Digitando Digital dementia su Google, si ottengono 5.230.000 risultati. L’argomento è quindi conosciuto, discusso, trattato e oggetto di ricerche da diversi anni.
Quali conseguenze si producono sul benessere psicofisico, e sull’apprendimento, a seguito dell’introduzione massiva di strumenti digitali, nella vita delle persone? Esiste, dunque, un pericolo derivante dall’uso dei media digitali, ma questo non significa che internet, e le altre tecnologie, siano responsabili dirette di alcune problematiche cliniche e fenomeni sociali del nostro tempo. L’uso che ne viene fatto, invece, nasconde insidie subdole che devono essere tenute in considerazione da coloro che ne fanno uso, e dalle figure che hanno la responsabilità educativa delle nuove generazioni.
Voglio fare una premessa che sgombri il campo da dubbi sulla mia posizione al riguardo delle tecnologie che considero eccellenti strumenti. Mio padre e mia madre, persone semplici ma aperte alle novità, comprarono il mio primo computer, un Apple IIc nel 1982, quando la diffusione capillare dei calcolatori non era ancora avvenuta. A seguito di quella prima esperienza informatica, inserii progressivamente nella mia vita, oltre al computer con accesso alla rete, smartphone, WhatsApp, Facebook e Twitter, realizzo personalmente questo sito e leggo quotidianamente libri con un e-Reader usando la sintesi vocale del telefonino. Ho colto nella tecnologia una grande opportunità e, oggi, mi sento autorizzato ad affermare che, insieme ai vantaggi, esistono dei rischi che non devono essere sottovalutati.
La letteratura è ricca su questo argomento; io vi segnalo in particolare un libro che ha ispirato questa mia riflessione, oltre a dargli il titolo. Si tratta appunto di Demenza digitale, dello psichiatra tedesco Manfred Spitzer, edito in Italia da Corbaccio, che vi invito a leggere insieme a Solitudine digitale dello stesso autore..
In questo articolo, sostengo la tesi secondo la quale gli strumenti tecnologici e i media digitali rappresentano un rischio, fintanto che vengono utilizzati prevalentemente per uso ludico, ovvero, tanto per capirci, i giochi sparatutto, oppure quando si intende sostituirli totalmente ai mezzi convenzionali quali i libri cartacei, carta e penna. L’ippocampo è l’area del cervello didicata alla memoria (questa definizione è riduttiva in quanto la memoria è il risultato anche dell’interazione di molte altre aree). A differenza di quanto si è creduto fino ad alcuni decenni or sono, l’ippocampo genera nuovi neuroni (le cellule che compongono il cervello) lungo tutto l’arco della vita. In precedenza, al contrario, si riteneva che il cervello fosse costituito da una dotazione iniziale di neuroni che, col tempo, andava via via riducendosi.
La plasticità del cervello, che continua a modellarsi in funzione dell’uso che ne viene fatto, permette di affermare che, le attività mentali favoriscono o limitano le facoltà dell’individuo. In particolare, lo sforzo fatto per memorizzare informazioni favorisce la creazione di nuove connessioni tra neuroni (sinapsi) e la possibilità di sopravvivere dei neuroni che vengono continuamente generati dall’ippocampo. Il cervello deve essere visto come un organo da tenere in allenamento per tutta la vita. Non usarlo in modo da sollecitarlo al limite delle sue capacità, non lo lascia intatto ma ne favorisce il deperimento cellulare con conseguente decadimento funzionale. Vediamo ora alcuni esempi di attività che aiutavano il buon funzionamento del cervello, e quelle meno virtuose, che lo peggiorano.
- Poter contare sui supporti informatici per memorizzare le informazioni, permette alle persone di non sforzarsi per ricordare. Ad esempio, gli smart phone archiviano per noi i numeri telefonici e gli indirizzi. Gli scettici potrebbero obiettare che un tempo si usava la rubrica cartacea, e che anch’essa sopperiva alla memoria. È vero, ma il processo di scrittura nella rubrica, implicava il soffermarsi sul nome e il numero da memorizzare, creando un approfondimento di conoscenza che sollecitava la creazione di nuove sinapsi. Questo processo viene sostituito da alcuni clic che non implicano alcun positivo approfondimento.
- Memorizzare un percorso stradale quando si avevano solo le cartine, costringeva le persone a crearsi dei riferimenti sia sulla mappa che sul territorio, che approfondivano la conoscenza e lo sviluppo di nuove connessioni nervose. Inavigatori ci conducono a destinazione senza sforzi di memoria per catturare dettagli del percorso o della cartina,
- Studiare su libri cartacei, sottolinearli e trascriverne delle parti, obbligava gli studenti a un più lento lavoro di archiviazione di informazioni, che passava attraverso uno sforzo della memoria utile al funzionamento cerebrale. Il copia/incolla non implica alcuna operazione di approfondimento con conseguente peggioramento delle prestazioni mnemoniche.
- Quando abbiamo imparato che, in presenza di un dato che vogliamo memorizzare, possiamo delegare questa funzione a Google e Yahoo, ci siamo dimenticati che abbiamo un cervello dalle potenzialità straordinarie, e abbiamo iniziato a lasciarlo inutilizzato. Il mobbing al cervello ne inaridisce il potenziale che non sapremo più utilizzare.
- Un’attività ludica e molto sociale come il gioco delle carte costringe il cervello a memorizzare dati e valutare situazioni in modo strategico, sviluppando le capacità del cervello. Un’attività ludica e per niente sociale come infilare monete nelle slot machine, non offre alcuno stimolo in grade di migliorare il funzionamento cerebrale.
- Il gioco nei cortili e nelle strade tra ragazzi, purtroppo meno praticato ultimamente nelle nostre città, sviluppa competenze sociali per le quali il nostro cervello è progettato. La corteccia cerebrale di chi ha molte relazioni sociali dal vivo, è più sviluppata di chi per qualsiasi ragione tende a ridurre il contatto diretto. Tra le ragioni che riducono i rapporti diretti, la virtualizzazione consentita dai social network è la più importante in questo momento. Le relazioni mediate dal web risultano più superficiali, meno stimolanti e legate a gesti privi di ogni approfondimento (i Like o Mi piace).
- La televisione come intrattenitore dei bambini limita l’espressione della loro creatività e lo sviluppo del loro cervello sociale, La vita moderna limita il tempo da dedicare al gioco con i bambini, ma ricordiamo che il gioco con altri bambini, con i genitori, con i nonni o con baby sitter in carne e ossa, sviluppa l’intelligenza dei figli, in quanto allena i neuroni e ne favorisce la crescita. La televisione sempre accesa in casa è cattivo cibo per il cervello, così come le merendine industriali sono cattivo cibo per tutto l’organismo.
La lista è infinita. Le tecnologie sono strumenti al servizio dell’uomo, alle quali dare lo stato di utilities e non di protesi del cervello. Se utilizzate senza delegare loro funzioni fondamentali del nostro organo più complesso, come la memoria e le relazioni sociali, possiamo trarne vantaggi straordinari, senza perdere le conquiste ottenute in migliaia di anni di selezione naturale.