Tutto subito è il motto della post-modernità ipertecnologica. La posticipazione della gratificazione è una scelta individuale e oggi potrebbe apparire come una forma di autocastrazione, se non le riconoscessimo alcune qualità:
- produce una maggiore e più duratura intensità di piacere;
- permette di riflettere sulle decisioni;
- consente una maggiore consapevolezza;
- aumenta la sensazione di autoefficacia;
- evita di commettere errori derivanti dalla fretta e dall’ansia.
Nell’epoca del tutto subito, è l’individuo che decide di aspettare, di frapporre uno spazio temporale tra nascita del desiderio e la sua gratificazione. La tecnologia permette di annullare quello spazio di attesa che ogni persona, un tempo, doveva imparare a tollerare prima di soddisfare un desiderio.
Come il lettore può osservare nella propria vita, le occasioni di concludere tutto rapidamente e consumare il frutto del desiderio si moltiplicano ogni giorno nella nostra vita, grazie alla tecnologia ormai presente in modo pervasivo. Tutti gli ambiti della nostra esistenza vengono toccati da questo fenomeno. Trovare informazioni, comunicare, acquistare prodotti, consumare sesso, costruire relazioni intime, incontrare amici; tutto subito e molto facilmente. La facilità di accesso è il fattore cruciale. Toglie la possibilità di pensare dopo aver sentito nascere bisogno e desiderio.
La frustrazione che il neonato sperimenta quando il genitore tarda a offrire conforto o cibo, gli insegna ad aspettare, una competenza indispensabile nella vita. Saper rimandare la gratificazione è la competenza psichica che consente di impegnarsi in una qualsiasi attività che darà i suoi frutti al termine di un percorso. La tecnologia rende tutto più accessibile, semplice e veloce, togliendo in parte l’onere dell’impegno e il gusto dell’attesa, fatta di quei momenti in cui si pensa e si pregusta ciò che sta per succedere. Una delle possibili conseguenze di questo modo di soddisfare i desideri è il fatto ciò che abbiamo ottenuto perde più rapidamente il nostro interesse. La tensione che motiva l’organismo viene allentata troppo presto. Esperienze quali desiderare, pensare, immaginare, fantasticare, vengono sostituite troppo presto dall’oggetto desiderato.
Questo conduce anche all’accumulo di oggetti, di esperienze, di partner verso i quali ci sentiamo demotivati e poco attratti. Ritengo che il piacere derivi anche dal procedere lungo il sentiero piuttosto che solo dalla meta. Aspettare, rallentare e arrivare lentamente all’obiettivo, è una nostra decisione che può restituirci in parte l’antico gusto di arare, poi seminare, poi annaffiare, aspettare, sperare, immaginare, raccogliere, trasformare e infine consumare come raggiungimento del traguardo.