La possessività che una persona sperimenta nei confronti del partner o della partner, è un sentimento che viene vissuto in modo diverso da chi la vive in prima persona e chi la subisce. È molto diffusa, ma si nasconde dietro le sembianze dell’amore intenso e protettivo. L’amore, in realtà, non ha niente a che fare con il possesso, ma implica libertà e autodeterminazione. Una canzone della mia adolescenza, intitolata Nata libera di Leano Morelli, aveva parole che rendono bene il concetto di amore legato a quello di libertà.
Sei come un cigno che allarga le ali, sei nata libera devi volare, e chiudere a chiave la tua libertà. […] È cosi’ bello vederti felice, e di rubarti un sorriso non sono capace.
Essere possessivi significa considerare il partner o la partner come una persona sulla quale si ha il diritto di decidere nel bene e nel male, raccontando, e raccontandosi, di scegliere nell’interesse della persona amata. La libertà individuale dei partner, basata su un patto non scritto di fiducia, viene sostituito dal controllo, dalle limitazioni, dalla violenza psicologica, economica o fisica. Travestito da innamorato, il partner possessivo diventa padrone della vita altrui. Donne vittime di questa situazione non possono uscire da sole, gestire il proprio denaro, avere amici, scegliere come vestirsi, avere tempo per se stesse al di fuori del controllo del compagno. Mi riferisco alle donne nel ruolo di vittime perché il fenomeno è più diffuso in questa direzione, ma non mancano le donne possessive, che si comportano in modo analogo. Le cronache, però, raccontano molto più spesso di relazioni basate sul possesso che finiscono in modo tragico per le donne. Per questa ragione, proverò a descrivere gli uomini possessivi, consapevole che anche le donne possono esserlo.
L’insicurezza di se stessi e la bassa autostima sono, a mio avviso, le ragioni psicologiche che spingono un uomo a controllare, dirigere e imporre i comportamenti alla propria compagna. Naturalmente contribuiscono le esperienze di vita, la cultura di origine e fattori ideologici a rendere così diffuso il fenomeno. Il motore interno è però la paura di non valere abbastanza e, di conseguenza, di perdere un eventuale confronto con altri uomini. Un uomo possessivo non si spiegherà mail il suo comportamento in questi termini, ma dirà alla partner di essere fortunata ad avere un uomo che si cura di lei in questo modo. Un amore così sconfinato da togliere ogni spazio di autonomia. In realtà, è la paura di perdere la partner a muovere una simile visione della relazione.
Col tempo, le restrizioni aumentano, soprattutto se la donna comincia a reclamare la propria vita. In una società dove si è circondati da apparente libertà, dove stimoli e tentazioni sono presenti ovunque, la persona vittima di comportamenti possessivi inizia a rendersi consapevole della gabbia nella quale si trova. Inoltre, al di là degli stimoli tentatori, ogni individuo ha il diritto e sente la necessità di autodeterminarsi, e quest’ultima spinge inesorabilmente a uscire dalla prigione. Ogni richiesta di maggiore autonomia, o ogni comportamento in questa direzione attuato senza consenso, avranno però come conseguenza il progressivo aumentare del controllo e delle restrizioni. L’autonomia della compagna è infatti vista come un pericolo. L’escalation del controllo e delle limitazioni diventa progressivamente più violento passando molto spesso dalla violenza verbale e psicologica a quella fisica. Molti finali di queste storie riempiono purtroppo le cronache.
Cosa può fare una persona che si sente vittima di questi comportamenti?
In Italia esiste una rete di strutture coordinate tra loro e con le istituzioni che offrono supporto gratuito in questi casi. Primo ascolto, sostegno psicologico e legale, aiuti concreti a uscire di casa e protezione fisica vengono offerti gratuitamente dalla rete dei Centri Antiviolenza. Digitando Centri Antiviolenza su Google, sono disponibili i riferimenti in tutte le regioni italiane.
Il primo passo richiede molto coraggio, ma la via della libertà, seppur piena di ostacoli, vale sempre la pena di essere percorsa.