ai quali ricorrere quando la coppia è in crisi. Ad esempio, frequentare insieme o separatamente un sexy shop, usare sex-toys o guardare insieme un film erotico rendono il rapporto più interessante e non hanno nulla a che fare con le perversioni. Il mito per cui il sesso deve necessariamente essere spontaneo e poco pensato, può essere definitivamente sfatato. Pensare alla cura e alla sperimentazione nella sessualità è vitale.
  • Gli anziani non possono avere una sessualità appagante, importante o, addirittura una vita sessuale non esiste più. La sessualità, invece, è importante per le persone di tutte le età e può essere goduta anche quando si diventa anziani.
  • Gli uomini sono sempre pronti per il sesso e la loro sessualità è incontrollabile. In realtà, gli uomini non sono sempre pronti e possono avere problemi di erezione o di libido come le donne, e non sono sempre pronti ad avere dei rapporti sessuali.
  • Le donne sono meno interessate degli uomini al sesso e la loro sessualità è passiva. In verità, molte donne sono molto interessate al sesso e possono avere desideri sessuali molto forti.
  • Quando fanno l’amore per la prima volta, le donne provano sempre molto dolore. il sesso è associato necessariamente al dolore fisico. In realtà, se la donna è rilassata e adeguatamente eccitata, il sesso non dovrebbe essere doloroso.
  • Sono gli uomini a dover prendere l’iniziativa sessuale. In realtà, sia gli uomini che le donne possono prendere l’iniziativa e questo rende più stimolante il sesso per entrambi.
  • Le donne raggiungono facilmente l’orgasmo, e se questo non succede, qualcosa non va in loro o nella loro relazione. In realtà, molte donne hanno difficoltà a raggiungere l’orgasmo e ci sono molte ragioni perché questo succeda. Aspetti della relazione, ansia, mancanza di comunicazione o dolore durante il rapporto sessuale.
  • Esistono due tipi di orgasmo, quello quello vaginale e quello clitorideo. La credenza che esistano due tipi di orgasmo è diffusa. Sappiamo, invece, che l’orgasmo femminile è raggiunto comunque mediante una stimolazione clitoridea, diretta o indiretta che sia. Le fibre nervose che vengono stimolate sono le stesse. Il clitoride, che ha moltissime innervazioni, è infatti coinvolto anche quando il rapporto sessuale riguarda la sola penetrazione.
  • Gay e lesbiche sono sessualmente promiscui. La sessualità dei gay e delle lesbiche è, in molti casi, monogamica come quella delle persone eterosessuali. In realtà fedeltà e promiscuità sono caratteristiche personali e non si riferiscono a specifici orientamenti sessuali. Esistono coppie omosessuali fedeli, come esistono coppie eterosessuali infedeli.
  • Il sesso anale è dannoso e anormale. In realtà, il sesso anale può essere praticato in modo piacevole se viene fatto con attenzione e consenso di entrambi i partner.
  • La circoncisione maschile aumenta il piacere sessuale. In realtà ho incontrato uomini circoncisi con una sensibilità ridotta, forse a causa dello strofinamento continuo del glande contro il tessuto delle mutande.
  • L’eiaculazione precoce è un problema che colpisce solo i maschi giovani. L’eiaculazione precoce è una disfunzione che colpisce, in realtà, sia i giovani che i meno giovani. Tuttavia, spesso l’esordio risale ai primi atti masturbatori, ma può protrarsi nel tempo.
  • Le donne non devono desiderare o godere di sesso occasionale e senza impegno. Il ruolo femminile nella società per fortuna è cambiato. Oggi la sessualità libera, anche finalizzata alla semplice ricerca del piacere, è per tutti, indipendentemente dal genere.
  • Le persone con disabilità non possono avere una vita sessuale soddisfacente. Al contrario, le persone con disabilità, anche gravi, hanno pulsioni sessuali come tutte le altre persone.
  • L’uso di sex toys o di pornografia può causare dipendenza o problemi di salute mentale. Sex toys e pornografia sono strumenti che possono essere usati bene o in modo inadeguato o eccessivo. Hanno un loro scopo, ma devono essere usati con consapevolezza della loro funzione e dei limiti cui devono essere sottoposti.

Questi sono solo alcuni dei tanti miti comuni sulla sessualità che possono influire negativamente sulle persone e sulle loro esperienze sessuali. Per avere una comprensione più sana della sessualità, è importante educarsi e sfatare questi miti con la ricerca e la conoscenza.

Oltre i miti e i tabù

L’educazione che ognuno di noi ha ricevuto ha costruito dei limiti mentali alla libertà individuale. Le agenzie educative, la famiglia, la scuola, la chiesa e le norme sociali cui tutti vengono esposti, contribuiscono a delimitare i pensieri e il raggio d’azione di tutte le persone. Questi limiti riguardano anche i comportamenti sessuali, e quando diventano eccessivi e disfunzionali per l’individuo, li chiamiamo tabù. In particolare, i tabù sessuali si manifestano attraverso vissuti di imbarazzo, umiliazione, disgusto, paura, vergogna e senso di colpa, che impediscono alla persona di lasciarsi andare in alcune situazioni sessuali. L’individuazione degli eventuali tabù che limitano la piena espressione della propria sessualità è il primo passo per poterli superare. Esistono, oltre ai tabù, dei racconti tramandati nel tempo, che contribuiscono ulteriormente a ridurre gli spazi di libertà, attraverso l’induzione di timori, paure e ulteriori limitazioni. Vediamo separatamente cosa sono i miti e i tabù.

I miti sono dei racconti tramandati nel corso del tempo, che cercano di spiegare i significati di diversi fenomeni, e cercano di definire le norme e i valori su cui deve basarsi una comunità. I miti possono dare vita a preconcetti e luoghi comuni che, se vengono accettati come verità assolute, anche in assenza di dati scientifici, diventano false credenze in grado di condizionare la propria vita.

Nel tempo, si sono costruiti una serie di miti sulla sessualità e su come dovrebbe essere vissuta, in grado di causare stati di ansia o insoddisfazione nell’individuo e nella coppia.

Riconoscere e comprendere i falsi miti è infatti molto importante, se si vuole ottenere una vita sessuale appagante e soddisfacente.

Un tabù è tutto ciò che è oggetto di un divieto senza fondamento oggettivo, o ciò di cui si preferisce non parlare. Un tabù è qualcosa di proibito, da non chiedere neppure. Ancora oggi, purtroppo, il sesso è un tabù, e cioè è qualcosa di cui si evita di parlare, o che crea imbarazzo e, in alcuni casi, vergogna. Nel sesso, inoltre, molte richieste possono essere vissute come un tabù, rimanendo desideri o bisogni non soddisfatti, che possono sfociare in un’insoddisfazione generale e in comportamenti pericolosi o illegali.

Educare i figli all’affettività e alla sessualità

Famiglie, scuola, gruppo dei pari, internet e televisione sono per i ragazzi le principali fonti di informazione sulla sessualità. Tuttavia, la famiglia dovrebbe avere un ruolo attivo nella trasmissione di informazioni e valori che riguardano il sesso. L’educazione sessuale e affettiva è un argomento importante da affrontare con i propri figli, ma può essere un argomento delicato, complesso e imbarazzante.

Iniziare presto è importante perché la sessualità e l’affettività sono temi che devono essere affrontati fin dall’infanzia. I genitori possono iniziare a parlare di queste tematiche in modo adeguato all’età dei figli, in modo da far loro acquisire gradualmente una conoscenza corretta e naturale. I genitori devono essere disponibili ad ascoltare le domande e le curiosità dei figli e rispondere in modo chiaro e sincero. Evitate di sviare l’argomento perché darete un chiaro segnale che si tratta di qualcosa di imbarazzante o sbagliato. I figli capirebbero il vostro trucco e trarrebbero autonomamente conclusioni sbagliate su cosa sia la sessualità. Cercate di usare un linguaggio non tecnico e adatto all’età dei vostri figli. Ad esempio, quando si parla di riproduzione, si può iniziare con termini semplici come “uomo” e “donna”, per poi approfondire i concetti man mano che i figli crescono e pongono domande più precise. È indispensabile sottolineare l’importanza del rispetto reciproco che deve essere alla base di ogni relazione sessuale e affettiva. I figli devono imparare a rispettare se stessi e gli altri, a stabilire confini chiari e a non forzare mai nessuno a fare qualcosa che non vuole.

Le figure educative devono poi essere un buon modello per i figli. I genitori, in particolare, sono il principale modello di comportamento per i propri figli. Per questo motivo, devono essere coerenti tra ciò che dicono e ciò che fanno. Devono dimostrare rispetto, tolleranza e affetto nei confronti degli altri, e, in particolare, del partner. Avere rispetto per la propria persona e per il proprio corpo è un altro aspetto fondamentale da trasferire ai figli.

Un argomento che è necessario affrontare con i figli delle ultime generazioni, l’uso responsabile delle tecnologie. in modo da evitare l’esposizione a contenuti inappropriati e pericolosi, ma soprattutto il rischio di relazioni vissute senza consapevolezza. In particolare, bisogna spiegare loro l’importanza della privacy e della sicurezza online.

Le domande dei figli sul sesso

Quando i vostri figli vi faranno delle domande sul sesso, cercate di rispondere con naturalezza e con parole semplici. Quando non sapete rispondere, ditelo e dite che cercherete la risposta e gliela direte domani. Ecco alcune domande piuttosto comuni.

  • Quanti buchi ha la donna?
  • Come si fa un bambino?
  • Perché gli uomini e le donne hanno parti diverse?
  • Come nascono i bambini?
  • Da dove escono i bambini?
  • Che cos’è l’ovulazione?
  • Che cosa sono le mestruazioni?
  • Perché gli uomini hanno i peli sul petto e sulle braccia?
  • Come si fa l’amore?
  • Perché alcuni uomini e donne sono attratti da persone dello stesso sesso?
  • Cosa succede durante l’orgasmo?
  • Che cos’è la contraccezione?
  • Che cos’è l’AIDS e come si trasmette?
  • Perché è importante utilizzare il preservativo?
  • Perché il corpo cambia durante la pubertà?
  • Che cos’è l’identità di genere e come funziona?

Soddisfazione sessuale cercasi

La sessualità è, per buona parte delle persone, un aspetto essenziale della vita. Esiste, va detto, una fetta della popolazione che, pur provando piacere facendo l’amore, non è interessata e non ne sente il bisogno. In questo caso si parla di persone asessuali. Qui mi riferisco a chi il sesso lo desidera, lo ricerca, lo pratica volentieri ma che, per dinamiche relative al rapporto di coppia finisce per essere insoddisfatto. Perché, pur avendo un compagno o una compagna che ci piace, i rapporti sessuali non riescono a completare il rapporto con reciproca soddisfazione?

Innanzitutto, osserviamo la nostra relazione nella sua totalità per stabilire se si tratti di una relazione con delle buone basi. Poi ripensiamo all’ultima volta in cui siamo rimasti insoddisfatti dal rapporto sessuale con lui/lei. Chi ha preso l’iniziativa, in che modo lo ha fatto, ci ha sedotti dolcemente o ci ha chiesto se volevamo scopare, si è preso cura del nostro piacere o ha badato prevalentemente a sé, abbiamo raggiunto entrambi (non insieme) l’orgasmo?

I partner che vivono una relazione stabile, dicono quasi sempre di amarsi, ma potremmo scindere l’amore in diversi aspetti, ponendoci delle semplici domande e immaginando la risposta, pensando alla nostra relazione. Quanto i partner esprimono apertamente i sentimenti, cercano il dialogo, ascoltano le ragioni diverse dalle proprie, rinunciano ad avere ragione a tutti i costi, risolvono i conflitti man mano che si generano, accettano in modo incondizionato il/la partner senza se e senza ma, e si fidano delle decisioni prese dall’altro/a, condividono le proprie esperienze, progettano pezzi di futuro condiviso.

Quando l’amore vacilla per qualcuno degli aspetti elencati sopra, o quando il modo di avere rapporti sessuali vi pone dei dubbi sui reciproci atteggiamenti, diminuiscono le possibilità di sentirsi soddisfatti. Una relazione conflittuale influenza negativamente la sessualità, così come una sessualità insoddisfacente finisce per compromettere la relazione nel suo complesso. È anche vero che alcune relazioni sono molto litigiose ma a letto funzionano benissimo, come altre sono ricche sul piano affettivo ma disastrose su quello sessuale. Che sia la relazione o i rapporti sessuali a non funzionare poco importa. Le persone immaginano la relazione come una cosa sola fatta di buoni sentimenti e buona sessualità. Entrambi gli aspetti sono colonne del benessere.

Attrazione fisica e amore per la stessa persona

Il passare del tempo ha importanti conseguenze sulla vita di coppia. Il sentimento cresce e si rafforza con la maggiore conoscenza reciproca, la sessualità, al contrario, inizialmente ricca di quotidiane scoperte, incontra la ripetitività, l’abitudine e l’irrompere delle vicende quotidiane. I figli drenano energia e, se i partner non vigilano la loro relazione, i buoni sentimenti si rinforzano a scapito della tensione erotica. Ovviamente, ogni coppia fa storia a sé, ma alcune dinamiche sembrano ripresentarsi. Il calo del desiderio non è da imputarsi al tracollo fisico o mentale, e risulta selettivo per la persona che sta al proprio fianco nella vita. Le fantasie, il desiderio, l’immaginario erotico sono sempre lì, ma qualcosa ne impedisce il fluire verso il partner. Questi assume le sembianze di una entità asessuata, sacra e intoccabile, non più oggetto del proprio fantasticare. L’amore può essere forte, la persona che si desidera al proprio fianco è sempre la stessa, ma il sentimento si stacca dall’erotismo. La tensione erotica si dirige verso soggetti non significativi dal punto di vista affettivo. Con questi soggetti si può essere sessualmente se stessi, esprimere le proprie fantasie, realizzare ciò che è impensabile con la persona amata. L’inconfessabile tra moglie e marito diventa esplicito con il perfetto sconosciuto. La moglie viene considerata intoccabile da mani sporche di lussuria. Il marito, dal canto suo, smette di essere interessante nel momento in cui considera la compagna come madre dei propri figli e vergine da rispettare. Una moglie amata e una madre affettuosa dei figli, può invece rimanere donna e compagna di avventure. Un uomo, dopo la nascita dei figli, torna a essere l’uomo che si è desiderato. Perché dunque, questo cambiamento che scinde erotismo e sentimento?

I tabù della nostra cultura riguardanti il sesso, impediscono a molti uomini di rivolgere apertamente i propri desideri e le proprie fantasie verso un soggetto che viene visto come candido e inviolabile. L’aggressività sana che spesso accompagna i rapporti sessuali, viene inibita quando il sentimento trasforma in “santa” la moglie / madre. Con lei no, certe cose non si fanno e non mi interessa nemmeno immaginarle. L’immagine della prostituta, o dell’amante appena conosciuta, con cui esprimere le proprie fantasie sembra più congeniale per essere se stessi dal punto di vista erotico. Le mogli, sentendosi poco desiderate e trattate come degli Angeli, finiscono per sentire la mancanza della sessualità complice, libera e ricca dei primi tempi.

Per cambiare queste situazioni occorre guardarsi negli occhi e riconoscere reciprocamente la propria insoddisfazione sessuale come primo passo. Subito dopo, occorre un atto di coraggio, e dirsi quali sono le proprie autentiche fantasie e, magari, scoprire che anche il partner vuole qualcosa di simile nella qualità e nell’intensità. Allora, e solo allora, è possibile allinearsi nuovamente e riprendere il cammino in cui erotismo e sentimento sono rivolti verso la stessa persona. L’amore è salvo.

Orgasmo questo sconosciuto

Un articolo pubblicato dal blog del Corriere.it La 27Ora, intitolato “Orgasmo, questo sconosciuto, perché le donne non sanno chiedere”, ha sollecitato un mio commento. L’articolo si riferisce a quanto apparso sul New York Times. Il quotidiano americano ha messo a confronto alcuni studi sulla sessualità concludendo che nei rapporti occasionali le donne provano meno piacere rispetto agli uomini.

In particolare, una ricerca condotta per cinque anni su 24 mila studenti di ventuno college da Paula England, sociologa della New York University, mostra come nel corso dell’ultimo rapporto occasionale solo il 40% delle donne abbia raggiunto l’orgasmo, mentre gli uomini sono stati l’80%. Citando il saggio anni Settanta di Carla Lonzi, “Donna clitoridea e donna vaginale”, La 27Ora sostiene che, al netto di un sano rapporto con il partner (cioè dettato da rispetto, passione, condivisione, non dunque da sudditanza psicologica e anche sessuale), una donna fa parte di una categoria o dell’altra. Qui vorrei ricordare che non si tratta di due tipi di orgasmo differenti, provenienti dalla stimolazione di fibre nervose diverse, ma di stimolazioni differenti. La stimolazione attraverso la penetrazione stimola il primo terzo di vagina con il pene, e il clitoride con lo strofinamento dei corpi o con l’aiuto della mano. L’orgasmo proviene, in ogni caso, dalla stimolazione delle fibre che irrorano il clitoride.

Il problema evidenziato dal New York Times, semmai, è che la donna non chiede al partner di essere appagata. Le testimonianze raccolte raccontano di ragazze che restano a guardare fisse il soffitto mentre i loro nuovi partner russano della grossa già da un pezzo, senza essersi curati minimamente delle loro esigenze, né aver fatto finta di volerlo fare.

L’articolo pone dunque la premessa che non si tratti di un rapporto in cui vi è sudditanza psicologica. A mio avviso, la non affermazione dei propri bisogni in un rapporto sessuale è, di per sé, segno di sudditanza. Annullare se stessi per l’altro è prerogativa dei genitori con i propri figli, non degli amanti in cerca di piacere, senza compiacere. Nel caso peggiore, lui se ne andrà quando gli chiederete di raggiungere l’orgasmo.

Fantasie, desiderio, senso di colpa, vergogna

L’immaginazione nella vita sessuale rappresenta un elemento fondamentale per la piena espressione erotica dell’individuo. Le fantasie sessuali possono rimanere sempre e solo delle fantasie eccitanti, oppure essere agite di concerto con il partner. Le fantasie, anche quelle che rimarranno sempre e solo delle fantasie, possono essere custodite gelosamente dentro di sé, o condivise col partner per alimentare il desiderio e l’eccitazione. Perché, dunque, tenerle tutte per se stessi? Condividere il proprio immaginario erotico può rappresentare una fonte di eccitazione per entrambi e un segnale importante di intimità. Va considerato che non sempre le fantasie vengono considerate eccitanti e interessanti dal partner e, talvolta, possono anche disturbarlo o turbarlo. Sensibilità, tatto e soprattutto dialogo, aiutano la conoscenza reciproca e consentono di introdurre nella relazione le fantasie, quali elementi stimolanti e arricchenti sia la sessualità che l’intimità in genere.  Vergogna, senso di colpa per una sessualità ritenuta bizzarra e altri vincoli possono però indurre a considerare inadeguate le proprie fantasie e, soprattutto, non esprimibili. L’educazione, la cultura, la religione e fattori interni alla persona fanno spesso ritenere inopportuna la condivisione del proprio immaginario erotico, facendolo vivere come inopportuno, sbagliato, scorretto, peccaminoso e colpevolizzante. Occorre inoltre ricordare come uomini e donne abbiano entrambi fantasie riguardanti il sesso, ma non sempre queste fantasie coincidono ed eccitano entrambi. Anche per questo non è insolito che durante i rapporti sessuali, all’insaputa del partner, possano venire utilizzate immagini erotiche per aumentare l’eccitazione. Questo comportamento può derivare dall’idea che il partner possa non capire ma anche dalla presa d’atto che, dopo aver provato a condividere una certa fantasia, questa abbia provocato reazioni sgradite. La sessualità in questo caso può rimanere piacevole, pur lasciando angoli privati nei partner.

Una considerazione importante, seppur appena abbozzata in questa sede, riguarda l’effetto del facile accesso alla pornografia nella modellazione delle fantasie erotiche e nella loro omologazione a ciò che viene rappresentato nelle scene. La rete sta riducendo la fantasia autoprodotta e la sostituisce con immagini stereotipate che nei giovani si traducono in ricerca ansiosa di prestazioni piuttosto che di relazioni ricche di sesso ma anche di sentimento.

Gelosia e possessività

Gestire la gelosia e la possessività è fondamentale per vivere la dimensione di coppia in modo soddisfacente. Gelosia e possessività sono infatti due elementi distruttivi delle relazioni umane. È opportuno distinguere questi due termini e contestualizzarli.

La gelosia può manifestarsi in diversi ambiti della vita, come l’amicizia, le relazioni sentimentali o il lavoro. La gelosia per una persona che si ama e che si teme di perdere è naturale e tutti l’abbiamo provata almeno in una occasione. Si tratta di un sentimento che produce sofferenza, ma che riconosce il diritto del partner all’autodeterminazione e quindi a decidere della propria vita.

La possessività è invece un forte sentimento nei confronti della persona “amata” ed è mossa dalla convinzione di avere il diritto di vietare o imporre specifici comportamenti al proprio partner. La persona dichiara di amare il partner, oggetto del proprio sentimento ma, in realtà ne condiziona la vita in modo negativo, limitandone la libertà e la spontaneità.

Si tratta di una forma di controllo pervasivo che si esprime attraverso divieti e obblighi espliciti, imposizione di orari, concessione o negazione del permesso di frequentare specifiche persone, controllo del denaro, delle telefonate, dei messaggi e degli ambienti frequentati.

L’idea sottostante è che il partner sia di proprietà, non una persona indipendente e libera di decidere di se stessa. Mi sembra evidente che esiste una radicale differenza dal provare disagio quando pensiamo che il nostro partner possa flirtare con un’altra persona, o che qualcuno faccia delle avance nei confronti della persona che amiamo. La fiducia, in questo caso, va riposta nel nostro partner, in quanto non possiamo pensarci isolati dal mondo, in modo che nessuno noti e abbia delle attenzioni verso la persona che amiamo. Se è umano voler costruire relazioni stabili e cercare di preservarle di fronte a possibili antagonisti, non è accettabile considerare una persona come una proprietà e imporle regole, obblighi, limitazioni e comportamenti. Se abbiamo a cuore una relazione, abbiamo un solo modo per renderla stabile, duratura e soddisfacente, ovvero mettere in atto i comportamenti associati alla parola amore. Attenzione, rispetto, complicità, solidarietà, empatia, seduzione, cooperazione e progettazione sono degli esempi. Sono da evitare disinteresse, disconnessione, violenza verbale, fisica o economica, possessività, invidia o egoismo. Anche in questo caso la lista è molto lunga.

Qual è il confine tra gelosia e possessività?

La gelosia è accettabile?

La gelosia “sana” è un sentimento moderato e rispettoso della libertà e dell’indipendenza altrui. È un sentimento che può essere anche il dimostratore di interesse e di desiderio, ma non limita mai l’autonomia decisionale del partner, né in modo esplicito, né attraverso l’induzione di sensi di colpa o il tentativo di dimostrare in modo insistente che alcuni comportamenti del partner non sono adeguati, dotati di senso o utili.

La gelosia non esprime possesso ma un proprio stato di disagio pensando che il partner possa allontanarsi. Questo disagio rimane e fa parte dell’impossibilità di pensare una persona al proprio fianco per sempre.

Gestire la gelosia e la possessività

Governare se stessi quando si manifesta la gelosia necessità di maturità umana e non di tecniche psicologiche. Le relazioni tra individui non sono date una volta per sempre, ma vanno coltivate ogni giorno. La “vostra donna” non è vostra, e il “vostro uomo” non è vostro! Lasciate libere le persone che vi sono care, perché è il solo modo di tenerle vicine a voi. Inevitabilmente, chi si sente in gabbia, prima o poi aspirerà a uscire.

Perché nasce la gelosia? Se la persona con la quale siete in coppia flirta con altre persone, la vostra gelosia è comprensibile, ma voi dovreste chiedervi se vi sentite tranquilli e siete soddisfatti di questa modalità del vostro partner.

Se il vostro partner, invece, ha un comportamento coerente con la vostra scelta di essere una coppia esclusiva, rimane connesso con voi e non si rivolge all’esterno alla ricerca di altre opportunità, la vostra gelosia ha probabilmente radici dentro di voi e nella vostra insicurezza. Se penso di valere poco o di non essere degno di un amore così gratificante, riverserò la mia insicurezza sul partner, accusandolo di rendermi insicuro e chiedendogli di rassicurarmi in continuazione. Dove sei, cosa fai, mi ami e quanto mi ami, servono a rassicurarmi e non hanno a che fare con l’amore.

La gelosia si cura aiutando la propria autostima e riconoscendo il proprio valore. Chi sa di valere si sente al sicuro e non in pericolo.  La coppia ha funzione di offrire opportunità di crescita individuali ai partner e alla coppia come entità. Se la coppia serve a colmare le proprie carenze, inevitabilmente le aspettative riposte nel partner diventano un fardello difficile da sopportare nel lungo periodo.

Egoismo sessuale

L’egoismo nei rapporti sessuali, può sembrare un concetto inappropriato, data la natura interpersonale e di ricerca condivisa del piacere tipica del sesso. In realtà, il piacere viene ricercato e sperimentato con, e attraverso l’altro, ma è un’esperienza intima individuale che può essere raggiunta solo con l’abbandono alle proprie sensazioni, distaccandosi dal mondo e concentrandosi su se stessi. Niente a che fare con l’egoismo in senso stretto che ricerca il proprio benessere a sfavore di quello altrui. Occuparsi in modo eccessivo, o esclusivo di procurare piacere al partner, significa dimenticare che il piacere erotico è un’esperienza soggettiva non comparabile a quella di altre persone e arricchita da significati personali unici. Egoismo nei rapporti sessuali significa aver chiaro che ciascuno ha il diritto di provare piacere sessuale e raggiungere l’orgasmo. Non si tratta, dunque, di un atteggiamento che esclude il piacere del partner sessuale, ma prende atto della necessità di mantenere il proprio piacere tra gli obiettivi prioritari. La rinuncia costante al proprio godimento, per qualsiasi ragione essa avvenga, rappresenta la rinuncia a un diritto inalienabile sancito nel documento “La salute sessuale per il terzo millennio” redatto dalla World Association for Sexual Health (WAS 2008). Se ammettiamo il diritto al benessere sessuale, il comportamento si orienterà spontaneamente verso la ricerca di piacere. È fondamentale chiedere al partner, se disattento o insensibile verso i nostri bisogni, che ponga attenzione a noi, nel modo in cui a noi piace,. Anche nei giochi di sottomissione e dominazione (BDSM) ciò che potrebbe apparire antitetico al piacere, è in realtà una modalità ricercata consapevolmente da quelle persone per provare piacere. Per la psichiatria si tratta di deviazioni patologiche dalla norma, o parafilie, ma quelle pratiche vengono agite da persone adulte, consenzienti e in un contesto di regole condivise che mirano a preservare il benessere psicofisico dei partecipanti. In quest’ottica, esistono confini precisi che non possono, e non devono mai essere valicati.

  • I rapporti sessuali possono avvenire solo tra persone consenzienti che lo desiderano nello stesso momento.
  • Le pratiche sessuali non possono coinvolgere mai minori, anche quando questi si dichiarano disponibili (nel caso di sesso tra minori, le regole sono quelle valide per gli adulti).
  • Deve essere rispettato sempre il diritto di ciascuno di ritirare la propria disponibilità, anche in un secondo momento.
  • Non può essere usata la propria autorità o posizione per indurre altri ad avere rapporti sessuali.
  • Non è possibile coinvolgere, anche solo nel significato di far assistere o osservare di nascosto, persone inconsapevoli nelle proprie pratiche sessuali.

Rimanendo all’interno dei confini sopra esposti, un rapporto sessuale è un atto di egoismo nel senso che l’individuo si mette al centro per ricercare piacere, anche quando questa ricerca viene agita insieme ad altre persone. Questo concetto risulta più semplice se lo immaginiamo riferito a un rapporto occasionale privo di coinvolgimento. Personalmente ritengo che anche nei rapporti sessuali tra persone che si amano, l’atto erotico attiva motivazioni antiche, legate alla sopravvivenza della specie, che spingono l’organismo verso propri obiettivi finalizzati, in ultima analisi, a lasciare traccia di sé dopo la morte.

Il tradimento

Il tradimento può essere inteso in modo diverso, anche se il significato più diffuso che le persone gli attribuiscono, e vivono come esperienza, è quello relativo al tradimento fisico. Anche in questa accezione, esistono pesi e misure diverse; il bacio è differente da un rapporto completo, come un singolo episodio differisce dalla reiterazione dei comportamenti. Quando intervengono dei sentimenti, il tradimento si trasforma e diventa un vero e proprio momento di possibile rottura, e anche un eventuale perdono non avrebbe senso.

Le ragioni che spingono a tradire sono così numerose e sfaccettate da rendere difficile e anche poco utile la loro classificazione. Alcune di queste sono già parte di questo libro, come quelle che riguardano la sessualità insoddisfacente, i rapporti di potere e con le famiglie di origine.

Il perdono del tradimento

Perdonare, nella sua radice etimologica, significa donare completamente senza condizioni. Il perdono è il massimo dono, il dono più grande. Il perdono è la cessazione del sentimento di risentimento nei confronti di un’altra persona; è quindi un gesto umanitario con cui, vincendo il rancore, si rinuncia a ogni forma di rivalsa, di punizione o di vendetta nei confronti di un offensore. Per estensione, ha il valore di indulgenza verso le debolezze o le difficoltà altrui, di commiserazione o di benevolenza.

Il perdono libera l’anima e cancella la paura. (Nelson Mandela)

Nel cristianesimo, perdono è anche la remissione dei peccati, l’assoluzione delle colpe che Dio accorda quando il peccatore pentito riconosce, confessa e abbandona il suo peccato (Wikipedia). Ho riportato anche la parte di definizione riferita al cristianesimo per focalizzare l’attenzione su pentimento, riconoscimento, confessione del tradimento e rinuncia a reiterare il comportamento. Il perdono coincide con la fine del risentimento verso un’altra persona. Spesso, peraltro, il perdono dovrebbe riguardare noi stessi quando, rimproverandoci di non essere adeguati, rivolgiamo al nostro interno rabbia e altri sentimenti distruttivi. La richiesta, fatta a noi stessi di essere perfetti, è indotta culturalmente e diventa nostra al punto tale da farcela vivere come regola che impedisce di riconoscere con indulgenza i nostri limiti.

Il perdono è la qualità del coraggioso, non del codardo. (Gandhi)

Perdonare un tradimento non implica riconciliarsi al punto di continuare una relazione come se nulla fosse accaduto. È possibile se, sostenuti dal sentimento, cercare insieme di comprendere le ragioni che hanno spinto a tradire. Serve molta consapevolezza e onestà per riconoscere che, se un partner si sentiva trascurato e lanciava dei messaggi, l’altro probabilmente si era distratto, o dava per scontata la sua presenza. In questo caso la responsabilità andrebbe condivisa, riconoscendo in modo onesto i propri errori o disattenzioni. Va considerato che tra le ragioni che spingono a tradire, ci sono anche spinte individuali prive di vere e proprie difficoltà della coppia. Motivazioni al tradimento sono la ricerca di piacere sessuale supplementare e difficilmente ottenibile con il/la partner, bisogno di riconoscimento attraverso la seduzione, esercizio del potere, ricerca di conferme sulla propria potenza sessuale o sulla propria capacità seduttiva.

Perdona sempre i tuoi nemici. Nulla li fa arrabbiare di più. (Oscar Wilde)

È importante riconoscere, inoltre, che l’amore può finire, a causa dei diversi percorsi che talvolta i compagni si trovano a seguire, a seguito dei cambiamenti che possono intercorrere in una persona e che sono incompatibili con il precedente modo di stare in coppia, oppure perché le basi di partenza non erano sufficientemente solide. Invito a non dare credito a ragioni esterne quali l’interferenza delle famiglie di origine o a problemi di lavoro ed economici. I problemi provenienti dall’esterno sono il pane quotidiano di una coppia solida e vengono affrontati insieme cercando soluzioni condivise. È il modo di comunicare, la condivisione dei valori fondamentali, il desiderio di trovare una soluzione accettabile da entrambi e la voglia di stare insieme, che permettono di affrontare le difficoltà.

Analizzando le ragioni di un tradimento, entrambi i partner hanno il dovere di riconoscere la propria parte di responsabilità di quanto successo. Sembrerebbe tutta colpa di chi ha tradito la fiducia, ma non è così. Chi è stato tradito potrebbe non aver prestato attenzione ai segnali lanciati dal/dalla partner nel corso del tempo. Non mi ascolti, non mi cerchi, non vuoi capirmi, non mi difendi quando i tuoi genitori mi attaccano, non mi sento apprezzato/a, non mi sento stimato/a stai sempre zitto/a. Messaggi di questo tipo, se trascurati, generano frustrazione, solitudine e dubbi sull’amore e, col tempo, il bisogno di riconoscimento e di vicinanza affettiva possono condurre fuori dalla coppia.

Soltanto chi è forte è capace di perdonare. Il debole non sa né perdonare né punire. (Gandhi)

In altri casi, può risultare più semplice, stimolante e gratificante cercare all’esterno della coppia senza passare attraverso il tentativo di ottenere soddisfazione dal/dalla partner abituale. Come intuibile e sperimentato da ciascuno nella propria vita, le situazioni che si possono generare sono molteplici. Il perdono, invece, è uno solo; si può perdonare oppure mantenere il rancore. La scelta riguarda la nostra vita, il nostro benessere, il nostro sentirci liberi di continuare l’esistenza lasciando andare la presa. Vendicarsi, avere ragione, punire, rinfacciare, odiare o altro di simile, non renderà la nostra vita futura migliore. Perdonare non implica necessariamente ricominciare con la stessa persona, lasciando perdere il passato. Il perdono libera innanzitutto noi stessi dai sentimenti negativi e ci spinge verso un nuovo inizio privo di lacci con il passato.

Errare è umano, perdonare è divino. (Alexander Pope)

Nel caso che la relazione continui, solo il perdono profondo consentirà il nuovo inizio, su basi più solide perché generate dal dialogo e dalla comprensione di quanto successo. Sarebbe totalmente privo di senso perdonare per poi far pagare il conto del torto subito. Perdono vuol dire sentirsi liberi dal risentimento ed è la sola condizione affinché un rapporto continui in modo appagante e sincero. L’amore pretende la libertà dai sentimenti negativi, ovvero incondizionato come quello che si sperimenta verso un figlio.  Privo di se e di ma. Ti amo, non perché mi prometti di non farlo più, ma perché mi sento sicuro del mio sentire e del mio comprendere le tue ragioni.

I figli iniziano amando i loro genitori, in seguito li giudicano. Raramente, se non mai, li perdonano. (Oscar Wilde)

Ritengo che i figli che riescono a perdonare ai genitori i presunti torti subiti, possono sperimentare la gioia e la tenerezza di essere insieme, non divisi e non contrapposti. La stessa cosa avviene dopo il perdono profondo di un tradimento.

Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono. (Karol Wojtyla)

Il lettore si chiederà come fare a perdonare. Scrivete su un foglio la storia del vostro amore tradito, esprimendo tutto il dolore, la rabbia, il senso di ingiustizia e qualche espressione del vostro peggior sentimento. Poi piegate il foglio, recatevi sulla riva di un fiume, salutatelo con dolcezza, stringetelo tra le mani per qualche istante e poi lasciatelo alle acque che lo condurranno al mare. Se arrivano le lacrime lasciatele scorrere insieme alle acque del fiume. Avrete fatto un buon funerale al tradimento, e potrete ripartire da dove deciderete di farlo.

Per concludere, meno nobile forse, ma in linea con l’argomento, Caterina Caselli, in una celebre canzone, sottolineando che il travaglio di chi ha tradito e chiede perdono è doloroso quanto, e forse più, di quello di chi è stato ferito cantava

Perdono, perdono, perdono io soffro più ancora di te! Diceva le cose che dici tu. Aveva gli stessi occhi che hai tu. Mi avevi abbandonata ed io mi son trovata a un tratto già abbracciata a lui.

Perdono, perdono, perdono il male l’ho fatto più a me! A volte, piangendo, non vedi più. Da come ha sorriso, sembravi tu. Di notte è molto strano, ma il fuoco di un cerino ti sembra il sole che non hai!

I Social Network

I social network sono diventati una parte integrante della nostra vita quotidiana. Ci connettiamo con amici e familiari, condividiamo momenti importanti e teniamo traccia delle nostre attività. Tuttavia, questi strumenti tecnologici hanno anche un impatto significativo sulla nostra vita amorosa, in particolare sulle relazioni di coppia. Mentre i social network possono fornire un modo per rimanere connessi con i nostri partner, possono anche creare distanza e conflitti. Ad esempio, la possibilità di vedere le attività online del proprio partner può portare a una maggiore gelosia e insicurezza. Inoltre, la tendenza a confrontare le proprie relazioni con quelle degli altri su piattaforme come Instagram e Facebook può creare aspettative irrealistiche e insoddisfazione.

I social possono anche rendere più facile per le persone tradire i propri partner. La possibilità di connettersi con ex o conoscenti passati può portare alla riscoperta di vecchi sentimenti o alla creazione di nuovi legami emotivi. Inoltre, l’anonimato delle chat online può rendere più facile per le persone nascondere le loro azioni e le loro intenzioni.

Infine, l’uso eccessivo dei social network può portare alla riduzione della comunicazione e dell’intimità. Le persone possono diventare così impegnate a controllare le proprie interazioni e interagire online che trascurano le esigenze del proprio partner nella vita reale.

Insoddisfazione e possibili rimedi

Col passare del tempo, l’attrazione sessuale diminuisce in modo naturale, e i partner devono trovare il modo di mantenere viva il desiderio. Il tempo non è il solo responsabile delle insoddisfazioni sessuali della coppia. Quando due persone si frequentano, possono inizialmente trascurare l’importanza del sesso per la loro soddisfazione complessiva. I gusti e le fantasie sessuali sono soggettivi, e non è scontato che siano compatibili o avvicinabili nel corso del tempo. I bisogni sessuali e il significato relazionale attribuito ai rapporti, quando vengono percepiti come eccessivamente diversi possono creare notevoli problemi e conflitti tra.

Le coppie hanno uno strumento di contrasto utile per ridurre l’insoddisfazione sessuale. Dovrebbero dirsi in modo chiaro come stanno le cose; cosa desiderano, cosa vorrebbero fare, cosa non gradiscono più e le fantasie che vorrebbero mettere in atto.

Insieme, dovrebbero affrontare, senza pregiudizi, quello che non va nella loro vita sessuale. Spesso, potrebbero scoprire che esistono questioni sottostanti che riguardano altri aspetti della relazione, che interferiscono con la sessualità. È comprensibile come un clima non sereno non costituisca il migliore contesto nel quale sentirsi stimolati e attratti dal partner.

Oltre al dialogo aperto, volto a trovare insieme il modo di ricostruire le condizioni necessarie per una vita sessuale soddisfacente, le coppie ricorrono sempre più spesso a rimedi esterni come ad esempio la pornografia.

Arricchire la vita sessuale

Cambiare la routine è il modo più semplice per riaccendere l’appetito sessuale. Le abitudini sessuali, come tutte le altre, sono infatti rassicuranti, ma meno stimolanti sul lungo periodo. Oltre a cambiare le abitudini sessuali della coppia, i partner cercano spesso rifugio all’esterno, aiutati recentemente, anche dai social network.

La coppia aperta e i suoi confini

Cosa si intende per coppia aperta? Generalmente la coppia è considerabile aperta quando i suoi confini sono permeabili, e soggetti esterni possono interagire indipendentemente con uno dei componenti, senza che l’altro abbia da ingelosirsi o risentirsi. Al contrario, la coppia aperta prevede che i partner si tengano reciprocamente a conoscenza delle uscite dai confini della coppia. Talvolta si parla di poliamore per sottolineare la natura, non solo sessuale, ma anche affettiva e relazionale di questo tipo di coppia. Quali interazioni sono ammesse tra un membro della coppia e un soggetto esterno, che non siano già contemplate dalle coppie convenzionali? Sicuramente i comportamenti sessuali promiscui, ma possono entrare in questa lista anche l’uso del tempo libero e il vivere intensi sentimenti reciproci. Proprio la presenza dei rapporti sessuali tra i comportamenti considerati liberi, rende la coppia aperta oggetto di prese di posizione dicotomiche. Molti la condannano (per ragioni morali o sostenendo che non può funzionare), mentre gli altri la adottano nella propria relazione o la approvano senza adottarla (non riuscendo ad accettarne le regole). Non si può essere una coppia aperta a giorni alterni, ma è necessario dialogare chiaramente e stabilire le regole che i partner si impegnano a seguire. È più semplice avere rapporti sessuali all’esterno dei confini della coppia, e raccontarli al marito / moglie, se non si provano sentimenti per la terza persona. La nascita di un legame affettivo, anche in forma embrionale, rappresenta una pericolosa minaccia alla sopravvivenza della coppia stessa. Questo modello di coppia mette a notevole prova anche i rapporti più solidi. La fiducia è considerata, anche in questo caso, un elemento essenziale. La coppia aperta esclude il rapporto sessuale dalla lista dei comportamenti proibiti, ma mantiene il tabù della bugia, esclude di provare sentimenti per una terza persona e l’uso con essa del tempo libero (ad es. per divertirsi). La coppia mantiene quindi confini ben definiti, ma li allarga. Potremmo ad esempio immaginare una scenata di gelosia perché, col terzo, ci si confida, e non perché si è avuto con lui un rapporto sessuale. Ogni coppia ovviamente definisce i confini a modo proprio, tenendo conto di quanto, di comune accordo, verrà considerato tradimento. Allo stesso modo in cui una coppia chiusa restringe la propria interazione col mondo esterno, divenendo simbiotica, così la coppia aperta consente interazioni dei suoi componenti col mondo esterno molto ampie. Le regole che consentono la stabilità della coppia, ad esempio il divieto di avere rapporti sessuali all’esterno dei propri confini, si sono evolute e si sono stabilizzate perché, come gli altri comportamenti e abitudini, hanno la capacità di garantire alla prole entrambi i genitori e, quindi, risorse necessarie alla sopravvivenza. In questa ottica, la coppia aperta sembrerebbe meno capace di mantenersi stabile nel tempo in quanto necessita di maggiori livelli di dialogo tra i partner, consapevolezza dei rischi e motivazione al mantenimento della coppia originale. Per contro, riduce la noia, aumenta il livello di soddisfazione sessuale nel tempo e maggiore interazione della coppia col mondo esterno.

Pornografia e vita sessuale

L’uso abituale di contenuti pornografici può avere un impatto negativo sulla qualità della sessualità della coppia. I consumatori abituali di pornografia possono sperimentare una diminuzione dell’intimità, della soddisfazione sessuale e della connessione emotiva con il proprio partner. Alcune coppie dichiarano che guardare contenuti pornografici insieme aumenta la loro intimità e la connessione sessuale. È importante che le coppie comunichino apertamente sulle loro preferenze e limiti riguardo l’uso della pornografia all’interno della loro vita sessuale.

La pornografia innalza le aspettative rispetto alla vita sessuale della coppia, rendendole spesso difficilmente compatibili con la vita quotidiana. Quello che viene messo in scena nei film pornografici è, per gli attori e le attrici, un lavoro volto a produrre eccitazione in chi li guarda. Prestazioni sessuali che non hanno nulla a che fare con un ambiente relazionale emotivamente coinvolgente e inserito nel contesto di un rapporto che deve tenere conto di molte variabili in gioco. Ad esempio, nessun porno attore è stanco, tutte le porno attrici sono estremamente motivate ed eccitanti e nessuno sa quali siano gli stati d’animo di chi è in scena. L’importante è recitare quello che i fruitori dei contenuti pornografici si eccitino e possibilmente acquistino contenuti a pagamento.

Se il termine di paragone è quello che viene rappresentato sullo schermo, non è difficile aspettarsi lo sviluppo di ansia da prestazione, senso di inadeguatezza e la sensazione di non riuscire a reggere il confronto.

Queste considerazioni suggeriscono di limitare l’uso della pornografia, usandoli, se d’accordo entrambi, per alimentare talvolta delle nuove fantasie.

Lo scambio di coppia

Molte coppie dichiarano che frequentare altre coppie con lo scopo di scambiarsi il partner o la partner, sia un modo efficace per rinnovare la vivacità sessuale della coppia. Oltre al momento in cui si pratica sesso con altre persone, questa pratica alimenta le fantasie anche successivamente, rinnovando il desiderio.

Questa pratica ha dei possibili risvolti emotivi che la coppia deve saper affrontare in modo esplicito, per non correre il rischio di creare gelosie e insoddisfazioni. Inoltre, è necessario un continuo allineamento dei partner per rinnovare chiaramente l’interesse per questa pratica.

Diretto e frettoloso

Il modo con il quale alcuni uomini esprimono la volontà di avere un rapporto sessuale viene talvolta percepito come eccessivamente diretto, poco romantico o rude. Anche la frettolosità con la quale alcuni uomini vivono i rapporti rappresenta, talvolta, un problema per le partner, le quali, spesso, prediligono inserire il sesso in una cornice più ampia. Ad esempio, arrivare ad avere un rapporto sessuale alla fine di una serata trascorsa piacevolmente, risulta apprezzato. Al contrario, in un momento di poca interazione, approcciare la partner in modo diretto ed esplicito, non risulta essere sempre una modalità gradita. La fretta con cui alcune persone cercano la penetrazione in modo diretto subito dopo i primissimi approcci, può trovare la donna ancora poco eccitata, e questo non è particolarmente gradito.

Quanto detto, potrebbe essere differente per le coppie omosessuali, fatto salvo il fatto che non esistono regole valide per tutti e per tutte. L’approccio mentale e la reazione sessuale maschile e femminile sono differenti. Questo può comportare che due uomini che vogliano avere tra loro un rapporto sessuale, possano essere più diretti e pronti di quanto possa accadere nel caso di due donne. Essendo però simili tra loro, la conoscenza dell’altro/a consente una maggiore conoscenza e comprensione delle dinamiche del partner o della partner.

Non ti accorgi di me

Se il nostro partner non ci “vedesse”, i sentimenti che proveremmo sarebbero frustrazione, rabbia, delusione, e ci faremmo l’idea che non stiamo facendo abbastanza per renderci amabili. Cercheremmo la causa dentro di noi e così, ai sentimenti negativi già presenti, sommeremmo il senso di colpa. Percepire il desiderio nello sguardo, nelle parole e nei piccoli gesti quotidiani da parte del nostro partner, ci comunica che la relazione è viva, che significhiamo qualcosa di importante per la persona che abbiamo al nostro fianco.

Quando dovessimo avere la sensazione che quello che siamo, pensiamo, diciamo e facciamo sembri importare poco al partner, è arrivato il momento di alzare la mano e far presente che la disattenzione nei nostri confronti ci sta creando dei sentimenti negativi. Non dobbiamo aver alcun timore; la relazione di coppia ha come presupposto la reciproca attenzione e considerazione. Se pensate che non sia il caso di rivendicare un posto nello spazio mentale del vostro compagno o compagna, potrebbe essere utile domandarsi quali siano le ragioni che giustificano l’esistenza della coppia. Quale ragione può essere più importante delle attenzioni riservateci dalla persona che abbiamo scelto? Se la risposta fosse che avete paura della solitudine, sappiate che la vostra è una solitudine che vi tiene anche prigionieri. Se invece, aveste bisogno di sicurezza, vi suggerisco di chiedervi che sicurezza è in grado di offrire una persona che non vi considera. Se aveste bisogno di sentirvi amati/e, non è forse lo sguardo attento nei vostri confronti, uno dei principali segnali della presenza di amore? Dunque, se non venite ritenuti/e meritevoli di uno sguardo amorevole e premuroso, potrebbe valere la pena di far notare queste disattenzioni e, se le vostre rimostranze non dovessero condurre a concreti cambiamenti, potrebbe essere opportuno rivisitare e ridiscutere l’intera relazione.

Vita sessuale dopo la nascita dei figli

Mantenere viva la sessualità dopo la nascita di un figlio è uno dei temi che molte coppie si trovano ad affrontare e che può generare sentimenti negativi che si ripercuotono su tutta la relazione. In occasione della nascita di un figlio, infatti, tutte le energie sembrano venire assorbite dai compiti di cura e dal cambio di ritmo cui la coppia viene sottoposta. Le attenzioni, il tempo dedicato dai partner alla loro relazione e all’intimità, i piccoli gesti, le uscite serali e molto di quello che aveva caratterizzato il rapporto fino a quel momento, in alcuni casi viene meno in modo così evidente da generare malcontento in uno dei due partner. In particolare, ho sentito spesso lamentele dei padri in questo senso, ma non escluderei che la nascita di un figlio possa produrre anche dei malcontenti femminili.

Quando nasce un bambino non muore la coppia. Quando prende vita una famiglia, la coppia rimane come nucleo da cui tutto ha avuto inizio. Le responsabilità verso una nuova persona possono togliere energie e risorse, tuttavia, è condizione necessaria per il benessere della prole che la coppia originaria continui a trarre piacere dalla propria stessa esistenza e non solo dalla gioia che un figlio porta nella casa.

La dedizione ai bisogni di un bambino non sono in alternativa alla necessità che i due partner continuino a riconoscersi. Al contrario, più la coppia continua a darsi attenzioni, più le energie disponibili per il nuovo arrivato si rendono disponibili.

Dedicarsi in modo pieno ai figli, significa dare massima attenzione ai loro bisogni, fisici ed emotivi e, per fare questo, la coppia deve rimanere armonica e cooperativa, stanca fisicamente ma felice nell’animo.

La vita sessuale della coppia viene modificata sin dalla gravidanza in modi che variano sensibilmente. Le condizioni fisiche ed emotive della donna, in questa fase, sono fattori che determinano il permanere e la qualità della vita sessuale. Per l’uomo, accettare riduzioni o l’assenza di rapporti sessuali in questo periodo è comprensibile, accettabile e, talvolta, essi stessi faticano a sentirsi attratti dalla compagna incinta. Può capitare che siano le donne a lamentarsi delle scarse attenzioni che vengono loro dedicate in questo periodo. La relazione, però, prosegue serena grazie al progetto famiglia che si sta concretizzandosi. Le esigenze della donna che porta in grembo la prole, la sua salute e la salvaguardia del feto sono al centro, e non generano solitamente malumori se il sesso viene lasciato in secondo piano.

Anche il periodo che segue la nascita, con il suo carico di entusiasmo e di ansie che si alternano, non produce malumori se la coppia si perde di vista per spostare tutte le attenzioni sulla nuova presenza.

Col passare del tempo, la presenza di un figlio può assumere valenza e priorità differenti nei due partner. Quando, con lo stabilizzarsi della vita a tre, emerge in uno dei genitori la necessità di ritrovare una vita di coppia, l’altro non sempre si trova a vivere le stesse necessità. Al contrario, i bisogni del bambino, la fatica fisica e psicologica, e una visione della famiglia che mette in secondo piano la coppia, portano a sottovalutare e trascurare il punto di partenza del progetto, ovvero noi due.

In questi casi non è solo il sesso a pagare il conto, ma tutti quei momenti insieme che avevano caratterizzato la prima parte della relazione: le passeggiate mano nella mano, le cenette, il cinema, gli amici senza figli e la sessualità. Il solco tra prima e dopo i figli può generare sentimenti negativi che vengono compensati dalla presenza della prole. Figli e coppia non sono in alternativa, e possono trovare entrambi spazio, seppur in modo diverso da prima. Talvolta, la fatica stessa impone dei limiti, in altri casi qualcuno sembra dimenticare che tutto è nato dall’incontro di due persone che giocavano, si divertivano e facevano l’amore, e che grazie a tutto ciò è stata possibile la creazione di una famiglia.

Come mantenere viva la sessualità dopo la nascita di un figlio?

  • Chi dei partner vive la carenza di sesso deve affrontare la questione con dolcezza ma in modo chiaro. Tacere, covare risentimento o arrabbiarsi non aiuta.
  • Collaborare alla vita domestica per suddividere le fatiche e ridurre la sensazione di venire sopraffatti dalle cose pratiche:
  • Farsi aiutare da nonni e baby sitter per ritagliare del tempo da dedicare alla coppia. Utilizzare questo tempo per fare quello che vi aveva resi felici prima della nascita dei figli.
  • Imponetevi di trovare questi tempi per voi, tenendo ben presente la loro importanza per generare nuove energie anche per la cura dei figli.

Sesso e piacere, in generale, saranno una conseguenza di questi comportamenti. Quanto detto, infatti, permette alla coppia di continuare a essere un luogo sicuro e gratificante, e in questo modo previene il crescere di condizioni di sofferenza che possono sfociare nei litigi, nei tradimenti e di conseguenza generare sofferenze atroci nei figli, gli stessi figli per i quali era stata messa in secondo piano la coppia.

L’ansia da prestazione sessuale

L’ansia, quando si parla di sessualità, è un argomento che merita un paragrafo a parte per le implicazioni che può avere sulla relazione, oltre che sulla vita sessuale.

L’ansia da prestazione, in forma più o meno fastidiosa, l’abbiamo sperimentata tutti. Basti pensare alle interrogazioni a scuola e a come dover essere capaci di una buona performance in quel momento, di fronte a quelle persone, faceva sorgere in noi sensazioni sgradevoli e difficili da gestire. In questa sede, mi riferirò all’ansia generata dall’idea di avere un rapporto sessuale, in particolare la paura di non essere all’altezza delle aspettative del partner, ricordando che si tratta dello stesso meccanismo che ci procurava mal di pancia, batticuore e sudori freddi al momento di uscire dal banco per una verifica. L’ansia è uno stato della mente, caratterizzato da preoccupazione o paura, la cui origine può venire riscontrata in un evento esterno all’individuo, o interno a esso (pensieri, immagini, ricordi ecc.). La paura è un’emozione presente nei bambini appena nati e ha la funzione di allertare l’organismo in presenza di un pericolo. La paura produce l’attivazione di alcune funzioni dell’organismo, la modificazione di altre e lo spegnimento di altre ancora.

L’evoluzione della paura ha consentito all’uomo di sopravvivere in presenza di predatori e di minacce naturali. Preparare l’organismo alla lotta o alla fuga, disattivando temporaneamente i comportamenti sessuali o sociali, permette una reazione pronta che aumenta la probabilità di sopravvivenza. Quindi, in presenza di una minaccia, accelerare i battiti cardiaci per aumentare il flusso di sangue, spostare il flusso dallo stomaco, dall’intestino o dagli organi genitali ai muscoli delle gambe o al sistema di vigilanza, consente di essere pronti alle azioni necessarie alla sopravvivenza. L’ansia si genera quando si teme la presenza di un pericolo, anticipandone la manifestazione. È un preallarme che si può attivare sia in presenza di un pericolo reale, ma anche a seguito del pensiero che il pericolo possa esistere. La mente può quindi immaginare un pericolo che non esiste e mantenere lo stato di allarme acceso inutilmente. Questo stato di allarme dell’organismo è, per molte persone, un vero problema, perché si accende a causa di pensieri che prefigurano pericoli la cui probabilità di manifestarsi è davvero bassa. Nella nostra società, infatti, molti pericoli non sono più reali, e altri sono comparsi nel tempo. Non vivendo nella savana, ma nelle moderne città, ad esempio, il pericolo di essere attaccati da un leone è stato sostituito dalla paura di essere investiti dalle automobili. La probabilità che questo accada è bassa in quanto esistono regole condivise per la guida e gli attraversamenti che riducono la reale minaccia. Eppure, la vita in città rappresenta per molti una fonte di tensione che va ben al di là del pericolo reale. Ecco qui un punto importante. L’ansia deriva da una visione soggettiva della realtà. Inoltre, elementi della cultura come le aspettative sociali, la credibilità pubblica, le usanze di una comunità, hanno prodotto via via nuovi vincoli da tenere presenti e rischi per chi non li rispetta come lo stigma sociale, la svalutazione, l’emarginazione e, internamente alla psiche, la vergogna e l’autocolpevolizzazione. Si tratta, in questo caso, di pericoli legati alla vita sociale e non alla sopravvivenza. In chiave evoluzionistica, le disfunzioni sessuali risultano inadatte alla riproduzione e, quindi, un pericolo per l’individuo, che ha meno probabilità di avere figli. La paura di andare incontro a un episodio di impotenza è, per l’uomo, un pericolo sia per la minore probabilità di riprodursi, sia per le conseguenze relazionali dell’eventuale cronicizzazione del problema. Un episodio può essere frutto delle circostanze, quali stanchezza, caratteristiche del partner o della relazione, uso di sostanze, ma molti soggetti si spaventano e, successivamente, creano essi stessi le condizioni per il ripresentarsi dell’impotenza. Così inizia il circolo vizioso dell’ansia da prestazione sessuale. Il primo episodio diventa la fonte di preoccupazione per il futuro. Quando nella mente si prefigura la possibilità di un rapporto sessuale, si palesano i fantasmi del fallimento, i quali agiscono in modo opposto all’eccitazione necessaria per avere l’erezione. Il timore dell’evento attiva il sistema di allarme che, nel nostro organismo, è incompatibile con l’eccitazione. Se scatta l’allarme, l’eccitazione sessuale si spegne. Il rilassamento e l’abbandono alla situazione desiderata sono i presupposti che consentono l’erezione. Combattere con il pene eretto sottrarrebbe risorse per la sopravvivenza, e l’organismo si è evoluto per dirottare tutte le risorse verso i distretti corporei che si attivano nella lotta e nella fuga. Il circolo vizioso nasce con un primo episodio e si alimenta di pensieri che producono le condizioni perfette per il fallimento. Interrompere il circolo è l’obiettivo della terapia. Questo può essere ottenuto accompagnando la persona ad affrontare in modo progressivo le prove che lo spaventano. La focalizzazione sulla ricerca del piacere, anziché sulla prestazione e sul monitoraggio dell’erezione, è il primo passo verso il rilassamento necessario. La ricerca di esperienze sessuali senza pretendere di raggiungere l’orgasmo e senza penetrazione, consentono inizialmente di ritrovare fiducia nella possibilità di uscire dal tunnel. Dopo esperienze di piacere sempre più ricche, verrà consentito ai partner di sperimentare nuovamente la penetrazione. È necessario arrivare a questo passo al momento giusto, ed evitare un approccio prematuro alla penetrazione. La fretta, infatti, è un pericoloso nemico, uno dei tanti fantasmi che minano l’erezione e la fiducia, ma allo stesso tempo, è importante non prolungare troppo l’attesa. Parallelamente, può essere opportuno valutare col partner se esistano tra loro atteggiamenti che possono accentuare l’ansia complessiva dell’uomo e, infine, riflettere se sia opportuno cambiare insieme, atteggiamenti e comportamenti.

Donne e stereotipi di genere

Il senso di inadeguatezza è un’emozione comune che può appartenere a chiunque, uomini e donne. Tuttavia, per le donne, può essere particolarmente difficile da superare a causa degli stereotipi culturali legati al genere, che spesso le riguardano e ne limitano il libero agire. Gli stereotipi legati al genere esistono anche per gli uomini, ma quello che risalta è il ruolo subalterno cui le donne vengono relegate dagli stereotipi.

Offrire strumenti pratici per liberarsi dal giogo degli stereotipi è auspicabile, ma non semplice, sia per chi li propone, che per chi li deve mettere in pratica. Infatti, i comportamenti influenzati dagli stereotipi vengono appresi a partire dai primi giorni di vita e diventano la norma da seguire e da considerare giusta. Dunque, è una cultura millenaria che viene trasmessa di generazione in generazione è le donne faticano a considerare ingiusta e da modificare. Ciò che serve è un profondo processo di evoluzione culturale. Nel frattempo, ogni donna ha il compito di mettere in discussione tutto quello che ritiene essere la verità del suo ruolo sociale. Così, potrà trasformare la sua visione di quelli che sono i suoi diritti, i suoi doveri e le sue responsabilità, per riuscire a immaginare una vita determinata da se stessa e non dalle consuetudini sociali.

Evitate di sottolineare i vostri difetti e i vostri fallimenti per concentrarvi sugli aspetti positivi della vostra persona e delle vostre esperienze. Ad esempio, invece di pensare “Non sono abbastanza brava“, provare a pensare “Ho fatto del mio meglio“.

Cercate il sostegno di amici e familiari, parlate con persone fidate e positive che possano offrire supporto e incoraggiamento. Potreste trovare chi avvalora gli stereotipi che vorreste rimuovere. Allontanatevi o lasciate perdere, si tratta di persone intrise più di voi della cultura che vorreste cambiare. Anche la scelta delle persone cui dare fiducia è un aspetto da tenere presente, per evitare di sentirvi ancora più frustrate.

Imparate nuove abilità e sfidate le vostre paure per rafforzare l’autostima e dimostrare a voi stesse che siete capaci di affrontare le difficoltà che si incontrano nelle nuove sfide.

Sperimentate nuove attività o hobby per aiutarvi a scoprire nuove passioni e interessi che possano aumentare la soddisfazione personale e l’autostima.

Chiedete aiuto professionale se il senso di inadeguatezza sta interferendo con la vita quotidiana. La psicoterapia serve per comprendere meglio le ragioni profonde del disagio, identificare le credenze che influenzano il comportamento fino a farvi soffrire e fare insieme ipotesi percorribili di cambiamento.

Sesso e stereotipi di genere

Il sesso, come gli altri ambiti della vita, è esposto all’influenza degli stereotipi di genere. Quelli che riguardano le donne e la sessualità sono ancora presenti nella società moderna, nonostante gli sforzi per eliminarli. Questi stereotipi possono avere effetti negativi sulla vita delle donne, limitando la loro libertà sessuale e perpetuando l’idea che le donne debbano essere oggetti sessuali al servizio degli uomini.

Uno dei più comuni stereotipi di genere riguardanti le donne e la sessualità è l’idea che le donne debbano essere sessualmente passive. Questo stereotipo vuole che le donne debbano aspettare che gli uomini le corteggino e le “conquistino”, invece di prendere iniziative e manifestare il proprio desiderio sessuale. Questo stereotipo può portare le donne a sentirsi inadeguate o insicure riguardo alla propria sessualità, e può impedire loro di esprimere liberamente il proprio desiderio. Le nuove generazioni, in Italia, stanno evolvendo da questo punto di vista. Le giovani donne. infatti, prendono più facilmente l’iniziativa, sia nella conoscenza di nuovi partner, sia nel proporre di avere rapporti sessuali senza sentirsi inadeguate. Il romanticismo, spesso invocato come aspetto gradevole della relazione uomo-donna, non viene messo in discussione da questi cambiamenti sociali. L’obiettivo è quello di rimuovere le rigidità che impongono agli uomini di prendere sempre l’iniziativa e di avere prestazioni soddisfacenti, e le donne dal loro ruolo passivo e dipendente da iniziative altrui.

Un altro stereotipo di genere riguardante le donne e la sessualità è l’idea che le donne debbano essere sessualmente disponibili. Questo stereotipo si manifesta spesso attraverso la cosiddetta “cultura dello stupro”, in cui le donne vengono considerate come oggetti sessuali che gli uomini possono usare a loro piacimento. Questo stereotipo porta le donne a sentirsi minacciate o oggetto di molestie sessuali, e può anche rendere difficile per loro rifiutare le avances sessuali indesiderate.

E ancora, le donne devono essere sessualmente inesperte, da cui il vecchio mito della vergine. o della donna che non ha avuto molte esperienze sessuali precedenti il matrimonio o dell’instaurarsi di una relazione monogama. Questo stereotipo può portare le donne a sentirsi giudicate o emarginate se hanno avuto molte esperienze sessuali, e può impedire loro di esplorare liberamente la propria sessualità.

Infine, le donne devono essere sessualmente attraenti, sempre perfettamente curate e presentabili, e la loro sessualità deve essere espressa in modo seducente. Le donne possono così sentirsi inadeguate se non corrispondono a determinati standard estetici, e può anche impedire loro di esprimere liberamente il proprio desiderio sessuale, se non si sentono sufficientemente attraenti.

È importante che gli uomini sostengano e si alleino con le donne che lottano per la loro libertà sessuale e il loro diritto di esprimere liberamente il proprio desiderio sessuale. Purtroppo, sono in molti casi le donne stesse a perpetrare gli stereotipi di genere, compresi quelli che riguardano la sessualità, a dimostrazione di quanto essi siano stati introiettati in modo profondo nelle coscienze.

TORNA IN ALTO

Parte quarta

LE FAMIGLIE DI ORIGINE

E ora che mia suocera qui giace, lei non lo so, ma io riposo in pace.

Suocera e nuora nella stessa casa sono come due mule selvatiche nella stessa stalla.

Suocera e nuora nella stessa casa sono come due mule selvatiche nella stessa stalla.

 

Rispetto reciproco

Il primo passo per gestire il rapporto con le famiglie di origine è chiarire l’importanza del rispetto reciproco. Ognuno dei partner ha una propria famiglia, un proprio background culturale e un proprio sistema di valori. Ciò può significare che ci sono differenze nelle aspettative, nelle abitudini e nei comportamenti che possono causare conflitti. Tuttavia, il rispetto reciproco è essenziale per evitare che queste differenze si trasformino in conflitti distruttivi.

In questo contesto, è importante ricordare che ogni partner ha diritto alla propria privacy e alla propria indipendenza. Ciò significa che le decisioni personali, comprese quelle relative alla famiglia di origine, dovrebbero essere rispettate. Ad esempio, se uno dei partner non vuole condividere determinate informazioni con i propri genitori o con i suoceri, questa scelta dovrebbe venire rispettata.

Comunicazione esplicita

La comunicazione è fondamentale per gestire il rapporto con le famiglie di origine. Una comunicazione aperta e onesta tra i partner può aiutare a prevenire conflitti e a creare un ambiente di comprensione e rispetto reciproco. Ciò comporta che i partner dovrebbero essere disposti a discutere apertamente delle proprie preoccupazioni, delle proprie aspettative e dei propri desideri in merito alle famiglie di origine.

È importante anche fare in modo che la comunicazione sia bidirezionale, ovvero che i partner ascoltino le opinioni e le preoccupazioni dell’altro, senza giudicare o criticare. Questo può aiutare a creare un ambiente di comprensione e di supporto reciproco.

Limitare l’influenza della famiglia di origine

In alcune situazioni, la famiglia di origine può esercitare un’eccessiva influenza sulla coppia. Ad esempio, i genitori potrebbero interferire nelle decisioni personali o nei problemi dei rispettivi figli. In questi casi, può essere necessario limitare l’influenza delle famiglie, per mantenere la propria autonomia.

Una delle strategie per limitare l’influenza delle famiglie è quella di stabilire dei confini chiari. Ciò significa che i partner dovrebbero concordare su quali informazioni o decisioni non possono essere condivise con la famiglia di provenienza. Inoltre, i partner dovrebbero essere in grado di difendere questi confini anche in presenza delle famiglie, nelle occasioni di incontro.

L’equilibrio tra le famiglie di origine

In alcuni casi, può esserci un disequilibrio tra le famiglie dei due partner. Ad esempio, uno dei partner potrebbe trascorrere più tempo con la propria famiglia rispetto all’altro. In queste situazioni, è importante cercare di trovare e mantenere un equilibrio tra le famiglie.

I partner dovrebbero concordare su quanto tempo vogliono dedicare ai propri genitori e provare a mantenere un equilibrio tra di loro. Inoltre, i partner dovrebbero evitare ogni confronto tra le famiglie o creare inutili tensioni.

Se i suoceri entrano nel giardino di casa

Le famiglie di origine, come detto, rappresentano spesso, oltre che una grande risorsa, anche un motivo di discussione e di conflitto. Il partner lo possiamo scegliere mentre i suoceri fanno parte della dote e vanno accettati così come sono. Una delle ragioni più diffuse che produce discussioni in famiglia, è l’ingerenza che questi hanno in questioni interne alla coppia come l’educazione dei figli, ma i conflitti nascono anche in merito al mantenimento di rapporti più o meno stretti con le rispettive famiglie.

Ogni partner porta con sé abitudini e riti consolidati nel corso di tanti anni vissuti in casa con i genitori, e queste abitudini sono spesso difficili da abbandonare, per costruirne di nuove insieme. Il pranzo della domenica a casa dei genitori può trasformarsi da piacere occasionale, in un obbligo al quale non ci si sente liberi di sottrarsi, e che col tempo diventa difficile da accettare. Un momento conviviale può essere vissuto come un’imposizione, ma la coppia non può essere il luogo delle costrizioni; piuttosto, la coppia è il luogo in cui sentirsi liberi, accolti, compresi nei propri bisogni e accettati per quello che si è. Quando le famiglie di origine cedono alla tentazione di commentare e giudicare il modo nel quale vengono educati i nipoti, ciò viene vissuta in modo non sempre sereno dai generi e dalle nuore. Quando a criticare sono i propri genitori possono riattivarsi vecchie dinamiche che, pur dando fastidio, hanno però modalità di superamento delle tensioni che sono state sperimentate nel corso degli anni trascorsi in casa. Per generi e nuore, al contrario, i suoceri rimangono persone estranee dalle quali è difficile accettare critiche al proprio comportamento. Quando si forma una coppia e si arriva a fantasticare sull’idea di avere dei figli, i futuri genitori parlano e costruiscono un loro modo di immaginarsi genitori e di evitare gli errori di cui si ritiene di essere stati vittime. I genitori sanno quanto sia difficile comportarsi con i figli in modo coerente con i propri intenti iniziali. I figli sono persone sin dal primo momento, e reagiscono quasi sempre in modo diverso da quanto si è immaginato, costringendo i genitori a fare scelte non previste, piuttosto che mettere in atto le buone pratiche di educazione lette sui libri. I suoceri che si mettono sul piedistallo del buon educatore che sanno e dicono cosa si dovrebbe fare, sono poco digeribili e devono essere contenuti e lasciati fuori dal giardino familiare, quando i loro interventi sono critici e destabilizzanti per l’equilibrio della coppia e della famiglia.

Da figli a genitori

Quando si sceglie di legarsi a una persona e di costituire una propria famiglia, è di fondamentale importanza abbandonare il ruolo di figlio, per assumere quello di persona adulta. L’adulto ascolta le opinioni ma decide in piena autonomia. Se le opinioni diventano critiche e non ci si percepisce adulti, il senso di colpa bussa alla porta, ricordandoci che dovremmo ascoltare e ubbidire a mamma e papà. Il conflitto origina spesso dalla lamentela espressa come un eccessivo legame del partner alla propria famiglia e l’incapacità di prendere decisioni autonome dal giudizio dei genitori. Risulta difficile definire come debba essere un legame giusto con la propria famiglia, o stabilire quando si tratti di un consiglio e quando invece siamo in presenza di un vincolo cui non si riesce a sottrarre. Il dialogo e la ricerca di una mediazione è naturalmente la via privilegiata ma, talvolta, risulta difficile prendere posizioni che sembrano distanziare i propri genitori, a favore del partner.

La mia opinione è che ciascuno debba saper mettere un argine alla propria famiglia di provenienza, qualora provochi disagio alla propria relazione, attribuendo alla coppia il diritto di decidere su se stessa e sui propri figli. Non sempre questo confine viene accettato e vissuto in modo sereno ma, con gentilezza ferma e risoluta, la coppia dovrebbe trovare e mantenere il proprio equilibrio come risultato di discussioni, confronti, ragionamenti e aggiustamenti al proprio interno. Talvolta, mi capita di sentir dire che il proprio lui o la propria lei è rimasto figlio e non è mai diventato compagno, fidanzato, marito. Questa frase esprime da sola la sensazione di essere messo in secondo piano rispetto alla famiglia del partner e di non essere l’interlocutore privilegiato con il quale confrontarsi per confidarsi e prendere decisioni. Questa condizione produce un disagio che può, col tempo, generare conflitto e senso di esclusione. La coppia, in questi casi, sembra non essere mai decollata come nucleo autonomo.

Il dialogo come antidoto

Gli incontri di coppia con un professionista che sappia comprendere e dare voce alle insoddisfazioni dei partner, è un ottimo strumento per sensibilizzare e cercare un punto di incontro, ma non sempre entrambi ritengono questa soluzione percorribile. Rimane quindi il dialogo tra le mura domestiche, per affrontare il rapporto con i suoceri. L’obiettivo è esprimere in modo assertivo il proprio disagio e le ragioni che, a proprio avviso, lo stanno generando, prima che si trasformi in rabbia e risentimento. Il dialogo, peraltro, è utile per tutti i problemi relazionali. Nel caso dei rapporti con le famiglie di provenienza, è necessario far sentire al proprio partner, il fastidio che si prova a causa della marginalità nella quale ci si sente relegati. Chi sente ancora forte il giudizio dei genitori, la forza delle loro richieste e la centralità delle loro opinioni, farà certamente fatica. Se avesse voluto o potuto allentare il vincolo con la propria famiglia di origine, lo avrebbe già fatto, indipendentemente dall’avere creato una propria realtà familiare. L’adolescenza dovrebbe costituire lo spartiacque tra la condizione di figlio e quella di uomo. La presa di distanza dal modo di essere dei genitori, lenta e progressiva, dovrebbe preparare quella autonomia indispensabile per definirsi individui. Quando l’esito di questo processo è positivo, il ragazzo e la ragazza, divenuti adulti autonomi, possono costruire una nuova coppia, al riparo dalle opinioni e dalle invadenze dei rispettivi genitori. Per questi ultimi, i figli che si allontanano sono al contempo una perdita e una naturale evoluzione del ruolo genitoriale. La nuova modalità di essere genitori dovrà necessariamente assumere la forma di osservatori dei figli, senza poter intervenire per proteggere, consigliare, dirigere e indirizzare la loro vita. O meglio, saranno i figli a chiedere ancora supporto, ma è intuibile la differenza tra chiedere un aiuto o un consiglio, e vederseli imposti. Quando questo nuovo modo di stare in relazione tra genitori e figli divenuti adulti non si realizza, le interferenze con la coppia sono inevitabili. Dunque, il dialogo deve consentire al partner ancora molto legato ai propri genitori, di prendere consapevolezza delle conseguenze che si stanno manifestando nella coppia, per portare a compimento quel processo iniziato nell’adolescenza e non ancora concluso. Probabilmente, le figure genitoriali non esauriscono mai la loro influenza sui figli. Il giudizio rimane sempre sospeso sopra la testa, e si manifesta come una vocina interiore che ricorda i vecchi insegnamenti e le vecchie regole. L’adulto sa riconoscere la vocina interiore e la distingue dalle proprie opinioni, attribuendole il significato che le compete, ovvero, “l’educazione ricevuta” che è diverso da quello di obbligo morale.

Un giudice sempre presente

Il giudizio dei genitori, insieme ai vincoli culturali, la vocina di cui sopra, dice cosa sarebbe giusto e sbagliato fare. Quanto ci è stato insegnato da bambini è cercare all’esterno la conferma che ci stiamo comportando in modo adeguato. Il bambino non ha alcuna autonomia decisionale per un lungo periodo della vita, e viene spinto a cercare conferme esterne piuttosto che dentro di sé. Genitori, nonni, insegnanti e regole sociali spingono a guardare fuori per sapere se siamo nel giusto. Lentamente, viene concessa l’assunzione di decisioni autonome, ma non sempre viene concesso di sbagliare le scelte e gli errori vengono fatti pesare, con conseguente vissuto di colpa.

Da adulti, non siamo sempre consapevoli del fatto che molte delle nostre decisioni le prendiamo tenendo conto di come avrebbero pensato mamma e papà. Non tenere conto di queste opinioni produce malessere, e può apparire più semplice ascoltare la voce interiore, piuttosto che opporvisi, gestendo le emozioni negative che possono emergere. Un obbligo morale costruito giorno dopo giorno con l’intenzione di aiutarci, ma anche di controllare il nostro comportamento. I genitori che promuovono l’autonomia e non cercano di indurre senso di colpa nei figli, con piccoli e grandi ricatti morali, non sono molti. Per non scontentare i genitori si va a pranzo da loro la domenica, dando per scontato che l’obbligo sia esteso anche al nostro partner.

Non ti dispiace, vero, se andiamo a pranzo dai miei? Ci tengono tanto.

Quello che può essere un comportamento saltuario, e talvolta piacevole, diventa un vincolo che, domenica dopo domenica, si trasforma in una gabbia.

Non solo suocere

La parola suocera evoca in molti l’immagine di invadenza nella vita di coppia. In realtà bisogna parlare di suoceri, perché i genitori maschi non sono da meno quando si tratta di valicare i confini delle coppie. Sin dal momento in cui i propri genitori vengono presentati al partner, inizia la scansione, ad altissima risoluzione, della nuora o del genero che si porterà via l’amata prole. Sin qui tutto sembra legittimo e comprensibile. Ognuno si augura un buon partito per la propria figliolanza. I suoceri, nella loro accezione negativa, entrano in gioco quando, nel tentativo dichiarato di aiutare la coppia, ma con l’obiettivo celato di proteggere il proprio bambino, attuano più o meno esplicite intrusioni nel loro giardino di casa. Giudizi sommari, inviti a cena cui si può solo rispondere affermativamente, critiche sistematiche su come si stanno educando i figli o come è stata arredata la casa piovono, destabilizzando equilibri delicati come quelli tra due partner ancora troppo coinvolti dai giudizi genitoriali.

Come proteggere il giardino di casa dalle scorribande dei suoceri? Voglio prendere una posizione precisa: se i suoceri sono invadenti, è perché qualcuno glielo permette. Chi dovrebbe fare la guardia al recinto della vita di coppia? Ognuno dei componenti la coppia dovrebbe occuparsi dei propri genitori, mantenendo ben chiaro il confine tra la famiglia di origine e il nuovo nucleo. A scacciare gli invasori o a sottolineare l’autonomia della famiglia, non possono essere il genero o la nuora, perché in questo modo si alimenterebbero inutilmente le tensioni. La minore confidenza, e il bisogno di portare rispetto agli anziani, limitano il raggio di azione di nuore e generi. I figli, ormai uomini e donne, sono chiamati a vigilare e proteggere i confini della loro relazione contro le intrusioni indesiderate. Qui nasce la questione che, a mio parere, dà origine a molti conflitti di coppia. Si sono sposati, o hanno formato una coppia, individui ancora figli, nel senso di non ancora uomini e donne adulti. Il timore o l’abitudine di non contraddire e deludere le aspettative dei propri genitori, sta alla base dell’incapacità di difendere lo steccato che delimita il giardino della propria vita. Inutile appellarsi all’invadenza dei suoceri. Il nocciolo risiede nella dipendenza dei figli. La soluzione va ricercata, di conseguenza, in una crescita individuale dei partner, che li renda individui autonomi e liberi dal giudizio dei propri genitori.

Il conflitto che nasce a causa del rapporto con le famiglie di origine è in grado di minare la stima e la fiducia, fino a sgretolare in modo pericoloso le fondamenta dell’amore. Molte persone non sono consapevoli del fatto che il modo di rapportarsi ai propri genitori vada riconsiderato in funzione della coppia. Una consuetudine accettata, considerata utile, comoda e che si è rinforzata nel corso degli anni di rapporto tra genitori e figli, può risultare poco digeribile dal partner. Molte abitudini possono essere gradite, ma non devono essere date per scontate. D’altra parte, chi ritiene inopportune le usanze ereditate dal partner, farebbe bene a parlarne e insistere, qualora rimanesse inascoltato. La coppia dovrebbe basarsi su regole, consuetudini e valori propri, negoziati di volta in volta per creare benessere.

TORNA IN ALTO

Parte quinta

IL DENARO

Io non ho bisogno di denaro. Ho bisogno di sentimenti. Di parole, di parole scelte sapientemente, di fiori, detti pensieri, di rose, dette presenze, di sogni, che abitino gli alberi, di canzoni che faccian danzar le statue, di stelle che mormorino all’orecchio degli amanti… Ho bisogno di poesia, questa magia che brucia la pesantezza delle parole, che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

Alda Merini

 

I soldi nei conflitti di coppia

La gestione del denaro è una delle principali cause di conflitto nelle relazioni di coppia. Il contributo economico individuale e le differenze di vedute sulla gestione dei soldi, le spese e i risparmi possono portare a tensioni e incomprensioni, che a loro volta possono minare la salute della relazione.

Anche nel caso della gestione del denaro, la comunicazione libera e sincera è la base per qualsiasi relazione di successo, e questo vale anche per la gestione dei soldi. Iniziare una conversazione franca sui soldi, sui desideri, sulle esigenze e sulle priorità finanziarie, può essere difficile, ma è essenziale per prevenire le incomprensioni e i conflitti futuri.

Quando la comunicazione è trasparente, non dovrebbe essere difficile trovare una posizione comune in merito al contributo individuale al progetto di coppia. Vediamo alcune modalità adottabili per suddividere le spese della coppia.

  1. Gestione separata e approssimativa delle uscite; ad esempio, io pago le bollette e le spese di casa e tu paghi la spesa. La scuola dei bambini la paghi tu, mentre io provvedo ai loro vestiti. Al ristorante paghiamo una volta ciascuno. Ognuno gestisce autonomamente le entrate e le uscite personali. I progetti comuni possono risentire, in questo caso, delle eventuali differenze di reddito, per esempio nella scelta delle vacanze. È una modalità che garantisce la salvaguardia dei capitali di partenza, e necessita di molta attenzione per non generare insoddisfazione e senso di ingiustizia. Esiste infatti un contributo ai lavori domestici e di cura, che andrebbe considerato adeguatamente, quale contributo alle comuni necessità.
  2. Divisione proporzionale delle spese, pur mantenendo separati i capitali di partenza e la gestione residua delle rispettive entrate. In questo caso può aiutare un conto comune al quale i partner contribuiscono in modo proporzionale alle proprie entrate. Le spese comuni verrebbero sostenute attingendo a questo conto.
  3. Condivisione delle finanze senza distinguere chi produca più o meno reddito. Le priorità di spesa vengono condivise in un progetto che tenga conto dei bisogni e dei desideri di ciascuno dei partner. Questo modello prevede la totale fiducia nella persona che ci sta a fianco. Nel caso la relazione si dovesse interrompere, si è fiduciosi di quello che si è costruito insieme, di come abbiamo investito le nostre energie emotive in una persona che non le tradirà, nemmeno se la relazione dovesse finire.

Indipendentemente dal modello adottato, potrebbe essere utile creare un piano finanziario comune. Può essere un modo efficace per gestire il denaro all’interno della coppia. Il piano dovrebbe includere una lista di spese regolari, una stima dei costi futuri e un piano di risparmio a lungo termine. In questo modo, entrambi i partner possono avere una visione chiara dei soldi che entrano e che escono, e le decisioni finanziarie possono essere prese in modo più consapevole.

Il rispetto delle priorità finanziarie dell’altro

Le priorità finanziarie di ogni partner possono essere diverse. Rispettare queste differenze è essenziale per evitare conflitti. Ad esempio, uno dei partner potrebbe voler risparmiare per un viaggio, mentre l’altro potrebbe preferire mettere i soldi da parte per un’eventualità futura. In questo caso, è importante trovare un compromesso che soddisfi entrambe le esigenze.

Come tutte le differenze individuali, anche le priorità finanziarie possono quindi essere divisive e fonte di conflitti. Le esperienze pregresse di ciascun partner, educazione familiare in primis, modellano l’atteggiamento verso il denaro. La coppia, al di là delle ipocrisie, è luogo di compromessi continui. L’amore, infatti, aiuta l’accettazione spontanea delle esigenze altrui nel periodo iniziale della relazione, ma quando le priorità individuali torneranno ad avere molta importanza, saranno delle scelte mature e consapevoli a favorire l’incontro di esigenze diverse. Una considerazione, quest’ultima, che potrebbe essere l’incipit di questo testo, perché la coppia è l’incontro di due universi diversi per definizione.

La possibile separazione e l’egoismo

Quando la relazione vacilla, è inevitabile che le singole persone si immaginino in un futuro che le vede nuovamente sole, con le proprie risorse e con quello che otterranno dalla divisione dei beni comuni. Quando all’orizzonte si prospetta la separazione, l’individuo torna al centro e ciascuno ricomincerà a fare i conti con se stesso. Nonostante le promesse fatte, la prospettiva della separazione rimette ciascuno nella condizione di badare a se stesso, e con ciò sembra che l’altra torni a essere una persona sconosciuta, e in molti casi una nemica. I momenti di felicità in cui ci si era scelti vengono dimenticati, e non è raro che si sviluppi il desiderio di vendetta. Ma di cosa ci si deve vendicare? Torti che si ritiene di aver subito, come ingiustizie, tradimenti, disinteresse per la propria persona o violenze, ma anche la volontà di far pagare il conto per l’incapacità di averci resi felici, per averci illusi con false promesse e false immagini di sé. La fase della separazione ripristina l’istinto di sopravvivenza, che può produrre inutili crudeltà e risentimenti che sono l’esatto contrario dell’amore.

TORNA IN ALTO

Parte sesta

I FIGLI

I vostri figli non sono figli vostri. Sono i figli e le figlie del desiderio che la vita ha di sé stessa. Essi non provengono da voi, ma attraverso di voi. E sebbene stiano con voi, non vi appartengono. Potete dar loro tutto il vostro amore, ma non i vostri pensieri. Perché essi hanno i propri pensieri. Potete offrire dimora ai loro corpi, ma non alle loro anime. Perché le loro anime abitano la casa del domani, che voi non potete visitare, neppure nei vostri sogni. Potete sforzarvi di essere simili a loro, ma non cercare di renderli simili a voi. Perché la vita non torna indietro e non si ferma a ieri. Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce viventi, sono scoccati. L’Arciere vede il bersaglio sul percorso dell’infinito, e con la Sua forza vi piega affinché le Sue frecce vadano veloci e lontane. Lasciatevi piegare con gioia dalla mano dell’Arciere. Poiché così come ama la freccia che scocca, così Egli ama anche l’arco che sta saldo.

Kahlil Gibran

I figli e la coppia

Il tema dei figli è uno dei più importanti e delicati nella vita di una coppia. Essi rappresentano un cambiamento fondamentale nella vita dei partner, poiché comportano un aumento della responsabilità e una ridefinizione dei ruoli all’interno della relazione.

Diventare genitori può portare a una maggiore coesione, ma può anche rappresentare una fonte di stress e conflitto. È importante quindi che la coppia affronti il tema dei figli in modo aperto e sincero, e che si parli di eventuali paure o dubbi riguardo al ruolo genitoriale. Una delle principali sfide che le coppie devono affrontare riguarda la condivisione dei compiti legati all’educazione dei figli. È importante che la coppia discuta e stabilisca chi sarà responsabile di cosa, in modo da evitare eventuali conflitti o incomprensioni. È importante che entrambi i partner partecipino attivamente alla crescita e all’educazione dei figli, in modo da costruire una relazione equilibrata e sana.

Inoltre, la presenza dei figli all’interno della coppia può influire sulla vita sessuale e romantica dei partner. È necessario che la coppia trovi il modo di continuare a nutrire la propria relazione romantica, attraverso momenti di intimità e di condivisione anche dopo l’arrivo dei figli.

Infine, la coppia deve essere consapevole che la presenza dei figli all’interno della relazione comporta un cambiamento inevitabile nella dinamica della coppia stessa. È importante che si adatti ai cambiamenti e che lavori insieme per creare un ambiente sicuro e sano per la prole.

Il desiderio di diventare genitori

Arriva un momento, durante la relazione, in cui la coppia può definirsi stabile. Infatti il legame è saldo e si è dato spazio l’uno all’altro nella propria vita. Una volta messe le fondamenta si inizia a progettare e a costruire qualcosa insieme. Le fondamenta, oltre a essere relazionali, sono anche materiali: la stabilità economica, una casa dove crescere insieme e trasformarla nella culla del loro amore. Quando vengono superate queste importanti tappe, si inizia a progettare il futuro, fantasticare su un’estensione dell’amore, rappresentata dal concepimento di un figlio. Quel figlio rappresenta anche un legame indissolubile della coppia genitoriale; infatti, essi rimarranno per sempre padre e madre di quel figlio, e metteranno al mondo un cucciolo di uomo che avrà necessità delle loro cure e del loro amore per sopravvivere.

Per questo motivo questo momento può essere vissuto con un atteggiamento ambivalente: la gioia di crescere come famiglia, ma anche il timore delle responsabilità che il ruolo di genitore sottende.

La co-presenza di emozioni ambivalenti accompagna i futuri papà e mamma, e queste emozioni si faranno ancora più intense al momento della nascita del bambino. Proprio in vista di queste montagne russe emotive quel che conta è che sia una decisione presa insieme, una scelta nata dall’unione della coppia.

Quando la coppia si stabilizza e inizia a progettare il futuro insieme, le questioni da porsi dovrebbero essere due: “siamo pronti” e “perchè lo stiamo facendo”?

Spesso sento affermare, da un componente della coppia, che non si sente pronto, talvolta manca la volontà, o la capacità di assumersi la responsabilità di occuparsi di un figlio. In altri casi, non è stata ancora raggiunta l’indipendenza emotiva dai propri genitori, mentre in altri ancora, non si intende rinunciare alla propria libertà. Per creare una propria famiglia, bisogna infatti essere riusciti a staccarsi davvero dalla propria, e questo significa esserne indipendenti. Inoltre, alcune persone sono mosse dalla necessità di colmare qualcosa in loro, qualche mancanza. Non sarà un figlio a risolvere queste crepe, ed è importante che non lo si faccia soltanto per se stessi, ma per il desiderio di donare amore e di mettere al mondo un figlio pensato e nato nella coppia. Va evidenziato che non è obbligatorio diventare genitori, ed è opportuno affrancarsi dalle pressioni sociali che si muovono nel contesto delle famiglie di origine o tra gli amici. Avere trent’anni e far parte stabilmente di una coppia non implica passi successivi come il matrimonio o la genitorialità. Mi preme infine chiarire che oggi la genitorialità viene intesa nel modo tradizionale, ovvero realizzata nella coppia eterosessuale sposata, ma anche in tutte le altre forme di coppia, come ad esempio le coppie gay e lesbiche che possono avvalersi di moderne tecniche di fecondazione e della possibilità di adozione.

L’ansia ostacola la riproduzione

Il momento in cui una donna si sente pronta per diventare mamma, non coincide sempre con lo stesso desiderio da parte dell’uomo che le sta affianco. Talvolta, anche quando il figlio viene desiderato da entrambi, possono sussistere delle resistenze non dichiarate o non consapevoli.

Talvolta, pur convinti che il partner possa essere la persona giusta per procreare, il momento potrebbe non essere quello giusto. Ad esempio, una situazione finanziaria non ancora consolidata dalla coppia, potrebbe rappresentare una preoccupazione che impedisce di dare piena libertà alla ricerca della genitorialità. Anche l’appagamento professionale non ancora raggiunto, potrebbe essere fonte di resistenza per uno dei partner che tergiversa e procrastina.

Questa resistenza, non compresa, o non chiaramente riconosciuta dal partner, può produrre ansia e il tergiversare di chi è insicuro e indeciso, che desterà dubbi e incomprensioni.

Se un partner non si sente pienamente motivato a diventare genitore, i rapporti sessuali rappresenteranno un potenziale pericolo. La risposta alle situazioni percepite come pericolose producono spontaneamente una risposta di evitamento. Quest’ultima può esprimersi evitando i rapporti sessuali o con risposte di impotenza non spiegabili da malattie organiche.

Genitori imperfetti

Spesso mi capita di sentire raccontare di genitori sempre più ansiosi e preoccupati riguardo al loro ruolo. La società ci rimanda l’immagine della famiglia del Mulino Bianco, sorridente, perfetta, senza problemi e felice. Ma esiste una famiglia davvero così? Certamente no.

Ogni nucleo familiare ha le proprie caratteristiche e voler aderire a tutti i costi all’immagine di genitori perfetti che la società ci vorrebbe imporre, è quello che spesso porta i genitori a vivere con eccessiva ansia il loro ruolo, ponendosi continue domande su quello che stanno facendo e come lo stanno facendo. Come ogni capolavoro che si rispetti, anche la famiglia dovrebbe avere le proprie caratteristiche. Proprio come fanno gli artisti che hanno i loro strumenti, la famiglia si rivolge agli specialisti per consigli e necessità. Seguendo il proprio istinto, i genitori diventeranno come una forma d’arte, unica e irripetibile, qualcosa di speciale che permetterà ai propri componenti di trovare un equilibrio sempre diverso, sia da quello raggiunto in altri momenti di vita, sia da quello costituito in altre famiglie. È ricercando un proprio e unico equilibrio, che la famiglia riuscirà a vivere serenamente. Quel che conta è che ciascun componente si senta bene con se stesso e con gli altri componenti del nucleo.

Talvolta, è difficile non dispensare consigli, non criticare o non giudicare. Eppure, quando si incontra una famiglia che ha degli equilibri tanto diversi dai nostri, dobbiamo ricordare che, probabilmente, quell’equilibrio che fatichiamo a comprendere permette loro di stare bene insieme. Potremmo invece pensare che quella famiglia e quegli equilibri possano essere fonte di ispirazione per noi, su come affrontare qualcosa del nostro nucleo familiare che fatichiamo a risolvere con le nostre modalità.

La coppia dopo la nascita dei figli

Rimanere una coppia dopo la nascita di un figlio è un fatto che potrebbe sembrare scontato, ma non lo è affatto. L’entusiasmo per l’evento produce il concentrarsi delle energie, dei discorsi e dell’interesse in generale sul nuovo arrivato e, almeno inizialmente, i genitori gradiscono molto questa nuova situazione. Col tempo si accumula la stanchezza dovuta ai ritmi di vita alterati, ai nuovi impegni e talvolta alle preoccupazioni legate alla salute del piccolo. I partner, o uno solo di essi, si concentrano in modo quasi esclusivo sulla nuova presenza che sembra capace di rendere felici a prescindere dal resto della vita. Col passare del tempo, però, i vecchi bisogni, i precedenti interessi e desideri messi in attesa per dare spazio alla straordinaria novità, tornano pian piano a farsi sentire. Il bambino, entrato a far parte integrante della famiglia, non ha però il compito né la possibilità di soddisfare le esigenze di intimità, di dialogo, di tempo da spendere per interessi comuni, che nei partner rimangono vivi e si affiancano al piacere di essere in tre. Non è raro che i tempi con i quali i membri della coppia percepiscono queste rinate esigenze non coincidano e per questa ragione uno dei due possa sentirsi frustrato. La sensazione che la coppia non si ritagli più spazi da dedicare a se stessa può rappresentare motivo di conflitti, sofferenza e progressivo allontanamento.

Non facciamo più l’amore, non usciamo più da soli a fare una passeggiata, non vediamo più un film insieme, non usciamo più con gli amici, mi sembra di lavorare e basta, non mi guardi più, sono alcune delle tante frasi che si dicono, più o meno esplicitamente, in questi casi. Un figlio si trasforma così da esclusiva fonte di gioia, a colui che fa dimenticare di essere compagni di vita e di giochi, amanti, amici e confidenti.

Il suggerimento è quello di mantenere viva la consapevolezza che un figlio è il frutto di un amore, e che questo amore deve rimanere vivo in ogni caso e indipendentemente dalla presenza di un bebé. Le difficoltà oggettive esistono, come ad esempio la mancanza di aiuto nella gestione di un neonato, ma bisogna vigilare sul fatto che tutto questo diventi una giustificazione al progressivo dimenticarsi di essere prima di tutto un uomo e una donna che hanno deciso di essere una coppia.

Una mamma che ha smesso di essere donna

Finalmente, arriva il momento del parto e viene alla luce il frutto dell’amore. Ad un momento così carico emotivamente, alla gioia di abbracciare il nostro bambino, di conoscerlo e di viverlo, si accompagnano emozioni e sensazioni contrastanti: la preoccupazione che stia bene, cresca bene, mangi a sufficienza, e tutto ciò che accompagna l’esperienza di diventare neogenitori. A questo si associa uno scombussolamento nel corpo della donna; il taglio cesareo o l’episiotomia che provocano dolore, gli ormoni in subbuglio, la montata lattea, la pancia svuotata o la perdita dei capelli. Istintivamente la neomamma sarà completamente assorta dal suo nuovo ruolo e questo a discapito del tempo da dedicare al compagno e a se stessa.

Tutte le energie della mamma vengono naturalmente spese per il neonato, dormendo poco, allattando, osservandolo, conoscendolo, coccolandolo, cullandolo, curandolo e dedicandosi a lui totalmente. Inizialmente non penserà neanche al fatto che sta trascurando in primis se stessa, ma poi sentirà il bisogno di prendersi cura di sé, e di coccolarsi. È fondamentale che la mamma si ritagli, quando ne sente il bisogno, uno spazio per se stessa e, se vuole, vada dal parrucchiere, dall’estetista, si faccia un bagno caldo con la schiuma senza cronometrare il minuto.

Il primo passo per trovare un equilibrio a 3 è quello di trovare prima il proprio. Per la mamma questo significa conoscersi come genitore ogni giorno un po’ di più, ritrovare una propria identità indipendente da quella della figura di accudimento del proprio figlio, ritrovarsi. Solo in questo modo e con l’emergente necessità di ritrovare un proprio spazio e una propria identità, la mamma tornerà ad essere donna. Questo momento coincide con il ritorno alla vita sociale (uscite con amici) e alla vita di coppia.

Il tempo per noi due

Quando un cucciolo entra in casa, le energie, il tempo e gli occhi sono rivolti quasi esclusivamente a lui. In questa fase, è difficile per chi accudisce il bambino anche solo trovare il tempo per prendersi cura di sé. Quando finalmente si riesce a sedersi sul divano, privi di energie, spesso si finisce per addormentarsi o non avere comunque la minima intenzione di schiodarsi da quel posto. Ogni tanto, raramente, ci si accorge che su quel divano è seduto anche il nostro compagno o la nostra compagna. Allora, cosa possiamo fare per evitare che quella modalità diventi la routine?

Innanzitutto, la routine divano-TV non è da trascurare. Se i bambini vanno a letto a un’ora decente, accoccolarsi tra i cuscini tra carezze e qualche parola è già un tempo che la coppia si sta prendendo, ma potersi ritagliare uno spazio prima che arrivi la stanchezza accumulata durante la giornata occupandosi dei figli, lavorando e pulendo la casa, sarebbe il modo migliore per ritrovarsi. Per riuscire a trovare questo spazio, dobbiamo sforzarci. Il tempo dedicato a comunicare, dialogare, discutere, litigare, guardarci negli occhi e cenare senza interruzioni, è il tempo che trascorrevate prima della nascita dei figli, e avete tutto il diritto di continuare a dedicarvelo anche adesso. Lo sforzo verrà ripagato e, col tempo, prenderci degli spazi extra, prepararci per uscire e pensare a come passare quella serata a due, diventerà motivo di grande gioia. Di questa scelta gioveranno, non solo i neo genitori, ma anche i bambini, che ritroveranno mamma e papà più uniti, sereni e ricaricati. Quindi, i sensi di colpa che spesso accompagnano queste concessioni che i genitori si fanno, sono del tutto inutili.

Cambiare rimanendo riconoscibili

Il cambiamento fa parte dell’evoluzione umana. In realtà noi siamo in continuo cambiamento, e una volta incontrato il compagno della nostra vita, continueremo a cambiare, insieme e individualmente. L’equilibrio verrà perduto e andrà quindi ritrovato, tenendo conto delle forme individuali.

La nascita di un figlio porta spesso a dei momenti di scombussolamento per la coppia, sin dal suo concepimento. Quando la donna è incinta. Il corpo cambia e con esso anche le priorità e i pensieri. Il piccolo si fa spazio dentro al corpo e tra i due futuri genitori. Il corpo della futura mamma si trasforma, il futuro papà vede la propria compagna mutare. Spesso in questa fase emergono delle difficoltà dal punto di vista dell’intimità, un po’ per una questione fisica, un po’ per la stanchezza, un po’ anche perché l’uomo percepisce la sua compagna che si trasforma al crescere del figlio che porta in grembo, e tende così a percepirla più come mamma che come donna sessualmente attraente. È possibile che la futura mamma si senta meno sicura di sé e del proprio corpo, concentrata sul piccolo che porta nel pancione e sulla preparazione alla sua nascita, e che lasci in secondo piano gli aspetti più intimi della sua relazione di coppia.

Il futuro papà assiste a un continuo mutamento del corpo della propria partner e, spesso, emergono in lui delle paure, temendo di poter nuocere al bambino durante i rapporti sessuali. Questo avviene soprattutto durante le gravidanze a rischio. In questi casi, è possibile che gli specialisti chiedano ai futuri genitori di interrompere per un periodo di tempo i rapporti sessuali, perchè potrebbero compromettere il decorso della gravidanza. Una volta superato questo momento, diviene difficile tornare a una vita sessuale perché la paura rimane e non ci si sente più rilassati nell’intimità.

Sicuramente è importante che la coppia condivida questi pensieri, sensazioni ed emozioni, che si ascolti e che i partner accolgano le difficoltà l’uno dell’altro, riconoscendosi come quelle persone di cui si erano innamorate e che stanno vivendo un momento di cambiamento da affrontare insieme.

Quando i figli hanno un problema grave

Quando due persone formano una coppia stabile, di solito lo fanno con la speranza di costruire una vita insieme. Promettono implicitamente o esplicitamente, di amarsi e di sostenersi a vicenda. Purtroppo, la vita non sempre è facile. Ci sono momenti in cui le coppie devono affrontare sfide difficili, come quando un figlio ha un problema grave.

Il problema potrebbe essere una disabilità fisica, sensoriale o mentale causata da una malattia o da un incidente. Potrebbe richiedere cure mediche costose, un supporto continuo o una modificazione drastica dello stile di vita. La reazione emotiva a questa condizione di un figlio potrebbe influenzare in modo drammatico la relazione tra i genitori, causando stress, ansia e tensione. Non sempre, infatti, i genitori riescono a rimanere uniti, o tornare a esserlo, unendosi per essere di supporto alla prole. Nonostante tutto ciò, è possibile superare questa sfida e continuare a vivere una vita appagante.

Innanzitutto, è necessario prendere atto della realtà e accettare che la vita non sempre è così come la vorremmo. Spesso, quando i genitori scoprono che il loro figlio ha un problema grave, si sentono sopraffatti dal dolore e dalla paura. Potrebbero sentirsi frustrati, in colpa e disperati. Per superare questa sfida, è importante riconoscere che i propri sentimenti sono normali, che non sono e non saranno soli in questo evento e che potranno ricorrere all’aiuto di persone in grado di dare supporto professionale, emotivo e pratico.

Quando un figlio ha un problema grave, spesso richiede cure mediche specialistiche o un supporto psicologico. È importante che i genitori cerchino l’aiuto di professionisti esperti che possano fornire informazioni, supporto emotivo e strategie di gestione della nuova condizione familiare. Ci sono molti servizi disponibili, come i gruppi di sostegno, i consultori e gli psicologi, che possono aiutare le coppie a far fronte a questa situazione.

Un ulteriore aspetto imprescindibile per non soccombere di fronte a eventi gravi è quello di mantenere attivo e sincero il canale comunicativo. Gli aspetti pratici e organizzativi, solitamente vengono discussi, ma è molto importante potersi confrontare sulle implicazioni emotive di quanto sta accadendo. Ammettere col partner che ci si sente impotenti o sopraffatti, frustrati o preoccupati, consente di sentirsi meno soli e di condividere stati che producono molto dolore. Quando un figlio ha un problema molto serio, la tentazione di chiudersi nella propria sofferenza potrebbe farsi sentire, ma deve essere evitata. I genitori dovrebbero sforzarsi di condividere i propri sentimenti con il partner. In questo modo, possono sentirsi meno sopraffatti e soli, e affrontare insieme la situazione per trovare soluzioni efficaci. Sforzatevi di mantenere un equilibrio tra le necessità del figlio e quelle della coppia. In queste situazioni, è facile concentrarsi solo sul suo benessere e trascurare la relazione di coppia. Trovare del tempo da trascorrere insieme, anche se è solo per poche ore alla settimana, o pianificare una serata romantica per distrarsi dalle preoccupazioni, rigenera le energie che saranno necessarie per occuparsi del figlio. Occorre trovare un senso di normalità nella vita quotidiana, nonostante la presenza di un problema serio. Questo può significare continuare a svolgere le attività preferite della coppia, come fare sport o viaggiare, pur adattandole alle esigenze del figlio. In questo modo, si può cercare di mantenere un equilibrio e non perdere il senso di sé come individui e come coppia.

In ultimo, ricordo che ogni coppia affronta le sfide in modo diverso e che non esiste una formula magica e giusta per far fronte a queste situazioni. È necessario trovare un proprio modo di far fronte alla sfida, e fare ciò che funziona meglio per la propria situazione. Con il tempo, l’amore e la determinazione, le coppie possono superare qualsiasi sfida e continuare a vivere una vita appagante insieme, anche in presenza di un grande e quotidiano dolore.

Condividere le scelte educative

Quando si tratta di condividere le scelte educative con il proprio partner, è importante avere una linea comune, per garantire un ambiente familiare coerente e armonioso per i figli. La linea educativa condivisa consiste in un approccio discusso, approvato e applicato insieme e in modo coerente in tutte le situazioni. Questo approccio consente ai figli di avere chiari confini e di capire cosa ci si aspetta da loro. Quando i genitori hanno una strategia unica, i figli conoscono in modo chiaro e privo di ambiguità i confini entro i quali devono muoversi.

La linea condivisa può essere costruita su valori comuni, come il rispetto, la tolleranza, la gentilezza e l’empatia. È fondamentale che i genitori discutano e condividano i propri valori, per creare una linea unitaria forte e coerente. Quando i valori vengono condivisi, i figli sanno che possono aspettarsi un approccio educativo coerente in tutte le situazioni. La coerenza è quindi un principio importante affinché i figli si sentano sicuri del sentiero che stanno percorrendo.

Inoltre, gli accordi devono prevedere anche regole chiare e prive di ambiguità. I genitori devono decidere insieme quali regole applicare e quali comportamenti accettare o meno. È importante che queste regole siano applicate in modo coerente da entrambi i genitori. Quando i figli vedono che i loro genitori sono d’accordo su cosa è permesso e cosa non lo è, è più facile per loro capire cosa ci si aspetta da loro.

I genitori devono discutere insieme quali sono le migliori opzioni e prendere una decisione che sia coerente con la loro linea condivisa. Quando i figli vedono che i loro genitori prendono decisioni in modo collaborativo e coerente, è più facile per loro accettare e rispettare queste decisioni.

La strategia concordata verrà messa alla prova nelle situazioni difficili, come quando i figli si comportano male o quando si verificano imprevisti. In questi momenti, i genitori devono lavorare insieme per mantenere la loro linea comune e garantire che i loro figli ricevano un messaggio coerente da entrambi i genitori.

Tuttavia, è naturale che possano esserci momenti in cui i genitori hanno opinioni diverse su come educare i figli. In questi casi, è importante che essi discutano e lavorino insieme per trovare un compromesso che sia coerente con la linea generale stabilita. Questo significa che entrambi i genitori devono essere disposti a cedere un po’, per trovare una soluzione che sia accettabile per entrambi.

Inoltre, i genitori dovrebbero essere aperti al cambiamento e alla flessibilità quando si tratta di educare i figli. Ciò implica essere disposti ad adattarsi alle esigenze e alle sfide che i figli potrebbero incontrare durante il loro sviluppo. Ad esempio, potrebbe essere necessario modificare le regole o l’approccio educativo in base all’età e alle esigenze dei figli.

I figli crescono e prendono il volo

La sindrome del nido vuoto è un fenomeno psicologico che si verifica quando i figli diventano adulti e lasciano il nido familiare, creando un vuoto emotivo nella vita dei genitori. Questo può portare a sentimenti di tristezza, solitudine, perdita e vuoto interiore.

La sindrome del nido vuoto può essere particolarmente difficile per i genitori che hanno dedicato la loro vita alla cura e all’educazione dei figli. Quando questi ultimi lasciano il nido, i genitori possono sentirsi come se stessero perdendo un pezzo importante della loro identità e della loro vita. Possono sperimentare un senso di vuoto e di mancanza di direzione, e devono trovare un nuovo scopo e significato nella vita.

Tuttavia, è importante sottolineare che la sindrome del nido vuoto non è necessariamente un’esperienza universale. Non tutti i genitori si sentono soli e depressi quando i figli lasciano il nido. Alcuni, infatti, potrebbero invece sentire un senso di liberazione e di rinnovamento, e trovare nuove opportunità e passioni nella vita.

Inoltre, è importante per i genitori accettare la natura inevitabile dei cambiamenti nella vita e adattarsi alle nuove circostanze. La sindrome del nido vuoto può essere un’opportunità per papà e mamma di riscoprire se stessi, rinnovarsi e reinventarsi, in modo da continuare a vivere una vita soddisfacente e significativa.

TORNA IN ALTO

Parte settima

LA FINE DI UN AMORE

Quando finisce un amore così come è finito il mio, senza una ragione né un motivo, senza niente, ti senti un nodo nella gola, ti senti un buco nello stomaco, ti senti vuoto nella testa e non capisci niente. E non ti basta più un amico, e non ti basta più distrarti, e non ti basta bere da ubriacarti, e non ti basta ormai più niente. E in fondo pensi, ci sarà un motivo, e cerchi a tutti i costi una ragione. Eppure, non c’è mai una ragione perché un amore debba finire. E vorresti cambiare faccia, e vorresti cambiare nome, e vorresti cambiare aria, e vorresti cambiare vita, e vorresti cambiare il mondo. Ma sai perfettamente che non ti servirebbe a niente perché c’è lei, perché c’è lei nelle tue ossa, perché c’è lei nella tua mente, perché c’è lei nella tua vita e non potresti più mandarla via. Nemmeno se cambiassi faccia, nemmeno se cambiassi nome, nemmeno se cambiassi aria, nemmeno se cambiassi vita, nemmeno se cambiasse il mondo. Però, se potessi ragionarci sopra, saprei perfettamente che domani sarà diverso. Lei non sarà più lei, io non sarò lo stesso uomo. Magari l’avrò già dimenticata, magari. Ma se potessi ragionarci sopra, se potessi ragionarci sopra, ma non posso, perché, quando finisce un amore così com’è finito il mio. Senza una ragione né un motivo, senza niente. [.] E cerchi a tutti i costi una ragione, eppure non c’è mai una ragione, perché un amore debba finire.

Riccardo Cocciante

L’amore può finire

Questa parte, apparentemente in contraddizione con l’intento di un amore felice ed eterno, è inevitabilmente connessa con il resto, e determina, talvolta, il futuro dei partner che decidono di separarsi. Il buon esito di una separazione, per quanto difficile e impegnativo da perseguire, permette una ripresa più rapida e, in caso di presenza di figli, offre a questi ultimi maggiori probabilità di ridurre gli strascichi di un evento traumatico come la separazione dei genitori.

L’amore senza fine, romantico, passionale e privo di tormenti è l’obiettivo di tutti coloro che si innamorano. È nella nostra natura voler rendere infinito un evento piacevole. Purtroppo, non è possibile poiché tutto è destinato a cambiare. La speranza è che sia la morte a separare, e non l’incompatibilità di carattere, il sesso, i figli, i suoceri, i problemi economici o la fine del sentimento. Crudele e cinico, ma le cose sembrano andare proprio così.

Riprendere il cammino della vita

Il tema della fine di una relazione di coppia è uno dei più difficili e dolorosi da affrontare. Quando una relazione giunge al termine, si attivano emozioni intense che possono mettere a dura prova la salute emotiva e mentale dei partner.

La prima cosa da comprendere è che la fine di una relazione non significa necessariamente un fallimento o una sconfitta. Una separazione può rappresentare un’opportunità per crescere, imparare e sviluppare nuove relazioni in futuro.

Tuttavia, la fine di un rapporto può anche rappresentare un momento di grande dolore, disperazione e confusione. È importante che i partner accettino le proprie emozioni e le elaborino, cercando di comprendere ciò che è accaduto e il proprio ruolo nella fine della relazione.

La separazione è un momento di transizione e di cambiamento nella vita dei partner. È quindi importante che essi si concentrino sul proprio benessere emotivo e mentale, evitando di isolarsi e cercando il supporto dei propri cari e di professionisti.

Infine, è necessario che i partner facciano pace con la fine della loro storia, accettando che la vita sia fatta di alti e bassi, e che la fine di un rapporto non significa la fine della propria vita o della propria felicità. Guardare avanti e focalizzarsi su ciò che il futuro può offrire, è una grande opportunità per imparare, crescere e svilupparsi come individui.

Non serve rimanere al sicuro

Siamo esseri abitudinari e abbiamo tutti bisogno, anche se in misura diversa, di certezze, consuetudini, luoghi e persone note. Queste nostre caratteristiche ci espongono al rischio di procrastinare oltre misura i comportamenti e le relazioni che non sono più in grado di darci serenità. Dovremmo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà, dicendo la verità a noi stessi in merito alla relazione che, forse da tempo, ci rende meno soddisfatti e meno felici di quando era iniziata.

Abbiamo scelto una persona e questa ci ha fatto sentire importanti, amati, riconosciuti e ci ha permesso di vivere momenti felici, ma da tempo sentiamo che quel tempo è passato. Possiamo immaginarci come nascosti in una tana sicura, ma ormai divenuta scomoda e povera di nutrimento. Fuori la vita è ricca di cibo, ma anche di pericoli, e rimanendo al sicuro dai pericoli rinunciamo a nutrirci. Giorno dopo giorno, ci sentiamo sempre più deboli e demotivati, ma dovremmo avere il coraggio di correre il rischio di incontrare dei predatori, nella speranza di ricominciare a vivere. Fuori dalla nostra relazione ormai inaridita, priva di colori o tossica, esistono le opportunità di vivere nuovamente in modo ricco ed entusiasmante. I pericoli non sono là fuori, ma dentro di noi. Il pericolo di spegnersi giorno dopo giorno, il pericolo di preparare il terreno per dei rimpianti futuri e un vissuto povero, che finiranno per renderci infelici. La vita è rinnovamento, cambiamento, ricerca di nuove esperienze, quando quelle vecchie sono esaurite. Come una candela ormai consumata, ma che non vogliamo gettare perché ce l’hanno regalata al nostro compleanno e la teniamo lì anche quando non emana più luce. Piuttosto che liberarci del passato, rimaniamo al buio.

Il lutto per la perdita

La conclusione di una storia d’amore è un lutto e deve essere elaborato per proseguire il cammino della vita, senza venire sopraffatti dall’angoscia. Come la morte di una persona cara, ci vuole tempo e accettazione di quanto è accaduto. Un conto è anestetizzarci dal dolore tuffandoci immediatamente in altre relazioni o in una vita frenetica, un altro conto è rimanere nel dolore tutto il tempo che serve per elaborarlo. Accettando il dolore e attraversando le fasi che solitamente si susseguono dopo una grave perdita, si riuscirà gradualmente a ritrovare l’entusiasmo di vivere. Il percorso è costituito da periodi non quantificabili di tempo: (1) la negazione e la non accettazione di quanto è accaduto, (2) la rabbia nei confronti di se stessi e dell’altro, (3) la ricerca di un accordo con il dolore che si è fatto troppo intenso, per cercare di tornare alla normalità, (4) la depressione e, infine, (5) l’accettazione della realtà e l’uscita lenta ma progressiva, per ritornare a vivere pienamente.

Quando questo lungo processo sarà concluso e il dolore sarà scomparso, saremo nuovamente pronti per stare insieme ed essere felici (con un’altra persona).

TORNA IN ALTO

Parte ottava

CONCLUSIONI

Gli elementi essenziali presenti nelle coppie che, col passare del tempo permettono di mantenere un elevato livello di soddisfazione in entrambi i partner, sono tutti riconducibili alla capacità di comunicare in modo costante, aperto e sincero.

Ogni coppia sperimenta l’amore e vive la sessualità, il rapporto con le famiglie di provenienza, la necessità di gestire i rapporti economici, la genitorialità vissuta o desiderata, i momenti di crisi interni alla diade o dovuti a fattori esterni e, talvolta, la fine della relazione.

La relazione di coppia rappresenta una sfida e un’opportunità per crescere e imparare in quanto persone. L’amore rappresenta l’elemento fondamentale che unisce due individui in una relazione di coppia, ma richiede un’attenzione costante e un impegno reciproco per poter sopravvivere e crescere. La relazione di coppia è un progetto comune che richiede impegno, dedizione e costanza nel tempo, ma rappresenta anche una fonte di felicità e di crescita personale.

La sessualità è un aspetto assai importante della relazione e può influenzare la felicità e la soddisfazione complessiva della coppia. Affrontare i problemi sessuali in modo aperto e concreto, e cercare aiuto professionale, se necessario, può aiutare a prevenire conflitti distruttivi. Inoltre, mantenere la passione nella relazione di coppia attraverso la comunicazione aperta, l’esplorazione di nuove esperienze sessuali e la cura di sé, può aiutare a mantenere una relazione sessualmente soddisfacente e appagante.

Il rapporto con le famiglie di origine può avere un impatto significativo sulle dinamiche relazionali. Tuttavia, se gestito in modo appropriato, può anche essere una fonte di supporto e di arricchimento per il rapporto. Il rispetto reciproco, la comunicazione sincera, la limitazione dell’influenza della famiglia di origine e il mantenimento dell’equilibrio tra le reciproche famiglie sono tutti elementi essenziali per creare un ambiente armonico e rispettoso all’interno della coppia.

Il denaro è spesso motivo di diatribe tra i partner. Lo squilibrio tra i patrimoni personali iniziali, la capacità di guadagno e le necessità personali possono rappresentare uno scoglio sul quale è difficile trovare un accordo che soddisfi entrambi. Il denaro, nei momenti di crisi, può diventare uno strumento di esercizio del potere tra i partner, in grado di produrre elevati livelli di conflitto e sofferenza.

Esistono diversi modelli di gestione familiare dei soldi e tutti possono funzionare o creare tensioni. È quindi necessario parlarne in modo aperto, affinché entrambi sentano di contribuire in modo equo al progetto di coppia.

Il tema dei figli rappresenta una sfida fondamentale nella vita di una coppia. È opportuno che la coppia affronti il tema con apertura e sincerità, stabilisca dei ruoli chiari e si adatti ai cambiamenti che i figli comportano. In questo modo, la relazione di coppia potrà crescere e diventare ancora più forte e duratura nel tempo.

La fine di una relazione di coppia, infine, può essere un momento difficile e doloroso, ma può anche rappresentare un’opportunità per crescere e svilupparsi come individui. È importante accettare le proprie emozioni e cercare il supporto delle persone a cui si vuole bene e dei professionisti qualificati. La comunicazione aperta e sincera tra i partner e la capacità di guardare al futuro possono rappresentare le chiavi per superare questo momento difficile.

TORNA IN ALTO

Appendice 1

COSA È IMPORTANTE PER ME

Prevenire è meglio che curare

Dovremmo imparare, sin dall’adolescenza, che fare diverse esperienze relazionali e sessuali consente di affinare la conoscenza di ciò che piace, che non piace, di ciò che è fondamentale in una relazione e che cosa è invece auspicabile, ma non indispensabile alla nostra felicità. Le esperienze devono consentirci di dare risposta a domande che ci consentiranno di corteggiare persone che siano sempre più in grado di farci stare bene ed essere felici. Suggerisco alcune domande cui dare risposta, al fine di conoscersi sempre meglio dal punto di vista relazionale. Alcune voci vi sembreranno scontate, inutili o dettagli ininfluenti, ma i racconti delle persone che vengono nel mio studio mi suggeriscono di non trascurare niente che ci sembri importante nel lungo periodo.

N.B. Questo esercizio serve a voi e soltanto a voi. Fate uno sforzo di sincerità; evitate di dare risposte che vi mettano in buona luce, quindi siate sinceri con voi stessi.

Cosa devo sapere di me

Per ogni voce, esprimete il vostro giudizio a seconda dell’importanza che voi attribuite alle caratteristiche della persona che vorreste al vostro fianco.

ESTETICA

  1. Aspetto fisico (tratti del viso, altezza, colore degli occhi e dei capelli, dimensioni di parti del corpo ecc.).
Non è importante Marginale Importante Irrinunciabile

 

  1. Odori del corpo gradevoli
Non è importante Importante  Molto importante Indispensabile

 

  1. Bello oggettivo
Non è importante Poco importante  Abbastanza importante Molto importante

 

CARATTERE

  1. Estroverso – Introverso
Molto

estroverso

Estroverso Poco estroverso Riservato

 

 

 

  1. Gentile – Ruvido
Molto

gentile

Gentile Abbastanza gentile Non è importante

 

  1. Affettuoso – Distaccato
Distaccato Poco affettuoso  Affettuoso Molto affettuoso

 

  1. Contatto fisico (abbracci, baci, carezze ecc.)
Lo cerca sempre Lo cerca spesso Lo cerca poco Non lo cerca

 

  1. Romantico – Razionale, realista
Non romantico Poco romantico  Abbastanza romantico Molto romantico

 

6.Routinario

Indifferente Routinario  Poco routinario Per niente routinario

 

SESSUALITÀ

  1. Bacio
Fondamentale Molto importante  Poco importante Indifferente

 

  1. Carezze
Fondamentali Molto importanti  Poco importanti Indifferente

 

  1. Preliminari
Fondamentali Molto importanti   Poco importanti Indifferente

 

 

  1. Penetrazione
Fondamentale Molto importante   Poco importante Indifferente

 

  1. Dimensioni (pene, seno, sedere ecc.)
Grandi Medie  Piccole Indifferente

 

  1. Curiosità verso nuove esperienze
Fondamentale Molto importante   Poco importante Indifferente

 

  1. Frequenza dei rapporti
Molto frequenti Frequenti  Saltuari Indifferente

 

VALORI ETICI

  1. Equità tra i partner
Fondamentale Molto importante Poco importante Indifferente

 

ASPETTI GENERALI

  1. Cultura elevata
Fondamentale Molto importante Poco importante Indifferente

 

 

  1. Condizione economico – patrimoniale elevata
Fondamentale Molto importante  Poco importante Indifferente

 

  1. Professionalmente soddisfatto
Indifferente Importante  Molto importante Fondamentale

  

Appendice 2

ESERCIZI PER LA COPPIA

Esercizio 1

Fate insieme questo semplice esercizio. Vi aiuterà a focalizzare l’attenzione su aspetti positivi della coppia e vi indicherà azioni concrete in grado di favorire il benessere di entrambi.

Trovate un momento tranquillo nel quale avete una sufficiente serenità per essere obiettivi. Rivolgete al vostro partner, a voce alta, una domanda alla volta. Non rispondete subito ma datevi qualche secondo di tempo. Alternatevi nel fare le domande e ricordate di formularle guardandovi negli occhi e ad alta voce.

 

  1. Cosa ti ha fatto innamorare di me?
  2. Cosa vorresti che io facessi di concreto per te?
  3. Cosa abbiamo smesso di fare insieme che ti pesa di più?
  4. Quali comportamenti ho cambiato rispetto ai primi tempi?
  5. Cosa potrei fare per rendere il sesso più soddisfacente per te?
  6. Quali attenzioni vorresti ricevere da me?
  7. Come potrei ridurre le tue fatiche quotidiane?
  8. Cosa vorresti fare, insieme a me, per divertirti?
  9. Cosa ti piacerebbe sentirti dire da me?
  10. Pensi che sia possibile ricostruire l’armonia di un tempo?

Esercizio 2

Ogni giorno, ponetevi l’obiettivo di fare un gesto gentile nei confronti del vostro partner. Ricordate: per il vostro partner e non per il vostro tornaconto.

Esercizio 3

Ogni sera, ditevi “buona notte”, guardandovi negli occhi, prima di addormentarvi.

Esercizio 4

Ogni giorno, andate incontro al vostro partner quando torna a casa, e salutatelo gentilmente. Guardatelo negli occhi e dedicategli qualche minuto prima di tornare alle vostre attività.

Esercizio 5

Una volta al giorno, siate presenti entrambi in cucina, e preparate, apparecchiate, sparecchiate e rimettete in ordine insieme, parlando di qualsiasi argomento. Il tempo passato insieme è quello che desideravate maggiormente quando vi siete conosciuti, e ora diventa la vostra cura.

Esercizio 6

Ogni mattina chiedetevi cosa potrebbe far piacere a lei o lui e, se sentite di non volerlo fare, chiedete a voi stessi il perché, e se l’orgoglio non sia il vero ostacolo alla vostra felicità.

 

Appendice 3

ALFABETO DI COPPIA

A. Quando vi rendete conto di avere al vostro fianco una persona violenta, non cercate delle soluzioni che garantiscano l’armonia tra di voi. Chi è violento, non smetterà di esserlo, perché il rispetto per le altre persone si impara da piccoli e non sarete certo voi a cambiare chi risolve i problemi con la prevaricazione. La violenza può essere verbale, fisica, psicologica, economica, sessuale, e qualsiasi altro comportamento che produca sofferenza attraverso la mancanza di rispetto per i diritti fondamentali della persona.

B. Prendete il vostro orgoglio e mettetelo da parte. Siate onesti intellettualmente e quando sapete di avere sbagliato o esagerato in qualche vostra reazione, chiedete scusa in modo onesto e sincero, guardando il vostro partner negli occhi.

C. Evitate di addormentarvi senza aver fatto la pace.

D. Ricordatevi di scegliere ogni giorno la persona che vi sta a fianco. Nulla è scontato e tutto deve essere confermato ogni volta che vi svegliate. Anche il fatto che siete ancora vivi e che respirate.

E. Rinnovate i gesti che facevate all’inizio della vostra relazione. Prendetevi per mano, baciatevi, raccontate com’è andata la vostra giornata e come vi sentite. È importante l’aspetto emotivo della vostra esperienza, non che cosa avete fatto.

F. Evitate di dire automaticamente “tutto bene”, quando vi viene chiesto “come va”?

G. Fate tante cose insieme, ma non fate tutto insieme.

H. Sforzatevi di mantenervi fisicamente simili a quello che eravate, nel rispetto del passare del tempo. L’invecchiamento è naturale, la trascuratezza è invece una scelta da evitare.

I. Fate il tagliando alla vostra relazione, oltre che alla vostra automobile. Parlate apertamente di come state insieme, di cosa è cambiato e di cosa vi servirebbe per essere più contenti.

J. Fate il tifo per il vostro partner e per i suoi successi. L’invidia è un veleno mortale.

K. Ricordate quando è stata l’ultima volta in cui vi siete fatti un regalo, cercando di sorprendere il/la partner.

L. Fatevi dei complimenti sinceri su caratteristiche o comportamenti della vostra partner.

M. Offrite il vostro aiuto per qualcosa che interessa prevalentemente il/la partner.

N. Condividete le vostre passioni ed esortate il/la partner a coltivare le proprie.

O. Offritevi di prendervi cura in un modo piacevole di lei/lui, ad esempio, fatele un massaggio o asciugatele i capelli.

P. Scegliete insieme un libro e leggetelo un po’ per uno ad alta voce prima di dormire.

Q. Tenete spenta la televisione durante i pasti.

R. Lasciate i telefonini in un’altra stanza quando siete a tavola.

S. Ogni tanto, nonostante il lavoro, la stanchezza e i problemi, preparate una cenetta, cucinando qualcosa di particolarmente gradito a entrambi.

T. Ricordatevi di dire quelle frasi che da tempo trascurate, come “ti voglio bene”, “che bello fare queste cose insieme a te” o “sono fortunato/a ad averti incontrato/a.

U. Se andate al ristorante, non siate una di quelle coppie che rimane in silenzio guardandosi in giro. Siete un bel nucleo autonomo, in grado di alimentare discorsi interessanti.

V. Litigate se necessario, ma chiaritevi e fate pace il più in fretta possibile.

W. Pensate a un piccolo progetto condiviso che possa farvi sentire coinvolti e che vi porti a dialogare, commentare e decidere insieme cosa fare.

X. Incoraggiate il/la partner a coltivare le proprie amicizie e mostrate il vostro interesse al riguardo.

Y. Siate contenti della sua felicità, perché può solo far migliorare il vostro rapporto.

Z. Fate uno sforzo per completare questa lista con qualcosa di adatto alla vostra coppia.

Ringraziamenti

Un grazie dal profondo del cuore alla mia famiglia che accetta di vedersi sottrarre tempo dalle mie passioni. Davide che mi ha incoraggiato a scrivere, in un momento di mio smarrimento per esprimere una parte di me, che scalpitava per uscire. I miei pazienti e le mie pazienti per quello che mi insegnano ogni giorno con le loro storie. Francesco per il suo incoraggiamento e la sua fiducia nei miei confronti. La mia mamma, lucida e saggia con la presenza, semplice e costante che, pur essendo molto anziana e stanca, regala sempre sorrisi che invitano alla vita. Me stesso per la voglia di vivere, l’entusiasmo, la curiosità e la tenacia quotidiana che esprimo.

INDICE