Il termine transessuale, nell’immaginario comune, evoca l’immagine di una persona dalle sembianze femminili, nata con un corpo maschile. Nulla di così semplicistico. È bene partire dall’inizio, ovvero dalla netta sensazione che alcune persone provano sin dalla giovinezza, di essere uomo o donna dal punto di vista fisico, ma di sentirsi, percepirsi, viversi, pensarsi come del sesso opposto.
Innanzitutto queste sensazioni riguardano sia gli uomini che le donne ed è opportuno specificare che i transessuali e le transessuali sono persone che stanno affrontando un percorso psicologico e medico di transizione, che dovrebbe condurle a sentirsi più vicine alla loro identità psicologica e, in molti casi, alla riattribuzione chirurgica del sesso, con l’esito finale di trasformarsi completamente in persone del sesso opposto a quello della nascita. Un uomo che si sente in modo stabile donna e intraprende il percorso di transizione, al termine, vedrà coincidere la propria identità femminile con un corpo femminile. In questo caso, la persona viene definita una transessuale, in quanto l’articolo va riferito al genere cui giungerà al termine del percorso.
Ho introdotto alcuni concetti che vanno ben specificati al fine di fare chiarezza. Il genere, maschile o femminile, riguarda l’identità e il ruolo sociale di un individuo. Sentirsi uomo o donna, significa percepirsi in linea con le richieste sociali per quel genere, ovvero viversi come adeguato e a proprio agio con le attese della cultura e della comunità nella quale si vive. Essere uomo o donna non ha però alcun legame con l’orientamento sessuale della persona. L’orientamento sessuale riguarda chi ci attrae eroticamente e affettivamente: uomini, donne, entrambi o, come nelle persone asessuali, nessuno dei due. Un uomo attratto eroticamente da uomini è gay, mentre una donna attratta dalle donne è lesbica. Un uomo attratto dalle donne, che si sente a sua volta donna e intraprende il percorso di trasformazione del proprio corpo in un corpo femminile, rimanendo attratta dalle donne verrà etichettata socialmente come lesbica. Il termine con cui si definisce la condizione delle persone che si percepiscono del sesso opposto a quello biologico è disturbo dell’identità di genere o disforia di genere. Alcune persone vanno aldilà dei ruoli, delle aspettative sociali, degli atteggiamenti che la società si attende, travalicando i confini tra i generi e vengono genericamente definite transgender. Va inoltre distinta la condizione di travestito, che comporta eccitamento sessuale nel vestirsi con abiti del sesso opposto, ma non avere alcun dubbio sulla propria identità. Il feticismo da travestimento fa parte delle parafilie al pari della pedofilia, del freuterismo, del sadomasochismo, dell’esibizionismo ecc.
Il percorso di transizione dura alcuni anni e deve essere avallato dal parere di medici e psicologi che hanno il compito, non sempre facile, di distinguere un disturbo dell’identità di genere da transitorie condizioni in cui la persona vorrebbe cambiare sesso, ma persiste un dubbio sulle motivazioni. Una volta accertata l’idoneità alla transizione, la persona deve essere seguita da diverse figure mediche specializzate e da psicologi esperti. Oltre alle trasformazioni fisiche prodotte dalle terapie ormonali la transizione prevede interventi chirurgici di femminilizzazione o mascolinizzazione che culminano nella riassegnazione chirurgica del sesso.
Il disturbo dell’identità di genere comporta grave sofferenza psicologica e relazioni con il mondo esterno complicate da stereotipi, pregiudizi e molta ignoranza. La condizione fa sentire questi individui nel corpo sbagliato, con caratteristiche anatomiche non corrispondenti all’identità psicologica. Per molti la doppia vita è inevitabile. Momenti da uomo e momenti da donna si alternano, senza però consentire quella unicità tra corpo e mente che ci consente di essere e sentirci in modo coerente.