Noi non ci arrabbiamo ma decidiamo di arrabbiarci.
Questa affermazione può non essere accettata perché la rabbia è molto potente e viene spesso percepita come incontenibile e difficile da gestire.In generale potremmo chiederci se sia utile trattenere dentro di sé le emozioni, piuttosto che esprimerle dando loro voce. L’espressione delle emozioni, se non provoca effetti negativi a sé o agli altri, libera energia che altrimenti finisce per rimanere compressa dentro chi le prova. Esprimere la propria gioia a qualcuno che ci vuole bene ed è felice per la nostra felicità è sicuramente bello e utile. Esprimere liberamente la propria rabbia a un nostro superiore in azienda è quasi sempre inutile e dannoso ai nostri interessi e, inoltre potrebbe farci sentire male in seguito. È vero anche che, talvolta, l’espressione della rabbia rappresenta il ritrovare il contatto con se stessi e con i propri valori. Probabilmente potremmo farlo prima e senza urlare, in modo assertivo e costante, così da non arrivare mai a caricarci come delle pentole a pressione. Eccoci così arrivati all’affermazione iniziale, individuando due situazioni che possono farci da esempio.
Nella prima, abbiamo evitato di dire apertamente e in modo fermo, ma educato, il nostro pensiero / disappunto. In questo caso è facile, a un certo punto, perdere il controllo ed esplodere con le conseguenze che si possono immaginare.
Nel secondo caso, l’episodio che ci fa arrabbiare è estemporaneo, occasionale, e ci coglie di sorpresa mettendo a dura prova la nostra capacità di gestire gli stati interni. In questo secondo esempio, la nostra corteccia cerebrale si dovrebbe attivare molto rapidamente per mettere sotto controllo il più antico cervello limbico e il cervello rettiliano, che ci indurrebbe a reagire, l’uno in preda a emozioni fortissime, l’altro seguendo il primordiale istinto di sopravvivenza attacco / fuga.
Troppo spesso, il libero sfogo che viene dato alla rabbia, ha significati che vanno ben aldilà dell’episodio scatenante. Se riuscissimo a essere consapevoli di queste ragioni sottostanti, potremmo accorgerci che l’episodio scatenante è una scusa per liberarci di tutta l’energia accumulata a causa delle vite che conduciamo, che ci costringono a reprimere i nostri impulsi. Sarebbe già un passo avanti rivolgere la nostra rabbia verso le persone o le situazioni che l’hanno generata, anziché lasciarci attivare dall’ultimo episodio.
Un altro aspetto da considerare è l’atteggiamento che abbiamo nei confronti della vita. Potremmo chiederci per cosa abbia davvero senso arrabbiarsi. Episodi dolorosi della vita come la perdita di una persona cara, magari improvvisa, ci riporta a contatto con la precarietà della nostra presenza e sull’opportunità di utilizzare meglio le nostre risorse, piuttosto che consumarci dando spazio a sentimenti negativi che ci allontanano dalla possibilità di godere al meglio le opportunità che la vita ci offre. Non si tratta di superficiali considerazioni filosofiche. Se vi è mai capitato di perdere improvvisamente un giovane amico, potete ricordarvi del senso di impermanenza di tutto ciò che ci circonda, noi compresi. In questi casi diventa urgente godere ogni piccolo istante e la rabbia avvelena tutto quello che ci sta intorno, come le fognature lasciate scaricare in mare, impediscono di fare il bagno che ci darebbe tanta gioia.