Il grave fatto di cronaca, avvenuto nel tribunale di Milano, nel quale un imprenditore dichiarato fallito e condannato per bancarotta fraudolenta, ha ucciso le persone che riteneva responsabili delle sue sventure, mi stimola una riflessione sul senso di responsabilità individuale quando scegliamo di vivere in un contesto sociale dotato di regole, e non in una capanna isolata sul cucuzzolo della montagna.
La sensazione che provo vivendo ogni giorno, leggendo i giornali, ascoltando la radio e guardando la televisione, e che le persone tendano sempre più ad attribuirsi i meriti dei propri successi e a scaricare su altri la responsabilità degli insuccessi.
Questa tendenza molto italiana, trova eccellenti esempi nei personaggi della politica, dello sport, dell’imprenditoria ma pervadono ogni ambito sociale. Parcheggio in seconda fila perché non ci sono parcheggi vicini, evado le tasse perché sono troppo alte, attacco gli insegnanti perché sono prevenuti con mio figlio, aggiro le regole perché lo fanno tutti, insegno con l’esempio che essere furbi è meglio che impegnarsi, sgomito perché altrimenti non arriverò da nessuna parte, metto me stesso al centro anche a costo di prevaricare gli altri.
Quando succede qualcosa di negativo nella mia vita, la responsabilità e la colpa sono di altri; Dio, i politici, i vicini di casa, la sfortuna, le persone che si accaniscono contro di me. Io sono la vittima, loro sono i carnefici.
Ammettere di aver agito coerentemente con le conseguenze provocate destabilizza anziché stimolare una più attenta analisi e programmazione dei comportamenti futuri. Questo atteggiamento è un autoinganno che non contribuisce al benessere individuale, ne tanto meno a quello sociale come è evidente nei fatti di Milano.
Assumersi la responsabilità delle proprie scelte e delle conseguenze che ne possono derivare, porta all’interno della persona il potere sulla propria vita, anche quando le scelte si sono rivelate sbagliate.
L’autostima cresce quando ci comportiamo da adulti responsabili e non quando, colti con le dita nella marmellata, ci arrampichiamo sugli specchi e incolpiamo il mondo di quanto ci accade. L’imprenditore protagonista delle vicende di Milano è figlio di questo modo di pensare. I suoi sono stati comportamenti estremi ma, se ci guardiamo in giro, molti cittadini della nostra Italia stanno seguendo la scorciatoia della deresponsabilizzazione piuttosto che rimanere fedeli ai valori della civile convivenza, del libero arbitrio, dell’assunzione di responsabilità e di rifiuto delle scuse facili.
Dovremmo essere di esempio per le future generazioni imparando a chiedere scusa quando sbagliamo, pagare le conseguenze dei nostri errori, accettare i nostri limiti anziché rifiutarli scaricando responsabilità e colpa fuori da noi stessi.