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INDICE

EY Inclusive Hiring Academy

Introduzione

Benvenuta e Benvenuto all’Handbook
dell’EY Inclusive Hiring Academy!

 Questo percorso formativo, che si è svolto nel FY24, è stato creato per promuovere in EY un ambiente di lavoro inclusivo per tutti e tutte, con un focus particolare sull’integrazione delle persone con disabilità e fragilità nel contesto aziendale.

Abbiamo sistematizzato l’intero contenuto della formazione in un unico documento facilmente consultabile: ecco a te l’Handbook! Questo manuale è una guida teorica e pratica per affrontare le sfide e le opportunità legate all’inclusione delle persone con disabilità e fragilità in EY.

L’Handbook è pensato per chiunque, indipendentemente dalla tua partecipazione all’Academy.

 

L’Academy si basa su tre principi fondamentali:

  1. Riconoscere l’esclusione per costruire l’inclusione
  2. Risolvere per uno, estendere a molti
  3. Imparare dalla diversità per valorizzarla

Attraverso un approccio di design strategico e l’applicazione del concetto di “Inclusive Design” di Microsoft, l’Academy mira a fornire gli strumenti necessari per affrontare situazioni complesse e potenzialmente scomode con sicurezza e competenza.

Cosa troverai in questo manuale?

Evoluzione normativa e tutele legali: un’analisi dettagliata delle leggi e delle normative che proteggono i diritti delle persone con disabilità, con esempi pratici di come applicarle nel contesto lavorativo.

  • Empatia e inclusione nel processo di assunzione: strategie per riconoscere e superare i bias inconsci, creando processi di selezione più equi e inclusivi.
  • Diversità e narrazioni sociali: un’esplorazione dei concetti di normalità e diversità, e di come le narrazioni influenzano la percezione e l’inclusione delle persone con disabilità.
  • Accessibilità e strumenti di supporto: soluzioni pratiche per garantire l’accessibilità, inclusi gli accomodamenti ragionevoli e l’uso di tecnologie assistive.
  • Leadership inclusiva: tecniche per sviluppare una leadership che valorizzi
    la diversità e promuova un ambiente di lavoro inclusivo.

Perché questo manuale è importante?

 L’inclusione non è solo un valore etico, ma anche una strategia aziendale vincente. Un ambiente di lavoro inclusivo favorisce la creatività, migliora la produttività e rafforza il senso di appartenenza tra tutti i membri del team.

Ogni sezione è stata attentamente strutturata per offrire approfondimenti pratici e teorici, casi studio e momenti riflessivi, il tutto finalizzato a creare un’esperienza di apprendimento completa e trasformativa. Il nostro obiettivo è rendere EY un luogo in cui ogni persona, indipendentemente dalle sue abilità, possa esprimere il proprio potenziale al massimo. Diventa anche tu protagonista dell’evoluzione culturale, dentro e fuori EY!

Nota sul linguaggio

 Nella nostra comunicazione si aggiungono al maschile sovraesteso altre espressioni più inclusive. Consideriamo infatti il linguaggio un elemento centrale nel processo di innovazione sociale, soggetto a cambiamenti che avvengono all’interno delle comunità con cui ci interfacciamo. Non ci interessa restare sulle nostre posizioni, né conformarci alle mode del momento, ma comunicare in modo efficace senza urtare la sensibilità delle persone.

Indice

01 Inclusione lavorativa e disabilità: evoluzione normativa e tutele legali

1.1 Definire la disabilità. Le origini della definizione di disabilità e la sua evoluzione nel tempo.

1.2 Il contesto italiano. L’evoluzione della normativa nazionale e il cambio di prospettiva del legislatore.

Quick Learns | Cos’è un Accomodamento Ragionevole?

1.3 Hiring e Outsourcing: Protezione dei dati personali

1.4 Obblighi aziendali e tipologie di assolvimento dell’obbligo

Takeaways

02 Empatia e inclusione nel processo di assunzione

2.1 Verso hiring process più inclusivi

2.2 Bias e inclusività: un percorso di consapevolezza

2.3 Role Play per un’ inclusione efficace in azienda

Takeaways

03 ​​Diversità tra linguaggio, narrazioni e megatrend sociali

Quick Learns | Diversità VS Normalità

3.1 L’Evoluzione del concetto di normalità: da misura geometrica a standard sociale

3.2 La patologizzazione della diversità: i modelli della disabilità

Quick Learns | Neurodiversità

Quick Learns | Inclusione o convivenza?

3.2 Normalità, diversità, identità: sfatare i luoghi comuni

Il lessico dell’inclusione di Raffaele Alberto Ventura

3.3 I modelli narrativi della disabilità

Quick Learns | Identity-First o Person-First?

Takeaways 

04 Garantire l’accessibilità attraverso tutele e strumenti

 4.1 Accomodamenti ragionevoli e strumenti di tutela della persona disabile sul lavoro.

4.2 Microsoft Inclusive Design. Accessibilità e tecnologia.

Takeaways

05 ​​Leadership inclusiva e bias cognitivi

​​5.1 Riconoscere i propri schemi mentali per superare i pregiudizi inconsci.

5.2 Facilitare la trasformazione culturale attraverso la leadership inclusiva

5.3 Pillole di leadership inclusiva

Takeaways

Capitolo 01

01
Inclusione lavorativa e disabilità: evoluzione normativa e tutele legali

1.1 Definire la disabilità. Le origini della definizione di disabilità e la sua evoluzione nel tempo.

1.2 Il contesto italiano. L’evoluzione della normativa nazionale e il cambio di prospettiva del legislatore.

Quick Learns | Cos’è un Accomodamento Ragionevole?

1.3 Hiring e Outsourcing: Protezione dei dati personali

1.4 Obblighi aziendali e tipologie di assolvimento dell’obbligo

Takeaways

1.1 Definire la Disabilità
Le origini della definizione di disabilità e la sua evoluzione nel tempo

  • Modello Biomedico (OMS, 1980)
    • Si tratta del primo sistema internazionale di classificazione della disabilità.
    • La disabilità, considerata quale condizione individuale di malattia, appare come il risultato di limitazioni fisiche e mentali, la cui causa è da ricercarsi esclusivamente nella patologia medica della persona.
    • Approccio assistenzialista da parte della società e dello Stato, che mette l’individuo in una posizione di totale dipendenza, ostacolandone l’integrazione attiva e favorendone l’esclusione.
  • Modello Sociale (UPIAS, 1981)
    • Nel 1981, il modello sociale della disabilità proposto dall’UPIAS (Union of the Physically Impaired Against Segregation) ha ridefinito il concetto, distinguendo tra menomazione (la condizione fisica) e disabilità (una condizione sociale).
    • Questo modello riconosce le persone con disabilità come soggetti attivi e membri integrali della società, con diritti da esercitare indipendentemente dalla loro condizione fisica.
  • Modello Bio-Psico-Sociale (OMS, 2001)
    • Definisce la disabilità come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e ambientali che rappresentano il contesto in cui vive.
    • Tiene in considerazione i seguenti aspetti: aspetto medico-biologico (corpo); aspetto psicologico (persone e benessere mentale); aspetto socio-ambientale (inserimento della persona all’interno di un contesto sociale).
    • Questo modello è stato adottato dalla Convenzione ONU del 2006, che ha confermato la validità di questa definizione.

1.2 Il Contesto Italiano
L’evoluzione della normativa nazionale e il cambio di prospettiva del legislatore

  • 1969 Disciplina Generale delle Assunzioni Obbligatorie

La legislazione italiana stabilisce che non solo   lo Stato, ma anche il settore privato, deve occuparsi dell’inserimento delle persone con disabilità nella società e in particolare nel contesto lavorativo.

Il legislatore attua un approccio di matrice assistenzialistica e solidaristica, non ancora in grado di vedere il lavoratore con disabilità come una risorsa reale, ma solamente come un soggetto debole da proteggere. Si tratta di un passo verso l’uguaglianza formale, ma non garantisce un’integrazione reale.

  • Norme per il Diritto al Lavoro dei Disabili

Nel 1999, una nuova legislazione segna un  cambio di paradigma, riconoscendo il diritto al lavoro delle persone con disabilità come un diritto autonomo. Questo cambiamento introduce il concetto di “integrazione lavorativa” piuttosto che il semplice “inserimento”, focalizzandosi sul trovare un punto d’incontro tra le esigenze dell’azienda e le capacità della persona disabile.

I tre punti chiave della legislazione del 1999 sono:

  • Diritto al lavoro come diritto di per sé e non come forma di risarcimento.
  • Punto di incontro tra necessità aziendali e capacità della risorsa: cercare la persona giusta per il posto giusto.
  • Lavoro come mezzo di espressione e non solo un mezzo di sostentamento.
  • 2021 e oltre

Nel 2021 e nel 2023, ulteriori deleghe e aggiornamenti legislativi hanno continuato a evolvere il contesto normativo, in linea con i principi internazionali. Questi cambiamenti influenzano direttamente le politiche HR delle aziende, come EY, e prevedono una piena operatività del nuovo quadro legislativo entro il 2026.

Quick Learns
Cos’è un Accomodamento Ragionevole?

Il concetto di “accomodamento ragionevole” nasce negli anni ’80 in Canada per combattere la discriminazione religiosa nei luoghi di lavoro, permettendo l’integrazione di lavoratori ebrei attraverso modifiche agli orari di lavoro. Successivamente, questo concetto è stato esteso alla lotta contro la discriminazione basata sulla disabilità, garantendo uguaglianza sostanziale attraverso misure concrete.

Gli accomodamenti ragionevoli devono essere personalizzati in base alle esigenze specifiche della persona disabile e del contesto lavorativo. Non esistono regole rigide, ma il focus è sulla rimozione delle barriere e sul riequilibrio delle condizioni per garantire l’inserimento e l’autonomia della persona disabile. L’obiettivo è permettere alla persona di partecipare attivamente alla comunità lavorativa.

1.3 Hiring e Outsourcing:Protezione dei dati personali

I dati personali sono informazioni che identificano o rendono identificabile una persona fisica e che possono fornire dettagli sulle sue caratteristiche (come ad esempio, il suo stato di salute). Si distingue tra dati “comuni” e dati “sensibili”. I dati sensibili sono dati personali che riguardano la sfera più intima dell’individuo e, pertanto, necessitano di una speciale protezione.

Il trattamento dei dati sensibili comprende qualsiasi operazione effettuata su questi dati, anche una semplice conservazione. È normale chiedersi:

  1. L’azienda tratta i miei dati sensibili?
  2. Chi ha accesso ai miei dati?
  3. Posso sentirmi libero di comunicarli?
  4. Mi sento giudicato?
  5. Può compromettere il mio rapporto con l’azienda?
  6. O, al contrario, mi sento accolto?

Quando una persona con disabilità sostiene un colloquio  di lavoro, potrebbe dover comunicare esigenze personali specifiche. In questa fase, l’azienda deve essere pronta ad accogliere e rispettare le caratteristiche e le necessità del candidato.

Non è obbligatorio riferire la patologia della quale si è affetti. Tuttavia, è nel reciproco interesse sia del lavoratore che del datore di lavoro conoscere le necessità specifiche – di AIUTO o di SUPPORTO – che possono agevolare lo svolgimento delle mansioni assegnate

in relazione alla condizione di salute del candidato/dipendente

Il Regolamento Europeo per la Tutela dei Dati Personali stabilisce i seguenti principi:

  • Necessità
    i dati sono comunicati o raccolti solo se strettamente necessario. Si comunica solo ciò che è indispensabile. «comunica / richiedi solo quanto è necessario»;
  • Riservatezza

i dati sono trattati in modo da garantire un’adeguata sicurezza e protezione degli stessi «i tuoi dati solo al sicuro / proteggi i dati che raccogli».

  • Esattezza

i dati raccolti devono essere corretti e aggiornati. Se errati, devono essere cancellati secondo la norma. «Mantieni il controllo sui dati che hai raccolto»;

  • Limitazione
    i dati devono essere raccolti per finalità precise, esplicite e legittime. «Non utilizzare i dati per altri scopi»;
  • Minimizzazione
    i dati sono adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario. «Raccogli / condividi meno dati possibili»;

1.4 Obblighi aziendali e tipologie di assolvimento dell’obbligo

La Legge 68/99, nota anche come “Legge n. 68 del 12 marzo 1999”, è una normativa italiana fondamentale per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità. Evoluzione della Legge 482 del 1968, ha trasformato il “collocamento obbligatorio” nel più articolato “collocamento mirato”, che utilizza strumenti tecnici per individuare le mansioni più adatte alle persone  con disabilità, tenendo conto delle loro capacità lavorative e delle esigenze del mercato del lavoro.

Chi rientra nelle categorie protette?
Articolo 1

  • >45%
    Persone con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%
  • >33%
    Persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33% accertate dall’INAIL
  • Altro
    Persone non vedenti; persone sordomute; persone invalide di guerra o invalide civili di guerra

Quali obblighi per le aziende?

Articolo 3

I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui all’articolo 1 nella seguente misura:

  • 15-35 dipendenti – 1 lavoratore con disabilità
  • 36-50 dipendenti – 2 lavoratori con disabilità
  • 50+ dipendenti – 7% lavoratori con disabilità

Le aziende devono inviare annualmente un prospetto informativo sulla situazione occupazionale, utilizzando modalità telematiche. EY invia il prospetto informativo annualmente (entro il 31 Gennaio, salvo diverse disposizioni.

Quali strumenti prevede la legge?

Nonostante il quadro normativo delineato, è comune incontrare delle difficoltà pratiche nell’inserimento in azienda delle categorie protette. Per ovviare a ciò, la legislazione prevede specifici strumenti volti a facilitare le aziende nell’adempimento

di quest’obbligo.

  • Convenzioni
    • Articolo 11

Stipulate tra datori di lavoro e Provincia di riferimento per la copertura della quota d’obbligo tramite graduale inserimento delle persone con disabilità.

  • Articolo 14

Stipulate tra  Provincia di riferimento, datori di lavoro e cooperative sociali di tipo B. Le aziende hanno la possibilità di affidare una o più commesse di lavoro della durata minima di 12 mesi alla cooperativa.

  • Esoneri e sospensioni
    • Esoneri

Gli esoneri permettono a settori ad alto rischio di essere completamente esentati dagli obblighi di assunzione di lavoratori con disabilità. In determinati casi particolari, l’esonero parziale, consente di chiedere una riduzione parziale degli obblighi di assunzione (60% per cento delle assunzioni richieste dalla normativa).

  • Sospensioni

Possono verificarsi anche casi di sospensione degli obblighi di assunzione, ad esempio quando un’azienda è in crisi finanziaria o in situazioni come la cassa integrazione o la prossimità di un fallimento o di una ristrutturazione che potrebbero comportare una riduzione del personale ed una flessione economica.

  • Penali e conformità
    • Sanzioni

In caso di mancato adempimento degli obblighi di assunzione, sono previste sanzioni amministrative:

  • 635,11 euro per invio tardivo del prospetto informativo, più una maggiorazione di 30,76 euro per ogni giorno di ulteriore ritardo;
  • 153,20 euro al giorno per tutti i giorni in cui la quota di riserva è scoperta.

Takeaways

  1. La persona e il contesto sociale

Nel corso degli anni, i modelli di disabilità hanno visto un’evoluzione significativa: dal modello biomedico del 1980, che considerava la disabilità come una condizione individuale legata a patologie, fino al modello bio-psico-sociale del 2001, che riconosce la persona nel contesto sociale. Questo approccio integra aspetti medici, psicologici e socio-ambientali, riconoscendo l’unicità di ogni individuo e adottando uno sguardo sistemico che considera il ruolo cruciale del contesto e delle dinamiche sociali.

  1. Integrazione e Autonomia

La legge del 1999 ha rivoluzionato l’integrazione lavorativa delle persone disabili, ponendo l’accento sull’autonomia e superando l’approccio assistenzialista del 1969. Questo significa non solo integrare le persone disabili come risorse aziendali, ma soprattutto renderle indipendenti e autonome.

  1. Accogliere e rispettare le esigenze individuali

Durante i colloqui di lavoro, le persone con disabilità possono comunicare esigenze specifiche, e le aziende devono essere pronte ad accoglierle e rispettarle. Non è obbligatorio riferire la condizione medica, ma conoscere le necessità di supporto può facilitare l’integrazione e favorire l’autonomia, rispettando in questo modo anche le normative sulla protezione dei dati personali.

Getting into action

  • Quali azioni concrete posso intraprendere per supportare l’autonomia e l’indipendenza delle persone con disabilità nel team?
  • Come posso migliorare ancor più la mia sensibilità e comprensione delle esigenze individuali per creare un ambiente più inclusivo e rispettoso delle diversità?

Ask to the expert!

  • Giorgia Pagnacco

Supervising Associate – Employee Relations – Talent Team

  • Isabella Gizzi

Supervising Associate – Employee Relations – Talent Team

  • Martina Lupinacci

Senior Associate – Legal

Capitolo 02

02 Empatia e inclusione nel processo di assunzione

2.1 Verso hiring process più inclusivi

2.2 Bias e inclusività: un percorso di consapevolezza

2.3 Role Play per un’ inclusione efficace in azienda

Takeaways

2.1 Verso hiring process più inclusivi

Attivare processi di trasformazione culturale richiede apertura al confronto e al dialogo. L’Inclusive Hiring Academy, oltre a essere un’esperienza formativa, ha costituito un’occasione di scambio tra persone interne ed esterne all’azienda. Ecco alcune storie emerse durante il percorso per ripensare i processi di assunzione e inserimento in modo più inclusivo:

  • Bias e pregiudizi con Ewa Maria Piotrowiak

Durante un colloquio con un candidato con disabilità uditiva, è emerso che possedeva notevoli capacità di comprensione e lettura del labiale. Il colloquio si è svolto tramite Teams e, se le colleghe non fossero state informate della sua disabilità, non se ne sarebbero accorte. Nonostante l’età del candidato fosse leggermente superiore a quella tipica per il ruolo, soddisfaceva tutti i requisiti richiesti, e il feedback ricevuto era estremamente positivo.

Nonostante l’intenzione di presentare il candidato ai colleghi della service line, questi ultimi non hanno mostrato interesse nell’incontrarlo, probabilmente a causa di pregiudizi legati alla sua disabilità e alla sua età: era sorta in loro la preoccupazione di dover fornire un supporto quotidiano a questa persona, poiché non conoscevano appieno le sue esigenze.

Questo episodio ci offre un’opportunità di riflessione. È fondamentale capire

le implicazioni di tali esperienze e lavorare per fare in modo che non si ripetano. Le lacune nel sistema diventano evidenti, sottolineando la necessità di miglioramenti. È essenziale ridurre le resistenze tra i colleghi, poiché solo sperimentando nuove modalità di lavoro si possono scoprire opportunità di crescita e cambiamento. Ci invita a creare un ambiente inclusivo, dove ogni individuo, indipendentemente dalle sue capacità o dalla sua età, possa contribuire al meglio delle proprie possibilità. È solo attraverso l’accoglienza della diversità che possiamo davvero evolvere come team e come società.

  • Colloquio inclusivo con Federica Del Giudice

Il candidato era stato contattato tramite LinkedIn per una posizione SAP, ma aveva inizialmente rifiutato l’invito a un colloquio. Il nostro team ha scoperto che in passato aveva avuto un’esperienza negativa con un hiring manager di EY, che durante un colloquio aveva anticipato le sue risposte, non comprendendo la sua disfluenza linguistica e facendolo sentire a disagio. Questo episodio aveva generato in lui un’immagine negativa dell’azienda.

Per cambiare la situazione, abbiamo spiegato al candidato che un nuovo colloquio avrebbe offerto un’esperienza diversa, assicurando che la sua disfluenza non avrebbe influenzato negativamente l’esito. Abbiamo anche organizzato sessioni di formazione per gli hiring manager su come gestire meglio i colloqui.

Il nostro obiettivo era cambiare i pregiudizi del candidato nei confronti di EY e garantire una esperienza positiva durante il colloquio, ricostruendo la fiducia persa. Alla fine, il candidato ha accettato l’offerta e ha deciso di unirsi al team di EY.

  • COLORIAMOLINVISIBILE con Federica Ciardiello

Il progetto “COLORIAMOLINVISIBILE”, promosso da Fondazione Adecco e Associazione DIESIS in collaborazione con EY, si focalizza sull’integrazione delle persone autistiche nel mondo del lavoro. Un aspetto cruciale del progetto è stato il miglioramento delle competenze comunicative: si è insegnato che interagire con individui con diverse abilità richiede empatia e una comunicazione chiara.

È essenziale costruire fiducia e chiedere spiegazioni quando necessario, poiché molte persone autistiche non riconoscono subito la propria condizione e spesso ricevono diagnosi solo in età adulta. Il progetto mira anche a sfatare i pregiudizi comuni sull’autismo, come quello che le persone autistiche siano portate per l’informatica, promuovendo la consapevolezza che ogni individuo autistico è unico, proprio come chiunque altro.

  • Promuovere la consapevolezza con Daniele Regolo

Daniele Regolo è il fondatore di JobMeToo, la prima agenzia italiana per il lavoro dedicata esclusivamente alle persone con disabilità, fondata nel 2013 e acquisita nel 2020 da Openjobmetis, la sola agenzia per il lavoro italiana quotata in Borsa.Daniele è disabile uditivo fin dalla primissima infanzia. La laurea in Scienze Politiche nel 1996 è stata per lui una svolta, segnando il passaggio dalla vita protetta in famiglia al mondo del lavoro. Nel 2005, ha trovato stabilità professionale grazie a un concorso pubblico, venendo collocato in una posizione incompatibile con la sua sordità.

Dopo i 40 anni, ha fondato JobMeToo per promuovere pari opportunità lavorative e sensibilizzare sull’argomento. Daniele sottolinea che la consapevolezza è stata cruciale per affrontare scelte difficili e rimanere fedele ai suoi valori. Oggi apprezza il cambiamento culturale che facilita il dialogo sulla disabilità nei luoghi di lavoro, ribadendo che l’inclusione è una responsabilità condivisa: “L’altra parte dell’inclusione spetta a noi”.

  • Gestione dei DSA con Federica Ciardiello

Fino a pochi anni fa, molte persone con DSA non venivano certificate. Anche oggi, molte di loro, quando entrano nel mondo del lavoro, spesso non lo comunicano. Utilizzano frequentemente strumenti correttivi, come calcolatrici o correttori automatici, e possono incontrare difficoltà nella scrittura delle lingue straniere, sebbene abbiano un’ottima competenza nell’ascolto e nella parlata.

Per le persone certificate con DSA, è fondamentale comprendere chiaramente gli obiettivi di una riunione, altrimenti rischiano di perdere il filo del discorso. Le modalità di comunicazione e relazione possono variare notevolmente tra le persone con DSA. Alcune di loro possono essere consapevoli di poter utilizzare strumenti compensativi, ma non lo comunicano sempre. Prestare attenzione alle persone, ascoltarle e prendersi il tempo per capire la direzione in cui ci stiamo dirigendo, è l’elemento fondamentale affinché tutti possano essere supportati al meglio.

2.2 Bias e inclusività: un percorso di consapevolezza

I bias sono distorsioni cognitive che influenzano percezione, interpretazione e decisioni. Daniel Kahneman, nel suo libro “Pensieri veloci e lenti”, descrive il cervello come diviso

tra un pensiero veloce, che ottimizza energie e prende decisioni rapidamente, e un pensiero lento e critico. I bias emergono dall’interazione tra questi due sistemi.

Tutti siamo soggetti ai bias, e il primo passo per affrontarli è riconoscerne l’esistenza e l’influenza sulle nostre decisioni. È essenziale far dialogare il pensiero veloce e quello lento. Ad esempio, un recruiter stressato o un’assistenza clienti preoccupata possono avere difficoltà a riconoscere i talentinel proprio team.

In EY, come in molte aziende, la lentezza è spesso poco apprezzata. Tuttavia, momenti di riflessione possono far emergere domande e soluzioni attraverso l’auto-riflessione. La produzione di pensieri e paure può influenzare un colloquio. Rallentare e concentrarsi sull’altra persona permette una comprensione reciproca più profonda e significativa.

Lavorare sui propri bias

Lavorare sui propri bias è un esercizio fondamentale e influisce su molteplici aspetti della vita. I bias non limitano solo l’interazione con le persone con disabilità, ma anche la nostra capacità cognitivain generale, rendendoci meno attenti e limitando la raccolta completa delle informazioni

Concentrarsi su tre “gettoni d’oro” è particolarmente significativo:

  1. Crescita personale

Un desiderio universale di sviluppare competenze e perseguire passioni.

  1. Relazione

La collaborazione e la condivisione delle competenze possono stabilizzare e aiutare a gestire lo stress lavorativo.

  1. Autonomia

Sentirsi capaci e avere il potere di fare scelte autonome. Il supporto del manager nel percorso di crescita conferisce un senso di realizzazione e potere.

2.3 Role Play per un’ inclusione efficace in azienda

l role play e l’improvvisazione tetarale possono rivelarsi strumenti preziosi per creare un ambiente di lavoro più inclusivo e rispettoso. Questi metodi permettono di sperimentare scenari realistici, favorendo lo sviluppo di empatia e aiutando a riconoscere i propri pregiudizi e a rispondere in modo più inclusivo.

In collaborazione con gli esperti di improvvisazione teatrale di CambiScena, abbiamo coinvolto alcuni dipendenti di EY in un’attività di role play mirata a esplorare il tema dell’inserimento inclusivo in azienda. Attraverso la rappresentazione di alcuni momenti ispirati a situazioni reali, come il colloquio conoscitivo e l’inserimento nel team, abbiamo illustrato due scenari possibili:

  • Scenario Inclusivo
  • Scenario Non Inclusivo

Vai al video!

Takeaways

  1. Personalizzare l’approccio di selezione

Conoscere e comprendere i bisogni specifici di ogni candidato è fondamentale per creare un processo di selezione inclusivo. Adattare l’approccio alle esigenze individuali può fare la differenza tra un’esperienza negativa e una positiva, influenzando significativamente l’esito del colloquio e la percezione dell’azienda.

  1. Riconoscere e sfidare i propri bias

Essere consapevoli dei propri pregiudizi inconsci, riflettere criticamente sulle proprie reazioni e decisioni, e cercare attivamente di superare questi bias, è cruciale per promuovere processi di selezione equi e inclusivi.

  1. Promuovere un dialogo di fiducia

Incoraggiare il dialogo all’interno del team di selezione e con i colleghi della service line può aiutare a dissipare preoccupazioni e resistenze. Condividere esperienze, può aumentare la consapevolezza collettiva e favorire un ambiente e una cultura aziendale veramente inclusiva.

Getting into action

  • Quali strategie posso implementare per conoscere meglio i bisogni specifici dei candidati prima e durante il processo di selezione?
  • In che modo posso adattare il mio approccio nei colloqui per creare un’esperienza più inclusiva per candidati con diverse abilità o esigenze?
  • Quali azioni concrete posso intraprendere per promuovere un dialogo aperto sulla diversità e l’inclusione all’interno del mio team e con altri manager?

Ask to the expert!

  • Federica Ciardiello

Responsabile Progetti presso Fondazione Adecco ETS

  • Daniele Regolo

Diversity & Inclusion Ambassador del Gruppo Openjobmetis. Fondatore di Jobmetoo

  • Laura Sinatra

Fondatrice e CEO di Eapitalia World

  • CambiScena

Associazione culturale di improvvisazione teatrale

Capitolo 03

03 Diversità tra linguaggio, narrazioni e megatrend sociali

Quick Learns | Diversità VS Normalità

3.1 L’Evoluzione del concetto di normalità: da misura geometrica a standard sociale

3.2 La patologizzazione della diversità: i modelli della disabilità

Quick Learns | Neurodiversità

Quick Learns | Inclusione o convivenza?

3.2 Normalità, diversità, identità: sfatare i luoghi comuni

Il lessico dell’inclusione di Raffaele Alberto Ventura

3.3 I modelli narrativi della disabilità

Quick Learns | Identity-First o Person-First?

Takeaways

Quick Learns
Diversità VS Normalità

Riflettere sulla parola “diversità” è importante per comprendere che essa non è il contrario di “normalità”. Un modo utile per inquadrare questo concetto è utilizzare la definizione di biodiversità fornita dalle Nazioni Unite.

La biodiversità si riferisce alla varietà e alla variabilità degli organismi viventi presenti sulla Terra e agli ecosistemi di cui essi fanno parte. Analogamente, la diversità umana riflette la ricchezza e la varietà delle esperienze, delle identità e delle prospettive presenti nella società. Questo approccio invita a riconoscere e a valorizzare la diversità come un elemento essenziale e prezioso, anziché vederla come qualcosa di deviante o anormale.

3.1 L’Evoluzione del concetto di normalità: da misura geometrica a standard sociale

  • Adolphe Quetelet e la nascita del concetto di “uomo medio”.

Il termine “normale” trae le sue origini dalla geometria, ed è stato utilizzato fino agli anni ‘40 dell’800 per indicare la perpendicolarità

A metà ‘800, un astronomo belga di nome Adolphe Quetelet iniziò a usare il termine “normale” per analizzare e comprendere i fenomeni sociali attraverso un approccio matematico. Tra le sue analisi, si include il calcolo della media delle dimensioni del petto dei soldati scozzesi, insieme ad altre statistiche riguardanti nascite, matrimoni e morti. Ciò avvenne durante il culmine della rivoluzione industriale, un periodo in cui si percepiva una crescente necessità di predire i fenomeni sociali e stabilire dei parametri standard per una società in crescita.

Questi eventi hanno avviato il processo di formazione del concetto di “uomo medio”, una persona dotata del maggior numero di caratteristiche desiderabili, definite secondo gli standard e le aspettative sociali dell’epoca. Anche se si tratta di un’astrazione statistica, a partire dalla metà dell’800 si cominciò a idealizzare questa figura come un modello di perfezione o di normalità, con la conseguenza che molte persone iniziarono a desiderare di conformarsi a questo ideale, adattando ad esso le proprie aspirazioni.

Normalità; Statistica; Modelli Sociali; Uomo Medio; Rivoluzione Industriale

  • Francis Galton e l’eugenetica.

È importante sottolineare l’influenza che la teoria dell’eugenetica, proposta da Francis Galton, ha avuto sul concetto di “normalità”, associandolo a un valore morale. Questa teoria ha propagato l’idea distorta che alcune caratteristiche genetiche fossero desiderabili e altre indesiderabili, alimentando così pregiudizi

Eugenetica; Giudizio Morale; Discriminazione

Tuttavia, è essenziale comprendere che la realtà umana è incredibilmente diversificata e complessa. Nessun individuo può incarnare perfettamente tutte le caratteristiche considerate desiderabili dalla società in un dato momento storico. Si nota quindi come nel caso del concetto di “uomo medio” la validazione scientifica abbia contribuito all’istituzionalizzazione di numerosi pregiudizi sociali, che influenzano profondamente le percezioni e le interazioni sociali.

3.2 La patologizzazione della diversità: i modelli della disabilità

Sono diversi i modelli che nel corso del tempo sono stati utilizzati per definire e categorizzare la condizione di disabilità. Essi si basano prevalentemente su un’idea normalizzatrice che identifica come difettose le persone il cui comportamento o le cui caratteristiche differiscono dalla “normalità

  • Il modello religioso-morale

Questo modello vede la disabilità come una deviazione dalla media delle caratteristiche del corpo umano. In questo contesto, la disabilità è interpretata come una punizione divina, associata a sentimenti di terrore o di condanna morale.

  • Il modello caritativo

Il secondo modello è quello caritativo, particolarmente diffuso nella tradizione cattolica in Europa, che vede le persone con disabilità come bisognose di assistenza e aiuto. In passato, le persone con disabilità potevano trovare un ruolo nella struttura sociale rurale e familiare, ma con l’avvento dell’urbanizzazione e lo sviluppo di lavori standardizzati, spesso non c’erano più le risorse o il supporto necessario per loro nelle città.

  • Il modello medico

Nel modello medico  la salute diventa la norma e la disabilità viene descritta principalmente in termini di deficit, come un attributo della persona anziché come una caratteristica della società. Questo modello è stato sviluppato principalmente da persone non disabili e ha influenzato profondamente la percezione comune della disabilità, portando alla sua interiorizzazione nella cultura e nella società.

Questo approccio ha pesanti conseguenze quando si tratta di sviluppare politiche e servizi per le persone con disabilità. Se ci si basa esclusivamente su un modello incentrato sui deficit, si rischia di creare interventi e leggi che non rispecchiano veramente le esigenze e le capacità delle persone. Si tratta di un approccio che può perpetuare l’idea di una persona con disabilità come soggetto passivo, privo di autonomia e di capacità proprie.

  • Il modello sociale

Negli anni ‘70 e ‘80 emerge il modello sociale della disabilità, che propone un’innovativa prospettiva in cui la disabilità non è vista come una caratteristica intrinseca della persona, ma piuttosto come il risultato delle barriere presenti nell’ambiente fisico e sociale. Queste barriere possono essere di natura architettonica, comunicativa, culturale o altro, e ostacolano la piena partecipazione delle persone con disabilità alla società.

Secondo questo modello, quando si rimuovono o si riducono le barriere che limitano l’accesso e la partecipazione, si riduce anche l’impatto della disabilità stessa. Ciò significa che non è la persona con disabilità a dover essere “aggiustata”, ma piuttosto la società che deve essere trasformata per diventare più inclusiva e accessibile a tutti. Il modello sociale della disabilità sottolinea quindi la responsabilità collettiva di creare un ambiente che favorisca l’inclusione e l’equità per le persone con disabilità.

Quick Learns
Neurodiversità

La prospettiva della biodiversità neurologica deriva direttamente dal modello sociale della disabilità e si concentra sulla varietà e unicità dei cervelli umani. Si riconosce che ogni cervello è diverso dall’altro e che esistono molteplici modi in cui il cervello e il sistema nervoso si organizzano. All’interno di questa diversità, vi è una minoranza di persone il cui funzionamento neurale si discosta dalla maggioranza, tra cui individui autistici o con la sindrome di Tourette.

Questa visione porta a una moltiplicazione delle etichette, che se utilizzate correttamente possono diventare uno strumento importante di autoconoscenza. Quando una persona riceve una diagnosi, può comprendere che le differenze nel funzionamento del proprio cervello non sono colpa sua, ma semplicemente una parte della sua unicità. Questo può aiutare la persona a gestire se stessa in modo più efficace, anche attraverso la ricerca di consigli e supporto da parte di professionistie di altri individui che condividono esperienze simili.

Quick Learns
Inclusione o convivenza?

​​L’idea di inclusione ha gradualmente sostituito quella di integrazione, che a sua volta aveva preso il posto della segregazione. Tuttavia, anche il concetto di inclusione può rivelarsi critico poiché può mantenere un’asimmetria di potere, con una maggioranza che decide chi deve essere incluso e perché. Le persone coinvolte nel processo di inclusione potrebbero non essere pienamente coinvolte nelle decisioni che le riguardano.

In contrasto, il concetto di convivenza suggerisce una relazione più orizzontale e reciproca. La convivenza implica un’interazione più equilibrata e inclusiva, in cui non ci sono ruoli definiti di chi “include” e chi “è incluso”. È un concetto che promuove una partecipazione attiva e una collaborazione reciproca, piuttosto che una dinamica in cui alcuni hanno il potere di decidere per gli altri.

Preferire il termine “convivenza” rispetto a “inclusione” sottolinea l’importanza di relazioni più equilibrate e collaborative, dove tutti sono coinvolti nel processo decisionale e nell’esperienza condivisa.

3.2 Normalità, diversità, identità: sfatare i luoghi comuni

  • Luogo Comune n°1 “La normalità è una media statistica”

L’idea che la normalità sia semplicemente ciò che fa la maggioranza è un luogo comune diffuso, che riduce la complessità della realtà umana a un concetto statistico. Questa visione implica che essere diversi significhi essere sbagliati o meno accettabili socialmente. Tuttavia, la diversità è intrinsecamente preziosa.

Storicamente, la società non è sempre stata multiculturale come la intendiamo oggi. Fenomeni migratori, seconde e terze generazioni, nuovi modelli sociali e l’influenza dei dibattiti americani hanno contribuito alla visibilizzazione delle differenze e alla moltiplicazione delle identità. Nel passaggio dalla modernità alla postmodernità, assistiamo a un cambiamento significativo nelle dinamiche culturali e sociali.

Moderno

  • Secolarizzazione
  • Uniformizzazione
  • Modernizzazione
  • Integrazione e assimilazione

Postmoderno

  • Differenziazione
  • Attenzione alla diversità
  • Ritorno del religioso

Oggi, il “modello della lunga coda” ha grande rilevanza, suggerendo che il profitto può essere ottenuto dalle nicchie piuttosto che dai mercati di massa. Le identità si frammentano in molte componenti che si uniscono per formare la nostra soggettività, rendendo il riconoscimento delle diversità una caratteristica distintiva dell’era postmoderna.

 

  • Luogo Comune n°2 “La diversità è un rischio”

A livello organizzativo, i cambiamenti portati dalla corrente di pensiero postmoderna possono comportare sia rischi che opportunità. È importante conoscerli entrambi e riflettere su di essi per comprendere più appieno come il contesto culturale e la cultura aziendale siano collegati.

Opportunità

  • Innovazione e creatività

La diversità stimola l’innovazione, aiutando a uscire dalle abitudini consolidate ed evitare la ripetizione di dinamiche inefficaci.

  • Varietà dei punti di vista

La presenza di diverse prospettive arricchisce il processo decisionale e la risoluzione dei problemi.

  • Attrazione dei talenti

Un ambiente inclusivo e diversificato attira talenti da una vasta gamma di background.

  • Adattamento al mercato globale

In un’economia globalizzata, è essenziale per le aziende essere sensibili e reattive alle diverse esigenze e preferenze culturali.

  • Reputazione aziendale

Gestire la diversità in modo efficace migliora l’immagine dell’azienda, dimostrando impegno verso l’inclusività e la responsabilità sociale.

Rischi

  • Mancanza di coesione

La diversità può portare a una minore unità all’interno di un gruppo o di un’organizzazione.

  • Problemi di comunicazione

Differenze culturali e linguistiche possono creare ostacoli nella comunicazione efficace.

  • Potenziale per conflitti interni

La presenza di molteplici punti di vista può causare disaccordi e tensioni.

  • Costo di gestione delle differenze

Implementare politiche e pratiche per gestire la diversità può essere costoso e richiedere risorse significative.

È fondamentale riconoscere che la diversità è un fatto. La diversità non è un concetto statico, ma richiede uno sforzo attivo per essere realizzata. La Dichiarazione Universale dell’UNESCO sulla Diversità Culturale del 2001 è un testo fondamentale per il concetto di diversità e inclusione.

Questo documento fa riferimento in particolar modo al passaggio “dalla diversità al pluralismo culturale”, che viene definito come “la risposta politica alla realtà della diversità culturale”. Le politiche di integrazione sono considerate essenziali per garantire la coesione sociale, la vitalità della società civile e la pace.

  • Luogo Comune n°3 “L’identità è un valore”

L’identità come valore può sembrare una prospettiva conservatrice se promossa da grandi leader nazionali, ma sta diventando sempre più rilevante anche nelle politiche delle minoranze come strumento di emancipazione. L’identità è tornata in primo piano perché le minoranze hanno trovato nella coesione identitaria un mezzo efficace per difendere i propri valori.

L’identità pubblica si manifesta anche attraverso i consumi. Nello specifico, l’identità si manifesta attraverso l’aspetto fisico, le pratiche estetiche e quelle culturali. I consumi possono accentuare o diminuire le differenze di una persona rispetto all’ambiente circostante. In ambienti ostili, potremmo nascondere la nostra identità o, al contrario, enfatizzarla.

Identità e riconoscimento

L’abbigliamento, il taglio di capelli, gli occhiali, il possesso di beni come case e automobili, e le modificazioni fisiche e cosmetiche sono espressioni della nostra identità e costruzioni sociali, legate al bisogno umano di riconoscimento. Questo concetto è fondamentale per il benessere e la soddisfazione professionale.

Il riconoscimento del lavoro svolto e la qualità delle relazioni interpersonali sono cruciali, oltre alla retribuzione economica e alle opportunità di crescita.

Essenzialismo VS Intersezionalismo

L’approccio essenzialistico, che assegnava identità rigide e definite, è stato sostituito dall’intersezionalismo, secondo cui l’identità è una complessa intersezione di molteplici fattori: genere, religione, etnia, classe sociale, orientamento sessuale e altre caratteristiche individuali. Ogni persona desidera essere riconosciuta nella sua unicità e complessità.

“Come includere quindi le nuove identità? Inclusione significa andare oltre il semplice riconoscimento delle differenze. Oggi, è necessario affrontare temi che fino a pochi anni fa erano considerati tabù. Parlare apertamente di diversità di genere, orientamento sessuale, background culturali e altre identità emergenti è fondamentale per creare un ambiente inclusivo anche sul posto di lavoro.”

  • Raffaele Alberto Ventura
  • Luogo Comune n°4 “Il linguaggio cambia il mondo”

La questione dell’inclusività non riguarda solo le politiche aziendali, ma anche i valori dell’azienda stessa, con iniziative che possono diventare rilevanti a livello pubblico, influenzando reputazione e immagine. È cruciale quindi mediare tra le diverse situazioni e valori, cercando di trovare un equilibrio tra gli interessi e le sensibilità di tutti.

Uno dei luoghi comuni più dibattuti è: “Il linguaggio cambia il mondo?”. C’è chi sostiene che modificare il linguaggio possa contribuire a ridurre i conflitti e a prevenirne l’esplosione. Tuttavia, è importante riconoscere che il linguaggio da solo non può trasformare radicalmente la realtà. È necessario adottare una visione più ampia che integri il linguaggio con azioni concrete e coerenti, per promuovere un cambiamento reale.

Il linguaggio è pragmatico ed essenzialmente legato all’azione

  • La vita sociale è principalmente comunicazione.
  • La comunicazione non è solo trasmissione di informazioni.
  • Il linguaggio è un mezzo per compiere azioni concrete (come condannare, celebrare, perdonare).
  • Questi concetti sono ben espressi nella pragmatica del linguaggio, una disciplina autonoma della linguistica.
  • Questo aspetto del linguaggio, già noto fin dal Medioevo, è stato riscoperto negli ultimi cinquant’anni.

Viviamo in un’epoca di rischio comunicativo, dove ogni comunicazione ha effetti concreti sul mondo e ogni messaggio può essere compreso in modi diversi da persone diverse, il che può portare a vari tipi di rischi:

  • Rischi diretti e legali

Possono derivare da violenze fisiche o cause legali per ingiurie e diffamazioni.

  • Rischi reputazionali

Un errore di comunicazione può allontananare clienti e stakeholder. Questo rischio include anche la percezione mediatica e l’impatto internazionale, poiché ciò che è accettabile in Italia potrebbe avere maggior risonanza all’estero.

  • Rischi organizzativi

Possono verificarsi attriti nei team di lavoro, problemi interni e difficoltà di collaborazione.

PCorrector. Prevenire il rischio comunicativo con l’intelligenza artificiale.

PCorrector è un chatbot di intelligenza artificiale (GPT4) sviluppato dal saggista Raffaele Alberto Ventura, in grado di riconoscere “i rischi comunicativi potenziali”

in una frase e di proporre delle riformulazioni più caute e “linguisticamente neutrali”.

L’obiettivo non è quello di imporre regole definitive, anche perché sarebbe impossibile dato che mutano di continuo, ma di mettere a disposizione indicazioni e suggerimenti a brand, istituzioni private e pubbliche, ma anche a utenti normali, per minimizzare i rischi comunicativi.

Prova PCorrector!

  • Luogo Comune n°5 “Non si può più dire niente”

Le 5 fasi del lutto comunicativo

Andando più a fondo nella tematica degli errori comunicativi, possiamo vedere come esistano delle regole precise per scusarsi. Tali regole sono collegate alle “5 fasi del lutto comunicativo”, che sono:

  • Fase della Negazione

“Ma il messaggio era chiaro!” Questa fase è caratterizzata dal rifiuto  di ammettere che ci sia stato un errore nella comunicazione.

  • Fase della Rabbia

“Mi hanno frainteso!” Qui si prova frustrazione e si tende a incolpare gli altri per il malinteso.

  • Fase della Contrattazione

“Forse c’era un’ambiguità…” In questa fase si inizia a riconoscere che ci potrebbe essere stata una parte di responsabilità nell’errore.

  • Fase della Depressione

“C’è una crisi da gestire.” Si riconosce il problema e si prova un senso di sconforto per la situazione creatasi.

  • Fase dell’Accettazione

“Abbiamo sbagliato.” Si accetta l’errore e si inizia a lavorare per rimediare.

Quando parliamo di inclusività, è importante distinguere tra l’approccio “inclusivo” e quello “woke”.

  • Approccio Inclusivo

L’approccio inclusivo, simile a quello manageriale, valorizza la diversità attraverso l’integrazione e cerca di ridurre i conflitti in modo depoliticizzato.

  • Approccio Woke

Al contrario, l’approccio militante promuove la diversità contro l’universalismo e mira a far emergere i conflitti, politicizzando questioni che altrimenti sarebbero considerate non-politiche.

Frasi come “Non volevo offendere” non sono molto utili, perché gli effetti di ciò che è stato detto contano. Spesso, gli errori comunicativi non sottendono cattiveria, ma piuttosto goffaggine ed ignoranza. Per questo motivo, è cruciale lavorare sulla nostra sensibilità e competenza culturale e comunicativa, restando aggiornati sui nuovi trend culturali.

  • Le “5 fasi del lutto comunicativo” vanno gestite con le giuste tempistiche, per evitare che le reazioni sembrino forzate.
  • È consigliabile accelerare le prime fasi e capire velocemente perché è stato commesso un errore.
  • Tuttavia, è importante notare che, anche seguendo tutte le regole sopra elencate,non è garantito che le scuse vengano accettate.
  • Gli approcci top-down possono provocare reazioni negative. Pertanto, è cruciale negoziare soluzioni condivise che rispettino e valorizzino le diversità.
  • Prendere sul serio il linguaggio è essenziale, poiché esso ha effetti concreti sul mondo.

Il lessico dell’inclusione di Raffaele Alberto Ventura

Ci sono delle parole che devono entrare nel nostro vocabolario affinché rimaniamo aggiornati sui nuovi megatrend. Questi termini, oltre ad arricchire il nostro vocabolario, ci aiutano a comprendere meglio le complessità delle dinamiche sociali odierne e a comunicare in modo più sensibile e consapevole.

  • Hate speech: discorso d’odio che incita alla violenza o alla discriminazione contro gruppi specifici.
  • Blackface: pratica offensiva di usare il trucco per rappresentare persone di colore, storicamente utilizzata in modo denigratorio.
  • Mimicking accents: imitazione degli accenti, che può risultare offensiva se ridicolizza o stereotipizza gruppi etnici.
  • N-word: termine altamente offensivo e razzista utilizzato contro le persone di colore.
  • Non-binary: identità di genere che non si conforma esclusivamente a maschile o femminile.
  • Misgendering/Deadnaming: usare il genere o il nome sbagliato di una persona, spesso intenzionalmente, causando disagio o offesa.
  • Mansplaining: atteggiamento condiscendente in cui un uomo spiega qualcosa a una donna in modo paternalistico.
  • Fatshaming/Bodyshaming: criticare o ridicolizzare qualcuno per il suo peso o aspetto fisico.
  • Incel: termine che descrive individui, spesso uomini, che si definiscono involontariamente celibi e che possono esprimere ostilità verso le donne.
  • Woke/Social Justice Warrior: essere consapevoli e attivi nelle questioni di giustizia sociale e diritti civili.
  • TERF: Femministe radicali che escludono le donne transgender dal loro movimento.
  • Cultural appropriation: uso inappropriato di elementi di una cultura da parte di membri di un’altra cultura, spesso senza rispetto o comprensione.
  • Identity politics: politiche che si basano sulle identità di gruppo (etnia, genere, orientamento sessuale) per promuovere i diritti e gli interessi di quei gruppi.
  • Inclusive: politiche e pratiche che cercano di includere e valorizzare tutte le persone, indipendentemente dalle loro differenze.
  • Tone policing: criticare il modo in cui una persona esprime un’idea piuttosto che il contenuto dell’idea stessa.
  • Cis: persona la cui identità di genere corrisponde al sesso assegnato alla nascita.
  • Gaslighting: manipolazione psicologica in cui una persona fa dubitare un’altra della propria sanità mentale o percezione della realtà.
  • Green/Pinkwashing: usare cause ambientali (green) o LGBTQ+ (pink) per migliorare l’immagine di un’azienda senza un reale impegno.
  • Queerbaiting/Blackfishing: strategie di marketing che sfruttano le identità LGBTQ+ o afroamericane per attirare il pubblico senza un reale impegno.
  • Slutshaming: giudicare o criticare una persona, solitamente una donna, per il suo comportamento sessuale percepito come promiscuità.
  • White feminism: femminismo che non tiene conto delle diverse esperienze ed oppressioni vissute dalle donne non bianche.
  • Abilism: discriminazione e pregiudizio contro le persone con disabilità.
  • Ageism: discriminazione basata sull’età.
  • Speciesism: atteggiamento discriminatorio verso gli animali, considerandoli inferiori agli esseri umani.
  • Trigger Warning: avviso che il contenuto può causare disagio emotivo o psicologico.
  • Dog whistle: comunicazione che usa un linguaggio sottile o codificato per segnalare, in modo non esplicito, atteggiamenti o pregiudizi a un pubblico specifico.
  • Microaggression: comportamenti o commenti quotidiani, spesso involontari, che esprimono pregiudizio verso gruppi marginalizzati.
  • White Privilege: vantaggi sociali, economici e politici di cui godono le persone bianche rispetto a quelle di altri gruppi razziali.
  • Decolonization: processo di de-costruzione delle influenze coloniali nelle società contemporanee.
  • Safe space: ambiente in cui le persone possono esprimersi liberamente senza paura di discriminazioni o attacchi.

3.3 I modelli narrativi della disabilità

Fino ad ora sono stati esaminati gli eventi storici che hanno portato alla formazione e al cambiamento del concetto di disabilità nel tempo. Il modo in cui ciascuno di questi concetti viene narrato ha un impatto diretto sulle persone. In questo paragrafo si esamineranno in dettaglio queste narrazioni e le loro conseguenze.

  1. Il linguaggio del dolore

Una retorica che condanna le persone disabili a una vita immaginata come un’eterna, infinita valle di lacrime e dolore, un’esistenza caratterizzata dalla mancanza o dalla perdita di una preziosa abilità psicofisica o sensoriale.

Conseguenze

Rafforzamento degli stereotipi: le immagini e le storie riportate dai media spesso riflettono questa narrazione, rafforzando gli stereotipi e perpetuando l’idea che le persone con disabilità siano intrinsecamente meno valide o meno degne di considerazione rispetto alle persone senza disabilità.

  • Evita definizioni come “affetta da” o “soffre di” una disabilità perché hanno tutte connotazioni negative e creano un’immagine di perenne sofferenza.
  • Non dire: costretta su una carrozzina, ma: usa una carrozzina. La sedia a rotelle è per molte persone uno strumento di libertà, non qualcosa su cui sono inchiodate.
  • Evita di descrivere le persone per quello che non possono fare. Non dire: non udente, oppure non vedente o ancora diversamente abile. Meglio dire: cieca, sordo, persona disabile o persona con disabilità.
  1. Il linguaggio angelico

All’opposto della retorica del dolore, ma sua stretta parente tanto da poterne essere solo una versione camuffata, troviamo invece quella degli angeli, delle persone definite “speciali” semplicemente perché posseggono alcune caratteristiche che differiscono da ciò che siamo abituate a percepire come “normali”. Questa visione idealizzata non riflette la realtà delle esperienze umane e delle complessità individuali.

Conseguenze

  • Infantilizzazione: Le persone con disabilità vengono percepite come eterni bambini, portando alla desessualizzazione e alla negazione del diritto alla sessualità e all’intimità.
  • Limitazione dei diritti: Trattandole come individui privi di autonomia e capacità decisionali, limitando le opportunità di partecipazione sociale.
  1. L’infantilizzazione

Questo modello rappresenta una tendenza a trattare le persone con disabilità come se fossero bambini, anche quando sono adulte. Questo fenomeno è ampiamente diffuso nella cultura popolare, come dimostrano gli studi condotti dalla dott.ssa Stevenson sull’autismo.

Conseguenze

  • Mancanza di riconoscimento: l’infantilizzazione impedisce l’autorappresentanza e l’autodeterminazione, portando a una mancanza di riconoscimento delle persone disabili adulte da parte delle istituzioni e della società.
  • Partecipazione limitata: limita le opportunità di partecipazione e inclusione sociale, creando l’idea che le persone con disabilità diventino invisibili con l’età.
  1. L’inspiration porn

Questo modello utilizza le persone con disabilità come fonte di ispirazione per gli altri, dipingendo la disabilità come un ostacolo da superare e le persone con disabilità come eroi straordinari. Tuttavia, questa narrazione può essere dannosa e umiliante, rafforzando stereotipi negativi e creando pressione sulle persone con disabilità.

Conseguenze

  • Pressione ingiusta: l’idea che le persone con disabilità debbano dimostrare di essere “forti” o “straordinarie” per essere accettate crea una pressione ingiusta.
  • Valore individuale: ridurre le persone con disabilità a mere fonti di ispirazione basate sul superamento delle sfide personali, invece di apprezzare la loro intera gamma di esperienze e contributi.
  • Evitiamo la spettacolarizzazione della disabilità e della diversità in generale, non cerchiamo di alleggerirla attribuendole caratteristiche positive, perché alla fine stiamo sempre dicendo che “nonostante” la tragedia, c’è qualcosa di “speciale”
  • Non usiamo la disabilità come fonte di ispirazione perché è una delle cose che alle persone disabili dà più fastidio: io non sono la tua ispirazione.

“L’inclusione non è la concessione paternalistica di un vantaggio a chi è esclusa o escluso,

ma è la riduzione di uno svantaggio attraverso l’eliminazione di barriere che la società normocentrica lascia sul cammino di chi ha caratteristiche differenti dalla media della popolazione.”

  • Fabrizio Acanfora

Quick Learns
Identity-First o Person-First?

Il dibattito tra l’uso del linguaggio Identity-First e Person-First riguarda la preferenza nell’uso delle parole per descrivere persone con determinate identità o condizioni. Nel modello Identity-First, si mette l’identità della persona al primo posto, utilizzando descrizioni come “persona autistica”, “persona disabile” o “persona omosessuale”. Questo approccio riflette l’importanza che queste identità hanno per molte persone, che sentono che tali caratteristiche sono fondamentali per chi sono.

Nel modello Person-First, invece, si pone l’accento sulla persona prima della condizione o identità, utilizzando formulazioni come “persona con autismo” o “persona con disabilità”. Questo approccio mira a sottolinearela persona nella sua interezza, riconoscendo che la condizione è solo una parte della sua identità complessiva.

È fondamentale chiedere direttamente alla persona come preferisce essere definita, rispettando la sua scelta. Questo principio si applica anche all’uso dei pronomi corretti per rispettare l’identità di genere di una persona.

Takeaways

  1. Diversità come risorsa: oltre il concetto di normalità

La diversità non è l’opposto della normalità, ma piuttosto un elemento prezioso della società umana, paragonabile alla biodiversità in natura. L’evoluzione del pensiero sulla diversità ci porta a superare l’idea di un “uomo medio” o di una normalità statistica, riconoscendo il valore intrinseco delle differenze individuali. Questo cambio di prospettiva invita a vedere la diversità non come un rischio, ma come un’opportunità per l’innovazione, la creatività e una migliore comprensione del mondo in cui viviamo.

  1. Partecipazione attiva: la chiave dell’inclusione autentica

L’inclusione autentica richiede partecipazione attiva e autorappresentanza. Le minoranze non dovrebbero essere semplici beneficiarie dei processi inclusivi, ma dovrebbero partecipare attivamente in ogni fase: dalla progettazione all’implementazione. Questo approccio garantisce che tutte le voci siano ascoltate e considerate nei processi decisionali, promuovendo una vera convivenza paritaria.

  1. Il potere delle parole: consapevolezza linguistica

Il linguaggio è uno strumento potente che non solo descrive la realtà, ma la plasma attivamente. Le parole che scegliamo hanno conseguenze concrete nel mondo reale, influenzando percezioni, atteggiamenti e comportamenti. Per una comunicazione inclusiva efficace, è essenziale mantenersi aggiornati sui dibattiti e i trend culturali, riconoscendo che i termini considerati appropriati e rispettosi evolvono nel tempo. Utilizzare consapevolmente un linguaggio inclusivo non è solo una questione di correttezza politica, ma un modo attivo per creare un ambiente più accogliente e rispettoso, sfidando stereotipi e pregiudizi.

Getting into action

  • Come posso contribuire attivamente a creare spazi più inclusivi nei miei contesti personali e professionali, assicurandomi che le voci di tutti e di tutte siano ascoltate?
  • Come posso diventare più consapevole dei miei pregiudizi inconsci e lavorare attivamente per superarli?
  • Come posso utilizzare un linguaggio più inclusivo e rispettoso che riconosca e valorizzi la diversità umana, evitando stereotipi e pregiudizi inconsci?

Ask to the expert!

  • Fabrizio Acanfora

Scrittore, blogger e attivista

  • Raffaele Alberto Ventura

Scrittore e saggista

Capitolo 04

04

Garantire l’accessibilità attraverso tutele e strumenti

4.1 Accomodamenti ragionevoli e strumenti di tutela della persona disabile sul lavoro.

4.2 Microsoft Inclusive Design. Accessibilità e tecnologia.

Takeaways

4.1 Accomodamenti ragionevoli e strumenti di tutela della persona disabile sul lavoro

Adattare l’attività lavorativa alle necessità della persona disabile attraverso accomodamenti ragionevoli è un passo fondamentale verso l’uguaglianza sostanziale. La direttiva del 2000 impone l’adozione di soluzioni ragionevoli per le persone disabili in accordo con il rispetto del principio della parità di trattamento.

Accomodamenti ragionevoli
Direttiva 2000/78/CE

Secondo l’art. 5 le soluzioni ragionevoli hanno le seguenti caratteristiche:

  • Senza regole
    Può essere qualunque tipo di azione del datore di lavoro volta ad adottare provvedimenti appropriati per consentire l’accesso al lavoro.
  • Finalità
    Realizzazione di un luogo di lavoro che possa risultare adatto ad accogliere la persona con disabilità.
  • Su misura
    Necessario considerare la natura individuale e individualizzata per trovare il giusto accomodamento ragionevole.
  • Riequilibrio
    Rimozione della situazione di svantaggio sofferta dall’individuo nel contesto specifico in cui si trova.

I medici del lavoro operano nel rispetto del codice etico internazionale. Il loro ruolo include:

  • Istituire un ambiente di lavoro salubre e sicuro per tutti.
  • Proteggere e promuovere la salute dei lavoratori.
  • Promuovere l’adattamento dei lavoratori all’ambiente di lavoro.

La visita dei medici del lavoro è finalizzata alla prevenzione. Il medico competente deve rispettare sia il diritto alla salute sia il diritto al lavoro. Quando esprime un giudizio di idoneità, è necessario bilanciare questi due aspetti.

Strumenti e metodi di inclusione

  • Approfondimento e confronto con altri specialisti
    Utile per valutare ogni elemento noto al medico e dare le giuste prescrizioni, come la conoscenza di terapie salvavita o necessità di supporto in situazioni di pericolo.
  • Accomodamento ragionevole
    Creazione di un piano di lavoro personalizzato che può includere rimodulazione dell’orario di lavoro, esenzione da compiti specifici, misure di sicurezza, modifiche nell’ambiente lavorativo, e l’uso di ausili hardware e software.
  • Standard ISO
    Linee guida e best practices per l’implementazione di sistemi di gestione della salute e della sicurezza sul lavoro.
  • Giudizio di idoneità alla mansione specifica
    Valutazione dell’idoneità di un lavoratore a svolgere una specifica mansione in base alle sue condizioni di salute e alle esigenze del lavoro.
  • Reinserimento lavorativo delle persone disabili
    Supporto per facilitare il reinserimento nel mondo del lavoro, aiutando le persone a mantenere un impiego adeguato alle loro capacità.
  • Finanziamenti INAIL
    Sostegno economico per migliorare la sicurezza sul lavoro e promuovere l’inclusione delle persone con disabilità.
  • Disability Manager
    Gestione delle politiche aziendali relative all’inclusione e all’accessibilità delle persone con disabilità.

Nuova disciplina sulla disabilità del 2024

lI Consiglio dei Ministri il 15 aprile 2024 ha approvato una nuova disciplina sulla disabilità. L’applicazione completa è prevista in via sperimentale dal 10 gennaio 2025, a seguito dell’approvazione del relativo Decreto attuativo.

  • Viene ridefinita la condizione di disabilità;
  • viene introdotto l’accomodamento ragionevole;
  • vengono riformate le procedure di accertamento e la valutazione multidimensionale per l’elaborazione e l’attuazione del “Progetto di vita” individuale e personalizzato.

4.2 Microsoft Inclusive Design. Accessibilità e tecnologia

Il lavoro sull’accessibilità ha un valore sia culturale che di business e influenza direttamente contratti, servizi e prodotti. Microsoft, alleato di EY, persegue obiettivi legati all’accessibilità sia per motivi culturali sia per un approccio aziendale più empatico e filosofico.

Valori culturali di Microsoft

  • Customer Obsession
    Focalizzarsi primariamente sui clienti e sulle loro esigenze in ogni fase del servizio.
  • One Microsoft
    Supportare e aiutare i colleghi a migliorare le proprie performance.
  • Diversity and Inclusion
    Promuovere la diversità e l’inclusione all’interno dell’azienda.

“At a time when many are calling attention to the role technology plays in society, our mission remains constant.It grounds us in the enormous opportunity and responsibility we have to ensure that the technology we create benefits everyone.”

  • Satya Nadella, CEO, Microsoft

L’accessibilità come opportunità

La disabilità può riguardare chiunque in qualsiasi momento della vita. Più di un miliardo di persone nel mondo sono disabili e le previsioni indicano un aumento di questo numero. Risolvere un problema di accessibilità per una persona disabile può aiutare anche persone con difficoltà temporanee.

  • 1+ miliardi di persone hanno una disabilità.
  • 3 miliardi di persone necessiteranno di tecnologia accessibile entro il 2050.
  • solo il 4% di business concentrati sulla realizzazione di offerte accessibili.

L’approccio Microsoft

  • Tecnologia
    Sviluppare tecnologie progettate in maniera inclusiva.
  • Persone
    Ampliare le opportunità di assunzione e formazione.
  • Policy
    Sostenere politiche che promuovo l’accessibilità come diritto fondamentale.
  • Partnership
    Accelerare la conoscenza e l’utilizzo di tecnologie accessibili.

Principi dell’Inclusive Design

L’Inclusive Design è un metodo, nato all’interno degli ambienti digitali, che si avvale della diversità umana per sviluppare soluzioni.

  • Riconoscere l’esclusione
    L’esclusione avviene quando risolviamo i problemi utilizzando i nostri bias pregiudizi. è fondamentale riconoscere l’esclusione e trasformarla in un’opportunità per generare nuove idee ed esperienze inclusive.
  • Imparare dalla diversità
    Gli esseri umani sono veri esperti nell’adattarsi alla diversità. Il design inclusivo mette le persone al centro fin dall’inizio del processo.
  • Solve to one, extend to many
    Ognuno ha delle capacità e dei limiti a tali capacità. Progettare per persone con disabilità permanenti, permette di disegnare esperienze che portano benefici alle persone in generale.

Scopri l’Inclusive Design di Microsoft!

Prodotti Microsoft e accessibilità

  • Windows 11
    • Live Caption: trascrizione in tempo reale, disponibile in 5 lingue, con l’italiano in arrivo.
    • Voice Access: interazione con il dispositivo tramite comandi vocali.
    • Narrator: screen reader di default per persone con disabilità visive.
    • Focus Mode: disabilitazione temporanea delle notifiche per ridurre il carico cognitivo..
  • Microsoft 365
    • Immersive Reader: strumento creato per aiutare gli studenti a lavorare sui documenti in OneNote. Include funzionalità di foto di un testo, modalità speech to text e text to speech, analisi grammaticale, cambio di contrasto luminoso, righello virtuale, traduzione e un reading coach per migliorare la lettura, utile anche per bambini con disturbi dell’attenzione. È stato integrato in tutti i prodotti Microsoft e reso un servizio.
  • Teams
    • Slides: presentazioni ingrandibili, con possibilità di traduzione, screen reader e cambio di contrasto.
    • PPT and Excel Live: presentazione e collaborazione in tempo reale con strumenti di accessibilità integrati.

Takeaways

  1. Accomodamenti ragionevoli e inclusione sul lavoro

L’adozione di accomodamenti ragionevoli è fondamentale per garantire l’uguaglianza sostanziale delle persone disabili sul lavoro. Questi accomodamenti possono includere la rimodulazione dell’orario di lavoro, esenzioni da compiti specifici, misure di sicurezza, modifiche nell’ambiente lavorativo e l’uso di ausili hardware e software. Tali accorgimenti sono volti al rispetto del principio della parità di trattamento e mirano a rimuovere le barriere che impediscono la piena ed effettiva partecipazione delle persone con disabilità nel contesto lavorativo.

  1. Inclusive Design per soluzioni accessibili a tutti

L’Inclusive Design è un approccio che sfrutta la diversità per sviluppare soluzioni accessibili a tutti. I principi fondamentali dell’Inclusive Design includono il riconoscimento dell’esclusione, la progettazione per una persona estendibile a molti, e l’apprendimento dalla diversità. Microsoft adotta questo approccio per creare tecnologie che beneficiano non solo le persone con disabilità permanenti, ma anche quelle con difficoltà temporanee.

  1. Ruolo del medico del lavoro

I medici del lavoro hanno il compito di creare un ambiente di lavoro sicuro, proteggendo e promuovendo la salute dei lavoratori. Devono bilanciare il diritto alla salute e il diritto al lavoro quando esprimono un giudizio di idoneità alla mansione specifica. La loro valutazione può includere l’approfondimento e il confronto con altri specialisti, la conoscenza di terapie salvavita e la necessità di supporto in situazioni di pericolo.

Getting into action

  • Come potrebbe l’adozione di tecnologie accessibili, migliorare la mia produttività o quella dei miei colleghi, indipendentemente dalla presenza di disabilità?
  • In che modo i principi dell’Inclusive Design potrebbero essere applicati nella mia vita quotidiana e nel mio lavoro per renderlo più accessibile a tutti?
  • Rifletti su un momento in cui ti sei sentito escluso o limitato in un contesto lavorativo. Cosa mi avrebbe potuto aiutare a vivere meglio la situazione?

Ask to the expert!

Antonio Lo Izzo

Medico del Lavoro Competente – Direttore Scientifico di PASS Italia srl

Jie Yuan

Strategic Account Manager and Global Commercial. Accessibility Program Lead at Microsoft

Capitolo 05

05
Leadership inclusiva e bias cognitivi

​​5.1 Riconoscere i propri schemi mentali per superare i pregiudizi inconsci.

5.2 Facilitare la trasformazione culturale attraverso la leadership inclusiva

5.3 Pillole di leadership inclusiva

Takeaways

5.1 Riconoscere i propri schemi mentali per superare i pregiudizi inconsci

L’inclusione è facile da proclamare ma difficile da realizzare, poiché i nostri comportamenti sono influenzati dai cosiddetti pregiudizi inconsci. Quest’ultimi non sono sempre e necessariamente negativi: derivano dall’educazione ricevuta, dal luogo e dalla famiglia in cui siamo cresciuti, dagli amici frequentati, dalle esperienze vissute. In molti casi, fungono

da bussola con cui orientarci nel mondo.

I pregiudizi possono essere utili per riconoscere i pericoli, ma possono anche basarsi su stereotipi negativi. Indipendentemente dal loro tipo, possono portare a decisioni affrettate, discriminazioni inconsce e micro aggressioni. È quindi fondamentale sviluppare consapevolezza per evitare micro aggressioni inconsapevoli verso gli altri.

Alcuni esempi di micro aggressioni inconsapevoli sono:

  • Dire: “È gay ma è davvero un bravo ragazzo”, come se una cosa escludesse l’altra.
  • Dire a una persona con disabilità: “Per me sei perfettamente normale”.
  • Non guardare negli occhi una persona cieca.
  • Considerare una persona con disabilità come “speciale”.
  • Chiedere a una persona di dov’è dopo aver osservato i suoi vestiti.
  • Dare per scontato che una donna dopo i trent’anni abbia o voglia avere figli.

Immaginate di essere invitati/e in una grande città oltreoceano per il lancio ufficiale di una startup e vi recate in aeroporto. Salite sul vostro aereo e avete un bellissimo posto in prima classe. Il personale vi dà il benvenuto e voi vi accomodate vicino ad una coppia. Poco dopo, la startup arriva e vi dà il benvenuto. Ora fatevi le seguenti domande:

 

  • Il capitano dell’aereo era un uomo o una donna?
  • Era una persona di colore?
  • Il CEO della startup era un uomo o una donna?

l nostro cervello produce inferenze utilizzando le nostre esperienze più frequenti. È incredibile quanto quello che viviamo più spesso ci condizioni e la nostra percezione delle situazioni cambi a seconda dei nostri pregiudizi.

Tipologie di bias

  • Affinity Bias

Ci portano ad allentare il pregiudizio rispetto a chi è più simile a noi.

  • Confirmation Bias

Ci portano a selezionare informazioni che confermino le nostre convinzioni.

  • Bias sistemici

Integrati all’interno dei processi e dei sistemi in cui siamo inseriti.

La scala di inferenza è un modello teorico utilizzato per descrivere il processo mentale attraverso il quale le persone interpretano le informazioni e prendono decisioni. Questo modello, sviluppato da Chris Argyris e Donald Schön, aiuta a comprendere come gli individui possano trarre conclusioni e agire basandosi su dati e osservazioni.

Passo all’azione Carla non può guidare una squadra

 

Adotto credenze Carla ha scarse capacità di leadership
Giungo a conclusioni
Faccio assunzioni Carla conosce i problemi e non è abbastanza assertiva da parlare durante le riunioni
Aggiungo significati
Seleziono i dati Carla è la senior del gruppo e dovrebbe parlare per sostenere la squadra
Dati osservabili Carla parla una volta durante gli incontri con i clienti

I pregiudizi si attivano più facilmente quando:

  1. Sentiamo pressione e stress (scadenze, richieste sul posto di lavoro, risorse limitate).
  2. C’è un’elevata conformità/somiglianza all’interno di un gruppo.
  3. Delineiamo impressioni generali, ad esempio, prime impressioni in un’intervista.
  4. Ci piace o non ci piace molto qualcuno.
  5. Le informazioni sono insufficienti, ambigue o sfocate.
  6. Cerchiamo di raggiungere una conclusione, ma c’è un disaccordo tra le parti.

Essere consapevoli dei propri schemi mentali è un primo passo per riuscire a scalfire i pregiudizi inconsci. Il cervello a volte può ingannarsi a partire dal fatto che tendiamo a osservare solo ciò che è visibile. E importante verificare se la prospettiva che abbiamo sia l’unica possible e se ci stia dando le informazioni necessarie sull’intero quadro generale.

5.2 Facilitare la trasformazione culturale attraverso la leadership inclusiva

Quando si parla di leadership inclusiva è importante chiedersi quali sono i momenti che contano. “La cultura è ciò che accade quando nessuno ci sta guardando”. Come possiamo renderla tangibile attraverso azioni quotidiane che ci permettano di coltivare ambienti davvero inclusivi?

Dove sono i tuoi momenti che contano?

Formale

“Cosa diciamo”

Gap Informale

“Cosa facciamo”

Based on Edgar Schein. Schein,E.H. (1985-2005) Organizational Culture and Leadership and Joerg Schmitz, Cultural Orientations Guide, 2007.

Come “leader”, creiamo, incorporiamo e trasmettiamo cultura attraverso:

  1. Le nostre reazioni a incidenti critici e crisi nel business o in ciò di cui ci occupiamo.
  2. Su cosa offriamo feedback, riconoscimenti e guida.
  3. ​​Come riconosciamo il lavoro di chi collabora con noi.
  4. A cosa prestiamo attenzione, misuriamo e controlliamo.

Il modello PTR (Preference, Tradition, Requirement) può rivelarsi uno strumento utile e capace di influenzare positivamente i processi di decision-making, facendo emergere bias e pregiudizi nascosti e aiutandoci a comprende perché stiamo prendendo una determinata decisione.

Preference Tradition Requirement
Scegliere sulla base delle proprie inclinazioni personali. Scegliere sulla base di decisioni passate e pratiche consolidate. Scegliere sulla base di una serie di criteri essenziali.
Prendere decisioni sulla base di preferenze

o tradizioni può limitare involontariamente le opzioni che soddisfano effettivamente le nostre esigenze.

Non negoziabile e ottimale

per processi decisionali più inclusivi.

I 6 comportamenti dei leader inclusivi

  1. Essere consapevole delle proprie preferenze e dei propri pregiudizi.
  2. Cercare  attivamente prospettive diverse dalle proprie e accogliere consigli.
  3. Dare a tutti l’opportunità di contribuire.
  4. Modificare il proprio stile per lavorare efficacemente con gli altri.
  5. Aprire il proprio processo decisionale ad altre prospettive.
  6. Fare in modo che tutti possano avere successo.

Fattori abilitanti

  • Apertura a nuove prospettive
  • Responsabilizzare gli altri
  • Ingaggiare tutti
  • Condividere meriti
  • ​​Infondere sicurezza
  • Ricevere, dare e chiedere feedback

5.3 Pillole di leadership inclusiva

Alcune storie, condivise da Laura Sinatara – fondatrice e CEO di Eapitalia World – mettono in luce l’importanza di affrontare apertamente e con flessibilità le situazioni complesse che possono sorgere sul posto di lavoro. Ignorare o sottovalutare le preoccupazioni dei dipendenti può portare a problemi significativi all’interno di tutto il team di lavoro.

  • Un ragazzo con disabilità era stato assunto per lavorare alla cassa di un noto supermercato ed il suo inserimento nel team non era ben visto dal manager, il quale si lamentava della sua lentezza. Tuttavia, dopo qualche tempo, il manager si rese conto che i clienti uscivano dal supermercato più soddisfatti poiché il giovane si prendeva del tempo per curare la relazione con loro: chiedeva loro come stessero ed adottava piccole accortezze che li faceva sentire visti ed apprezzati.

Inoltre, il manager si rese conto che le necessità di lavoro del ragazzo si incastravano perfettamente con quelle del resto del team, in particolare per quanto riguardava la gestione degli orari. Queste osservazioni permisero al manager di superare le sue iniziali resistenze e pregiudizi, e di apprezzare e valorizzare la presenza del giovane all’interno del team.

 

pregiudizio; teamwork; valorizzazione

  • La seconda storia raccontata da Laura riguarda una persona che aveva un disturbo d’ansia invalidante non compreso dal datore di lavoro. Il dipendente viveva con la paura che le ruote della macchina potessero scoppiare se avesse superato gli 80 km/h, ma il datore di lavoro non riconosceva la gravità del problema, poiché credeva che questa persona fosse troppo intelligente per avere veramente un timore da lui considerato così irrazionale.

Nel corso del tempo, la situazione del dipendente si aggravò fino al punto in cui si sentì male e rischiò un infarto. Solo allora il datore di lavoro, comprese la gravità del disturbo d’ansia del dipendente e, realizzato l’errore, si sentì profondamente colpevole. Successivamente, divenne estremamente attento e comprensivo nei confronti del dipendente.

disabilità invisibili; ascolto attivo

  • Giulia, che lavorava in una società di software, si ammalò improvvisamente e dovette ridefinire i suoi orari di lavoro. Pensando di farle un piacere e di farla sentire a suo agio, il manager le disse di non preoccuparsi, poiché questa situazione non avrebbe portato cambiamenti significativi e che tutto sarebbe rimasto uguale.Per Giulia però tutto era cambiato, e si sarebbe sentita più tranquilla se avesse potuto discutere apertamente con il suo manager dei cambiamenti che stava attraversando.

 

La difficoltà di comunicazione tra di loro e le mancate comunicazioni rispetto alla situazione di Giulia tra il manager ed il resto del team di lavoro, portò a confusione e scontento all’interno del gruppo. È fondamentale infatti che nei team ci sia chiarezza su chi è responsabile delle attività da portare avanti ed entro quali tempistiche.

comunicazione; trasparenza; teamwork

Takeaways

 

  1. Riconoscere i pregiudizi inconsci

I pregiudizi inconsci derivano dalle nostre esperienze personali, culturali e sociali, influenzando, spesso negativamente, le nostre decisioni e comportamenti verso gli altri. È fondamentale essere consapevoli dei propri schemi mentali per evitare micro-aggressioni e discriminazioni involontarie. Questo processo include l’identificazione di diversi tipi di bias, come l’Affinity Bias e il Confirmation Bias, e il riconoscimento delle situazioni in cui i pregiudizi si attivano più facilmente, come sotto stress o con informazioni limitate.

  1. Adottare comportamenti di leadership inclusiva

I leader inclusivi devono essere consapevoli dei propri pregiudizi e adottare comportamenti specifici per promuovere un ambiente di lavoro equo. Questi comportamenti includono: cercare attivamente prospettive diverse, dare

a tutti l’opportunità di contribuire, modificare il proprio stile di leadership per lavorare efficacemente con gli altri, aprire il processo decisionale ad altre prospettive e assicurarsi che tutti possano avere successo. L’utilizzo di strumenti come il modello PTR (Preference, Tradition, Requirement) può aiutare a prendere decisioni più inclusive.

  1. Comunicazione efficace per gestire situazioni complesse sul lavoro

Gestire situazioni difficili sul lavoro richiede flessibilità e comunicazione aperta. Questo approccio è particolarmente importante quando si tratta di integrare persone con disabilità. Affrontare apertamente le preoccupazioni dei dipendenti e valorizzare le diverse prospettive può portare a risultati positivi e spesso anche inaspettati.

Getting into action

  • Come posso promuovere una maggior consapevolezza riguardo ai miei pregiudizi inconsci?
  • Come posso migliorare la mia comunicazione con i colleghi che hanno esperienze diverse dalle mie?
  • Quali situazioni complesse ho affrontato recentemente nel mio ambiente di lavoro? E quali insegnamenti porto con me?

Ask to the expert!

  • Doriana De Benedictis

EY DE&I Leader

  • Emanuel Ingrao

CEO e fondatore di Shifton

  • Laura Sinatra

Fondatrice e CEO di Eapitalia World

Conclusioni

Complimenti! Se hai studiato tutto l’Handbook fino a questo punto, hai ufficialmente completato il primo livello di un percorso che ti trasformerà in un vero DE&I Champion.

L’EY Inclusive Hiring Academy è stato un percorso significativo perché ha posto le basi per la diffusione di una nuova conoscenza e sensibilità in EY. Attraverso questo Handbook abbiamo esplorato le sfide e le opportunità legate al management inclusivo di persone con disabilità e fragilità. Come una bussola, il manuale ci aiuta a navigare tra queste tematiche per affrontarle con nuovi strumenti di competenza e sensibilità

  • Abbiamo iniziato il nostro viaggio riconoscendo l’importanza di comprendere l’evoluzione normativa e le tutele legali in materia di disabilità. Questo ci ha permesso di apprezzare il contesto in cui operiamo e di adottare un approccio più consapevole e rispettoso nei confronti delle persone con disabilità.

Capitolo 1

  • Successivamente, abbiamo approfondito il ruolo cruciale dell’empatia e dell’inclusione nel processo di assunzione. Attraverso esempi concreti e role play, abbiamo imparato a riconoscere e superare i nostri bias, creando un ambiente di lavoro dove ogni individuo può esprimere il proprio potenziale al massimo.

Capitolo 2

  • Il nostro percorso ci ha portato a riflettere sulla diversità tra linguaggio, narrazioni e megatrend sociali. Abbiamo sfatato luoghi comuni e compreso l’importanza di un linguaggio inclusivo che valorizzi la diversità umana. Questo ci ha aiutato a costruire una cultura aziendale più aperta e rispettosa delle differenze.

Capitolo 3

  • Abbiamo poi esaminato le strategie per garantire l’accessibilità attraverso tutele e strumenti specifici. L’adozione di accomodamenti ragionevoli e l’applicazione dei principi dell’Inclusive Design di Microsoft sono stati elementi chiave per scoprire gli strumenti attivi in EY per promuovere un ambiente di lavoro accessibile a tutte e tutti.

Capitolo 4

  • Infine, abbiamo esplorato il concetto di leadership inclusiva e l’importanza di riconoscere e superare i pregiudizi inconsci. Abbiamo visto come una leadership consapevole e aperta possa facilitare la trasformazione culturale, promuovendo un ambiente di lavoro equo e inclusivo.

Capitolo 5

Scopri lo Sharepoint DE&I per:

  • Recuperare le registrazioni dei moduli formativi dell’Inclusive Hiring Academy
  • Non perderti tutti gli eventi e i progetti DE&I
  • Rimanere aggiornato sulle novità e i trend DE&I
  • Entrare in contatto con il team

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Un percorso in evoluzione: l’Inclusive Staffing

La conclusione di questo Handbook non segna la fine del nostro impegno. Al contrario, rappresenta l’inizio di un nuovo viaggio di formazione e consapevolezza, attraverso il nuovo progetto di Inclusive Staffing.

Allargheremo la prospettiva, andando oltre la fase di assunzione, per guardare all’esperienza complessiva delle persone con disabilità e fragilità in EY, con un focus particolare sulle neurodiversità. L’obiettivo è favorire il potenziamento e il benessere di ciascuno, creando un ambiente di lavoro dove ogni persona possa sentirsi valorizzata e supportata.

 

E ora…tocca a te!

Adesso è il momento di mettere in pratica i comportamenti inclusivi appresi, contribuendo attivamente alla trasformazione culturale in EY! Ogni azione quotidiana, dalla più semplice, può fare la differenza.

Stay curious, stay inclusive.

Si ringraziano

Doriana De Benedictis – DE&I Leader EMEIA e EW

Maurizio Massini – DE&I Specialist

Ylenia Mortara – DE&I Leader Italy

Francesca Pennino – DE&I Specialist

per il supporto e il contributo fondamentale durante tutte le fasi del progetto.

Un ringraziamento speciale è rivolto a tutte e tutti coloro che, con dedizione e professionalità, hanno collaborato al raggiungimento di questo importante traguardo.

Progetto curato da Shifton