Perché pensando a un primario di ospedale ci viene in mente un uomo, e associamo a un insegnante di asilo nido una donna? Perché se una ragazza ha un comportamento grezzo la potremmo definire maschiaccio e se un ragazzo è molto emotivo potremmo pensare che si comporti come una femminuccia.? (Visualizza presentazione)
Questo articolo tratta il tema degli stereotipi legati al genere. In greco, la parola stereòs significa rigido e tùpos significa impronta. Nel XX secolo la parola stereotipo assume l’accezione attuale comunemente usata, e indica lo schema mentale che si attiva automaticamente in riferimento a un insieme di individui. Lo stereotipo è costituito da un insieme di credenze, opinioni e caratteristiche, coerenti e rigidamente connesse tra loro, associate a un gruppo o categoria sociale (ad esempio le donne, i rifugiati, gli anziani, i politici ecc.). Si tratta di semplificazioni della realtà; a tuuti i membri del gruppo vengono infatti associate le stesse immagini e rappresentazioni della realtà prive di dettagli dei singoli. Quando siamo di fronte a qualcosa o qualcuno di poco familiare, cerchiamo di categorizzare o generalizzare, e questo ci serve per inquadrare la realtà. Gli italiani, ad esempio, come gruppo sociale, conoscono bene l’etichetta non certo lodevole di essere mafiosi. Quanti di noi lo sono davvero? Sicuramente molti si sentiranno ingiustamewnte etichettati e gradirebbero essere riconsciuti per le proprie caratteristiche individuali, quelle reali, e non di un gruppo presupposto omogeneo al suo interno.
Gli stereotipi di genere sono percezioni rigide e distorte della realtà, in relazione ai comportamenti femminili e ai comportamenti maschili. Ne deriva che ci aspettiamo specifici comportamenti dagli uomini e dalle donne. Ad esempio, da un uomo ci attendiamo l’espressione della forza, mentre da una donna ci aspettiamo un comportamento sensibile. Gli stereotipi di genere sono quindi aspettative consolidate, rispetto ai ruoli che uomini e donne dovrebbero assumere, in quanto biologicamente uomini o donne. Nessuno sguardo oggettivo, ma schemi pronti per leggere e interpretare il comportamento. I principali stereotipi di genere connessi al modello maschile, sono quelli che vedono l’uomo come autonomo, attivo, con forte personalità, con grandi capacità logiche, amante delle discipline tecnico – matematiche, realista, difficilmente influenzabile, capace di separare i sentimenti dal pensiero, mai inquieto, con spirito di avventura e capacità di comando. Le donne invece, secondo gli stereotipi di genere più ricorrenti, sono più tranquille degli uomini, non sono aggressive, sanno ascoltare, sanno esprimere i sentimenti, amano occuparsi degli altri e non ambiscono il potere. Esistono molte teorie che spiegano perché si formano gli stereotipi; la maggior parte di queste teorie concorda nell’affermare che gli stereotipi sono un modo per semplificare la realtà in cui viviamo e un modo per orientarci in essa. Riducono la complessità dell’ambiente, ci portano quindi a rappresentare, in modo parziale, il mondo in cui viviamo attraverso immagini così distorte e generalizzate, da annullare le differenze individuali. Offrono di fatto una realtà semplice, ma falsa, perché priva di dettagli che la descrivano scrupolosamente. Quando ragioniamo e ci comportiamo sulla base di stereotipi, abbiamo una visione molto riduttiva della complessità che ci circonda, e rischiamo di dare interpretazioni fuori luogo rispetto a quello che percepiamo. Proviamo a chiarire questi concetti con un esempio. Il signor Rossi si reca presso uno studio di progettazione per una consulenza. Quando entra nella studio si trova davanti un uomo e una donna, entrambi giovani. Il signor Rossi considera scontato che l’uomo sia l’ingegnere con cui deve parlare, e che la donna sia la segretaria. In realtà, il ragazzo è uno stagista e la ragazza è l’ingegnere con cui ha appuntamento. Per il signor Rossi la professione dell’ingegnere è svolta dagli uomini. Chi viene classificato usando uno stereotipo, si ritrova ingabbiato in stili di vita e situazioni che limitano l’azione e il pensiero. Tanto più gli stereotipi di genere sono socialmente condivisi, cioè sono approvati da un gran numero di persone, tanto più diventa difficile, per coloro che ne sono vittime, agire in modo difforme da quanto imposto. Infatti, in questi casi, è molto forte la riprovazione nei confronti di coloro che non si adeguano a quanto imposto dalla società di cui fanno parte. Da qui discendono due tipi di effetti, generati dall’utilizzo di stereotipi: un effetto rassicuratore e un effetto difensivo. L’effetto rassicuratore consente di non mettere in dubbio le cose così come crediamo che siano e offre la possibilità di credere di non sbagliare. La funzione rassicuratrice contribuisce a confermare che le proprie interpretazioni dei comportamenti altrui siano esatte e indiscutibili. Ad esempio, attenderci che i nonni, in quanto nonni, debbano aver voglia di stare con i bambini, è una cosa che ci rassicura: in realtà anche le persone anziane possono avere altri interessi e poca voglia di stare con i propri nipotini. Se però ci troviamo di fronte ad una situazione in cui un nonno o una nonna, ci confessassero di non avere come primo interesse quello di stare con i nipoti, probabilmente, almeno all’inizio, ci sentiremmo disorientati e, forse, infastiditi da qualcosa che non ci aspettavamo. L’effetto difensivo consente, quando si traggono dei privilegi da una certa situazione, di non mettere in discussione le cose e fare in modo che niente cambi, permettendoci di trarre dei vantaggi dalla situazione, così come si presenta. Pensiamo ad esempio ai primi coloni americani; per secoli, essi hanno sottomesso le popolazioni indigene sulla base di una loro presunta inferiorità culturale. Tutti gli individui di una società sono vittime degli stereotipi di genere, in particolare i gruppi considerati più deboli. Le donne, ad esempio, incontrano ancora oggi molti problemi nel far comprendere che le proprie aspirazioni e le proprie attitudini non si limitano ad un ruolo di future mamme e alla cura dei componenti familiari. Tuttavia anche gli uomini ne sono in realtà colpiti; gli stereotipi, infatti, vogliono che gli uomini siano prevalentemente dediti al lavoro e che non manifestino troppo apertamente i propri sentimenti. Questo determina che le donne si aspettino, ed accettino, uomini poco affettuosi e poco disposti a collaborare in modo condiviso e paritario alle incombenze familiari. È uno stereotipo sfavorevole agli uomini, quello che li vuole poco affettuosi, controllati e distaccati e in modo più o meno indiretto ostacola l’affermarsi di una società in cui la condivisioni dei ruoli familiari sia equilibrata.
È utile infine sottolineare la differenza che esiste tra il concetto di stereotipo e quello di pregiudizio. Il pregiudizio è il nucleo cognitivo, cioè la premessa alla formazione degli stereotipi. Il pregiudizio prevede l’attribuzione di caratteristiche, dal connotato negativo o positivo, ad altri gruppi. Se, andando in Svizzera, ci aspettiamo di trovare efficienza, strade pulite e buona cioccolata, siamo in presenza di uno stereotipo. Se evitiamo di andare in Germania perché i tedeschi sono freddi e burberi siamo invece di fronte ad un pregiudizio. Se generalizziamo pensando che tutte le donne non sappiano guidare siamo di fronte ad uno stereotipo, se non saliamo in macchina con una donna appena conosciuta ad un corso siamo di fronte a un pregiudizio.
Gli stereotipi relativi alla vita sessuale
Esistono stereotipi che riguardano l’attività sessuale di un uomo e di una donna. L’uomo, secondo un’idea diffusa culturalmente ma che rimane sottotraccia, nei meandri del non detto, avrebbe la responsabilità di guida della vita sessuale. L’uomo dovrebbe farsi portatore della conoscenza del come si fa, come si da piacere, quali sono i limiti e i confini della vita sessuale. Questi stereotipi vedono l’uomo preda dei suoi istinti, e la donna pronta a soddisfarlo, anche disinteressandosi del proprio piacere. Oggi parte di queste rigidità si attenuano, ma incontro ancora uomini che hanno bisogno di far raggiungere l’orgasmo alla compagna con la sola penetrazione, coppie che ricercano in modo angosciato l’orgasmo simultaneo, donne che non chiedono, uomini che si sentono tali solo dopo prestazioni da supereroe, uomini che vedono i genitali, e il loro uso, come unico strumento per dare piacere, anche quando le loro compagne chiedono carezze e baci. Le donne rimangono spesso imprigionate nello stereotipo del non diritto al piacere sessuale, se non come l’uomo lo offre, con notevoli delusioni rispetto alle aspettative. Rompere gli stereotipi della vita sessuale, comporta per le donne l’assunzione della responsabilità piena del proprio piacere, prendendo coscienza del diritto a ottenerlo e allontanandosi da partner egoisti o ignoranti in materia.