Il modello di Maslow comprende cinque categorie di bisogni organizzati gerarchicamente. Alla base della piramide motivazionale troviamo i bisogni fisiologici connessi alla sopravvivenza fisica dell’organismo (fame, sete, sonno,…); su questa base si innestano poi i bisogni di sicurezza che devono garantire all’individuo protezione, prevedibilità, tranquillità; una volta soddisfatte queste esigenze possono emergere i bisogni di appartenenza e di attaccamento che rispondono alla necessità di sentirsi parte di un gruppo, si amare ed essere amati e di cooperare con gli altri; il livello superiore è rappresentato dai bisogni di stima che concernono il bisogno di essere rispettato, apprezzato ed approvato, nonché di sentirsi competenti e produttivi; seguono i bisogni di autorealizzazione intesi come l’esigenza di realizzare la propria identità, di portare a compimento le proprie aspettative e potenzialità, nonché di occupare una posizione significativa all’interno del proprio contesto sociale di riferimento. A questi 5 livelli si potrebbe aggiungere un ulteriore livello motivazionale rappresentato dai bisogni di trascendenza intesi come la tendenza ad andare oltre sé stessi per sentirsi parte di un insieme più vasto, di un ordine cosmico o divino.
La teoria comportamentista propone un modello esplicativo dei bisogni dell’essere umano fondato sull’interazione tra pulsione ed abitudine. A livello delle motivazioni primarie fisiologiche la pulsione, originatasi da una condizione di carenza prodotta da un bisogno, fornisce la spinta energetica determinando una condizione di attivazione dell’organismo che consente di mantenere un livello di stimolazione ottimale per rispondere efficientemente agli stimoli, raggiungendo una certa meta o evitando una condizione frustrante. Le motivazioni secondarie, invece, vengono spiegate sulla base dei processi di apprendimento per associazione, secondo i meccanismi del condizionamento classico ed operante. L’associazione ripetuta tra pulsione e risposta crea nell’individuo un’abitudine che serve a dare una direzione al comportamento rendendo prevedibile la condotta opportuna per soddisfare o ridurre il bisogno. La teoria behavioristica, dunque, si propone di individuare le condizioni per stabilire e mantenere un rapporto ottimale tra individuo e ambiente attraverso processi di apprendimento e di associazione nelle connessioni tra stimolo e risposta.
Il modello cognitivista, definisce la motivazione una meta o un valore da raggiungere in grado di creare aspettative e guidare la condotta. La sfera motivazionale viene così, di fatto, sottratta alla sfera biologica. In tale ottica, infatti, motivazioni e bisogni cambiano in rapporto alla quantità e alla qualità delle informazioni provenienti dall’ambiente che l’organismo è in grado di elaborare; l’attenzione viene focalizzata sui processi cognitivi sottesi all’individuazione e alla definizione delle mete da raggiungere e alla valutazione delle probabilità di riuscita o di fallimento. In sostanza, gli individui agiscono in modo da ottimizzare non tanto il valore oggettivo, quanto l’utilità soggettivamente intesa attribuendo un ruolo di fondamentale importanza alle aspettative.
Una particolare prospettiva di studio, detta scopistica, considera la motivazione uno scopo. Già i lavori di Miller, Galanter e Pibram avevano introdotto il concetto di comportamento guidato da scopi attraverso l’individuazione dell’unità TOTE (test-operate-test-exit); secondo tale ottica le motivazioni devono essere concepite come sistemi gerarchici di scopi e come sistemi di vigilanza e controllo sul perseguimento degli scopi medesimi. Uno scopo generale si articola e si scompone in diversi livelli di sottoscopi fra loro coordinati ed integrati, fino a raggiungere le singole azioni. Un ruolo fondamentale nella definizione degli scopi e delle strategie per raggiungerli è svolto dallo stile attribuzionale dell’individuo, ovvero dalla sua tendenza ad attribuire la causalità degli eventi a fattori esterni o interni. Ne consegue l’esistenza di una stretta connessione tra motivazione ed immagine di sé: una buona immagine di sé tende a favorire scopi elevati e un buon livello di autoefficacia percepita.
Lo studio della motivazione può essere affrontato anche dal punto di vista interazionista secondo il quale le motivazioni sono suscitate, alimentate e regolate dai processi relazionali. Nelle motivazioni primarie i rapporti interpersonali assumono un ruolo fondamentale nell’orientare la loro manifestazione e il loro soddisfacimento (convivialità). Parimenti, le motivazioni secondarie sono sostenute e governate da giochi relazionali che si creano all’interno di una determinata comunità, portando l’individuo ad agire con modalità differenti a seconda del rete relazionale in cui è inserito.