I genitori che non sanno dire “No” ai figli sono molti, e questa loro difficoltà ha ripercussioni sulla crescita dei bambini. Qual è la funzione dei “No“?
Delineare i confini
I “No“, spiegati con un linguaggio consono all’età, ma talvolta anche privi di una giustificazione, pongono dei confini ai comportamenti dei bambini, insegnando loro ad accettare emozioni e limitazioni e frustrazioni. Pur sapendo quando servano dei confini, dire “No” produce nei bambini delle reazioni che possono risultare indigeste ai genitori. Sia che si tratti di rabbia, frustrazione, delusione o tristezza, l’impatto sui genitori può essere emotivamente difficile da gestire. Sopportare la delusione e le altre emozioni negative dei figli, mette alla prova la tenuta delle scelte genitoriali.
“No, non puoi“, anche se spiegato in modo adeguato, non sempre viene compreso e accettate dai bambini. Più sono piccoli e più hanno difficoltà ad accettare di non poter realizzare ciò che desiderano. Tutto e subito è il principio che li guida.
Differenze tra il papà e la mamma
Nonostante il cambiamento nella suddivisione dei compiti di cura tra i papà e le mamme avvenuto negli ultimi decenni, i figli sono, ancora oggi, maggiormente accuditi dalle mamme. I padri sono maggiormente impegnati nel gioco con i bambini, mentre le mamme dedicano più tempo alla cura. Le mamme passano più tempo con i figli e si occupano in misura maggiore di compiti basilari come cucinare, pulire, seguire i bambini nei compiti o seguirli nelle attività extrascolastiche. Le differenze lavorative tra uomini e donne contribuiscono alle differenze nel tipo di impegno con i figli da parte dei genitori. Ancora oggi, sono le donne a rinunciare maggiormente allo sviluppo della carriera lavorativa per occuparsi dei figli.
Sentirsi approvati dai figli a ogni costo
L’espressione frustrata dei bambini ha effetto sui genitori. Dispiacere, senso di colpa e disagio possono farsi spazio, pur sapendo che esiste una ragione che ha condotto a quel “No”.
Dire “No” costa fatica poiché bisogna spiegare, giustificare o imporre. I bambini non si arrendono e tantomeno lo fanno gli adolescenti, che hanno fra i loro compiti di crescita quello di prendere le distanze dai modelli genitoriali. I genitori sarebbero agevolati da una serena accettazione dei “No”, ma chiedere e ricevere una risposta comporta una negoziazione che insegna molto a entrambi. il processo negoziale comporta per i figli la ricerca di un pertugio che tramuti il “No” in “Si”. Qui risiede la fatica dei genitori che devono chiudere gli spazi, fare o negare eccezioni e trovare un accordo evitando, se possibile, decisioni non negoziate.
Mantenere ferma una posizione comporta un conflitto e questo significa sentimenti negativi che i figli potrebbero manifestare nei confronti dei genitori. Ecco il punto: sopportare i sentimenti negativi che i figli non hanno timore a esprimere quando vedono limitata la soddisfazione delle loro richieste. Sembrerebbe più semplice dire “Si” in partenza, o cambiare il “No” in un “Si”. Ma quali sono le conseguenze dei “Si” che avrebbero dovuto essere dei “No”?
Il significato dei “Si” e quello dei “No”
“Si” significa accontentare i figli, ma anche essere approvati da essi, evitare il conflitto e risparmiare energie. Ogni genitore vorrebbe trovarsi nella condizione di dare questa risposta e, quando non è possibile, si pone la domanda: cedere o tenere fede alla scelta ritenuta più corretta? La fermezza dei genitori, con la dovuta flessibilità che talvolta può risultare conveniente, offre ai genitori la tranquillità di una scelta “giusta”, la conferma del proprio ruolo di guida, un messaggio di fermezza quando si è certi della propria posizione, quindi un insegnamento non trascurabile.
“No” significa scontentare i figli, spiegare, pazientare e sopportare il disagio di negare ai figli qualcosa che rappresenta un loro desiderio. Dire “No” può essere frustrante e doloroso, ma come dice un vecchio proverbio “non è un buon medico quello che non ti fa la puntura per non farti sentire il dolore“.