La fobia sociale è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla paura di essere giudicati negativamente in situazioni sociali o durante lo svolgimento di un’attività. Tipicamente le persone che soffrono di questo disturbo temono di poter dire o fare cose imbarazzanti e di esser giudicati ansiosi, impacciati, stupidi, deboli o “pazzi”.
Questi timori possono essere presenti solo in alcune situazioni sociali (fobia sociale specifica) o nella maggioranza di esse (fobia sociale generalizzata).
Per non provare disagio, chi ha questo disturbo cerca in tutti i modi di evitare le situazioni sociali e, quando è costretto a parteciparvi, si sente imbarazzato, impacciato, affaticato e desideroso di andare via.
Tale disturbo è piuttosto comune: gli studi scientifici indicano che colpisce tra il 3% ed il 5% della popolazione generale, in particolare donne. Poiché chi soffre di fobia sociale difficilmente richiede aiuto agli specialisti perché sottovaluta il suo problema o se ne vergogna, è probabile che tale disturbo sia ancora più diffuso di quanto indicato dalle ricerche.
Generalmente la fobia sociale compare più o meno bruscamente nell’adolescenza, intorno ai 15 anni, dopo un’infanzia caratterizzata da inibizione e timidezza. In seguito tende a mantenersi nel tempo, con variazioni di gravità legate agli eventi di vita.
La persona che soffre di fobia sociale prova una forte e persistente ansia nelle situazioni sociali o quando svolge delle attività in presenza di altre persone (es. guidare la macchina) in quanto teme soprattutto di fare “una brutta figura”.
Chi ha questo disturbo, inoltre, crede di non essere in grado di contenere le proprie emozioni di paura e vergogna, pensa che anche gli altri le noteranno e che, per questo, lo giudicheranno negativamente. Immagina la disapprovazione, la derisione, il rifiuto o la pena degli altri con vero terrore.
Le emozioni problematiche maggiormente presenti nella fobia sociale sono, dunque, l’ansia/paura, l’imbarazzo, la vergogna e il senso di umiliazione.
La paura di essere giudicati negativamente può essere, talvolta, così forte da essere accompagnata da evidenti sintomi d’ansia. I sintomi ansiosi più frequentemente percepiti sono: palpitazioni, tremori alle mani o alle gambe, sudorazione, malessere gastrointestinale, diarrea, tensione muscolare, confusione. Nei casi più gravi, il timore del giudizio negativo può provocare veri e propri attacchi di panico.
Chi ha la fobia sociale in genere sviluppa specifici timori legati all’eventualità che le altre persone si accorgano dei suoi sintomi ansiosi (es. teme che gli altri notino il suo tremore delle mani o della voce) e, dunque, spesso fa pensieri del tipo “Ora apparirò goffo, impacciato…inizierò a tremare e sudare…gli altri se ne accorgeranno e rideranno di me!”.
Ai sintomi ansiosi spesso si associano anche le reazioni tipiche della vergogna: rossore in viso, postura dimessa, desiderio di sfuggire allo sguardo degli altri o di “sprofondare”.
Tipicamente le situazioni più temute da chi soffre di fobia sociale sono: feste, cene, frequentazioni di locali, acquisti nei negozi, riunioni di lavoro, svolgimento di attività quotidiane in presenza di altre persone (es. conversare, mangiare, bere, scrivere, guidare, utilizzare il telefono o il computer). Prima di affrontare un evento temuto, il soggetto può sviluppare ansia anticipatoria immaginando ripetutamente il verificarsi di quell’evento. Le immagini di ciò che si teme possono presentarsi per giorni, aumentando, così, il livello d’ansia.
In alcune occasioni, l’ansia può diventare così intensa da ostacolare realmente il soggetto nello svolgimento dei suoi compiti. Durante una riunione, ad esempio, egli potrebbe essere così tanto in ansia da essere davvero poco chiaro nell’esporre dei concetti. Chi soffre di fobia sociale, dunque, quando ha un livello d’ansia molto elevato, può avere realmente delle prestazioni scadenti. L’avverarsi di ciò che si teme di più, di solito, causa ulteriore imbarazzo, vergogna o senso di umiliazione. Si può instaurare, così, un circolo vizioso che autoalimenta il disturbo, in quanto mantiene nel tempo il timore del giudizio negativo e l’ansia anticipatoria.
Chi ha la fobia sociale, inoltre, può vergognarsi della propria vergogna (metavergogna). Ad esempio, se percepisce di essere diventato rosso in viso, si può vergognare del proprio rossore, cioè si può vergognare di vergognarsi; in questo modo il rossore non potrà che accentuarsi. Il concentrare l’attenzione sull’aspetto somatico dell’emozione, quindi, innesca un circolo vizioso che produce un aumento delle sensazioni che si vuole contenere. Le persone che presentano questa difficoltà, inoltre, tipicamente hanno pensieri del tipo “Adesso diventerò rosso in viso…gli altri se ne accorgeranno e rideranno di me!”. Questi pensieri aumentano l’attenzione selettiva e l’instaurarsi del circolo vizioso. La metavergogna può essere considerata, dunque, un fattore di mantenimento del disturbo, in quanto esaspera il vissuto doloroso della persona, le impedisce di osservare realisticamente cosa accade e la ostacola nel mettere in atto dei comportamenti efficaci.
Questo disturbo è caratterizzato anche da condotte di evitamento, per cui il soggetto evita le situazioni temute. I motivi dell’evitamento possono essere diversi: si può provare un’ansia così intensa da ritenerla ingestibile o si può essere stanchi di affrontare delle situazioni in cui si lotta contro la propria sensazione di inadeguatezza. In alcuni casi gli evitamenti possono portare all’isolamento sociale della persona.
Per tenere sotto controllo l’ansia e l’eventualità di essere giudicati negativamente, si possono mettere in atto anche i cosiddetti comportamenti protettivi. Ad esempio il soggetto può non togliere la giacca in un ambiente caldo per non far vedere che suda, creando, così, le condizioni per sudare ancora di più e sentirsi ancora di più in imbarazzo.
I comportamenti protettivi, come quelli di evitamento, temporaneamente riducono il timore di fare una brutta figura, ma alla lunga peggiorano i sintomi.
Questo quadro non potrà che confermare le previsioni iniziali di fallimento e la valutazione negativa di sé tipici di chi presenta la fobia sociale.
Come capire se si soffre di fobia sociale
L’ansia anticipatoria, l’imbarazzo, la vergogna, il senso di umiliazione, il timore di essere giudicati negativamente e il timore di vergognarsi sono emozioni che possono provare tutti. Nelle persone che hanno la fobia sociale, tuttavia, tali stati emotivi sono così invalidanti che ostacolano il normale svolgimento della vita quotidiana.
Dal momento che alcune caratteristiche della fobia sociale sono presenti anche in altri disturbi psicologici, è opportuno distinguere questa condizione da altre simili. Per ottenere una diagnosi seria ed accurata, tuttavia, è necessario rivolgersi a persone qualificate.
Come accennato, le persone con fobia sociale possono sperimentare degli attacchi di panico prima di affrontare la situazione temuta. Chi ha il disturbo di panico, tuttavia, anche se può cercare di evitare le situazioni sociali per la paura di essere visto durante un attacco d’ansia, presenta attacchi di panico inaspettati, anche in occasioni diverse da quelle di socializzazione. Chi ha un disturbo di panico, inoltre, di solito evita di restare da solo perché avverte la presenza di altre persone come rassicurante; il fobico sociale, invece, ricerca la solitudine perché le situazioni sociali gli provocano disagio.
La fobia sociale può essere confusa anche con il disturbo d’ansia generalizzato. I due disturbi, infatti, hanno in comune la paura di sentirsi imbarazzati o umiliati, ma nel disturbo d’ansia generalizzato tale timore non rappresenta la preoccupazione principale dell’individuo, come invece accade nella fobia sociale. I soggetti con ansia generalizzata, inoltre, si preoccupano per la qualità delle loro prestazioni in modo continuativo, anche quando non vengono giudicati, mentre nella fobia sociale il motivo principale che scatena l’ansia è il giudizio degli altri.
La scarsità di relazioni sociali caratterizza sia la fobia sociale che il disturbo schizoide di personalità. In quest’ultimo, tuttavia, la solitudine è una conseguenza della mancanza d’interesse per le relazioni sociali, mentre nella fobia sociale è una conseguenza degli evitamenti sociali. Il fobico sociale, infatti, prova interesse nei confronti delle altre persone, ha il desiderio di avere dei rapporti sociali e prova angoscia a causa delle sue difficoltà di socializzazione.
La fobia sociale ha diverse caratteristiche in comune anche con il disturbo evitante di personalità. In entrambi i casi la persona presenta evitamento delle situazioni sociali, bassa autostima ed estrema sensibilità ai giudizi negativi. I due disturbi, tuttavia, sembrano differire per il fatto che la persona con disturbo evitante ha un timore pervasivo in tutte le situazioni sociali e relazionali, mentre chi soffre di fobia sociale ha paure più specificamente correlate alla prestazione sociale. Questa distinzione, comunque, non permette di differenziare facilmente il disturbo evitante di personalità e la fobia sociale generalizzata. Secondo alcuni esperti, infatti, queste due diagnosi sarebbero sovrapponibili, in altre parole sarebbe possibile che si stanno utilizzando due differenti categorie diagnostiche per lo stesso disturbo. Altri autori, invece, sostengono che ci sono delle differenze tra queste due patologie. Dai risultati di una ricerca, infatti, risulta che le persone con disturbo evitante di personalità, rispetto a chi ha la fobia sociale generalizzata, presentano una maggiore sensibilità interpersonale e più scarse abilità sociali. Secondo altri autori, inoltre, i due disturbi sarebbero distinguibili in base a ciò che attiva il senso di inadeguatezza e l’ansia: i soggetti con fobia sociale di solito si sentono inadeguati quando devono svolgere delle prestazioni, mentre quelli con disturbo evitante si percepiscono inadeguati soprattutto quando, nel relazionarsi agli altri, avvertono un forte senso di estraneità e di non appartenenza.
Si esclude, infine, la presenza di fobia sociale se l’ansia sociale e l’evitamento si manifestano nel corso di altri disturbi mentali che possono giustificarli (es. depressione) o in concomitanza di preoccupazioni relative ad una condizione medica (es. tremore nel Parkinson, cicatrici).
Cause della fobia sociale
Non esiste una causa unica della fobia sociale: alla base del disturbo vi sarebbero un insieme di fattori, che possono essere di tipo genetico, psicologico ed ambientale.
É stata riscontrata, innanzitutto, una familiarità (fattori genetici) per lo sviluppo della fobia sociale: rispetto al resto della popolazione, sembra che si manifesti con maggior frequenza nei consanguinei di primo grado dei soggetti con fobia sociale.
Un altro fattore di rischio è la presenza di alcune caratteristiche di personalità (fattori psicologici), sul cui sviluppo incidono, ancora una volta, fattori sia genetici, che ambientali ed educativi. Le caratteristiche di personalità più frequentemente riscontrate nelle persone con fobia sociale risultano il perfezionismo, l’ipersensibilità alle critiche, l’ipersensibilità alle valutazioni negative ed al rifiuto, la sensazione di essere deboli, l’importanza attribuita al giudizio altrui, le difficoltà ad essere assertivi, la bassa autostima e la sensazione d’inferiorità.
Tra i fattori di rischio ambientali, infine, figurano esperienze in cui la persona si è sentita umiliata o derisa ed elevati livelli di stress relativi a importanti cambiamenti di vita (es. incarichi di lavoro che richiedono di parlare in pubblico, perdita del partner).
Conseguenze della fobia sociale
Gli individui con questo disturbo possono sperimentare disagio in ambito scolastico o lavorativo, sociale ed affettivo.
Le difficoltà scolastiche sono spesso causate dalla presenza d’ansia da prestazione. I problemi in ambito lavorativo, invece, sono più spesso causati dal timore di parlare in pubblico e dalla tendenza ad evitare impegni in cui la persona potrebbe sentirsi valutata negativamente. Nei casi più gravi queste difficoltà possono causare l’abbandono della scuola o del lavoro, o portare ad uno stato di disoccupazione dovuto all’evitamento dei colloqui di lavoro.
Dal punto di vista sociale e affettivo, i soggetti con questa diagnosi hanno meno probabilità di avere relazioni sociali e sentimentali rispetto alla popolazione generale. Nei casi più gravi la persona si può isolare completamente.
Tali difficoltà possono concorrere, inoltre, allo sviluppo di un disturbo depressivo o all’abuso di sostanze stupefacenti, che vanno a complicare ulteriormente il quadro descritto.
Differenti tipi di trattamento
Negli ultimi anni sono state effettuate diverse ricerche sull’efficacia delle psicoterapie per il trattamento della fobia sociale. Dagli studi emerge che le terapie che risultano efficaci per la cura di questo disturbo sono la terapia comportamentale, il social skill trainings e la terapia cognitivo-comportamentale.
La terapia comportamentale è un trattamento incentrato sulla tecnica dell’ esposizione graduale, che consiste nell’esporre gradatamente il paziente alla situazione temuta affinché possa ridurre l’ansia sociale ed acquisire un senso di efficacia nella gestione delle situazioni sociali.
Il social skill training, o training per le abilità sociali, è un trattamento di gruppo finalizzato allo sviluppo o all’incremento delle competenze sociali (es. capacità di risoluzione dei conflitti) e all’acquisizione di modi personali per affrontare le situazioni interpersonali temute. In un ambiente “protetto”, il paziente può riuscire a modificare la rappresentazione di sé sperimentando rapporti sociali con gli altri membri del gruppo e utilizzando i feed-back sul proprio comportamento.
Chi soffre di fobia sociale può giovarsi anche di un trattamento farmacologico a base di antidepressivi di nuova generazione e benzodiazepine. Questo trattamento riduce in un tempo relativamente breve l’intensità della sintomatologia, ma sembra che lasci inalterate le cause del disturbo, per cui alla sospensione dei farmaci i sintomi potrebbero ripresentarsi. Curare la fobia sociale solo mediante i farmaci potrebbe essere come curare un forte mal di schiena facendo uso esclusivo di antidolorifici: dopo qualche tempo, il dolore potrebbe ripresentarsi perché non si agisce anche su ciò che lo ha provocato.
La farmacoterapia, dunque, è spesso usata per creare le condizioni favorevoli per un intervento psicoterapeutico più efficace. Per tale motivo spesso il clinico propone al paziente un intervento in cui il trattamento farmacologico e quello psicoterapeutico vengono associati.
Il trattamento cognitivo-comportamentale
Dalla ricerca scientifica risulta che la terapia cognitivo-comportamentale è uno dei trattamenti più efficaci per la cura della fobia sociale.
Il protocollo cognitivo-comportamentale per la cura di questo disturbo prevede l’impiego delle seguenti procedure:
- formulazione di un contratto terapeutico, che contenga obiettivi condivisi da paziente e terapeuta e i loro rispettivi compiti (es. compiti a casa per il paziente);
- ricostruzione della storia del disturbo, partendo dal primo episodio in cui si è manifestato, fino alla dettagliata descrizione della manifestazione attuale;
- formulazione dello schema di funzionamento del disturbo, a partire dall’analisi di episodi recenti durante i quali la persona ha provato ansia sociale;
- interventi di tipo psicoeducazionale, con cui vengono fornite informazioni sulla natura dell’ansia e della vergogna e sul loro ruolo nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo;
- individuazione dei pensieri disfunzionali alla base del disturbo e messa in discussione di tali interpretazioni mediante specifiche tecniche (es. esperimenti comportamentali, dialogo socratico);
- apprendimento di tecniche per la gestione dei sintomi dell’ansia (es. tecnica del respiro lento, rilassamento muscolare isometrico e progressivo);
- esposizione graduale ai pensieri ed agli stimoli temuti ed evitati, mediante il ricorso a specifiche tecniche (es. esposizione immaginativa, enterocettiva ed in vivo);
- in fase di conclusione del trattamento, interventi di prevenzione delle ricadute.
Questo protocollo è applicabile sia individualmente, che in gruppo.
La psicoterapia di gruppo, rispetto a quella individuale, ha il vantaggio generico di consentire il confronto con altre persone che soffrono dello stesso disturbo e di favorire, così, il ridimensionamento del problema e la riduzione della sensazione soggettiva di “essere anormale”. Nel caso della fobia sociale, il trattamento in gruppo costituisce di per sé un’esposizione a ciò che il soggetto teme, per cui va attuato a seguito di una preparazione del paziente ad esso.
fonte: www.terzocentro.it