Noi e l0autostimam un rapporto che evolve durante il corso della vita.
Il rapporto che abbiamo con noi stessi, il dialogo interiore che ci accompagna in ogni momento della giornata, le convinzioni radicate riguardanti quello che siamo e che non siamo, la fiducia che nutriamo nei nostri pensieri e nella capacità di poter gestire le nostre emozioni negative, la sensazione di essere capaci di far fronte alle richieste della quotidianità, la consapevolezza e la certezza di meritare una vita ricca e soddisfacente, sono indicatori del benessere attuale e della possibilità di affrontare con sufficiente serenità le diverse fasi del vivere e del morire.
Per semplicità usiamo la parola autostima e la immaginiamo come una sostanza, più o meno presente in noi, che è possibile far aumentare, oppure vedere diminuire nella nostra mente, agendo positivamente o negativamente sulla nostra capacità di interagire con gli altri, lavorare, fare sport, guadagnare, vivere relazioni gratificanti e ogni altra attività della quotidianità. L’autostima, in realtà, è parte della nostra vita interiore, e l’agire nel mondo è solo il riflesso di questo dialogo che costantemente intratteniamo con noi stessi.
Il benessere psicologico deriva dal riconoscimento che esiste un continuo dialogo tra sé e sé, e dalla consapevolezza dei contenuti di questo sottofondo che ci accompagna costantemente. Pensieri, emozioni e sensazioni corporee promuovono il nostro agire e i risultati sono frutto della qualità della nostra vita interiore. Uno specchio rappresenta bene il nostro dialogare con “l’altra parte di noi”. Esiste però una sostanziale differenza: mentre lo specchio ci riflette rovesciati, ma identici a quello che siamo, tra noi e noi, persona e riflesso spesso non coincidono. Il desiderio di metterci in azione per raggiungere obiettivi a noi favorevoli si inceppa quando la parte critica ci racconta storie sulla nostra incapacità, sulla nostra fragilità, sui nostri limiti e sulla nostra inadeguatezza. Il dubbio si incunea immediatamente, facendo vacillare ogni nostro entusiasmo e speranza, e rafforzando sempre più l’idea di noi privi di valore. Quello che pensiamo di noi influenza le nostre scelte e ci predispone ad agire in modo coerente con il nostro benessere o, al contrario, senza che ce ne rendiamo conto, ci fa compiere azioni contrarie ai nostri interessi.
Desidero specificare che se il nostro valore non può essere misurato in base al riconoscimento degli altri, ha in ogni caso bisogno di essere dialogato all’interno di una relazione per essere riconosciuto a se stessi. Solo la relazione con altri individui, infatti, ci consente di diventare quello che siamo. Pensate alle relazioni di attaccamento, inizialmente con i genitori, i fratelli e via via arricchite con nonni, altri parenti, insegnanti, amici, maestri, allenatori, colleghi e partner.
La coscienza di noi stessi si sviluppa solo nella relazione con l’altro, ma il valore rimane un elemento che ci dobbiamo riconoscere nel nostro dialogo interiore e che non possiamo attingere dall’esterno.
Il mondo circostante ci restituisce l’immagine che noi emaniamo e che è influenzata dalla valutazione continua alla quale ci sottoponiamo. Pensieri e gesti possono essere spontanei e genuini, ovvero frutto della nostra essenza, senza alcuna mediazione della nostra mente, oppure filtrati attraverso le esperienze e le diverse culture cui apparteniamo. Più questa intermediazione della mente tra impulso ad agire e azione agita è rigida, più ci sentiremo ingabbiati dalle nostre convinzioni. Si pone quindi il tema della libertà che concediamo a noi stessi di esprimerci per quello che siamo. Essendo inseriti in una società che ha delle regole utili alla convivenza delle persone, l’individuo deve trovare un equilibrio non sempre facile tra espressione di sé e rispetto delle regole. Le regole, implicite o esplicite della nostra società, sono facilmente rintracciabili nel processo di socializzazione cui veniamo sottoposti a partire dall’infanzia. Per contro, la conoscenza di se stessi, necessaria per esprimere la dimensione creativa presente in ciascuno, è un risultato sempre parziale e in evoluzione.
La libera espressione di quella parte capace di creare valore, entusiasmo, bellezza, energia e intelligenza è in stretta relazione con l’autostima. Conoscersi per sapere dove cercare il proprio sentiero, espressione di quella parte di un individuo che solo quando viene liberata produce autostima stabile, ovvero meno influenzabile dagli eventi esterni.
L’autostima, in questa accezione, ha poco a che fare con i risultati che si ottengono, ed è in relazione strettissima con il verbo essere. Io sono assume maggiore rilievo di Io faccio.
Io faccio, peraltro, racchiude tutte le forme della vita legate al rapporto col mondo esterno come, ad esempio, la professione, i diversi ruoli sociali, l’aspetto fisico, lo status sociale, i titoli di studio o la condizione economica, ma anche comportamenti che mettiamo in atto per noi ma che esibiamo per sentirci adeguati come, ad esempio, le vacanze che facciamo, l’automobile che guidiamo o gli ambienti che frequentiamo.
Io sono quello che faccio è fuori dal nostro controllo, perché incontra le variabili della vita, cui siamo esposti. Io sono è stabile, ci permette di generalizzare l’espressione del valore in ogni ambito e ci permette di gestire con maggiore facilità e rapidità gli inevitabili inciampi della vita.
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