Introduzione
Nella nostra epoca si sta allentando il rapporto con gli elementi che hanno avuto da sempre un rapporto strettissimo e quotidiano con gli esseri umani. Il legame con la natura, la terra, il cielo, lo spazio e il cibo perdono progressivamente il contatto con le nostre vite, sostituiti da elementi funzionali alla sopravvivenza, ma privi della loro conoscenza diretta. Lo stesso vale per le relazioni interpersonali e, a breve, anche esperienze solitamente vissute realmente verranno rimpiazzate da esperienze virtuali.
Oggi, pochi di noi saprebbero sopravvivere senza energia elettrica, cosce di pollo pronte in vaschette di plastica, automobili, acqua corrente e riscaldata, scatole di pasta pronte da cuocere, medicinali in grado di toglierci il dolore appena si presenta, fogli di carta e penna a sfera per lasciare traccia scritta della propria esperienza, scarpe che proteggano i nostri piedi mentre camminiamo o muoviamo in ambienti privi di predatori. Nessuno di noi saprebbe procacciarsi il cibo in un ambiente naturale o costruire uno strumento utile alla sopravvivenza. La tecnologia ci ha portato nelle case computer e software con primitiva intelligenza artificiale che allenteranno ulteriormente il legame con noi stessi e con la nostra natura.
Viviamo in un mondo dominato dalla tecnica, dove lasciare una testimonianza scritta significa premere dei tasti e venire aiutati da un correttore automatico. Diverso è saper costruire uno strumento per tagliare una pianta, lavorare il legno, impastare la cellulosa per creare dei fogli di carta, cercare piante dalle quali estrarre sostanze da usare come inchiostro e costruire strumenti per scrivere.
Questo contesto ci ha allontanati dalle radici della vita e, al contempo, l’attuale civiltà premia l’individuo, piuttosto che il bene comunitario e alla conservazione dell’ambiente. L’individuo, tolto dal suo contesto comunitario, e spinto a perseguire obiettivi individuali, ricerca per sé piacere, soddisfazione e contentezza.
L’attuale civiltà allontana dalle radici, ci impedisce di rimanere in contatto con la nostra natura. Abbiamo dei limiti che vanno tenuti in considerazione quando si formulano obiettivi volti a essere contenti, soddisfatti e talvolta felici.
Il piacere è divenuto un obiettivo individuale e non comunitario. Essere contenti appare sempre più difficile ed è responsabilità di ciascuno.
Aspettative e insoddisfazione
Contentezza, soddisfazione, successo e felicità; queste condizioni dell’animo umano sono obiettivi comuni delle persone ed è legittimo perseguirli, ma non sono affatto scontate. La condizione umana, infatti, non le prevede per nascita, ma in effetti si possono essere momenti di felicità, soddisfazione o contentezza del proprio percorso di vita. In una società che valorizza l’individuo fino a raccontargli che può raggiungere qualsiasi obiettivo, a patto che lo voglia, egli si crea delle aspettative che, nel confronto con la realtà, verranno deluse. La delusione genera scontento e insoddisfazione per la propria condizione.
L’epoca del narcisismo e dell’individualismo, in cui l’individuo e la sua realizzazione vengono messi al centro e considerati molto più importanti di quanto sia avvenuto nei millenni precedenti. Quando la centralità di uno individuo diminuisce a causa dei suoi limiti e delle condizioni ambientali, egli si sentirà probabilmente frustrato, scontento e insoddisfatto.
Pensare di poter essere costantemente al centro del proprio mondo, e rendersi invece conto che la vita non lo consente, ha come conseguenza l’emergere di emozioni negative. Non essere riconosciuti o marginalizzati, rende infelici, scontenti e frustrati. Vediamo tre ragioni di scontentezza.
1 Cecità selettiva per i propri limiti
La forbice tra le aspettative individuali e la realtà è alla base di molti dei nostri stati emotivi negativi. Il Sé ideale e il Sé reale, quando non sono allineati, diventano la fonte del malcontento, La società dei diritti individuali crea aspettative che, quando entrano in conflitto con la realtà, rendono insoddisfatti di se stessi. Se nutriamo in cuor nostro dei desideri, ma non sappiamo riconoscere i nostri limiti, siamo destinati a non vederli soddisfatti e, quindi, essere scontenti. Il limite delle nostre possibilità sembra venire ignorato, perché ammettere di avere dei limiti non viene preso in considerazione.
I desideri che non tengono conto dei limiti umani, non possono venire soddisfatti; li abbiamo visti nascere dentro di noi, li abbiamo nutriti e li abbiamo ritenuti un diritto. I desideri, al contrario, non sono diritti, ma devono fare i conti con la realtà. In particolare, ogni volta che testiamo i nostri desideri mettendoli a confronto con la realtà, scopriamo quanto siano limitate le possibilità umane.
2 Il mancato riconoscimento
Tra le ragioni per le quali si può essere scontenti vi è il mancato riconoscimento da parte del mondo esterno.. Sempre più assistiamo all’esibizione individuale pubblica in vista di riconoscimento. Il fine è venire riconosciuti, e da ciò si trae la misura del proprio valore. Naturalmente non si tratta di un fenomeno nuovo, ma l’epoca di Instagram ha come sua icona quella dei Like e delle visualizzazioni come obiettivo individuale di sempre più persone. Io è la parola d’ordine, ma se nessuno mi riconosce Io mi sgonfio e con me il mio valore personale. Il valore che dovrei percepire in quanto persona si rimpicciolisce con il numero delle visualizzazioni del mio profilo.
3 Il vittimismo
Il vittimismo è causa di scontento e appare come una caratteristica della nostra epoca. Non ho ricevuto quanto avrei dovuto e di questo ho patito. Il vittimismo diventa un alibi per essere scontenti, una ragione per lamentarsi e percepirsi creditori nei confronti della vita che non ha offerto quanto dovuto.
Le fonti della soddisfazione
Oggi sembra che tutti posano e debbano raggiungere l’apice della felicità indipendentemente dalle condizioni di partenza. Il confronto con la realtà è il necessario avvio di un percorso. Se partiamo dai desideri, da come immaginiamo i nostri obiettivi e, solo a posteriori analizziamo le cause dell’insoddisfazione e dello scontento, abbiamo commesso un errore metodologico.
Innanzitutto, dovremmo osservare chi siamo, valutare quali strumenti abbiamo a nostra disposizione e quali sono i limiti oggettivi che incontreremo. Solo dopo questa analisi, possiamo formulare per la nostra vita dei desideri e degli obiettivi ragionevolmente raggiungibili.
Basta volerlo!!!
Questa affermazione non funziona; la ferma e determinata volontà di puntare alla felicità, attraverso l’impegno, deve innanzitutto essere analizzata in rapporto alla realtà. Tutti siamo parte di un contesto interagente, nel quale le possibilità individuali sono di dimensioni finite. I punti di partenza sono diversi per ognuno di noi e questo ci rende unici e irripetibili, ma non nel senso che abbiamo dei diritti a prescindere; al momento attuale, non tutti saranno in grado di soddisfare i propri desideri. Nel mondo le disparità esistono e sono palesi. Ascoltare chi racconta che tutti abbiamo diritto e possiamo essere felici, ci metterà nelle peggiori condizioni per essere soddisfatti della vita.
Come essere meno scontenti?
Marcello Veneziani (Festival filosofia 2024) citando Giacomo Leopardi, evidenzia come lo scontento possa rappresentare una spinta al cambiamento. Quindi, si può pensare che maggiore è lo scontento e maggiore è la spinta a mettere in discussione i vecchi valori e comportamenti.
L’insoddisfazione e lo scontento possono farci agire per uscire da questa condizione penosa. Come fare? Il buon senso suggerisce di:
- tornare alla realtà e prendere atto della nostra condizione reale;
- ridurre le aspettative;
- essere attivi, mettersi in moto.
Siamo più scontenti dei nostri antenati?
Guerre, carestie, fame ed epidemie di cui leggiamo sui libri di storia, sono ancora presenti nell’esperienza umana. È indubbio però, che molte più persone oggi vivono condizioni meno estreme e più confortevoli. Eppure, questa condizione sembra contribuire alla presenza significativa di persone insoddisfatte della propria esistenza. Lo scontento è sempre esistito, eppure, l’individualismo sembra aver accentuato queste emozioni nel nostro tempo.