Infermiera, psicologa, mamma, salvatrice, sorella o redentrice di un uomo potrebbe essere la vostra vocazione ma noi che vi osserviamo dall’esterno, avevamo inteso che foste fidanzati, oppure marito e moglie. Alcuni comportamenti sembrano più adatti se rivolti a un bambino piuttosto che a un adulto.
Si tratta di un prendersi cura che va molto aldilà dei gesti di attenzione affettuosi e amorosi che derivano dall’empatia, dal cercare di essere vicini emotivamente e fisicamente alla persona amata. Le cure, le attenzioni e le preoccupazioni sono un bisogno di chi le mette in campo, piuttosto che di chi le riceve. O meglio, non sempre chi le riceve ne avrebbe bisogno, ma si adatta a ricevere cure premurose che però possono sfociare nell’invadenza. La coppia, in realtà, vive in un equilibrio basato su una dipendenza reciproca, dove lei si immola per alleviare le presunte sofferenze o incapacità di lui, immaginato come poco capace di badare a se stesso.
Annullo me stessa per occuparmi di te.
Non stiamo però parlando di un comportamento autenticamente altruista, ma del bisogno di alleggerire un senso inconsapevole di colpa e trovare un po’ di quiete interiore. Possiamo ipotizzare il bisogno di evitare al partner le sofferenze provate nella propria vita, anche se ogni individuo ha una propria storia irripetibile. Dare senso alla propria vita dedicandosi all’altro non è necessariamente una scelta, ma può servire a colmare un senso di sé così rarefatto da dover trovare una ragione esterna per legittimare la propria esistenza.
L’uomo che rimane in questa situazione, accettando questo tipo di relazione, può percepirsi a propria volta fragile, esserlo davvero o approfittare di una situazione comoda. Si potrebbe affermare che, se la situazione va bene a entrambi, significa che hanno trovato un equilibrio. In verità, mi sento di affermare che la mancanza di consapevolezza delle proprie dinamiche interne fa si che la donna senta di stare bene in quella relazione. Purtroppo, o per fortuna, non è raro che, a un certo punto della vita, la consapevolezza di non vivere pienamente la propria vita in nome del Io ti salverò si manifesta in modo dirompente con una crisi di senso che costringe la donna a rileggere la propria esistenza e, se ne avrà la forza e le condizioni pratiche lo consentono, rimetterà tutto in discussione.
L’atteggiamento da salvatrice può manifestarsi anche in situazioni diverse da quelle di bisogni concreti, ma anche quando l’uomo viene ritenuto quasi perfetto, da rendere perfetto. La donna potrebbe accorgersi ad esempio, di avere a che fare con un uomo introverso e poco incline alla condivisione dei propri stati interni. Usando un altro linguaggio potrei dire che la donna, bisognosa di condividere le proprie emozioni, e desiderando che il proprio compagno faccia lo stesso, tenda però a trascurare per un lungo tempo che si trova al cospetto di un uomo distanziante e poco a suo agio con l’intimità. Io ti salveròl in questo caso, potrebbe significare, io ti insegnerò a raccontarmi come ti senti dentro, ti farò da esempio di come si fa e ti farò percepire tutti i vantaggi di questo atteggiamento.
Nulla di più velleitario. Il poco interesse verso gli stati interni a favore degli aspetti pratici della vita è frutto di una storia di attaccamento in cui è stato fondamentale per quell’uomo evitare di sentire emozioni molto dolorose. La causa di certi atteggiamenti è molto legata alla nostra cultura che solo da poco tempo chiede e permette ai bambini maschi di entrare in contatto con proprie emozioni. Tanto per capirci sto riferendomi ai celeberrimi stereotipi di genere, in cui maschi e femmine vengono incoraggiati sin dall’infanzia ad assumere comportamenti differenti in base al genere.