Il comune denominatore delle minoranze sociali è la pressione psicologica cui i soggetti vengono loro malgrado sottoposti dal gruppo che rappresenta la maggioranza. Nascere all’interno di un contesto e scoprire nel corso della vita di essere diversi dalla maggior parte delle persone che stanno intorno. Gay e lesbiche, ma anche una parte dei disabili (disabilità non evidenti ma invalidanti, disabilità incontrate nel corso della vita ad esempio), scoprono di essere crsciuti e vivere in un ambiente che ha generato regole, costumi, linguaggio e spazi su misura per la maggioranza dei soggetti, ma non per loro. Il linguaggio, ad esempio, presenta spesso riferimenti negativi alle minoranze come frocio o handicappato, che finiscono per creare spiacevolissimi sentimenti nei soggetti interessati. La presa di coscienza della propria diversità e l’accettazione di questa diversità, è un passaggio cruciale nella vita di chi appartiene a una minoranza. Questo passaggio può avvenire a diverse età e richiedere spesso molto tempo e sofferenza.
L’ambiente è costruito per la maggioranza dei soggetti e regolato in modo da preservarne diritti e privilegi. Il soggetto minoritario deve operare su se stesso al fine di accettarsi e accettare le proprie caratteristiche così come sono. In molti casi il primo censore della propria diversità è il soggetto stesso, che finisce per colludere col pensiero maggioritario e soffrire in silenzio.
Ogni persona ha delle proprie caratteristiche, non delle mancanze e ognuno è una delle infinite varianti con cui si presenta la vita, ma la comprensione e l’accetazione profonda di questa affermazione rappresentano i passaggi cruciali nel processo di adattamento al mondo circostante.