Sia gli uomini che le donne sono maschilisti è una frase pronunciata da Rula Jebreal in una intervista, che rispecchia a mio avviso quello che possiamo osservare intorno a noi, nei comportamenti delle persone di entrambi i sessi.
Dove emerge il maschilismo
Il nostro mondo è stato modellato dagli uomini, escludendo le donne dai processi decisionali. Basta ricordare che le donne hanno potuto votare per la prima volta in Italia nel 1946. La marginale presenza femminile nei luoghi di potere, continua a essere, ancora oggi, la realtà. Questa disparità riguarda anche le retribuzioni femminili, la divisione dei carichi di lavoro nelle famiglie, la sotterranea, ma concreta giustificazione delle discriminazioni e delle violenze nei confronti delle donne, che sono all’ordine del giorno delle cronache.
Maschilismo, nel vocabolario Treccani, è indicato come il termine, coniato sul modello di femminismo, usato per indicare polemicamente l’adesione a quei comportamenti e atteggiamenti (personali, sociali, culturali) con cui i maschi in genere, o alcuni di essi, esprimerebbero la convinzione di una propria superiorità nei confronti delle donne sul piano intellettuale, psicologico, biologico, ecc. e intenderebbero così giustificare la posizione di privilegio da loro occupata nella società e nella storia.
Il maschilismo tra le donne
Leggendo questa definizione, maschilisti sembrerebbero gli uomini, o una parte di essi, ma la realtà è diversa. A rendere maschilisti le persone, non è il fatto di appartenere al genere maschile, ma l’essere cresciuto e avere interiorizzato una cultura maschilista. L’ambiente in cui si cresce, plasma i bambini e le bambine e fornisce loro i modelli cui spontaneamente aderiranno per tutta la vita, se non saranno in grado di sviluppare idee autonome e differenti da quelle che hanno respirato crescendo.
Le donne, crescendo in un contesto maschilista, faticheranno, e in molti casi non riusciranno, ad assumere una posizione autonoma che metta sullo stesso piano uomini e donne. Maschiliste sono spesso le donne come lo sono gli uomini. Sembra un controsenso che le donne abbiano atteggiamenti e comportamenti che le discriminano, ma come detto all’inizio è proprio quello che accade.
Mi vengono in mente quelle donne che, ancora oggi, considerano normale accollarsi la maggior parte dei compiti di cura o giustificano il comportamento di partner insensibili verso i loro bisogni. Le lotte femministe degli anni ’60 e ’70 sancirono un cambio di rotta radicale nel rapporto tra i sessi, riconoscendo alle donne il pieno diritto all’autodeterminazione. Quel movimento mise in moto una trasformazione sociale mai completata, che vede paesi all’avanguardia e paesi ancora fermi ai nastri di partenza, con le donne relegate ai ruoli più tradizionali.
L’aspetto più sconcertante è però costituito dagli atteggiamenti e dai comportamenti delle donne di molti paesi apparentemente sviluppati tra i quali l’Italia, in cui ministri della Repubblica si rifiutano di parlare con donne, peggio se di colore, e questo non suscita proteste eclatanti dei 30 milioni circa di cittadine di sesso femminile.
Gli Stati Uniti non sono messi meglio, considerato che le donne americane contribuirono in modo determinante all’elezione di Donald Trump, che non ha certo mostrato apertura verso l’universo femminile. Un ultimo esempio giunge dalle donne che scelgono di aderire al modello proposto dagli uomini, decidendo di rinunciare alla propria autonomia e indipendenza e considerano auspicabile dedicarsi in modo esclusivo alla cura dei figli e della casa. Nulla di negativo nei lavori di cura e nei compiti tradizionalmente svolti dalle donne, ma è l’adesione a un modello rigido di suddivisione dei compiti e nella rinuncia a opportunità di crearsi la propria autonomia, a essere di ostacolo alla parità reale tra uomini e donne.
La presa di coscienza da parte delle donne, della implicita e automatica sottomissione a stereotipi imposti dagli uomini è indispensabile per dare impulso alla piena realizzazione della parità di genere.
Il cambiamento che meritiamo. Come le donne stanno tracciando la strada verso il futuro (2021)
Rula Jebreal
Siamo immersi nelle turbolenze di una crisi spaventosa ma che può spalancarci – se sapremo agire con decisione – la strada di una grande svolta, quel cambiamento duraturo che in tanti auspichiamo. Oggi, nel mondo, una donna su tre è vittima di abusi e quotidianamente oltre cento donne sono assassinate da uomini che dichiarano di amarle. Occorre intervenire prima che questo tsunami di violenza destabilizzi, con conseguenze fisiche e psicologiche, anche le prossime generazioni, perché la violenza si ripercuote su tutta la famiglia e su intere comunità, e Rula Jebreal lo sa bene. Dopo lunghi anni, soffocata dal silenzio, in queste pagine ha voluto restituire voce alla storia di sua madre Nadia, vittima della brutalità degli uomini, e a molte storie e testimonianze di altre donne coraggiose, sopravvissute, pronte a rialzarsi, donne che non hanno paura di combattere. Le unisce il perpetuarsi di un’ingiustizia che si compie dalla notte dei tempi e che, ancora oggi, non accenna a placarsi. “Noi donne siamo il filo intessuto nella trama che impedisce al disegno di disfarsi. Agire per il benessere delle donne significa agire per il benessere della comunità e della società intera. Donne e uomini, insieme dobbiamo assumerci la responsabilità di un ruolo in questa lotta, se vogliamo costruire un futuro degno delle speranze delle