Il tempo dedicato a se stessi è di fondamentale importanza per l’equilibrio psicofisico. Non si tratta di fare qualcosa di eccezionale, ma piuttosto di prendersi cura del corpo, della mente e dello spirito. Un bagno caldo rilassante, una corsa nel parco, una caffè con un’amica, una seduta dal parrucchiere, la lettura di un libro sul divano o riordinare i cassetti nei quali non si trova più nulla a causa del disordine.
Questo tempo, così prezioso, rappresenta spesso un bisogno insoddisfatto per molte donne dopo la nascita dei figli. Le attività di cura sono infatti in grado di drenare tutte le energie disponibili e ricaricarsi diventa indispensabile. Non serve solo dormire, ma ricaricarsi distraendosi dalle attività ripetitive e logoranti legate alla cura dei figli e della casa.
L’uomo, ancora oggi, può rifugiarsi nel lavoro, che offre stress, ma anche variabilità nelle attività da svolgere. È un modello culturale che relega le donne in ruoli di quali non riescono ancora a sentirsi ed essere considerate libere. Anche le donne lavorano e, spesso, rientrano dopo pochi mesi dal periodo di maternità, ma ancora oggi, il peso della quotidianità legata ai figli grava su di loro. Gli uomini delegano alle donne quello che, in realtà, non hanno molto piacere di fare. Non si tratta, infatti, di nulla di complicato, o che solo le donne possono e sanno fare, ma agli uomini è sgradito o noioso, e risulta più semplice dire che non sanno farlo bene come le donne. Non credo sia difficile sapere dove si trovano i pantaloni del bimbo o quando sarà la riunione di classe; in realtà non ci piace occuparci di questi aspetti della vita familiare.
Fino a questo punto, viene da dire che ciò che conta sia la presenza di equilibrio e di armonia in casa, aldilà di chi faccia le ripetitive cose di casa. Purtroppo, talvolta, equilibrio e armonia vengono meno sotto il peso della fatica e della percezione di disuguaglianza nella divisione dei compiti legati alla cura e all’organizzazione domestica. I lavori di casa e di cura, col tempo, fanno emergere il senso di disparità e ingiustizia nella distribuzione dei compiti.
A questo punto, la donna potrebbe alzare la mano e chiedere aiuto, sacrificarsi, oppure esplodere. Peraltro, anche la richiesta di cambiare le regole interne alla coppia non è detto che venga presa concretamente in considerazione. La necessità di riequilibrare i carichi di lavoro è comunque l’aspetto pratico da risolvere, ma nella donna potrebbe permanere il disagio di non essere stata presa in considerazione, se non dopo aver protestato.
La percezione di una spontanea equità nella suddivisione dei compiti, in questi casi, non fa parte della cultura familiare. Sia l’uomo che la donna si accomodano implicitamente su un equilibrio precario che, a lungo andare, nella donna può diventare insoddisfazione generale, minore desiderio sessuale, senso di ribellione e distanziamento dal partner.
Per mantenere viva la coppia, è quindi indispensabile che entrambi siano contenti del loro ruolo, dei carichi di lavoro e del tempo libero a disposizione. Non esistono regole buone per tutte le coppie; ma è necessario trovare il proprio, tenendo conto delle aspirazioni di ciascuno e delle culture familiari di provenienza, che influenzano l’immagine di coppia che ogni partner porta con sé, e che vorrebbe realizzare.